
La fase a gironi di Europa League è terminata lasciando spazio solo alla nostalgia. Prima che la competizione diventi una cosa più seria, abbiamo catalogato tutte le cose che ci mancheranno di questi gruppi eliminatori. Una fascia di confine grigia tra l’Europa che conta e il surrealismo.
1. Martin Zeman
Se scrivi Martin Zeman su Google il primo suggerimento che ti occorre accanto è “figlio”. Questo perché ovviamente chi ama il calcio ama anche quell’ipotesi di magia per cui se di cognome fai Zeman devi per forza essere imparentato con il boemo. Sebbene Martin non sembra divida nessun tipo di parentela con l’ex allenatore di Roma e Lazio, non è del tutto scorretto immaginarlo fare le fiamme proprio in una squadra “zemaniana”. Martin infatti ha le caratteristiche tecniche e fisiche - mancino molto rapido - per giocare in squadre troppo propositive per la realtà che le circonda. A queste qualità aggiunge una capigliatura particolarmente insensata che non guasta mai se devi far parte dell’universo Zeman. La domanda allora è: perché Martin Zeman non sta già al Pescara a fare sfracelli? L’Europa League ha perso un sicuro protagonista, ma il presidente Sebastiani può regalarlo alla serie A per Gennaio.
La nebbia è il fenomeno meteorologico per il quale una nube si forma a contatto con il suolo. È costituita da goccioline di acqua liquida o cristalli di ghiaccio sospesi in aria (Wikipedia). ”Avere solo la nebbia” è una caratteristica tipica delle squadre del Nord Italia, almeno per i tifosi avversari, ed è considerata una cosa negativa. Eppure la nebbia ha un suo fascino poetico, esclude l’orizzonte ma aumenta la percezione introspettiva di noi stessi. La nebbia unisce, permette che partite inutili vengano spostate alle 12.30, genera anche momenti surreali, come questo ripreso dal video qui sopra, dove in un ambiente post-apocalittico, tra luci distorte e il logo dell’Europa League steso sul campo, gente invisibile canta a squarciagola “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”, un momento sicuramente migliore di qualunque Sassuolo-Gent valido per nulla. E allora ciao nebbia di Reggio Emilia, ci mancherai.
3. Lo zemanismo dell’Austria Vienna
Per molte squadre l’Europa League è solo un ingombro settimanale che diventa interessante al massimo dai quarti in avanti. Per altre squadre rappresenta una vetrina prestigiosa dentro cui esporre il proprio esotismo e farsi qualche trasferta di prestigio. Per quasi nessuno l’Europa League rappresenta un obiettivo stagionale. Questo se non altro porta il vantaggio che nessuno è particolarmente addolorato da un’eliminazione in Europa League. A meno che la qualificazione non scappi di mano a 20’ dalla fine dell’ultima partita in superiorità numerica contro una squadra già eliminata. Un’impresa in cui sarebbero riuscite poche squadre anche in una competizione dal livello di pazzia più elevato della media. Ci è riuscito l’Austria Vienna che ieri sera, 11 contro 10, in vantaggio per 2 a 1 contro il già eliminato Victoria Plzen, è riuscito alla fine a perdere per 3 a 2 negli ultimi venti minuti, lasciando il passaggio del turno all’incredibile Astra Giurgiu, nel frattempo 0 a 0 contro la Roma nella più brutta partita della storia del calcio.
L’Austria Vienna è stato eliminato, ma ha vinto con merito lo Zdenek Zeman award™ di questa Europa League. Nelle motivazioni del premio possiamo leggere: «Per aver interpretato con coraggio e senza compromessi l’utopia della difesa alta non accompagnata da pressing, e per aver agevolato la pazzia calcistica e lo squilibrio in ogni sua forma».
4. L’idea di una trasferta ad Astana
L’Astana è stata fondata nel 2009 e può vantare nel proprio albo d’oro già 3 campionati kazaki, 3 coppe del Kazakistan e 2 supercoppe del Kazakistan. Il che la rende probabilmente la squadra con la miglior media tra competizioni nazionali disputate e trofei vinti. Ma da quando si è affacciata in Europa è difficile non parlare dell’Astana solo in termini di assurdità geografica. Non solo perché la distanza tra Lisbona e Astana è superiore ai 6mila chilometri ed è stata ovviamente la più lunga trasferta d’Europa, ma anche perché Astana è un posto assurdo. Ricca di mastodontici palazzi brutalisti, gelide periferie diroccate, grattacieli e torri d’oro alte come cattedrali gotiche. Un posto a metà tra i pianeti cyberpunk immaginati da William Gibson e l’orientalismo scalcagnato di Borat.
Sarebbe stato un sogno andare a seguire la nostra squadra in trasferta ad Astana. Sulle orme di Marco Polo, ripercorrere la via della seta a dorso di cavallo. Interrogarsi sulla nostra esistenza in mezzo all’aridità dei canyon kazaki, da poco scenografia della serie su Netflix dedicata proprio a Marco Polo. Potete già cominciare a pianificare la trasferta per il prossimo anno.
Contributo scritto in collaborazione con l’ufficio del turismo kazako.
5. La possibilità che Balotelli alzi l’Europa League
La scalata di Balotelli al Pallone d’oro è ripartita da qualche mese. Quanto sarebbe stato strano se questo percorso di ascesi e redenzione fosse stato intervallato dalla conquista della coppa meno glamour del calcio professionistico? E invece il Nice si è fatto eliminare arrivando ultimo nel suo girone, pur essendo ancora prima in campionato.
6. Il possibile ottavo Legia Varsavia vs Zorya Luhansk
Quando l’anno scorso Legia Varsavia e Zorya Luhansk si sono incontrate in Europa League, è servito l’esercito Ucraino (nel frattempo impegnato in una guerra civile) per impedire che le cose finissero parecchio male circondando completamente i tifosi polacchi. C’è infatti un’elevata voglia di menar le mani sia negli ultras del Legia sia in quella dello Zorya, che in questa Europa League non si è sempre comportata al meglio. L’uscita prematura degli ucraini ci impedisce di assistere all’unico tipo di violenza che ci piace: quella tra tifoserie piene di stronzi.
7. La favola Dundalk

