Come è andato l’attacco a 2 del Milan
La brutta sconfitta con la Lazio può essere già vista come il primo punto di svolta della stagione del Milan. I 4 gol subiti hanno accelerato la strada verso un cambio di modulo che comunque sembrava nell’aria sin dall’acquisto di Leonardo Bonucci. Contro la Lazio il difensore della Juventus è andato in grande difficoltà a difendere in transizione contro Immobile, metterlo più a proprio agio nelle coperture potrebbe permettergli di difendere con maggiore tranquillità.
Si è invece pensato molto meno a come sarebbe cambiato l’attacco del Milan nel passaggio dal 4-3-3 al 3-5-2: che fine avrebbe fatto Suso? E Bonaventura? Andrè Silva, il secondo acquisto più costoso del mercato milanista, avrebbe trovato finalmente spazio?
L’Austria Vienna offriva al Milan un terreno di prova senza troppi rischi (come era stato lo Skendija nei preliminari, contro cui si era già vista la difesa a 3) e la coppia d’attacco scelta dal Milan è stata Kalinic-Andrè Silva. Il portoghese aveva trovato poco spazio come punta centrale del 4-3-3, in difficoltà nei movimenti senza palla e nel garantire anche il lavoro atletico necessario.
Nel 3-5-2 del Milan le due punte si sono mosse in modo molto differente da quello a cui siamo abituati nelle altre applicazioni di questo modulo (sto pensando specie a Ventura o a Conte). Non si sono limitate a rimanere strette e ad alternarsi nel movimento elastico corto-lungo. Forse per mancanza di preparazione - che non ha permesso l’applicazione di schemi più meccanici - ma molto più probabilmente per assecondare le caratteristiche dei giocatori a disposizione, oltre che dei princìpi di gioco di Montella, che preferisce il controllo lento del pallone a un gioco diretto e verticale.
Kalinic e Andrè Silva hanno quindi sfruttato soprattutto le proprie capacità associative per oliare la circolazione palla della squadra. Specie quando il possesso finiva sulle catene laterali le punte si allargavano andando incontro all’esterno, fungendo da vertice alto di un triangolo aperto anche con la mezzala che ha facilitato l’uscita del pallone dalla difesa (farraginosa sia contro la Lazio che contro il Cagliari).
Kalinic è stato prezioso in questo gioco spalle alla porta, anche se è apparso ancora leggermente fuori forma eimpreciso nel gioco di appoggi (è stato sostituito dopo un’ora). Il croato si è abbassato molto per ricevere tra le linee, lavorando quasi da rifinitore, spesso per Calhanoglu che si buttava nello spazio aperto proprio da Kalinic. La cosa è abbastanza evidente anche nella passmap dei rossoneri.
Questo sistema ha aiutato molto Calhanoglu, che ha sfoggiato tutta la sua capacità di abbinare intensità fisica a qualità tecnica: il primo gol di Andrè Silva, nato da un suo recupero in scivolata a cui è seguito un assist, è un manifesto di questa sua attitudine. Calhanoglu aveva sempre due soluzioni vicine e non è stato costretto a usare troppo il suo gioco lungo.
Al di là della tripletta, anche Andrè Silva è sembrato trovarsi bene in questo modulo. Il portoghese è una punta atipica e ha giocato ancora così poco in carriera che è difficile farsi un’idea precisa delle sue qualità. Nel 3-5-2 di ieri ha giocato sempre a pochi tocchi, in modo semplice, tenendo palla il meno possibile e assicurando sempre qualità negli ultimi 25 metri, sia nei passaggi che nelle conclusioni.
Quando ha potuto, ha attaccato bene la profondità dietro la linea difensiva dell’Austria Vienna, a volte suggerendola traccia verticale direttamente ai difensori. Considerata la presenza di Bonucci, un meccanismo che in futuro potremmo vedere più spesso e con più qualità.
L’Austria Vienna di ieri non significa niente, tenuto conto di quanto sia stato facile per il Milan segnare 5 gol, ma il 3-5-2 si è dimostrata una soluzione in grado di risolvere alcuni problemi, e di adattarsi alle caratteristiche di certi giocatori (anche se meno ad altri: sicuri che Suso possa giocare tra le due punte?). La sua applicazione in ogni caso non si discosta dai princìpi di base del calcio di Montella, che quindi potrebbe decidere di variare dal 4-3-3 al 3-5-2 a seconda della partita.
