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Il bello dell’Europa League 2018 vol.4
03 nov 2017
03 nov 2017
I momenti più abbaglianti della quarta giornata della nostra coppa europea preferita.
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Le difficoltà del Milan nel creare gioco

Alla vigilia della sfida contro l’AEK Atene, Montella si era detto fiducioso. Ancora meglio che fiducioso, convinto: “Adesso è arrivato il momento di raccogliere quello che abbiamo seminato”. Eppure è lecito chiedersi se la partita di ieri sia stata semina o raccolto, visto la difficoltà dei rossoneri nel costruire trame di gioco decenti. Solo contro la Sampdoria il Milan aveva effettuato meno tiri nello specchio in questa stagione rispetto alla partita di Atene: a Genova nessun tiro, oggi due. Negli ultimi 180’ di Europa League, le due sfide con l’AEK, il Milan ha segnato zero gol, dopo averne segnati 8 nei precedenti centottanta, una preoccupante involuzione.

Ad Atene il tecnico rossonero ha nuovamente cambiato gli interpreti ed il modulo, affidandosi ad un 3-4-1-2 che prevedeva Musacchio, Bonucci e Romagnoli davanti a Donnarumma; Borini e Rodriguez sugli esterni; Montolivo e Locatelli al centro e Calhanoglu alle spalle di Silva e Cutrone. In campo la squadra è sembrata scollata, con enormi difficoltà nel collegare i reparti, ed alcune scelte del tecnico hanno finito più per creare più confusione che gioco, tanto che alla fine del primo tempo è dovuto correre ai ripari inserendo Suso per Cutrone, autore di soli 6 passaggi in quarantacinque minuti, con la speranza di riuscire a gestire meglio il pallone nella trequarti avversaria.

Operazione non particolarmente riuscita, considerando che Silva in ottanta minuti ha messo insieme 18 passaggi, 1 tiro fuori, 0 dribbling riusciti e 4 palle perse. Per bloccare l’attacco milanista all’AEK è bastato non pressare i portatori di palla del Milan, neanche Bonucci, abbassarsi molto e rimanere compatta nella propria metà campo difensiva. Il Milan ha trovato grosse difficoltà nel trovare giocatori nei mezzi spazi, soprattutto per una staticità preoccupante dei suoi centrocampisti.

Bonucci gestisce il pallone nella propria trequarti difensiva. Nessun giocatore del Milan è spalle alla porta pronto a ricevere. Locatelli rimane attaccato al proprio marcatore, Calhanoglu è fermo alle sue spalle, impallato dallo stesso Locatelli. Silva non guarda nemmeno Bonucci, mentre Cutrone si trova marcato da tre avversari. L’unica giocata che può provare il difensore è premiare l’inserimento di Montolivo che sta correndo nel corridoio lasciato libero dalla difesa. Il lancio è però di una difficoltà estrema e nonostante la precisione del difensore non può essere controllato agevolmente da Montolivo.

È difficile immaginare un inserimento di 40 metri di Montolivo come la situazione ideata da Montella per scardinare la difesa greca, eppure anche l’azione più pericolosa del Milan arriva proprio da una giocata senza palla del centrocampista che calcia sul palo.

L’azione dimostra come non fosse poi impossibile trovare soluzioni contro il baricentro basso dell’AEK. Silva viene incontro tra le linee per ricevere il passaggio di Bonucci. All’ultimo momento invece di ricevere si stacca andando verso il centro e lasciando palla a Locatelli. Alle loro spalle Montolivo capisce che l’AEK è rientrato male (si vede il numero 14 Bakasetas che prova a recuperare la posizione davanti a Locatelli) e attacca lo spazio tra centrale e terzino avversario.

Il movimento di Silva inganna Bakasetas che invece di seguire Locatelli segue lui. Il centrocampista italiano può girarsi agevolmente e servire Montolivo in profondità.

Questa è stata l’azione più pericolosa del Milan in novanta minuti, un tiro da dentro l’area di Montolivo. Montella ha sottolineato la prestazione difensiva dei suoi: «qualche settimana fa creavamo un po' di più ma subivamo troppo, ultimamente subiamo meno e creiamo qualcosina in meno», ma al momento l’equazione del Milan sembra non tornare. Il gioco offensivo è sterile e se l’AEK non ha concretizzato o creato grossi pericoli dalle parti di Donnarumma, ha comunque dimostrato di avere le idee più chiare quando attaccava. Per il Milan la strada verso la ricerca di un gioco collaudato è ancora in salita, e non è facile stabilire quando arriverà la cima.

