La presentazione delle semifinali
Marsiglia - Red Bull Salisburgo
percentuali di passaggio del turno: Marsiglia 75% - Red Bull Salisburgo 25%
Dopo aver eliminato la più famosa delle franchigie europee della Red Bull, il Marsiglia dovrà battere la sua cugina austriaca per approdare alla finale di Lione. Il vantaggio per la squadra di Rudi Garcia sarà quello di affrontare una squadra dai principi di gioco simili a quelli del Lipsia, che quindi già conosce e sa come battere, ma con una caratura tecnica di sicuro inferiore. Il Marsiglia ha dimostrato di avere un potenziale offensivo di altissimo livello che, se messo nelle migliori condizioni per esprimersi, può essere devastante contro praticamente qualsiasi squadra, e quindi sicuramente anche contro il Salisburgo.
Il Red Bull Salisburgo, però, ha già dimostrato di avere un’organizzazione e un’intensità tale da poter mettere in difficoltà anche avversari tecnicamente superiori, soprattutto quelli dall’identità non del tutto definita come il Marsiglia. La squadra austriaca ha meccanismi di pressing e riaggressione rodatissimi, che la squadra di Rudi Garcia ha già dimostrato di soffrire molto. Il Salisburgo, inoltre, ha il vantaggio di giocare il ritorno in casa, dove non perde addirittura dal 27 novembre del 2016. Nel caso in cui riuscisse ad ottenere un risultato positivo all’andata, magari segnando un gol, per il Marsiglia le cose si complicherebbero molto.
Atletico Madrid - Arsenal
percentuali di passaggio del turno: Atletico 60% - Arsenal 40%.
L’Arsenal in questa Europa League ha offerto un saggio del proprio DNA, dando l’impressione di poter vincere e perdere da chiunque in qualsiasi momento. Ha distrutto un Milan in un ottimo momento di forma a San Siro, con momenti di grande brillantezza tecnica, poi ha perso in casa con l’Ostersund e si è fatto terrorizzare ieri dal CSKA Mosca. Dall’altra parte anche l’Atletico Madrid ha avuto un percorso fedele alla propria identità di squadra pratica e affidabile. L’Atletico ha passato i propri turni dando sempre una grande impressione di superiorità tecnica e mentale al contesto - nonostante qualche passaggio a vuoto, soprattutto contro lo Sporting Lisbona.
Non ci potrebbe quindi essere uno scontro tra due squadre più diverse, e questa diversità è ciò che rende la doppia sfida piuttosto equilibrata. Arsene Wenger si è detto sorpreso dall’intensità del CSKA Mosca nel primo tempo, che sembra un commento comico su se stessi. L’Arsenal dovrà alzare il proprio livello per avere qualche possibilità contro l’Atletico Madrid, che sicuramente alzerà il proprio.
L’Atletico Madrid è favorito per tanti motivi. Non solo per l’esperienza maturata nel contesto europeo, ma anche per la solidità complessiva della squadra, che ha concesso appena 15 gol in campionato in questa stagione. Griezmann, in più, rischia di essere una variabile troppo fuori controllo per la difesa dell’Arsenal, i cui centrali vanno in difficoltà quando stimolati a uscire dalla linea.
Nonostante tutte queste premesse, l’Arsenal è una squadra pazza con un potenziale offensivo forse persino superiore a quello dell’Atletico, e quando azzecca la partita esprime una brillantezza difficile da difendere per qualsiasi squadra. Molto però dipenderà dall’infortunio al ginocchio di Mkhitaryan, che potrebbe tenerlo fuori fino a fine stagione. Anche all’Atletico però rischia di mancare Diego Costa, uscito ieri per infortunio, fondamentale per avere uno sbocco in profondità.
Lacazette ha dichiarato che una vittoria in Europa League salverebbe la stagione dell’Arsenal, e forse permetterebbe a Wenger di rimanere un altro anno. Simeone, da parte sua, ha invece dichiarato che rimarrà all’Atletico anche il prossimo anno per provare a proseguire il lento processo di crescita del club. In questa semifinale si decide quindi anche la direzione che due grandi club del calcio europeo decideranno di prendere in estate.
Cosa è successo alla Lazio contro il Salisburgo?!
All’Olimpico la Lazio aveva avuto la meglio sul Salisburgo affrontando gli austriaci con le loro stesse armi. In una partita in cui entrambe le squadre avevano fatto fatica a mantenere il possesso della palla a causa dell’intensità e della pressione applicata, immediata anche appena una delle due formazioni perdeva il pallone, i biancocelesti erano riusciti a far valere la propria maggior qualità, dimostrandosi, nonostante i due gol subiti, preparati ad affrontare una squadra organizzata come quella di Marco Rose.