5 stadi dell’Europa League che dovreste vedere una volta nella vita (o quest’anno, almeno).
Rijeka - Stadion Rujevica
Chi: i romantici, o i milanisti.
Perché: per farla innamorare con un tramonto vista mare. A Fiume.
Ad averci qualche soldo da investire in maniera un po’ pazza si potrebbe convincere la ragazza che ti piace a seguirti a una partita casalinga del Rijeka (contro il Milan si gioca il 7 dicembre, perfetto per il ponte dell’8 e di Santa Lucia: non ci sono voli diretti, ma ci si arriva anche in macchina). Il nuovissimo Stadion Rujevica si staglia su un’altura che domina tutta Fiume, in una buffa conformazione a terrazza di stadi che affacciano su altri stadi, perché a Rijeka gli stadi gli piace farli così, che non sembrano mai davvero del tutto completati. Le partite che si giocano nel tardo pomeriggio, al Rujevica, come quella contro l’AEK, hanno un fascino tutto loro, a prescindere dalla presenza di Livaja, perché in lontananza il sole affonda tra refoli di rosa dietro Cherso e Veglia e si vedono le lucine del lungomare. Poi ci sarebbero anche i distinti sud che sono ancora intagliati nella roccia, che fa tanto Stadio del Conero Anni Novanta. In caso di pioggia è preferibile optare per un posto in tribuna: sicuramente il picnic sulla parete carsica ha il suo fascino, ma metti l’entusiasmo per un gol di Elez.
Arnhem - Gelredome
Chi: i laziali, lanciando una petizione su Change.org per giocarci anche il ritorno
Perché: cittadina perfetta per un gemellaggio.
Ad Arnhem l’accoglienza è un’arte superiore, e francamente non vedo come possa aver pensato, la Lazio, di trovarsi di fronte un campo ostile durante la trasferta in Olanda quando l’etimologia del nome della cittadina che tifa Vitesse è casa delle aquile e il vessillo araldico del borgo è biancoceleste. Dovrebbero giocarci anche il ritorno.
Il Gelredome, dall’alto e d’inverno, quando la copertura diventa totale, sembra una centrale del latte, o una specie di museo futurista che ospita solo retrospettive molto alternative o festival di musica hardcore.
Per sbriciolare in un colpo solo la teoria dei sei gradi di separazione e proffondere un certo senso di benevolenza domestica la curva giallonera è anche capace di trasformarsi nelle prime file del concerto del Primo Maggio a San Giovanni, esponendo l’immancabile bandiera coi quattro mori.
Vienna, Berlino, Bucarest, Belgrado - Stadi sempre troppo grandi
Chi: tifosi dell’Arsenal (peggio per voi) o del Lugano
Perché:è sempre un viaggio nei fasti della Grande Mitteleuropa
L’Europa League è un po’ un grande Luna Park della decadenza: gli stadi delle capitali mitteleuropee che ne ospitano le gare suscitano spesso un fastidioso e allo stesso tempo caritatevole senso di depressione cosmica. Platee erette per sublimare una Grandeur che non esiste più. Le ombre grigie dei seggiolini deserti dell’Olympiastadion di Berlino, o dell’Ernst Happel di Vienna (oh, il Prater!) non si illuminano più neppure sotto le saette di Calhanoglu.
Poi però vedi il Marakana di Belgrado tutto esaurito, con le coreografie Ancien Régime,
o l’Arena Nazionale della Steaua FCSB tutta ricolma d’entusiasmo, e allora ti convinci che le prodezze degli eroi minori, se ancora si realizzano, almeno non accadono invano, e vuoi mettere poter dire «io c’ero»?