La fratellanza degli originali

Uno dei motivi per seguire anche le brutte partite di Europa League è la ricchezza di piani di lettura possibili. In AEK Atene - Milan, se lo spettacolo dal campo vi stava annoiando, magari l’occhio vi è caduto sulla curva dei greci, dominata da uno striscione in lingua italiana.

Quella che sembrava una trovata di marketing per promuovere il nuovo film di Mel Gibson, si è rivelato essere in realtà il motto di un gemellaggio che dura da quasi quindici anni. La fratellanza degli originali è infatti quella tra le tifoserie dell’AEK Atene, chiamati Original 21 e quella del Livorno.

Una fratellanza così forte che ne esiste:

  • Delle storie da raccontare agli amici, come quando in Sturm Graz-AEK Atene di Europa League, del 14 dicembre 2011, i tifosi greci hanno esposto la scritta, in italiano, “Pisa merda”, e uno stendardo livornese.

  • Un tatuaggio gigante sul petto.

I migliori omonimi dell’Europa League (France’s Edition)

La scorsa settimana abbiamo parlato dei migliori omonimi dell’Europa League con riferimento soprattutto agli anni ‘90. Ma l’Europa League è un universo infinito e dalle variabili incalcolabili. Dopo Hubner e Sacchetti è la volta dei giocatori omonimi francesi.

Le Tallec

Damien Le Tallec ha 27 anni, è enorme e fa l’attaccante della Stella Rossa. Ieri ha salvato sulla riga un gol di Wilshere che poi alla fine ha regalato un punto alla sua squadra. Nonostante la sua carriera abbia preso una piega peggiore di quello che potevamo pensare (a un certo punto ha giocato al Borussia Dortmund), oggi Damien ha una vita niente male e il suo benessere ha di sicuro superato quello del suo omonimo, Anthony Le Tallec. Quest’ultimo ha 34 presenze e 12 gol nell’U-21 francese, nel 2001 era stato inserito nella famigerata lista di Don Balon sui migliori giovani al mondo e poco dopo si è trasferito al Liverpool Ora Le Tallec ha 33 anni e la sua carriera è scesa in una depressione tale che ora è svincolato, le sue due ultime squadre sono state l’Astromitos e l’Astra Giurgiu, con una ricorrenza astrale quanto meno sospetta. Lo scorso anno ha giocato appena 3 partite, è fratello di Damien.

Pires

Felipe Pires è un’ala, è veloce, ha un bel dribbling, è giovane (22 anni), potrebbe avere una buona carriera davanti, anche considerando che è in prestito all’Austria Vienna da un’ottima squadra come l’Hoffenheim. Eppure dovrebbe vergognarsi di portare quel nome dietro la maglia e infangare la memoria di uno dei giocatori più deliziosi del calcio recente. Vatti a nascondere Pires!

Mendy

Secondo il database di Transfermarkt esistono 8 intere pagine di diversi calciatori che si chiamano Mendy. Quello che ci interessa sapere è che ieri, in Europa League, c’erano contemporaneamente in campo due diversi Mendy assolutuamente non imparentati tra loro. Nampalys Mendy e Ferland Mendy. Ora decideremo chi è il migliore tra i due con criteri del tutto arbitrari, come fosse una puntata di Dribbling.

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Vince Nampalys, meno bello ma più forte e con un nome davvero molto musicale.

Dabo

Secondo Transfermarkt ci sono invece solo 5 pagine di calciatori professionisti chiamati Dabo. E quello che tutti noi abbiamo nel cuore non è certo Frankaty Dabo, terzino destro del Vitesse, ma Ousmane, ex centrocampista di Inter, Lazio e Manchester City. Dabo ha vinto una Coppa Italia con la Lazio, segnando il rigore decisivo contro la Sampdoria, ha aperto delle scuole calcio in Senegal (suo paese d’origine) e ha una propria marca d’abbigliamento. Tutti noi lo ricorderemo però soprattutto perché in Inghilterra è stato picchiato da Joey Barton in allenamento, che lo ha mandato letteralmente in ospedale ed è dovuta intervenire la polizia. Secondo alcune ricostruzioni, dopo un faccia a faccia Dabo si sarebbe girato per andar via, e a quel punto Barton lo ha colpito con un pugno in testa. Mentre il francese era steso a terra, senza conoscenza, Barton lo avrebbe colpito con più di 10 pugni. 5 anni dopo, Barton ha invitato Dabo a cena, e quest’ultimo ha rifiutato: «È una persona sgradevole, un traditore. A volte vedo persone stendergli il tappeto rosso davanti, per questo dico chi è veramente. È una persona violenta, molto lontana dall’immagine che si sta costruendo da quando è al Marsiglia, per questo non ho intenzione di parlare con lui di quanto è accaduto cinque anni fa».

