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Il bello dell'Europa League 2018 vol. 13
27 apr 2018
27 apr 2018
Le cose più scintillanti successe nell'andata delle semifinali della nostra coppa preferita.
(articolo)
23 min
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Come è andata veramente a Leon

Siamo riusciti a contattare il trofeo dell’Europa League e gli abbiamo chiesto un racconto esaustivo e real dei fatti accaduti in Messico, quando è stato rapito da una banda di malviventi e recuperato poche ore dopo. Questa è la sua storia, raccontata mentre fuma una sigaretta.

Non ero mai stato in Messico prima, tutto quello che sapevo su questo posto veniva dai film con Gael García Bernal e da Idetective selvaggi di Bolano. Per venire qui ho dovuto aspettare che gli sponsor mi ci trasinassero, come se fossi una statua che nessuno vuole davvero. E poi mi hanno portato a Leon, ma non Leon in Spagna, ne Leon il film con Jean Reno, ma quella - appunto - in Messico (forse per l’assonanza con Lyon, dove concluderò la mia missione per quest’anno), un posto così innocuo che sulla sua pagina Wikipedia c’è scritto che ha 80 chilometri di piste ciclabili come un vanto.

Facevano quasi trenta gradi a mezzogiorno, l’aria era rarefatta e l’umidità si attaccava sul mio argento come uno appena uscito di prigione alla prima puttana. Devo proprio parlarci con i miei sponsor: col cazzo che alla Champions League la portano in Messico. In Messico ci vanno gli Iturbe, i Menez, al massimo quelli un po’ svitati tipo Gignac e Honda. Non ci va l’Europa League in Messico. Come se non bastasse le mie guardie del corpo si fermano a mangiare TACO, no ma dico io, poteva accadermi una cosa più stereotipata?

È quello il momento in cui mi rapiscono. Un gruppo di messicani con le magliette dello Sheriff Tiraspol forza il furgone blindato in cui me ne stavo riposando e mi lancia dentro un vecchio pick-up della Ford tutto sgangherato. Parlavano solo spagnolo, ma fortunatamente io lo spagnolo lo capisco, avendo passato la maggior parte della mia vita a Siviglia. Parlavano fitto, con quell’accento messicano tutto musicale. Erano contenti: dovevano vendermi alla Transnistria, che voleva usarmi come leva per chiedere l’indipendenza. I soldi li avrebbe messi Putin, scottato dall’eliminazione di tutte le squadre russe.

Passo diverse ore così, steso al buio, in una catapecchia abbandonata dentro la Sierra de Lobos quando sento dei rumori in lontananza. Di gran carriera è arrivato un furgone nero, tutto bello pimpato, con una striscia rossa a disegnarne il profilo. Ne escono fuori alcune figure che riconosco subito: sono alcuni dei più validi giocatori che si sono battuti per il mio possesso. Per primo individuo la figura massiccia di Leandre Tawamba, centravanti del Partizan di Belgrado. Al volante c’è Vasili Berezutski e accanto a lui il fratello Aleksey, uniti non solo nel difendere la porta del CSKA Mosca, ma anche nel recuperare me, trofeo dell’Europa League, in aperto contrasto con il loro presidente. Ma non solo: nel commando che mi ha salvato c’erano anche Moussa Sow, Aritz Aduriz e Lazaros Christodoulopoulos.

Si sono battuti come leoni, hanno sgominato la banda di messicani-transnistriani e mi hanno riportato agli sponsor. Non hanno voluto niente, neanche che la storia trapelasse. Ma la verità è questa, non quella che avete letto su giornali e tweet disperati.

Quindi se ci vedremo a Lione non dovete ringraziare le forze dell’ordine, ma le forze dell’Europa League.

Il cinismo dell’Olympique Marsiglia

L’Europa League dell’Olympique Marsiglia sta diventando un videogioco arcade in cui i giocatori biancoazzurri devono sconfiggere le cattivissime squadre Red Bull. Come fosse però un videogioco al contrario, dove all’avanzare dei livelli la forza degli avversari cala invece di salire.