Intermezzo: Donostia-San Sebastián - Anoeta
Chi: chi è in fissa coi Paesi Baschi, e in più è gourmand
Perché: per osservare Xabi Prieto come si fa nei safari
Anoeta è in ristrutturazione e la Real Sociedad ha costruito questa tribuna supplementare, una minicurva, un piccolo parterre de rois dove rischi di beccarti una pallonata in faccia da un tiro di Illarra ma dalla quale puoi anche osservare tutte le sfumature di diamente del piede di Xabi Prieto. Piacerebbe un posticino lì, eh? Peccato che le possibilità di trovarlo siano simili a quelle di farti riservare un tavolo da Arzak: complicato.
Waregem - Ragenboogstadion
Chi: i tifosi della Lazio, che potrebbero trasferirsi nel Benelux per qualche mese
Perché: ma che meraviglia è uno stadio che si chiama Arcobaleno?
A Waregem sanno sempre come stupire i visitatori, fin dalla notte dei tempi. Non perdete l’occasione di passeggiare per la parte bassa delle gradinate del Ragenboogstadion, il parterre, quella oscurata con dei tendaggi di plastica rossi e verdi.
Il tunnel coperto, durante tutta l’Europa League, ospiterà infatti un percorso degustativo di birre trappiste, dei freak show e un laboratorio di waffles per mogli di tifosi annoiate. Nel post partita, poi, tour guidato alla scoperta di come è nato il logo più bello di tutta l’EL (piccolo spoiler qua).
Guimarães - Estádio D. Afonso Henriques
Chi: nostalgici di Rudi Garcia
Perché: ecco, perché?
Lo stadio della cittadina portoghese è intitolato al primo re lusitano, che proprio là si trovava asserragliato quando decise di andarsi a riprendere le terre che gli spettavano dalle mani della madre. Questo per dire quanto su quel prato non ci siano convenzioni sociali da rispettare, ma proprio mai.
I cittadini di Guimaraes sono vendicativi e scaltri, i giocatori pure: se non ti fermano i difensori, ci pensa l’impianto di irrigazione.
Da visitare se vi piacciono le roccaforti, i castelli con storie di fantasmi e/o templari, gli ex manicomi criminali.
Cosa prendere e cosa lasciare della rimonta della Lazio
Da rivedere: Bastos
Wallace si è infortunato e starà fuori almeno 30-40 giorni, durante i quali la Lazio giocherà 5 partite. A sostituire il brasiliano Inzaghi ha scelto il centrale angolano Bastos, e la prima prova contro il Vitesse non è andata benissimo.
Il difensore è apparso in ritardo di condizione e in difficoltà in varie situazioni di gioco. Sulprimo gol del Vitesse, ad esempio, era molto difficile difendere il cross di Rashica (che ha fatto impazzire Lukaku, in un duello chiave della partita), ma Bastos era comunque in ritardo.Qui si fa attrarre fuori posizione e libera l’attaccante che si inserisce in area. Inquest’altra situazione va in anticipo, ma sbaglia l’appoggio e regala una palla pericolosissima per far inserire alle sue spalle Linssen.
Uno dei migliori pregi di Bastos dovrebbe essere la capacità di tenere nell’uno contro uno: lo scorso anno è riuscito a controllare centravanti molto complicati come Higuain e Dzeko, ma ieri è andato in difficoltà contro il ben più docile Matavz. Nell’azione sotto si fa saltare verso l’interno con troppa facilità, mandando l’attaccante alla conclusione.
Bastos non giocava titolare da tantissimo tempo e anche lo scorso anno, dopo un buon inizio, ha finito per giocare appena 10 partite. Ora le responsabilità non sono poche, la Lazio confida molto sulla propria solidità difensiva e Bastos deve per forza di cose affinare la sua concentrazione.
Da portare a casa: il bel gol di Immobile (destrutturato)
Lulic riceve palla sul lato sinistro dell’attacco e rientra verso il centro. Il Vitesse collassa intorno a lui, chiudendo i cinque giocatori offensivi della Lazio in una specie di gabbia. Lulic saggiamente non forza la giocata in avanti e cambia gioco.
La Lazio con degli scambi veloci sulla fascia destra muove la difesa del Vitesse e permette a Luis Alberto di ricevere girato verso la porta, con spazio per scegliere la giocata.