Pur schierando lo stesso undici iniziale dell’andata, Inzaghi, forte del 4-2 maturato all’Olimpico, ha deciso di difendere più basso e senza aggredire la prima costruzione avversaria, ma preferendo mantenere un blocco difensivo medio. Immobile e Luis Alberto si mantenevano piuttosto vicini a formare la prima linea di pressione del 5-3-2, per impedire a Schlager di ricevere palla.
Se Inzaghi ha proposto la stessa formazione della partita di Roma, Rose ha invece messo in campo alcune novità nei titolari. Samasseokou era squalificato ed è stato il poliedrico Schlager a prendere il suo posto davanti alla difesa, mentre Yabo ha giocato da trequartista, muovendosi molto verso le due fasce, per facilitare la progressione del gioco dai lati quando il centro era troppo bloccato. In avanti è stato Hee-Chan, squalificato all’andata, a fare coppia con Dabbur, con Guldbrandsen che ha cominciato in panchina.
Ulmer, rispetto a Lainer sulla destra, rimaneva a volte più stretto vicino a Caleta-Car e Ramalho, che in superiorità numerica e liberi dalla pressione hanno giocato molti palloni, con il Salisburgo che ha goduto di oltre il 60% del possesso palla nei primi 45 minuti. Berisha, invece, si allargava a sinistra per dare comunque ampiezza allo schieramento.
In fase di costruzione, Ulmer si stringe vicino a Caleta-Car, mentre Lainer si alza sulla destra e Berisha si allarga a sinistra.
Durante la prima frazione di gioco, il piano gara della Lazio è sembrato quello giusto, coerente con la situazione di punteggio. Il Salisburgo ha creato qualche situazione pericolosa, soprattutto quando è riuscito a giocare palla a terra in diagonale con Lainer e Schlager, che con i loro passaggi creavano i presupposti per raggiungere le mezzali, che di solito giocavano subito il pallone all’indietro permettendo di guadagnare campo e mettere gli attaccanti in condizione di combinare velocemente come sono soliti fare. D’Altronde, proprio quella della compattezza diagonale è uno dei problemi difensive della Lazio, poiché le sue linee riescono a mantenersi vicine, ma tendono ad essere vulnerabili quando vengono tagliate da un passaggio sia orizzontalmente che verticalmente.
La verticalizzazione diretta di Ramalho è l’altra dinamica che la Lazio ha sofferto in modo particolare. Il brasiliano ha giocato spesso il pallone in avanti: chi riceveva riusciva a liberarsi della sfera di prima intenzione, approfittando dell’ottima struttura offensiva della squadra, creando instabilità all’interno del blocco difensivo di Inzaghi. Spesso l’uscita di palla cominciava sul lato sinistro, prima di tornare rapidamente sulla destra e coinvolgere il difensore centrale brasiliano, una volta che le maglie della Lazio si erano allargate.
Ramalho verticalizza su hee-Chan, che di prima gioca su Haidara. Si nota come i giocatori del Salisburgo formino vari triangoli e lo schieramento risulti inter-connesso.
La squadra di Rose, obbligata a ribaltare il risultato, occupava la trequarti in tutta la sua ampiezza con entrambi i terzini, oppure Berisha e Lainer, molto alti. Ciò schiacciava la Lazio in un 5-3-1-1, da cui era complicato ripartire, anche perché i padroni di casa non rinunciavano all’opportunità di riaggredire le transizioni della squadra di Inzaghi, riuscendo a soffocarle sul nascere con una buona percentuale di successo. Nonostante tutto, proprio in chiusura di primo tempo, la Lazio ha avuto una clamorosa occasione in contropiede che Immobile non è riuscito a concretizzare. I biancocelesti sono però rientrati nello spogliatoio senza aver subito gol e con 45 minuti in meno a separarli dal passaggio del turno.
Al rientro dall’intervallo, i biancocelesti hanno mantenuto il possesso come non avevano fatto nella prima frazione, riuscendo ad attaccare con maggiore efficacia lo spazio alle spalle della difesa altissima del Salisburgo. Dopo un’altra ottima occasione creata da un lancio in profondità di Luiz Felipe, che Immobile non ha convertito in rete anche per l’uscita aggressiva di Walke, il centravanti della Nazionale ha finalmente trovato la via del gol. Su un filtrante di Luis Alberto è partito dalla sinistra come è solito fare, ha tagliato alle spalle di Ramalho per ricevere palla e messo la palla alle spalle dell’estremo difensore avversario.
La condizione ideale in cui la Lazio si è ritrovata dopo il gol del vantaggio è durata però nemmeno un minuto, perché Dabbur ha immediatamente ristabilito gli equilibri finalizzando l’azione cominciata dal successivo calcio d’inizio. Raggiunto il pareggio, il Salisburgo è riuscito ad invertire completamente l’inerzia della gara, costringendo nuovamente gli ospiti all’interno della loro metà-campo.