Ai quarti di finale l’OM aveva dato una grande prova di forza contro il RB Lispia, l’ammiraglia delle squadre Red Bull. Rudi Garcia per l’occasione aveva giocato una partita accorta all’andata, schierando la squadra con un 5-3-2 che chiudeva tutti gli spazi in mezzo alle ricezioni nei mezzi spazi del RB Lipsia; mentre al ritorno ha giocato in modo più spavaldo, forte anche del rientro di Thauvin e delle assenze che invece colpivano il Lipsia (in particolare Forsberg e Werner).

Contro il RB Salisburgo Garcia ha giocato subito in maniera aperta, con il 4-2-3-1 più qualitativo possibile. Thauvin, Payet e Ocampos dietro Mitroglou. Luiz Gustavo abbassato in difesa e la linea dei centrocampisti formata addirittura da Maxime Lopez e Morgan Samson: due giocatori estremamente offensivi, dalla grande tensione verticale.

Nonostante la sproporzione di spessore tecnico fra le due squadre, l’OM ha lasciato il pallone al Salisburgo, preferendo giocare la propria gara reattiva e verticale, minimizzando i rischi il più possibile. Il gol dopo pochi minuti di Thauvin (segnato peraltro con l’aiuto della mano) ha aiutato questo atteggiamento tattico. Il RB Salisburgo è riuscito a costruire alcune buone occasioni, soprattutto con i cambi di gioco da un esterno all’altro, dove le ali dell’OM faticavano a rientrare. Ad inizio secondo tempo la qualità superiore dell’OM è stata però di nuovo decisiva nel far saltare il pressing del RB Salisburgo. Amavi serve con uno scavetto Clinton N’Jie, entrato al posto di Ocampos. È girato col marcatore alle spalle ma gli bastano due tocchi per aprire gli avversari: un controllo di petto orientato per spostarsi la palla sul destro e una verticalizzazione nello spazio per Payet, che si sposta sempre sul lato di costruzione. Payet va sul fondo e chiude l’uno-due con N’Jie.

Negli ultimi venti minuti l’OM è calato in maniera drastica e ha smesso di pressare. In quel momento il RB Salisburgo ha avuto la sua occasione migliore, con un cross di Ulmer che ha trovato Guldbransen oltre la difesa. Ma l’attaccante norvegese ha preso il palo.

L’OM ha giocato tantissimo sul proprio lato destro, dove ha costruito il 57% delle azioni. Il RB Salisburgo lo sapeva e faceva in modo di essere quasi sempre in superiorità numerica. La qualità di Thauvin, Payet e Sarr ha però fatto la differenza. Se l’ala ha fatto una partita tutto sommato normale - specie se consideriamo il suo ultimo periodo di forma - il terzino è stato a tratti incontenibile. Sarr è stato il terzo giocatore dell’OM per passaggi realizzati, ha completato 8 dribbling e servito un passaggio chiave. Al di là dei numeri Sarr è stato fondamentale per scardinare il pressing del RB Lipsia, che saliva di intensità sulle fasce.

L’influenza di Sarr sul gioco.

L’OM non ha giocato una partita brillante e i suoi migliori giocatori erano in una giornata piuttosto normale, ma ha fatto una partita cinica, sfruttando i momenti decisivi. Il RB Salisburgo aveva cinque U-21 in campo ieri sera e la sua rosa valeva 100 milioni di euro in meno rispetto a quella dell’OM. Per una volta la squadra di Marco Rose non è riuscita a tagliare questo gap d’esperienza e di forza economica con gli avversari.

Quale azione riassume meglio la legacy di Wenger?

