Il bello dell’Europa League 2018 vol.3
I momenti più luccicanti della terza giornata della nostra coppa europea preferita.
Suonala ancora, Kabananga
Il bello dell’Europa League è che ogni settimana ha un suono diverso. Quello di questo turno ha il ritmo rimbombante delle allitterazioni di tamburo che risuona nei cognomi di Junior Kabananga e Ziguy Badibanga.
Kabananga è la punta dell’Astana che ieri sera ha sfracellato praticamente da solo (ok, in coppia con Twumasi che però non ha un cognome musicale) le velleità del Maccabi Tel-Aviv di Jordi Cruyff. Cresciuto nel vivaio dell’Anderlecht, dove avrebbe dovuto raccogliere il testimone di Romelu Lukaku (anche lui di origini congolesi, repubblica democratica del), nel 2015 si è andato a infognare in un cul-de-sac kazako dal quale fatica a uscire. L’anno scorso ha provato a sfondare in Turchia, senza grande successo, preferendo anche le colline dell’Anatolia e la loro relativa uncoolness alla steppa kazaka. E anche a gennaio aveva fatto sottilmente intendere, dopo essersi laureato capocannoniere della Coppa d’Africa in Gabon, di volersi mettere alla prova in un campionato di livello leggermente superiore.
Alla fine è rimasto ad Astana, a galleggiare in un contesto in cui è di gran lunga il più forte attaccante, oltre che – forse – il più figo.
Ziguy Badibanga, invece, ha probabilmente il più bel nome di tutti i giocatori dell’Europa League, e un’innata predisposizione alle Stelle. Mi sorprende che nessuno l’abbia ancora soprannominato Ziguy “Stardust” Badibanga.
Già protagonista in Europa League, tre stagioni fa, con la maglia dell’Asteras Tripolis (che nello stemma, infatti, ha una stella), ieri ha segnato un gol importantissimo per i Moldavi dello Sheriff Tiraspol, che ha consentito agli sceriffi di agguantare il pari contro i più quotati russi del Lokomotiv Mosca.
Dopo una carriera stramba, trascorsa a girovagare alle periferie dell’Europa che conta, a Tiraspol Ziguy ha trovato un club con cui fondersi in esatta simbiosi: cosa c’è di meglio, per un calciatore che sfoggia dreadlocks biondi e bandanas abbinate, di una squadra con uno stemma che fonde Pallone Della Champions, stella da sceriffo di quelle che si trovano nelle buste sorpresa e stellina da ClipArt?
Wenger torna ai giovani, ma chi sono questi giovani?
L’Europa League sembra un abito fatto su misura per Arsène Wenger. L’allenatore alsaziano può infatti usare un girone di qualificazione particolarmente morbido per tornare a fare quello che nel corso degli anni è sempre stata una delle sue caratteristiche: lanciare giovani sconosciuti.
Un tempo l’Arsenal di Wenger era una squadra fichissima anche perché lanciava giocatori giovanissimi che poi diventavano Viera, Petit, Anelka, Fabregas, Walcott, Bendtner, Wilshere, eccetera eccetera. Con il passare degli anni i giovani sono rimasti nella politica dell’allenatore alsaziano, ma sempre meno hanno dimostrato di avere il talento necessario.
Nella partita contro la Stella Rossa, Wenger ha schierato a centrocampo Reiss Nelson, anni 17; Ainsley Maitland-Niles, 20 anni e Joseph Willock di anni 18. Ma soprattutto ha riempito la panchina di bambini in gita.
Siccome sono davvero troppi i giovani portati da Wenger a Belgrado, e statisticamente qualcuno dovrà fallire, mentre qualcun’altro splendere come una supernova, abbiamo dato un po’ di percentuali di successo:
Reiss Nelson – 17 anni – possibilità di farcela 85%
Reiss Nelson è nato il 10 Dicembre del 1999, quindi non fa totalmente parte del nuovo millennio per un attimo. Prima di oggi aveva già due presenze da titolare con l’Arsenal e c’è moltissima fiducia intorno a lui in società. Il suo ruolo naturale è quello di esterno offensivo, ma Wenger ha deciso di utilizzarlo come esterno destro di centrocampo perché così “impara a far fronte alle responsabilità difensive, una buona cosa per un giocatore moderno”.
Nelson si ritrova quindi neanche diciottenne a farsi le ossa inseguendo esterni assatanati in Europa League, una scuola di vita neanche male. Contro la Stella Rossa il ragazzo ha giocato una partita solidissima, sia in fase di copertura che nella gestione del possesso – è stato il giocatore dell’Arsenal ad eseguire più passaggi – offrendo sempre uno scarico alla manovra con il suo continuo movimento.
Reiss Nelson’s game by numbers vs. Red Star Belgrade:
88% pass acc.
76 passes
5 take-ons
3 interceptions
3 clearances
3 blocks
2 shots— Squawka Football (@Squawka) 19 ottobre 2017
Insomma Nelson gioca attaccante coi giovani, poi va a fare l’esterno nel 3-4-2-1 dei grandi. Se non gli viene un gran mal di testa, il futuro è assicurato.
Ainsley Maitland-Niles – 20 anni – possibilità di farcela 50%
Maitland-Niles continua la traduzione dei giovani inglesi super-promettenti con il doppio cognome, una garanzia di successo. È un giocatore duttile, può giocare ala o centrocampista, grazie ad una fisicità rara per un giocatore così giovane.