Inzaghi ha preso coscienza della situazione e a venti minuti dal termine ha inserito Felipe Anderson al posto di Milinkovic-Savic, arretrando Luis Alberto a centrocampo. La mossa avrebbe potuto pagato immediatamente dividendi, ma lo spagnolo ha fallito l’occasione del 2-1 al termine di una transizione offensiva condotta proprio dal brasiliano. Drammaticamente, come spesso succede nel calcio quando una squadra non riesce a sfruttare un episodio a proprio favore, il Salisburgo è passato in vantaggio sul ribaltamento di fronte che ne è conseguito.
La Lazio è riuscita a ricompattarsi, ma la circolazione veloce dei padroni di casa ha disorganizzato lo schieramento difensivo passaggio dopo passaggio. Lo stesso Luis Alberto, con il Salisburgo che si trovava sul lato sinistro della zona di rifinitura, è scivolato su quello stesso lato marcando Yabo al centro della trequarti. Haidara lo ha sorpreso alle spalle e nessun difensore ha abbandonato la linea per contrastare il centrocampista maliano, che ha controllato e calciato dalla distanza trovando l’angolo sinistro della porta di Strakosha.
Il gol del 2-1 ha inaugurato quattro minuti di totale black-out biancoceleste. Prima Hee-Chan ha trovato la terza rete raccogliendo un lancio d’esterno apparentemente innocuo di Caleta-Car, che ha causato un’inspiegabile incomprensione tra De Vrij e Radu, impedendo ad entrambi di intervenire. Il 3-1 avrebbe comunque qualificato il Salisburgo, ma Lainer ha completato l’opera segnando il quarto gol sugli sviluppi di un calcio d’angolo, appena due minuti dopo il gol di Hee-Chan.
La Lazio ha ovviamente subito il contraccolpo psicologico dell’assurda rimonta degli austriaci e i tentativi di rimettere perlomeno in parità il computo della doppia sfida, per la verità piuttosto confusionari, non sono andati a buon fine.
All’andata Inzaghi aveva dimostrato di conoscere il Salisburgo e gli aveva dato il rispetto che meritava, vincendo la gara con una delle prove stagionali più intense e entusiasmanti della sua squadra. Al ritorno, potendo speculare sul 4-2 dell’Olimpico, ha invece provato a contenere la formazione di Rose e a farla alzare per attaccarlo alle spalle. Purtroppo, le opportunità per attaccare in transizione sono state troppo poche e la finalizzazione dei suoi uomini chiave, fallace. Ma a venire meno è stata soprattutto la concentrazione: proprio quando la semifinale sembrava ad un passo, la squadra è letteralmente collassata sotto l’effetto del gol di Haidara.
Il Salisburgo, anche fortunato, ha saputo cavalcare il momento alla perfezione, dimostrando, se ce ne fosse ancora bisogno dopo una tre giorni del genere, che a questi livelli bastano pochi istanti per ribaltare le sorti di una sfida giocata in 180 minuti. A questo punto, la Lazio non può far altro che concentrarsi sul Derby e sul finale di campionato, mentre il Salisburgo deve credere fino in fondo alla vittoria finale, perché dopo un cammino del genere non può essere più considerato una sorpresa.
10 cose che potete fare più velocemente di quanto il Salisburgo ci ha messo a fare 3 gol
Ieri il Salisburgo è passato dall’1-1 al 4-1 in 4 minuti e 6 secondi, stabilendo un nuovo record assurdo in Europa League. Se segnare 3 gol in meno di 5 minuti a una delle migliori squadre della Serie A vi sembra una cosa eccezionale almeno quanto lo sembra a noi, eccovi 10 cose che potete fare più o meno nello stesso lasso di tempo per risollevare un po’ il vostro ego.
Guardare il video musicale “4 minutes” di Madonna, il featuring tamarro con Timbaland e Justin Timberlake tratto da “Hard Candy”. Vi lascerà anche un secondo per pensare alle conduzioni palla al piede di Minamoto.
Se invece volete un video che dura esattamente 4 minuti e 6 secondi, potete guardarvi questo tizio in boxer che balla della musica sintetica di fronte ad un telo perfettamente rosso. Forse è meno interessante del video di Madonna.
Un allenamento di squat, addominali e flessioni che corrisponde ad un’ora in palestra. Se sarete in grado di tenere il ritmo, sarete più in forma di Lainer nell’arco di una settimana.
Rispondere a 5 email, almeno secondo questo articolo di TimeManagementNinja.com che potete leggere in meno di due minuti.
Cucinare una mug cake, possibilmente a forma di Europa League per rimanere in tema.
Avere una prima infarinatura sulla storia dei robot, per sapere da dove viene Caleta-Car.
Se proprio siete fissati con i robot, potete anche vedervi il trailer della seconda stagione di Westworld, che inizia tra poco.
Leggere la pagina Wikipedia di Munas Dabbur. Nel minuto e mezzo che vi rimane, potete godervi questo suo gran gol al Sion, quando giocava in Svizzera.