Siete amanti o detrattori di Arsene Wenger, dei suoi piumini giganti, della sua ostinazione, della sua aura professorale? Preferite considerarlo un elegante rivoluzionario del calcio o un vecchio pazzo attaccato alla poltrona? Se non sapete decidervi, oggi c’è un modo per capirlo.

Chiudete gli occhi. Liberate la mente. Concentratevi solo su cosa significhi nel profondo essere dell’Arsenal. Aiutatevi con questa foto di Ray Parlour che sembra Valeria Bruni Tedeschi.

Bene, ora pensate all’azione recente che riassume in modo più iconico la storia dell’Arsenal.

Se stavate pensando al gol di Ramsey contro il CSKA. Alla sponda di tacco di Ozil, all’appoggio di Lacazette, al lancetto di Ozil, alla posa plastica da ballerino con cui Ramsey ha concluso, in modo completamente anti-intuitivo.

Allora siete ancora amanti di Wenger. Non ripudierete mai quegli attacchi a flipper, le combinazioni strette sulla trequarti, i tocchetti avanti-indietro, l’attacco concepito come una jam session free jazz. Non ripudierete mai le partite importanti giocate da Iwobi, i gol sbagliati da Welbeck, Coquelin come ago della bilancia, i capelli sporchi di Nacho Monreal, il sogno di Lucas Perez falso nove.

Se invece non riuscite a togliervi dalla testa il gol di Griezmann di ieri sera siete dall’altra parte dell’opinione pubblica. Pensate che non ci sia azione migliore che riassuma la legacy dell’Arsenal di Wenger. La sua capacità sovrannaturale di buttare via partite già vinte, nei modi più comici possibili. Ecco i 4 momenti più Arsenal del gol di Griezmann:

1. Il fuorigioco sbagliato su un lancio a caso dalla difesa. Guardate in basso a destra Nacho Monreal, guardatelo passeggiare. Chiedetevi pure cosa stava facendo, dove stava andando, a costa stava pensando.

2. il rinvio sbagliato da Koscielny. Koscielny è in ritardo perché deve rimediare al fuorigioco sbagliato. Va in spaccata su Griezmann ma per qualche motivo non la spinge in rimessa laterale ma SULLA PROPRIA FACCIA.

3. Ospina comunque respinge il pallone, che però rimane più o meno lì. Mustafi potrebbe arrivarci, ma scivola! Guardate il dramma primordiale di questo momento.

4. Griezmann per qualche ragione, che ha a che fare con la crudeltà di questa vita, Griezmann non tira bene. Colpisce la palla di punta, non riesce ad alzarla bene. Mustafi riesce a opporsi un minimo, la tocca con il ginocchio, ma la palla si alza e finisce comunque in porta.

Quindi, con quale azione ricorderete l’Arsenal di Wenger.

Verrà la morte e avrà gli occhi di Koscielny

Laurent Koscielny è la faccia del fallimento degli ultimi otto anni di Arsenal, squadra di cui è vice-capitano dietro Per Mertesacker, un altro difensore depresso. I suoi errori sono spesso la firma goffa ai momenti più difficili della squadra di Wenger, la rappresentazione della capacità senza senso dei “gunners” di sciogliersi negli attimi decisivi delle partite.

Ieri ha letteralmente tirato sulla propria faccia un tentativo di rinvio che è diventato un assist per l’attaccante. Ci sono stati una serie di errori individuali a catena. A partire dal fuorigioco sbagliato, su cui Koscielny era l’unico ad aver tenuto bene la linea. Però dopo il gol le telecamere non inquadreranno Wenger, né Mustafi - scivolato al momento dell’intervento -, inquadreranno Koscielny, le mani sui fianchi, gli occhi storti e tristi.