Luis Alberto, in un periodo di grande fiducia, finge di partire palla al piede, mentre al limite dell’area Milinkovic-Savic finta lo scatto verso l’interno dell’area per poi tornare velocemente indietro, completamente perso dal suo marcatore, dettando il passaggio al compagno che lo serve prontamente.
Con tutto il tempo di alzare la testa, per Savic è un gioco da ragazzi premiare il taglio di Caicedo al centro dell’area mettendo la palla sulla sua corsa.
Ogni bella azione necessità di una grande intuizione, in questo caso Caicedo invece di ingaggiare un uno contro uno in area o tirare di prima, tocca appena il pallone con il tacco sinistro servendo Immobile alle sue spalle, che con un chirurgico piatto destro batte Pasveer.
La prima di Arséné Wenger in Europa League
Arsenal e Colonia mancavano dalla competizione più bella tra quelle che prevedono partite come Arsenal - Colonia da più di 15 anni, ma per motivi diametralmente opposti. Il Colonia era scivolato nel purgatorio della mediocrità tedesca, tra bassa Bundesliga e Zweite Bundesliga, mentre l’Arsenal era troppo impegnato a farsi eliminare dal Barcellona agli ottavi di Champions League, tanto che le parole Arsene Wenger ed Europa League non si erano mai incrociate, nonostante stiano così bene insieme.
La severità della figura di Wenger alle prese per la prima volta con l’estetica frizzantina dell’Europa League.
L’impatto per l’allenatore alsaziano con la competizione detenuta dal suo acerrimo nemico Mourinho è stato devastante. La scelta di schierarsi con il 3-4-2-1, ma con diversi giocatori schierati fuori ruolo, non ha pagato i dividendi sperati contro una squadra che ha raccolto zero punti nelle prime tre partite di Bundesliga. Iwobi riciclato centrale di centrocampo - verrebbe da chiedersi perché - non è stato in grado di aiutare la squadra nella costruzione giocando un primo tempo fantasma; Holding da terzo centrale a destra è stato semplicemente catastrofico lasciando Bittencourt a banchettare negli spazi alle sue spalle per tutto il primo tempo; per non parlare del rinvio sbilenco di Ospina che ha portato al gol di Cordoba. I primi quarantacinque minuti sono stati una delle peggiori esibizioni di un Arsenal neanche troppo in salute, che non è riuscito mai ad impensierire l’avversario. Eppure il problema più evidente per Wenger nel primo tempo è stata la mancanza di un cappotto adeguato all’occasione.
Non è facile capire il motivo della disperazione di Arsene: la scelta di affidarsi ad Holding o a quel rosa acceso?
Va dato atto all’allenatore francese di aver capito le difficoltà della sua squadra e di aver cambiato dopo i primi 45 minuti di sofferenza. Sostituendo Holding, veramente in difficoltà, con Kolasinac e tornando a quattro dietro, l’Arsenal è riuscita ad aggiustare la sua disposizione in campo e prendere le misure al Colonia. Nel secondo tempo la squadra è stata in grado di attaccare in maniera proficua, trovando il pareggio con il nuovo entrato alla prima occasione e creando qualche buona occasione. Eppure è servito un gol incredibile di Sanchez - probabilmente il miglior giocatore della competizione - per avere la meglio del Colonia. Un giocatore i cui rapporti con Wenger sono tutt’altro che idilliaci e che si trova ancora a Londra quasi per caso.
Al fischio finale Wenger rimanda quel misto tra gioia per la vittoria, consapevolezza di dover ringraziare Sanchez e la somiglianza con un’aquila.
Quella che sembrava poter diventare una notte di grande imbarazzo per l’Arsenal si è trasformata in una prestazione soddisfacente. Il cambiamenti effettuati a fine primo tempo da Wenger hanno modificato il volto della squadra e possiamo sperare che la squadra inglese prenderà sempre meglio le misure ad un torneo che richiede un impegno adeguato, perché chi ama l’Europa League ama l’idea di vederci squadre come l’Arsenal. Così come chi ama l’Europa League ama i momenti in cui Wenger sembra un professore della Sorbona finito ad un torneo di freccette.
Qui prima della scelta di optare per il cappotto con interni rosa fluo.