Yuya Osako ha salvato il Colonia

Prima di ieri il Colonia non aveva ancora vinto una partita di questa stagione, né in campionato né in Europa League, se si escludono solo i primi due turni di Coppa di Germania (contro Leher e Hertha Berlino, in trasferta). In 10 giornate di Bundesliga aveva raccolto appena due pareggi (entrambi per 0-0) e 8 sconfitte, subendo 19 gol, e le partite precedenti del girone le aveva perse tutte, segnando solo un gol contro l’Arsenal in una partita finita 3-1. Alla fine del primo tempo della partita di ieri, il Colonia era sotto in casa per 1-2 contro il Bate Borisov. Al 46esimo del secondo tempo Peter Stöger, allenatore austriaco che l’anno scorso ha portato il Colonia al quinto posto, ha fatto entrare Yuya Osako al posto di Christian Clemens.

Yuya Osako è arrivato nel Colonia nell’estate del 2014, dopo aver avuto degli ottimi sei mesi con il Monaco 1860, che l’aveva prelevato dai Kashima Antlers. Osako prima di ieri è sembrato non poter far altro che legarsi indissolubilmente al momento di forma della sua squadra: l’anno scorso aveva segnato 7 gol e 8 assist in Bundesliga mentre quest’anno, prima di ieri, era ancora fermo a una singola rete, in una partita che il Colonia, ovviamente, aveva perso (1-2 col Red Bull Lipsia). Per il resto della storia di Osako a Colonia non si ricordava molto, a parte il fatto che a carnevale insieme alla moglie sfoggiava dei bellissimi travestimenti.

Ma ieri qualcosa è cambiato. Dopo appena sette minuti dal suo ingresso, Osako ha raccolto un pallone appoggiato all’indietro di petto da un suo compagno, lo ha stoppato dopo averlo fatto rimbalzare una volta e poi lo ha colpito di collo pieno, mettendolo in maniera persino troppo semplice nell’angolo in basso a destra del portiere. Da quel momento il giocatore giapponese ha iniziato a muoversi per tutto il campo, dando energicamente indicazioni ai compagni, abbassandosi per aiutare la prima costruzione e inserendosi con una continuità impressionante in area.

Osako ha totalmente cambiato l’umore della sua squadra, che una decina di minuti dopo è anche passata in vantaggio con una punizione di Guirassy. Ma è stato proprio lui a chiudere la partita, all’82esimo, arrivando puntuale sul cross dalla sinistra in scivolata, usando il suo corpo come uno snowboard. Poi, per non farsi mancare niente, ha raccolto una palla rimasta vagante al limite destro dell’area avversaria e l’ha servita con un leggero spin a rientrare per la testa di Jojic, che ha scolpito definitivamente il risultato nella prima vittoria stagionale del Colonia, che ha così mantenuto delle piccole possibilità di passare il turno. Grazie al di gol di Jojic, Osako è diventato il quarto giocatore nella storia dell’Europa League ad essere coinvolto in tre gol da subentrante.

Osako è l’unico giocatore giapponese del Colonia ma non è l’ultimo. Il club tedesco è stato infatti il primo ad ospitare un calciatore giapponese in Bundesliga, Yasuhiko Okudera, che vinse il titolo alla sua prima stagione in Germania, nel 1978. Magari Osako non ripercorrerà le sue orme, ma almeno ha aggiunto un capitolo nella storia del suo club che non ha a che fare coi Minions.

Chi sa solo di Europa League, non sa niente di Europa League

Se “ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla”, sarà altrettanto vero che “ciò che la Champions League chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama Europa League”. E mentre tutti i record del bruco se li dividono Messi e Cristiano Ronaldo, qui da noi sono molto più interessanti e variegati. Ma voi quanti ne conoscete? Ora arriva un quiz dedicato all’Europa League (NO COPPA UEFA) per mettervi alla prova e valutare se potreste allenare almeno lo Skenderbeu.