Non è la prima volta che Koscielny vive il momento della vergogna. Nel 2011 l’Arsenal ha affrontato il Birmingham in finale di Coppa di Lega, una squadra che stava per retrocedere contro una che era ancora in lotta per il titolo. L’Arsenal subisce gol da Zigic nel primo tempo, pareggia con van Persie su assist di Arshavin. Nel secondo tempo, poi, una palla lunga ancora su Zigic, la sponda sembra andare tra le braccia di Szczesny ma prima Koscielny vuole spazzarla, lisciandola clamorosamente e cadendo poi addosso al compagno. La palla sbatte sul portiere e finisce sui piedi di Martins, che segna il gol vittoria. Koscielny è a terra distrutto, i giocatori del Birmingham gli passano in trenino accanto e uno di loro gli tocca la testa come se portasse fortuna.

A fine partita Koscielny piange con la faccia raccolta nella maglietta.

Ci sono poi altri momenti più piccoli in cui gli avversari hanno mostrato pochissimo rispetto per Koscielny senza motivi particolari. Ad esempio in questo caso Quaresma lo prende per il collo nella finale degli Europei. Perché? Perché sempre Koscielny?

Tutti ricordano le responsabilità di Koscielny in occasione del gol ma in pochi ricordano il suo errore al 20’, quando ha svirgolato malamente una palla tutto sommato facile da spingere in porta.

Koscielny ha 238 presenze con l’Arsenal e 51 con la Nazionale francese. Ha vinto trofei (pochi) e giocato partite importanti (tante). I suoi allenatori si fidano di lui, anche se spesso sembra che non sia proprio neanche un motivo per cui Koscielny giochi ad alti livelli. Il suo mistero, la sua capacità di mettere sempre la faccia sulle peggiori sconfitte, racchiude tutta la vena tragica dell’Arsenal.

Marsiglia ha i migliori barbieri d'Europa

Ci sono un tot di motivi per cui dovremmo fare il tifo affinché l’OM arrivi ad alzare la coppa dell’Europa League, tra i quali:

1. Perché la coppa ha la forma giusta per servirci dentro una trionfale bouillabaisse

2. Perché sarebbe stupendo vedere Pamela Anderson abbracciare Rami con la medaglia d’oro al collo in una calda notte di Lione

3. Perché la squadra è l’esatta e puntuale personificazione della parola provenzale chourmo.

“Chourmo” significa “ciurma”, è anche il titolo di un romanzo abbastanza famoso di Jean-Claude Izzo e viene utilizzata a Marsiglia, per estensione, per riferirsi agli abitanti della cité e dei quartieri più antichi e popolari. Gli immigrati, i figli degli immigrati, il famoso crogiuolo di etnie che per l’OM, tradizionalmente, rappresenta lo zoccolo duro del tifo.

Come i rematori delle galere romane, la “ciurma” originale, allo stesso modo i giocatori dell’OM stanno remando tutti verso la stessa direzione, incitati da un capovogatore che ha esattamente lo sguardo che immagineresti abbia un capovogatore: glaciale, convincente, motivante.

Per quanto lo spirito di gruppo sia evidente tra i focesi, è anche vero che siamo nel pieno della società degli individui, e nella sfida al Red Bull Salisburgo se c’è un particolare che è subito parso evidente è quanta differenza possa esserci tra una squadra che sembra avere il parrucchiere nello spogliatoio, tanto i tagli di capelli dei suoi calciatori si somigliano (sapreste distinguere almeno cinque giocatori del RB oltre a Hwang, Minamino e Ramalho?), e una che affida le sue acconciature ai coiffeur più trendy del Mediterraneo, capaci di incastonare in un taglio i significati più profondi dei singoli giocatori, della città che rappresentano, dell’Europa League.

Quella che segue non è una classifica, ma la dimostrazione - in cinque esempi - di come dovremmo proclamare il vincitore dell’Europa League già adesso, senza aspettare le gare di ritorno o la finale.