Fare una vacanza virtuale in Brasile, la patria di André Ramalho.
Rivedervi gli highlights di Salisburgo - Lazio per capire come diavolo hanno fatto a segnare 3 gol in 4 minuti e 6 secondi.
Anche Griezmann sbaglia
Griezmann, di ritorno dalla grandissima prestazione nel derby di Madrid, contro lo Sporting Lisbona ha avuto una brutta giornata. Il francese ha fatto la sua solita partita di continuo movimento senza palla fuori dall’area per toccare il pallone un po’ ovunque sulla trequarti, e alternare movimenti incontro e movimenti in profondità per aiutare la manovra. Come sempre, ha giocato molto spalle alla porta per distribuire il pallone in velocità. La sua precisione è stata però più bassa del solito. Con un Atlético che ha difeso con il baricentro molto basso, gli errori di Griezmann non hanno permesso alla manovra di essere fluida e quindi alla squadra di risalire il campo.
Griezmann viene da 17 gol nelle ultime 16 partite, 13 gol nelle ultime 11 partite della Liga compreso quello per pareggiare il derby contro il Real Madrid domenica. È uno di quei momenti della stagione in cui Griezmann finisce nello stesso discorso di Messi e Cristiano Ronaldo, ma la partita di ieri ci ha ricordato l’umanità di Griezmann e gli anelli che lo separano dai due fenomeni assoluti del calcio contemporaneo, con due chiare occasioni fallite negli ultimi minuti di partita.
Al minuto 80, con lo Sporting che attacca, Fernando Torres corre fino alla linea di fondo e va a recuperare la palla per far poi partire l’azione che si sviluppa con uno scambio in velocità per superare la riaggressione dello Sporting e il lancio dalla parte opposta del campo per Griezmann. Il primo controllo del francese, largo a destra, è buono e con le spalle alla porta passa la palla indietro per Gabi che gli viene incontro. Gabi, di prima, la ridà a Griezmann, che intanto ha tagliato verso il centro. Il numero 7, sempre di prima, la gioca per Koke, prima di tagliare immediatamente per attaccare la linea difensiva.
Griezmann è troppo veloce per gli avversari, e si muove troppo bene senza palla per essere fermato. Il lancio è preciso ma è sui piedi e non nello spazio, costringendo Griezmann a un primo controllo difficile, con la palla arretrata.
Griezmann però ha un grande primo controllo col sinistro. Si sistema la palla e ha tutto il tempo per decidere come superare il portiere, ormai arrivato al dischetto del rigore. Griezmann però prende una scelta pigra, forse sicuro di indirizzare il pallone all’angolino. Rui Patricio, però, gli ha coperto bene lo specchio della porta e non si deve neanche buttare, il tiro gli finisce dritto sul piede destro.
Anche nella seconda azione, due minuti dopo, gestisce la transizione offensiva, stavolta da sinistra e sempre all’altezza del centrocampo, dove può far salire la sua squadra. Griezmann appoggia dietro e poi taglia subito per incrociarsi con Fernando Torres e allungare la linea avversaria. Si crea lo spazio in cui Saúl e Koke possono associarsi e attendere il momento giusto per il filtrante. In questo caso Griezmann sfrutta benissimo la linea avversaria per rimanere sul limite del fuorigioco prima di partire nel momento esatto in cui vede il passaggio di Saúl per Koke, sapendo che il compagno lo avrebbe poi trovato col filtrante.
Griezmann taglia in area in conduzione da sinistra, può saltare il portiere e calciare col destro, ma preferisce provare a rubare il tempo a Rui Patricio calciando col sinistro. La conclusione però esce al lato del secondo palo.
Se l’Atletico ha passato il turno con più difficoltà del previsto è anche per l’imprecisione sotto porta del suo miglior giocatore, forse scarico dopo la grandissima prestazione nel derby. Griezmann non ha la stessa qualità divina di Cristiano Ronaldo o di Messi, e per continuare a sostenere le responsabilità che gli affida l’Atletico Madrid non può permettersi di abbassare la guardia neanche un secondo. Finora Griezmann sembra aver giocato in Europa League conservando sempre le proprie energie mentali, ma non può permettersi di perdere la concentrazione se non vuole spezzare quel filo finissimo che lo tiene appeso alla stratosfera dei fenomeni del gioco. I due errori possono rappresentare una lezione in questo momento della stagione in cui sembrava letteralmente camminare sulle acque.
I momenti in cui l’Arsenal è andato vicino a farsi rimontare dal CSKA Mosca
In questa settimana di rimonte pazze, l’Arsenal a un certo punto è sembrata la perfetta vittima sacrificale della propria storia di autodistuzioni. Già ai sedicesimi di finale, contro l’Ostersund, la squadra di Wenger era riuscita ad andare sotto per 2 a 0 nella partita di ritorno dopo l’andata vinta per 3 a 0, una situazione che si è ripetuta simile contro il CSKA Mosca. Ripetiamo: il CSKA Mosca, la squadra che nel 2018 aveva una difesa formata da Akinfeev, Ignasevich e i fratelli Beresutskij.