Come per Nelson, sadicamente Wenger lo ha schierato come esterno nei quattro di centrocampo, in questo caso sinistro. Ma la strada per il successo è lastricata da partite giocate fuori ruolo e Maitland-Niles non si è fatto scoraggiare. La sua è stata una prestazione onesta, in cui ha svolto i compiti di attacco e difesa in maniera diligente, senza mai lasciarsi trasportare degli eventi. Più di Nelson ha pagato la partita fuori posizione, non riuscendo a dare il massimo, ma su uno con un fisico così, c’è solo che da puntare.
Fa parte dell’accademia dell’Arsenal da quando a 6 anni, ma occhio che la madre è la classica madre che mena i dirigenti.
Joseph Willock – 18 anni – possibilità di farcela 70%
Anche se gli onori sono andati a Nelson, dovreste stare tutti in fissa con Joseph Willock, un giocatore davvero speciale. Già contro il Bate Borisov aveva offerto una prestazione assolutamente esaltante, ripetuta a Belgrado anche se in maniera meno appariscente.
Willock ha tutto ciò che serve per diventare un ottimo centrocampista centrale: è sempre in controllo, sempre al punto giusto, in grado di collegare i reparti con la sua rapidità. Ieri il 93% dei suoi passaggi ha avuto successo, e tra lui e Coquelin sembrava lui quello esperto.
Marcus McGuane – 18 anni – possibilità di farcela 45%
Di Marcus McGuane si parla molto bene, pare sia cercato anche da United e Juventus. Ieri è entrato all’ottantanovesimo e nell’unica azione che l’ha visto coinvolto è prima scivolato da solo e poi commesso un mezzo fallo da rigore.
Facciamo che ripassiamo dopo.
Ben Sheaf – 19 anni – possibilità di farcela 35%
Ben Sheaf è il classico centrocampista inglese, magro, biondo e bianchissimo. Potrebbe essere Wilshere o Ramsey a prima vista. Se è una cosa buona, questo decidetelo voi.
Another debutant from our academy – congratulations, @BenSheaf_ 👏#RSBvAFC pic.twitter.com/bigatoTDOl
— Arsenal FC (@Arsenal) 19 ottobre 2017
Joshua Dasilva – 18 anni – possibilità di farcela 33%
Per alcuni il suo nome è Joshua Da Silva, per altri Josh Da Silva, mentre altri ancora lo chiamano Joshua Dasilva. Fidiamoci di Wikipedia che lo chiama Pelenda Joshua Tunga Dasilva. Detto questo, con tutti questi problemi di identità, la sua riuscita nel calcio professionistico è davvero a rischio.
Dalla sua ha una faccia perfettamente simmetrica.
Matt Macey – 23 anni – percentuale di riuscita 8%
Matt Macey ha 23 anni, tanti per un giovane, ed è il terzo portiere dell’Arsenal dietro a Cech ed Ospina, che non ne azzecca una. Recentemente è salito agli onori della cronaca per aver preso parte ad un giochino con le palline da ping-pong per allenare Cech.
Chuba Akpom – 22 anni – possibilità di farcela 5%
Quest’estate Chuba Akpom è rientrato all’Arsenal dal quarto prestito consecutivo. Vai che è la volta buona Chuba.
Jordi Osei-Tutu – 18 anni – possibilità di farcela 15%
Jordi Osei-Tutu deve il suo nome al grandissimo Cruyff, Jordi Cruyff.
Eddie Nketiah – 18 anni – possibilità di farcela 60%
Eddie è un attaccante molto promettente che ha segnato quasi un gol a partita nelle giovanili dell’Arsenal. Molto forte fisicamente, il suo punto forte sono i tagli alle spalle della difesa e la capacità di finire in area.
Il suo unico problema è che l’Arsenal sta facendo di tutto per non avere un grandissimo attaccante in squadra perché comunque poi con Giroud come la mettiamo?
Il mistero di Alberto Tegoni
All’ottavo minuto del primo tempo di Braga-Ludogorets i padroni di casa passano in vantaggio sugli sviluppi di un calcio di punizione sul lato sinistro della trequarti. La squadra portoghese arriva in area con un filtrante, con la palla che poi viene messa in mezzo con un cross teso in orizzontale, che attraversa tutta l’area di rigore fino ad arrivare alla conclusione semplice, a pochi metri dalla linea di porta, di Ferreira. Davide Massara, su indicazione di uno dei suoi due guardalinee, Alberto Tegoni, però annulla per fuorigioco.
Inquadrato nella posizione plastica della segnalazione dell’offside, Tegoni mostra però una divisa inusuale: sulla classica maglietta nera da arbitro non c’è la toppa ufficiale della FIFA ma lo stemma della Nazionale italiana di calcio.
La divisa ufficiale, indossata da Massara.
Come mai? Cosa è successo che noi non sappiamo?
Era un messaggio politico revisionista, quello di mettere un tricolore su uno sfondo nero? Patriottismo? Semplice nostalgia? Oppure stiamo andando oltre con le sovrastrutture e Tegoni è stato costretto a fare di necessità virtù da un contrattempo da calciotto il giovedì sera? Si era scordato di lavare la divisa ufficiale? Gli si era scucita la toppa della FIFA ed è stato impossibile trovare tra 26 uomini qualcuno che ci sapesse fare con ago e filo? Tutte ipotesi plausibili, ma allora come ha fatto a mettere la toppa della Nazionale? E poi perché proprio quella della Nazionale? Non sarebbe stato meglio un simbolo meno divisivo in terra straniera, come il logo dell’ONU? È un mistero che si riannoda nel momento stesso in cui provi a scioglierlo.
Noi continueremo a investigare, ma con reticenza, perché la magia dell’Europa League si fonda soprattutto sull’impenetrabilità dei suoi segreti.