Luiz Gustavo: il brasiliano è la componente funky della squadra. La sua cotonatura con vaghi sentori afro è una buona metonimia dell’avvolgenza con cui tesse la manovra, e della sicurezza che proffonde nelle giocate difensive. Allo stesso tempo, la combinazione con il baffo sottile sembra restituirci la poliedricità che ha in campo: a metà strada tra un ex pornodivo ora gestore di una casa di appuntamenti e il cantautore raffinato che viene dalla Polinesia (non sembra una definizione perfetta anche per l’Europa League?), Marsiglia è la città giusta per Luiz Gustavo e il suo taglio il taglio perfetto per vivere (e giocare) a Marsiglia.

Dimitri Payet + Lucas Ocampos: l’Europa League è l’unica competizione europea in cui, con il passare delle partite, dei turni, con il restringersi del cerchio, la gara viene spostata dal livello “chi è più cool” al livello “chi è più coatto”. Non necessariamente i due concetti sono antitetici. I tagli di Dimitri e Lucas dimostrano come, a riprova di quanto già diceva Julio Cortázar, esistono dei ponti e dei passaggi sotterranei che collegano Argentina e Europa. Sfumatura alta, “unghiate” laterali: come diceva Gertrude Stein, dopotutto, «un coatto è un coatto è un coatto», un po’ ovunque.

Kostas Mitroglou: il “pistolero” quest’anno sembra avere le polveri bagnate, ancora non ha segnato in Europa League e sembra sempre molto pensieroso, riflessivo, come un personaggio di un romanzo di Izzo che non dice mai una parola, ma troneggia nelle scene con la sua barba sufi, chiave di volta mistica dell’intera narrazione. Barba decisamente più lunga da quando è stato presentato a settembre, che è cresciuta in maniera inversamente proporzionale alla sua efficacia sotto porta.

Clinton N'jie: il taglio che ha sfoggiato ieri sera, e che è rimbalzato per tutta Europa nel momento in cui ha innescato e finalizzato l’azione del 2-0, era un chiaro omaggio ai Mostri Sacri dell’Europa League 2017-18: Badibanga e Kabananga, del quale Njie è chiaramente un cosplayer. Un applauso al citazionismo del suo parrucchiere, per favore.

Jordan Amavi: come il piede di Cenerentola era l’unico, in tutto il Reame, che potesse calzare la scarpetta di cristallo, indovinate di chi è l’unico cespuglio di capelli che si incastra perfettamente con la convessità della coppa dell’Europa League? Quando si dice la predestinazione.

Payet, come ce lo ricordavamo e com’è

Sono passati quasi due anni interi da quando Dimitri Payet, dopo una stagione strepitosa con l’OM, si apprestava a muoversi con l’eleganza di un cigno con le ali di fuoco sui campi dell’Europeo. Il trasferimento successivo al West Ham sembrava avergli tarpato le ali e messo un sigillo definitivo, piuttosto negativo, sulla sua carriera: in questo senso il ritorno al Velodrome ha assunto i veri e propri connotati di una redenzione purificatoria. Per questo oggi possiamo ritenerci abbastanza fortunati di poter osservare un Payet quasi al livello di quello che ricordavamo.

A Marsiglia ieri sera c’era la coppa dell’Europa League, esposta prima dell’inizio della semifinale: ma non è per questo motivo che alcuni tifosi hanno deciso di guardare la partita indossando per tutto il tempo gli occhiali da sole.

Il motivo di tanta luminescenza era Dimitri Payet. Ci sono state almeno cinque o sei giocate che ci hanno convinto di quanto sia in stato di grazia, e il suo talento non sia per niente appannato, ma anzi maturato. A cominciare dall’assist per il vantaggio segnato di testa (e un po’ anche di metacarpo) da Thauvin: la punizione di Dimitri ha il taglio perfetto e netto dei migliori manovratori di rasoio del mondo, sembra uno di quei sassi lanciati in acqua dalla parabola così fendente che non sollevano neppure una goccia quando rompono la stasi dello stagno.