Il CSKA Mosca è andato in vantaggio alla fine del primo tempo con il gol di Chalov, attaccante nato nel 1998. All’inizio del secondo tempo il CSKA è andato in vantaggio per 2 a 0, dopo un tiro di Golovin respinto da Cech sui piedi di Nababkin. A quel punto il baratro per l’Arsenal è molto vicino e in queste situazioni ha rischiato di caderci definitivamente:
52’: Golovin aveva segnato un gol pazzesco nella partita d’andata e ha a disposizione un calcio di punizione un po’ defilato a sinistra. Decide di non tirare sopra la barriera ma sul palo del portiere dell’Arsenal, che si allunga e mette in calcio d’angolo. Siamo stati molto vicini a Golovin che manda a casa l’Arsenal con due gol su punizione in due partite.
70’: dopo vari rimpalli la palla carambola, sui piedi di Sergej Ignasevich, che pur da difensore in carriera ha segnato diversi gol tirando le punizioni a duecento chilometri orari. Ignasevich in effetti tira fortissimo, ma la palla esce fuori di un paio di metri. Siamo stati molto vicini a Ignasevich che manda a casa l’Arsenal con una bomba da fuori.
Poi l’Arsenal è riuscito a segnare il gol della sicurezza con Welbeck, che fa un’altra grande giocata nella competizione che sta segnando la sua strana rinascita. Welbeck defilato a sinistra finta di andare verso la propria porta, poi si gira e dribbla l’esterno del CSKA; fa un uno due con El Neny e segna di piatto il gol dell’uno a due.
Nacho Monreal è razzista :o
Dopo il gol di Welbeck tutti i giocatori vanno a complimentarsi sportivamente con l’impresa di Welbeck - d’altronde non c’è niente di scontato nel manipolare una sfera con due fettine di pollo al posto dei piedi. Nacho Monreal, però, uno spagnolo roscio di 33 anni, nato a Pamplona - una città nota per avere degli abitanti che amano farsi rincorrere e incornare dai tori. Uno spagnolo con i denti di fuori che fa il terzino e che deve ringraziare che c’è un uomo di settant’anni completamente sciroccato sulla panchina dell’Arsenal che lo fa giocare. Insomma, questo miracolato, insopportabile terzino, si avvicina a Welbeck gridando “My fucking nigga”.
Cogliamo l’occasione per ricordare che un bianco non può chiamare un nero “nigga”, perché, semplicemente…
I talenti del CSKA Mosca che dovremmo continuare a tenere d’occhio
Il CSKA Mosca è una squadra dall’identità senile. La difesa di ultratrentenni con più di trecento persone ce la fa immaginare come una squadra cristallizzata sul proprio immaginario grigio e opaco come il KGB. Attaccata a un’idea obsoleta di sé stessa. Eppure il CSKA sta preparando un proprio rinascimento sotto le ceneri e in questa Europa League ha messo in mostra almeno tre talenti che sembrano profilare persino un futuro per il calcio russo e per questa squadra dal logo veterocomunista.
Aleksandr Golovin, centrocampista, 1996
Il nome di Golovin è iniziato a circolare con più aspettative soprattutto dopo il gol del pareggio su punizione segnato all’Emirates Stadium contro l’Arsenal. Golovin però è un talento russo annunciato e in estate era stato proprio l’Arsenal ad andare vicinissimo a comprarlo, e a gennaio pare che il Chelsea si sia interessato a lui.
Golovin è nato a Kaltan, in Siberia, dove il clima ha reso quasi più popolare il Futsal che il calcio. Golovin, come altri giocatori formatisi con il calcio indoor, ha un ottimo controllo della palla e del corpo e negli spazi stretti. È una mezzala dinamica, che copre ampie porzioni di campo con e senza palla. Gioca con i calzettoni bassi, ama dribblare ed ha forse nella difesa in avanti, nel gesto dello strappare la palla, la sua migliore qualità.
Golovin ha 22 anni e al Mondiale di casa avrà la migliore vetrina per mettersi in mostra. Fra i giovani del CSKA è sicuramente quello dal talento più profondo e formato già per un campionato più importante.
Fyodor Chalov, attaccante, 1998
Lo scorso anno Chalov ha segnato 4 gol al Monaco in Youth League e in un’intervista al sito della UEFA ha dichiarato di ispirarsi a Vagner Love. Ha 20 anni e nella lenta rigidità del CSKA è ancora costretto a giocare nella squadra under-19. Chalov è un attaccante dal fisico compatto e dall’ottima tecnica. Ama giocare il pallone, defilandosi sulla fascia o venendo incontro al centrocampo. È bravo a rifinire verso i compagni e ha un gioco in generale completo. È un giocatore grezzo, di cui ancora non si capiscono del tutto limiti e punti di forza, e difficilmente nel grigiore russo verrà convocato per i Mondiali. Del resto Chalov ha giocato 20 partite quest’anno, ma solo 7 partendo dal primo minuto. Però, insomma, tenetelo d’occhio per i prossimi anni.