Qual è la squadra con più vittorie?A) Juventus B) SivigliaC) Sheriff Tiraspol

Qual è la nazione con più vittorie?A) SpagnaB) UcrainaC) Transnistria

Qual è la città con più vittorie?A) MadridB) SivigliaC) Tiraspol

Maggior numero di punti in Europa League se - boh - per qualche motivo dessero punti come fosse un banale campionatoA) VillarealB) SivigliaC) Sheriff Tiraspol

King delle presenze in Coppa Uefa/Europa LeagueA) Dīmītrios SalpiggidīsB) Daniel CarriçoC) Josip Brezovec

Miglior marcatore (o premio Falcao)A) Radamel FalcaoB) Aritz AdurizC) Vitalie Damascan

Più partite allenateA) Jorge JesusB) Unai EmeryC) Roberto Bordin

Chi ha segnato il 100esimo gol della storia dell’Europa League?A) Stefano OkakaB) Radamel FalcaoC) Ziguy Badibanga

Chi è l’unico vero campione in grado di segnare 5 gol in una partita di Europa League?A) Aritz AdurizB) Radamel FalcaoC) Ziguy Badibanga

Il più giovane debuttante della storia dell’Europa LeagueA) Romelu LukakuB) Gabriele ZerboC) Vitalie Damascan

Risposte: 1.B; 2.A; 3.B; 4.A; 5.B; 6.A; 7.B; 8.A; 9.A; 10.A;

Risposte tutte giuste: avete anche voi scaricato il comodo PDF con le statistiche che si trova sul sito dell’Europa League? Bravi avete fatto bene.

Risposte un po’ giuste un po’ sbagliate: dovreste fare come quelli sopra di voi, non si può lasciare al caso l’Europa League.

Risposte tutte sbagliate: o siete molto molto sfortunati o siete irrimediabilmente dei tifosi dello Sheriff Tiraspol oppure siete Vladimir Putin.

Dobbiamo parlare un secondo della maglia della Dinamo Kiev

Le maglie da calcio e i vestiti sono cose diverse, proprio concettualmente diverse. Le maglie da calcio, con la loro logica da divise, cercano di assomigliare il meno possibile a un vestito normale, ma al contempo ricercano la più alta vestibilità quotidiana. La frontiera attuale del marketing delle maglie da calcio è infatti quella di convincere le persone che si possono indossare tutti i giorni, per andare a fare la spesa, fare colazione al bar, uscire a ballare, fare lo struscio il sabato pomeriggio. Bisogna trovare un compromesso fresco, che non sia ridicolo, fra l’informalità di una maglia da calcio e lo lo stile che richiede mostrarsi al pubblico nei contesti sociali.

Ai designer della maglia della Dinamo Kiev, di queste logiche, non gliene frega niente. La maglia disegnata per la squadra è lontanissima dall’idea di freschezza, fascino e stile tipica del gusto della nostra epoca: la maglia bianca è decorata sul colletto dai motivi geometrici tipici della vyshyvanka, la camicia tradizionale ucraina. La vyshyvanka non è un semplice vestito ma un vero e proprio oggetto magico, chi la indossa è protetto dalle negatività come da un talismano. Il terzo giovedì di maggio gli ucraini scendono in piazza tutti con indosso la loro vyshyvanka, in segno di aderenza agli ideali nazionali.

Guardare Domagoj Vida, il Mexès dell’est, con la maglia della Dinamo Kiev è come entrare dentro a un fumetto di Dragon Ball. La vyshyvanka nel 2015 è stata rivisitata dalla stilista Vita Kin, che ha poi conquistato le passerelle di Parigi e la copertina di Vogue. Ma i motivi per cui amiamo la maglia della Dinamo Kiev non hanno a che fare con la moda ma col suo opposto: lo sbattersene di tutte le norme estetiche governano il nostro calcio.

La top XI dei nomi di questa settimana

Eric

Martina, Alef, Sulmoni, Bella

Blackman, Danny, Man, Lookman

Ytalo, Coopman

Il giocatore più Europa League

Se entrate su questa rubrica per la prima volta nella vostra vita dovreste vergognarvi. Però vi capisco: non tutti abbiamo mezz’ora ogni venerdì da dedicare all’Europa League, anche se questa stessa Europa League è una fonte inesauribile di insegnamenti di vita. In ogni caso, chi è un giocatore “Europa League”? Un giocatore su cui a un certo punto qualcuno ha creduto molto, ma che poi, per qualche motivo, è caduto in disgrazia, ritrovandosi alla periferia del calcio a districarsi fra le nebbie di una partita d’Europa League. Quindi, i giocatori Europa League sono un grande manifesto di come possono cambiare velocemente i destini di un essere umano.