Nelle ultime quattro partite Payet ha segnato un gol ma soprattutto ha servito sei assist, che pare essere ciò che gli sta riuscendo meglio anche in questa Europa League. Due minuti prima aveva rischiato di mettere a segno l’assist più magniloquente di tutta l’Europa League, in scorpion-kick: il pallone, però, leggermente sbucciato, non è riuscito ad arrivare tra i piedi di Thauvin. Sette giri di lancetta dopo l’assist, invece, con un colpo di tacco in pieno stile art pour l’art, trasforma una macchinosa fase difensiva in un contropiede dolce come un lekoum.

Con il passare dei minuti il tasso di centralità di Payet si è elevato, non lievitando ma cuocendo a fuoco lento, come nella preparazione della bouillabaisse. Intorno alla mezz’ora ha ricevuto un pallone nell’esatto centro del campo: con le due linee avversarie perfettamente schierate di fronte, ha tagliato con un fendente a trovare Ocampos entrambe.

Trequartista centrale nelle idee di partenza di Rudi Garcia, in realtà Payet è davvero un tuttocampista: qualche minuto più tardi, al trentottesimo, ha spostato il baricentro della squadra come fosse la sua ombra sulla fascia destra, dove - come fa il faro con le navi in rada - ha dettato i tempi di una manovra articolata in cui, con tocchi sempre di prima, ha disegnato linee di passaggio imprevedibili che hanno distratto la difesa del Salisburgo, fino a farsi trovare, dopo l’ennesimo uno-due, largo sulla fascia destra, da dove ha potuto crossare.

Al quarantesimo, gravitando sulla fascia destra della sua metà campo, che testimonia l’altissima mobilità e la propensione ai ripiegamenti difensivi, con un pizzico di arroganza ha attirato a sé la pressione di due avversari, prima di irriderli con un tocco leggero, di scavetto, per Sanson, che ha avuto così l’opportunità di avanzare industurbato a centrocampo.

Ma se c’è una giocata che testimonia meglio di ogni altra il nuovo Payet è quella al quinto minuto del secondo tempo, quando il Red Bull stava cominciando a stringere l’OM in un assedio simile a quello che esercita la neve quando cade copiosa e ti lascia isolato in casa.

Sull’affondo di Lainer, uno dei migliori dei suoi, Payet sembra aver perso l’occasione di difendere appropriatamente la fascia. Mentre Lainer scatta, Payet indietreggia a passetti, anziché seguire con gli occhi gli avversari: un apparente tentennamento che gli permette però di leggere gli esatti giri del lancio avversario, e farsi trovare pronto, con una scelta di tempo impeccabile, per sovrastare di testa Lainer e rendere l’occasione evanescente.

L’eccezionalità di Payet svanisce se diluita nella lista di centrocampisti offensivi di cui Deschamps potrà disporre per i Mondiali in Russia. Ma siamo davvero sicuri che non meriti un’altra chance internazionale? Oltre a puntare alla coppa più pazza e saggia al contempo, quella che più gli somiglia.

Che tempo fa a Lione

L’alta pressione primaverile sta abbandonando la perla del Rodano. Piogge in arrivo nel weekend, e brusco calo delle temperature: tempo di chiudersi nella magia del Le Fil ad ascoltare jazz. Sabato arriva il mostro Fred Wesley, “il trombettista più funky di sempre”.

È prevista invece per giugno l’inaugurazione dell’accademia di Scienze Politiche voluta da Marine Le Pen ma in quei giorni la città sarà tutta concentrata sul festival del fumetto e dell’illustrazione. Ora Lione può concentrarsi sull’accoglienza dei tifosi delle finaliste, che sembrano molto carichi.