Konstantin Kuchaev, centrocampista, 1998
A settembre Kuchaev ha segnato ad Old Trafford, contro il Manchester UTD, il suo primo gol europeo. Un tiro di sinistro incrociato dopo un notevole primo controllo di petto su assist di Golovin. Kuchaev non gioca molto in campionato col CSKA, e anche lui continua a dominare il contesto u-19 russo, ma in Europa League ha già 6 presenze e ieri contro l’Arsenal è partito titolare. Dal suo piede destro è partito il cross da cui è poi nato il vantaggio del CSKA. Kuchaev ha giocato esterno sinistro del 3-5-2 di Goncharenko. Ai quarti di finale col sinistro aveva servito a Wernbloom il gol qualificazione contro l’Olympique Lione.
Kuchaev in realtà nasce mezzala e questo condiziona la sua interpretazione del ruolo di esterno. Raramente parte in verticale, anche perché non ha una grande esplosività, e preferisce invece dare una pausa alla squadra creando un lato forte di possesso dal suo lato. Ha un buon piede destro, con cui si rende utile tanto nei cross quanto nei cambi di gioco, ma usa discretamente anche il sinistro. Potrebbe diventare una bandiera del CSKA dei prossimi anni.
E Timo Werner s’è preso un bel VAFFANXXXX
Timo Werner è stato valutato 17/20 dell’indice di Neymar, l’indice che calcola la nostra voglia di picchiare i giocatori del Lipsia. Cosa fareste voi se vi trovaste Timo Werner intento a scaldarvi a pochi metri da voi?
Werner, che al posto del cuore ha un bidone dell’immondizia, non reagisce al dito medio dei tifosi dell’OM, guarda avanti a sé, quasi sorride, continua a fare stretching.
Che tempo fa a Lione
Come tutti sapete la finale di Europa League quest’anno si gioca nella città di Lione, noi di Ultimo Uomo vi terremo aggiornati sulle condizioni meteo di questa magnifica città.
Come nel resto d’Europa, anche a Lione la primavera tarda ad arrivare. Nella perla del Rodano la temperatura oscilla tra i 10 gradi di minima e i 18 gradi di massima. Persino Memphis Depay non si è ancora azzardato a farsi un giro in centro senza maglietta, vestito solo dall’eleganza d’oro delle sue collane.
Questa primavera che tarda ad arrivare rischia di far uscire tutti fuori di testa e in città la tensione alle stelle. L’altra sera al Bastion Social, un centro sociale fascista, alla fine di un concerto è scoppiata una rissa tra esponenti dell’estrema destra e dell’estrema sinistra. Nell’occasione otto poliziotti sono rimasti feriti. Nel frattempo l’università è stata occupata e la voglia di far festa è ai massimi storici. Stasera suona Jeff Mills al Petit Salone, serata imperdibile dopo il regolare aperitivo al Marquise.
Mancano 33 giorni alla finale d’Europa League.
La fluidità dell’Olympique Marsiglia ha distrutto il Lipsia
Nonostante l’ottimo risultato dell’andata, in cui il Red Bull Lipsia era riuscito a non subire reti, Ralph Hasenüttl deve essere rimasto impressionato dal potenziale offensivo del Marsiglia. Ieri l’allenatore austriaco a sorpresa ha deciso di abbandonare l’oliatissimo 4-2-2-2 per un inedito 3-5-2, utilizzato per la prima volta in stagione. L’intenzione di Hasenüttl era probabilmente quella di arginare le ricezioni nei mezzi spazi dei due uomini più pericolosi della squadra di Rudi Garcia, Thauvin e Payet, attraverso le uscite aggressive dei due centrali laterali (Konaté e Upamecano), lasciandosi comunque un uomo libero per la copertura della profondità.
La scommessa del Red Bull Lipsia, però, non ha funzionato, nonostante la partita si fosse messa subito in discesa con un gol di Bruma dopo appena due minuti. Visto l’imbuto centrale in cui era spesso finita la squadra tedesca all’andata, e dove anche ieri il Marsiglia faceva maggiore densità, Hasenüttl ha cercato di svuotare il centro del campo, tenendo in panchina Forsberg e lasciando la trequarti solo ai movimenti delle due punte, Sabitzer e Augustin.
Ieri il Red Bull Lipsia chiedeva alle mezzali sul lato del pallone di attaccare l’ampiezza, tagliando dall’interno verso l’esterno, mentre gli esterni erano spesso invitati a venire dentro al campo con il pallone in progressione.