Gokhan Inler

Quanto ci abbiamo creduto: 8

Quanto è stato realmente forte: 7

Quanto è caduto in disgrazia: 9

Quanto sembra depresso: 9

Gokhan Inler scelse Napoli “per vincere”. Aveva 27 anni e sembrava uno dei registi migliori al mondo. De Laurentiis lo preferì a Vidal e lo presentò a Napoli con una testa di leone, la maglia del Napoli e i pollici all’insù. Inler era un centrocampista ambidestro, bravissimo soprattutto nel gioco lungo ma con un po’ di difficoltà difensive, acuite da un fisico pesante e poco sincronizzato sull’intensità del calcio contemporaneo. Inler a Napoli ha comunque giocato 118 partite, non diventando mai quello che tutti si aspettavano da lui, ma comunque tenendo un livello da più che buon centrocampista, impreziosendo le sue stagioni con qualche bomba da fuori.

Inler si è preso un po’ di insulti dai tifosi, quando sbagliava qualche copertura o era davvero troppo lento per stare dietro ad avversari troppo veloci. Ma lo svizzero si è preso anche tanto amore, la cittadinanza onoraria di Napoli e quando è stato ceduto al Leicester, per appena 5 milioni di euro, ha salutato non la tifoseria, ma l’intera città:

«Cara Napoli, è difficile, tanto difficile dopo quattro anni... e allora ho pensato che forse è meglio salutarti così: chiedendo in prestito prima a zio Pino e poi a te, quello che la gente, la meravigliosa tua gente, ti canta ogni volta come una promessa di amore eterno. [...] Napule è tutto nu' suonno e a' sape tutto o' munno ma nun sann' a verità. Io la so. L'ho scoperta, l'ho amata, l'ho chiusa a chiave nel cuore: ed è per questo che oggi i miei occhi sono bagnati da questo mare e sporcati da questa terra. Terra mia. Ciao guagliù, forza Napoli sempre».

Inler ha giocato 5 partite in Premier League, in cui era completamente fuori contesto; è andato in Turchia, al Besiktas, ma è andata male anche lì. La sua spirale di decadenza è terminata all’Istanbul Basaksehir, dove Inler gioca insieme ad altri relitti di questo mondo come Adebayor, Emre, Stefano Napoleoni, Elia e Clichy. Il giocatore più Europa League, nella squadra più Europa League.

Come è andata Arsenal - Stella Rossa 0 a 0

Un uomo che gioca a Sudoku in tribuna, ecco come.

Conosci la tua squadra di Europa League: Zulte Waregem

«Mi avevi promesso che un giorno saresti stata mia moglie; mi hai detto che saresti stata mia per il resto della mia vita. Ma mi hai messo su un treno per Fib Central. Da Barge a Waregem, ordinario per Enschede, battello per Malmo. E l’ultimo autobus per il tuo cuore» così cantavano gli Half Man Biscuit, una band inglese vagamente depressa, che inseriva Waregem in una specie di purgatorio nordico dei sentimenti di un uomo.

Waregem si trova nella zona ovest delle Fiandre, il sole si vede raramente e ha quasi sempre il colore smorto di un personaggio tisico di Landolfi. Il giorno più bello dell’anno arriva a marzo, quando la nebbia liquida di Waregem idrata i visi dei ciclisti che passano qui nella classica “Attraverso le Fiandre”, in uno scenario a metà tra espressionismo tedesco e Fracchia la belva umana. Facendo una passeggiata nel centro di Waregem, sul pavé di pietra dei suoi vicoli, accanto alla durezza gotica delle sue chiese, si può ancora quasi respirare l’aria di quando queste strade erano infette di complotti teologici, nel ‘600, e a Waregem gli anabattisti venivano bruciati sulla piazza davanti a Sant’Eloisa.

A Waregem sono nati alcuni pittori di paesaggi (eccovi un bel Emil Claus), e non è difficile capire il perché: facendo una passeggiata dall’opprimente centro storico alla campagna circostante, superando gli edifici grigi più industrializzati, lo stacco fra la morte metropolitana e la potenza della natura è sublime.