I tifosi dell’OM hanno minacciato di spaccare tutto : )

A settembre del 2016 i tifosi dell’Olympique Marsiglia hanno assaltato il pullman del Lione tirando i sassi. Jean Michel Aulas era nel pullman: «Ero seduto lì davanti. Un sasso ha sfondato il vetro, poi abbiamo visto un sacco di gente che batteva sul pullman con degli arnesi. La polizia ha dovuto usare i gas lacrimogeni. Niente a che vedere con i veri tifosi del Marsiglia, che sanno come comportarsi. Noi ci siamo spaventati molto».

La diversità fra Marsiglia e Lione è profonda, antropologica e le tifoserie organizzate - fra le più grandi di Francia - esprimono questo conflitto. C’è anche una piccola componente politica, visto che una frangia di tifosi dell’OL è di estrema destra e quella dell’OM è di sinistra. In ogni caso, c’entra poco la politica in questi cori dei tifosi del Marsiglia che, dopo la partita di campionato, minacciano Aulas di spaccare tutto in finale.

Power ranking delle offese di Simeone all’arbitro

Insomma, inutile girarci intorno, ieri sera dopo essere stato espulso Simeone ha apostrofato con parole argute l’arbitro Turpin una dozzina di volte nel giro di neanche 40 secondi. Le abbiamo divise in 5 parti che ora metteremo in classifica:

Prefazione: perché Simeone viene allontanato dall’arbitro

https://gph.is/2Kk4ONh

Lucas Hernandez subisce fallo proprio a pochi passi da Simeone, un fallo abbastanza veniale, e questa è la sua reazione. La reazione che lo porterà ad essere espulso, ed è comunque la cosa meno grave del dodicesimo minuto della partita tra Arsenal e Atletico Madrid.

1. Da 12:25 a 12:31

Questi cinque secondi sono i miei preferiti, perché prima per due volte lo chiama figlio di puttana, poi quando il delegato UEFA si avvicina lui si gira e anche se non vediamo quello che gli dice, sicuramente gli dice “Dai lo sai pure tu che è un figlio di puttana” e l’altro gli da ragione.

Voto:10

2. Da 12:16 a 12:17

Questi sono i primi due hijo de puta che Simeone rivolge all’arbitro Turpin, che fino al quel momento non aveva mai avuto il sospetto di avere la madre così lasciva. Vengono proprio dal cuore del Cholo. Da notare la perfetta sincronia con il Mono Burgos.

Voto: 9,5

3. Da 12:34 a 12:39

Il delegato della UEFA prova a scortarlo fuori dal campo, ma Simeone non demorde. Prima ricorda ancora una volta a Turpin che dopotutto nella vita bisogna prendersi le proprie responsabilità, poi gli ricorda anche perché la madre è una puttana, ovvero non per mestiere, ma per colpa del figlio che ha pensato bene di dare due gialli a Vrsaljko nel giro di 9 minuti. Il delegato UEFA a questo punto si è convinto che Turpin sia davvero quello che Simeone va ripetendo da un po’.

Voto: 8

4. Da 12:19 a 12:21

Anche le offese più turpi perdono di gravità quando c’è Godin che ti passa davanti con la tranquillità di chi già sa che finiranno per pareggiare uno a uno, non c’è problema li prendo tutti io i palloni che entrano dentro l’area di rigore.

Voto: 7

Bonus Karma

Chi sa solo di Europa League, non sa niente di Europa League

Manca sempre meno alla finale di Europa League, ma ve la meritate la finale di Europa League? Ovvero vi meritate di assistere al primo trionfo europeo di Wenger? La prima cosa da fare è contestualizzare la data, ovvero il 16 maggio e non confonderla con un’altra data, il 26 maggio, quando invece si giocherà a Kiev la finale dell’unica coppa in cui tutto quello che c’è da vedere sono gli stop di Marcelo.

Giochiamo quindi a 16 maggio o 26 maggio?

1. a) Gli abitanti di Firenze scacciano per la seconda volta i Medici, ristabilendo una forma di governo repubblicana.

b) Ginevra espelle Giovanni Calvino.