Il movimento di Kampl ad attaccare l’ampiezza, mentre Bruma viene dentro al campo in progressione. Sul lato debole Keita rimane ancorato a Demme, mentre l’ampiezza viene attaccata in maniera classica da Kloistermann.
Così facendo, però, Hasenüttl ha caricato di tutte le responsabilità offensive le due punte, ieri non coordinatissime nel decidere chi occupava la trequarti e chi attaccava la profondità, rinunciando tra l’altro a colpire una delle debolezze più grandi del Marsiglia, e cioè la schermatura dei mezzi spazi. Con Payet quasi disinteressato alla fase di non possesso e Thauvin spesso impegnato nelle transizioni offensive, infatti, la squadra di Rudi Garcia doveva coprire tutta l’ampiezza del campo sulla trequarti praticamente con i soli Sanson e Maxime Lopez.
Il Lipsia, inoltre, non si è nemmeno trovata molto a suo agio nel nuovo modulo quando doveva contendere il pallone alla squadra francese, con il consueto pressing ultraoffensivo e intenso. In questo modo, il Marsiglia ha potuto controllare il pallone in tutta tranquillità, permettendo al proprio talento offensivo di esprimersi al meglio.
La squadra di Rudi Garcia non aveva meccanismi rigidi e meccanici come quelli del Red Bull Lipsia, e anzi aveva uno schieramento fluido che, in sostanza si adattava ai movimenti del suo fuoco creativo, Dimitri Payet. Il trequartista francese era totalmente libero di muoversi sia in verticale che in orizzontale e cercava sempre di spostarsi in direzione del pallone, a volte abbassandosi in mediana per consolidare il possesso, altre volte andando dal lato di Thauvin per creare superiorità posizionale in zona palla.
Qui Payet è totalmente schiacciato a destra, per dare una linea di passaggio a Thauvin. L’ampiezza a sinistra è garantita da Amavi, altissimo, che attacca l’area praticamente come una seconda punta.
L’imprevedibilità di Payet ha mandato in tilt la fase di difesa posizionale del Lipsia, che non è mai riuscito a schermare le sue ricezioni nei mezzi spazi, ai lati di Demme che ha giocato costantemente in apnea senza palla. Lo stesso gol che ha suggellato il passaggio del turno del Marsiglia, il 3-2 segnato proprio da Payet, ha confermato la sua enorme influenza sul gioco della squadra di Rudi Garcia e quanto il Red Bull Lipsia l’abbia sofferto.
L’azione comincia con un pallone recuperato sulla trequarti dal Marsiglia, con Payet che galleggia tra le linee, da trequartista puro. Il capitano della squadra di Rudi Garcia riceve un passaggio in diagonale da Hakai e verticalizza immediatamente verso Thauvin, con quello che è qualcosa a metà tra uno stop orientato e un filtrante. Sull’ala francese esce Kampl, scoprendo lo spazio davanti alla difesa, in cui si infila di nuovo Payet: Thauvin gli restituisce palla e il capitano del Marsiglia può puntare la linea difensiva avversaria entrando in area. Con appena un tocco, Payet ha disordinato completamente il blocco centrale del Lipsia. Il resto è puro talento.
L’azione nasce e finisce con Payet. Da questo fotogramma sembra impossibile che il trequartista francese possa arrivare a tirare a pochi metri dall’area piccola.
In semifinale il Marsiglia incontrerà il Salisburgo, una squadra che, per principi di gioco, è molto simile al Lipsia. Se l’altra franchigia della Red Bull non riuscirà a trovare un modo per arginare la fluidità della squadra di Rudi Garcia, tra due settimane ci ritroveremo a parlare del talento unico di Dimitri Payet.
Payet odia la Red Bull
L’Olympique Marsiglia si è qualificato alle semifinali di Europa League con lo spettacolare 5-2 sul RB Lipsia. Era dal 2004 che l’OM non arrivava alle semifinali di una competizione europea: allora raggiunse la finale di Coppa UEFA trascinato da Didier Drogba, ma perse contro il Valencia di Rafa Benítez. A 14 anni di distanza, il ruolo di stella che illumina il cammino europeo dell’OM è passato a Dimitri Payet.
Sono diversi i segnali che raccontano la centralità di Payet nell’OM: la fascia di capitano che Rudi Garcia gli ha affidato a inizio stagione; l’importanza che ha nella manovra con la sua creatività fuori scala (nei cinque principali campionati europei solo De Bruyne lo supera per occasioni create: 102 a 98); la fiducia di cui gode tra i compagni, per cui rappresenta il riferimento sicuro nelle situazioni più difficili; il rapporto con i tifosi, che lo considerano un idolo. Tornando all’OM a gennaio di un anno fa dopo la parentesi al West Ham, Payet ha ritrovato tutti gli elementi necessari a far brillare il suo immenso talento. Negli ultimi turni di Europa League, poi, sta vivendo momenti di pura esaltazione.