Da una decina d’anni il calcio ha però fatto tornare Waregem sulla mappa. Nel 2001 lo Zulte e il Waregem decidono di fondersi per dare vita una super squadra che tutto il mondo farà tremar: lo Zulte Waregem. Dopo alcune promozioni lampo, lo Zulte Waregem arriva in Jupiler Pro League, non fa risultati eccezionali, ma nel 2006 riesce a vincere la Coppa di Belgio. L’anno successivo parteciperà alla sua prima Coppa Uefa, dando filo da torcere a chiunque. Lo Zulte Waregem sarà eliminato solo ai 32esimi di finale dal Newcastle. Negli ultimi anni i belgi possono vantare un’altra vittoria della Coppa di Belgio e altre due qualificazioni all’Europa League. Lo Zulte Waregem è la classica squadra che rende onore all’Europa League: ci arriva senza nessun blasone e senza aver mai vinto neanche il proprio campionato domestico minore, arriva solo per portare caos, entropia e nomi pieni di consonanti.

Lo stemma dello Zulte Waregem consiste in un pallone intento a girare su una doppia orbita, sovrastata da un arcobaleno e incoronata dal motto della squadra: «Leggenda di primavera». Lo stemma ricorda la struttura dell’atomo e vuole rimandare alla filosofia di gioco della squadra, ispirata a una raffinatissima versione del gioco di posizione catalano (SCHERZO!). Ma soprattutto ricorda lo stemma degli isotopi di Springfield.

In questa edizione dell’Europa League lo Zulte non è stato fortunato. È capitato in un girone duro insieme a Vitesse, Nizza e Lazio e nelle prime due partite ha rimediato due sconfitte, contro francesi e italiani. Nel doppio confronto contro gli olandesi del Vitesse, però, lo Zulte ha messo insieme 4 punti, grazie all’autoritario 2 a 0 di ieri, con i gol di Baudry e Kaya. In porta, ancora una volta, Bostyn è stato preferito a Leali, l’ex-nuovo Buffon che sta cercando di far perdere tracce di sé nelle Fiandre. Ora lo Zulte è solo 2 punti dietro un Nizza in difficoltà: si può sognare.

Il gol più Europa League

Florinel Coman in FCSB - Beer Sheva

Virilità: 1

Assurdità: 9

Anti-epicità: 9

Paura della morte: 10

Florinel Coman ha diciannove anni ed è chiamato l’Mbappe rumeno (fortuna che non somiglia a Coman). Il presidente del suo club, FCSB (ex Steaua Bucarest), ha detto: "E' più forte del francese, lo venderei solo per 120 milioni almeno". È con questo peso che Coman ogni giorno deve trascinarsi in campo e tenere il passo della giovane stella francese che ha già dimostrato di poter mettere a ferro e fuoco l’Europa. Fino al trentunesimo minuto della partita di ieri, Florinel al contrario non aveva ancora mai segnato in Europa. Ma l’Europa League non è qui ANCHE per questo?

L’impegno profuso dai giocatori del Beer Sheva per permettergli di segnare a porta vuota (fosse mai l’emozione lo tradisse) è davvero lodevole, e davvero Europa League. Su una palla morta che sta finendo al portiere, devono impegnarsi in quattro.

Riuscite ad immaginare l’impegno che ci vuole per trasformare questo frame in gol (la palla è tra i tre difensori)?

L’indecisione con cui quattro persone riescono a non prendere un pallone pienamente nella loro portata è estremamente comica e ci ricorda di non dare per scontato nulla, soprattutto quando l’Mbappe rumeno è nei paraggi (ma pure quello francese).

Il mistero dell’Alef

Il mistero dell’Alef è un saggio di Amir Dan Aczel, matematico e divulgatore scientifico, edito in Italia dal Saggiatore. Un saggio in cui si discute del concetto di infinito, ai confini tra matematica e filosofia. L’alef (aleph) è infatti la prima lettera dell’alfabeto fenicio ed ebraico, ed in matematica sta ad indicare l'i-esimo numero cardinale transfinito (se non è un mistero questo).

Ma da oggi il mistero dell’Alef è anche quello che voleva fare Alef dos Santos Saldanha, difensore dell’Apollon, quando è saltato sopra le spalle di Ilicic. Noi sinceramente non ne siamo venuti a capo, l’arbitro ha pensato di sanzionare il tutto con un rigore. Vi lasciamo con un fermo immagine da cui far partire la vostra indagine, magari ne viene fuori un buon libro.

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