Per capire il livello del calcio in Irlanda, prima della favola Dundalk erano cinque anni che nessuna squadra irlandese riusciva a qualificarsi ai gironi di Europa League, una competizione che giustifica la sua esistenza proprio per lo spazio che concede a tutti. Il Dundalk aveva superato tutti gli scogli necessari presentandosi ai blocchi di partenza dei gironi come la favola tra le favole. Il Dundalk rispettava infatti tutti i cannoni necessari all’etichetta di favola:
- Una città semi-rurale di sole 37000 persone;
- I tifosi, appartenenti al filone “tifosi irlandesi” che dopo gli ultimi Europei sono i più amati del pianeta;
- Il soprannome di Lilywhites, che non incute proprio timore;
- Il rischio fallimento e la seconda serie irlandese fino al 2008;
Nelle prime due giornate, per alimentare il concetto di favola, il Dundalk aveva racimolato il primo storico pareggio e la prima storica vittoria irlandese in Europa League. Il sogno, purtroppo, si è interrotto lì: zero punti da quel momento e l’aggettivo favola lasciato a un Krasnodar qualunque.
8. Lo stemma del Qabala

Il Qabala avrà pure totalizzato 0 punti in 6 partite di Europa League, ma nessuno potrà togliergli il nome più bello della competizione. Oltre a questo logo mozzafiato che potete vedere sopra. Un mare nero di montagne caucasiche, sovrastato da una mezzaluna rovesciata e la stella a otto punte già presente nella bandiera azera, che simboleggerebbe le otto radici del popolo turco.
9. Lo stemma del Konyaspor

Il nome della città di Konya deriverebbe dal greco “eikon”, immagine, e richiamerebbe l’icona della testa della medusa tagliata da Perseo prima di fondare la città. In compenso il logo riporta un’aquila bifronte di origine piuttosto dubbia ma dal risultato estetico indiscutibile.
10 Lo stemma del Qarabaq

Il Qarabaq è una regione a sud del caucaso famosa soprattutta per la guerra del Nagorny-Qarabaq: un conflitto tra azeri e armeni tra i più violenti causati dalla dissoluzione dell’URSS. La regione è nota anche per una specie di cavalli da corsa particolarmente potente, chiamati appunto “Cavalli del Qarabaq”, si dice discendenti diretti di dodici cavalli dorati mitologici abitanti della steppa. Ne possiamo ammirare due rampanti ai lati del logo di una delle squadre più affascinanti d’Europa, qualche anno fa definita “Il Barcellona del Caucaso”.
11. Il “Messi d’Austria”
Tra le versioni più paradossali dei cosplayer di Messi, quella austriaca è una delle nostre preferite. Louis Schaub del Rapid Vienna è nato nel 1994 e non ha nessuna velleità di diventare un grande giocatore. In compenso può accontentarsi di un’ottima interpretazione da discount di Messi, con lunghissime conduzioni palla col mancino, dribbling seriali e cambi di direzione estenuanti.
12. La pazzia dell’Inter
Che la svolta drammatica della stagione interista perda lo spin-off Europa League, che ci ha consegnato dei giovedì molto surreali, è davvero un gran peccato. In 540 minuti europei l’Inter ha attraversato talmente tante sfumature delle emozioni umane, più tre diversi allenatori, che è anche difficile farne una recensione. Probabilmente la cosa migliore è lasciar parlare i tifosi:

Come ogni serie TV che si rispetti, la Pazza Inter ha tenuto il meglio per il finale. Possiamo infatti dire che l’unica cosa positiva per i nerazzurri sia stata l’ottima prova nell’ultima partita del girone del giovanissimo Pinamonti, la speranza fatta in casa che le prossime stagioni possano essere meno horror.
13. Il pressing ultra-offensivo del Red Bull Salisburgo
In un calcio caotico e svogliato come quello dell’Europa League dispiace perdere la modernità del gioco del Red Bull Salisburgo. Una delle poche squadre di Europa League che riusciva davvero a comunicare la voglia di rubare il pallone agli avversari. Una cosa che in Europa League non solo viene poco rispettata, ma che non porta neanche necessariamente ai risultati. Il Red Bull Salisburgo è finito terzo del girone I, con gli stessi punti del Krasnodar con cui però è rimasto indietro negli scontri diretti.
14. I gol di Ibarbo e Belfodil
L’eccessiva meritocrazia del girone G, che ha lasciato il passaggio del turno ad Ajax e Celta Vigo, ci ha privato della possibilità di rivedere all’opera i due ranger scelti dell’Europa League. Ishak Belfodil gioca nello Standard Liegi, Victor Ibarbo nel Panathinaikos, allenato addirittura da Andrea Stramaccioni (ora esonerato). In questa periferia d’Europa ci stavamo godendo il lusso dei loro gol inutili segnati dentro scenari lunari, ammirando i loro look trasandati, fantasticando su possibili miglioramenti, trastullandoci con l’idea del loro rimpianto. Ci vediamo il prossimo anno, guerrieri della notte.