2. a) Angelo Moriondo deposita il brevetto per la macchina del macchina del caffè espresso.

b) Nasce il Dow Jones.

3) a) Viene fondata la Repubblica Democratica di Georgia.

b) Finisce la guerra civile finlandese.

4. a) A Hollywood vengono consegnati per la prima volta gli Academy Awards (Oscar).

b) L'irlandese Bram Stoker pubblica il suo capolavoro Dracula.

5. a) In Francia, le forze Alleate iniziano una gigantesca evacuazione da Dunkerque.

b) I deportati Sinti e Rom del campo di concentramento di Auschwitz danno vita ad un'eroica insurrezione contro le SS.

6. a) John Lennon e Yoko Ono iniziano il loro secondo bed-in per la pace, a Montréal

b) il Venera 5 sovietico atterra su Venere.

7. a) La Apple Computer presenta il MacBook, il successore della linea di portatili consumer iBook.

b) Il Mars Odyssey trova segni di grossi depositi di ghiaccio sul pianeta Marte.

Risposte:

1. a) 16 maggio 1527 b) 26 maggio 1538

2. a) 16 maggio 1884 b) 26 maggio 1896

3. a) 26 maggio 1918 b) 16 maggio 1918

4. a) 16 maggio 1929 b) 26 maggio 1897

5. a) 26 maggio 1940 b) 16 maggio 1944

6. a) 26 maggio 1969 b) 16 maggio 1969

7. a) 16 maggio 2006 b) 26 maggio 2002

Possibilità di passaggio del turno dopo l’andata delle semifinali

Si avvicina l’estate e a meno che non avete un modo per svoltare scommettendo sul numero dei gol segnati dal Brasile al Mondiale, vi conviene puntare forte su questo finale di Europa League se non volete poi trovarvi a dover lavorare al posto delle macchine mentre i vostri amici sono a Ponza. Ecco quindi cosa dice il nostro algoritmo, l’unico che aveva previsto la fine della guerra tra le due Coree.

Marsiglia 80% - Red Bull Salisburgo 20% (risultato andata 2-0)

In una campagna europea costruita sulle rimonte o quasi rimonte, perché una squadra che deve le sue fortune ad un drink che sa di big babol non deve pensare di rimontare due gol al Marsiglia in casa? Dopotutto ai quarti hanno segnato 3 gol in 4 minuti e 6 secondi alla Lazio e se tenessero questa media gol nella partita contro il Marsiglia finirebbero con 66 gol, permettendogli quindi di subirne fino a 63.

Per questo motivo le possibilità di passaggio del turno del Salisburgo sono del 20%, il 20% in più di quello che credevate.

Su cosa scommettere: Payet che dopo aver eliminato Red Bull Lipsia e Red Bull Salisburgo prende una lattina di Red Bull e se la schiaccia in testa.

Su cosa non scommettere: Leiner che fa lo stesso con una boccia di Richard dopo aver eliminato il Marsiglia.

Arsenal 30% - Atletico Madrid 70% (Andata 1-1)

In questa stagione al Wanda Metropolitano l’Atletico Madrid ha subito 8 gol in 26 partite. L’ultimo l’ha preso il 20 gennaio dal Girona. L’Arsenal dovrà presentarsi a Madrid e fare gol, almeno uno, possibilmente due. Se questa può sembrare un’impresa disperata, dovete pensare che allo stesso tempo dovrà cercare di prendere un numero di gol uguale od inferiore, schierando in contemporanea Monreal e Koscielny.

Allo stesso tempo l’Arsenal ha giocato molto bene all’andata e l’algoritmo è un algoritmo molto sensibile e non del tutto pronto ad accettare la fine della carriera europea di Wenger in una partita contro il Mono Burgos. Per cui diamo all’Arsenal il 30% di possibilità di non fare l’Arsenal.

Su cosa scommettere: L’eleganza di Wenger.

Su cosa non scommettere: L’eleganza di Burgos.

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