Rudi Garcia lo ha gestito durante la fase a gironi e gli ha fatto giocare solo una manciata di minuti nella gara di ritorno dei sedicesimi contro il Braga, con la qualificazione già indirizzata dal 3-0 dell’andata. Quando però il livello delle avversarie si è alzato, l’ex allenatore della Roma non ha più potuto rinunciare al suo capitano, e così dagli ottavi in poi Payet è sempre stato schierato da titolare. Nelle due partite contro l’Athletic Bilbao agli ottavi ha segnato due gol e servito un assist, al ritorno dei quarti contro il Lipsia con un gol e un assist è stato decisivo per ribaltare la sconfitta per 1-0 dell’andata, l’unica partita delle sei giocate da titolare in Europa League in cui non ha segnato né servito un assist.
La squadra di Hasenhüttl ha provato sulla propria pelle cosa significhi trovarsi di fronte Payet in un momento di forma così straripante. Non è bastato nemmeno il gol di Bruma dopo appena un minuto a raffreddare il tentativo di rimonta dell’OM, che a quel punto avrebbe dovuto segnare tre reti per assicurarsi la qualificazione. Nemmeno dieci minuti dopo, l’OM vinceva già 2-1, un sorpasso propiziato dai piedi dolcissimi di Payet.
Prima ha battuto il calcio d’angolo che ha causato l’autogol di Ilsanker, poi su una ripartenza successiva a un corner del Lipsia ha ricevuto largo a sinistra, ha dato uno sguardo a Sanson che stava correndo davanti a lui dall’altra parte del campo e lo ha trovato con un lancio di sinistro semplicemente perfetto, calibrato sul piede del compagno in corsa. Sanson ha tirato due volte e dopo la seconda respinta di Gulácsi è arrivato Sarr a sfondare la porta. Anche se non è considerato un assist, il lancio di Payet resta la giocata decisiva per il gol di Sarr.
Poco dopo Payet avrebbe pure completato la rimonta con un saetta lanciata col sinistro sul secondo palo, ma un fallo precedente di Mitroglou ha portato all’annullamento del gol. L’OM non ci ha comunque impiegato molto a segnare il 3-1, e come molte altre volte in stagione è stata fondamentale la precisione di Payet sui calci piazzati. Su una punizione laterale il trequartista francese ha servito l’assist a Thauvin con un cross dalla traiettoria particolare: raggiunto il punto più alto, l’effetto dato da Payet ha fatto abbassare all’improvviso il pallone accelerando per cadere proprio sul piede destro di Thauvin.
Payet ha disseminato giocate tecnicamente sublimi per tutta la partita, ma a restare impressa è quella con cui ha segnato il quarto gol. L’OM aveva da poco subito il 3-2 e doveva quindi segnare un’altra rete per andare in semifinale. Ha a disposizione una rimessa laterale vicino all’area del Lipsia, ma l’intervento di Upamecano allontana il pallone e permette alla sua squadra di alzarsi. Il rinvio finisce comunque sui piedi di Kamara e l’OM può così organizzare un altro attacco. Maxime Lopez si allarga a destra chiedendo il pallone, Payet accorcia dandogli una linea di passaggio in diagonale verso il centro del campo, mentre più avanzato davanti al capitano dell’OM è rimasto Thauvin.
Il piano pensato da Rudi Garcia, che aveva organizzato la manovra contando sulle connessioni tra i giocatori più tecnici, ovvero Maxime Lopez, Thauvin e Payet, che partendo da sinistra tagliava dentro il campo per associarsi con i due compagni (addirittura il 67% degli attacchi dell’OM si è sviluppato a destra), si realizza pienamente in quel momento. Maxime Lopez serve infatti Payet, che a sua volta ruotando la caviglia sinistra passa di prima a Thauvin, senza quindi far perdere velocità all’azione e creando i presupposti per ricevere fronte alla porta puntando Ilsanker. Ed è esattamente ciò che succede: Thauvin chiude lo scambio, Payet incenerisce Ilsanker con un doppio passo e poi con un meraviglioso esterno destro manda la palla all’incrocio.
È la giocata che chiude la qualificazione, blindata dal 5-2 di Sakai nei minuti di recupero. A questi livelli, e in queste condizioni di forma, Payet è semplicemente devastante. E per l’OM non è fondamentale solo perché risolve le partite, ma anche per il contributo che dà nelle situazioni più complicate, ad esempio conservando il possesso sotto pressione o aprendo lo schieramento avversario quando la manovra sembra incapace di avanzare.
Dopo aver eliminato il Lipsia, l’ultimo ostacolo verso la finale è l’altra squadra della Red Bull, il Salisburgo. Per qualità ed esperienza, l’OM sembra favorito, soprattutto se il suo capitano continuerà a esprimersi a questi livelli. Payet è stato decisivo agli ottavi e ai quarti, gli manca un ultimo gradino per portare la sua squadra in finale a 14 anni di distanza dall’ultima volta.