I tifosi del Colonia
L’inizio della partita tra Arsenal e Colonia è stato posticipato di un’ora a causa dei disordini creati dai circa 20.000 tifosi tedeschi arrivati a Londra, che hanno creato problemi di ordine pubblico nelle zone adiacenti allo stadio quando 17.000 di loro hanno provato ad entrare all’Emirates senza biglietto. Al netto dell’inadeguatezza logistica - pare per cattiva comunicazione tra Arsenal, il Colonia e il comune di Londra - e dei tafferugli che fortunatamente non hanno avuto conseguenze, quello offerto dai tifosi del Colonia è stato un grande omaggio all’Europa League (hanno spostato così tanti supporters che le banche tedesche hanno finito le sterline).
I tifosi tedeschi si sono mischiati a quelli dell’Arsenal, anche per via dei colori uguali - bianco e rosso - andando ad occupare buona parte dell’Emirates e creando un cortocircuito per cui chiunque abbia assistito alla partita poteva pensare fosse il Colonia la squadra di casa.
Tornano a casa con una sconfitta, ma c’è sconfitta nel cuore di chi fa chiasso?
Conosci la tua squadra di Europa League: Skenderbeu
Ora, chiudete gli occhi e provate a capire perché amate così tanto l’Europa League. Per prima cosa dovrebbe venirvi in mente l’inno, lo capisco: lacomposizione di Michael Kadelbach è super intensa e ricorda per solennità le aspre pianure dell’Asia centrale. La seconda cosa che dovrebbe venirvi in mente sono i gol, visto che in Europa League si segna una quantità mostruosa di gol, e il gol è comunque la cosa più bella del calcio. Ma la terza cosa, quella di cui stiamo parlando, sono le squadre sconosciute, ma davvero sconosciute. Che anche se vi considerate degli onnivori del calcio non avete proprio mai sentito nominare. Dedicheremo a queste squadre una mini-rubrica settimanale - e poi provate a dire che questo non è un servizio pubblico.
Il nome “Skenderbeu" farebbe pensare a un club scandinavo e invece stiamo parlando di una società albanese. Il nome deriva da George Castriot, detto Skanderbeg: un aristocratico militare albanese che ha servito l’esercito ottomano e quello di Venezia, prima di mettere in piedi una ribellione contro gli ottomani nella zona al confine tra Macedonia e Albania, proprio la zona in cui gioca lo Skenderbeu. La città di Coriza è nell’entroterra, ben lontana dalle comodità del mare, ed è nata ai margini di una palude bonificata dagli italiani (quando usavano la città come fronte militare verso la Grecia). A Coriza esiste un grande patrimonio archeologico e vi consigliamo la visita del museo dedicato; di recentesono stati rinvenuti dei resti di un insediamento umano risalente tipo all’età del ferro (wow!).
Lo Skenderbeu - che nel logo ha una specie di elmo caprino,indossato dal generale Skenderbeu - ha vinto parecchi degli ultimi campionati albanesi. L’ultimo vittoria, però, quella nel campionato 2005-06, gli è stata revocata per calcioscommesse. Lo scorso anno è arrivato terzo ed è dovuto passare da tre turni preliminari, dove comunque si è tolto la soddisfazione di eliminare la Dinamo Zagabria. Stanno affrontando queste partite dei gironi con un 4-5-1 molto coperto e con Ali Sowe - centravanti gambiano in prestito dal Chievo, ex Prato e Vibonese - come unica punta. Ieri hanno perso 3 a 1 con la Dinamo Kiev, ma erano passati addirittura in vantaggio col proprio centrocampista di maggiore esperienza:Gjergji Muzaka, primavera del Paris Saint Germain.
In un girone che comprende anche Young Boys e Partizan Belgrado, lo Skenderbeu non avrà vita facile, quindi a occhio avrete ancora 5 partite per ammirare in azione Muzaka e Sowe, e magari a farvi una trasferta a Coriza, per qualche ragione gemellata con Verona e dove si mangia, a detta di tutti, un ottimo agnello. A circa 10 chilometri, poi, troverete anche il parco nazionale della pineta di Drenova, dove risiede una specie di orso tipica albanese, il cosiddetto orso di Bozdovec.
Come è stato lo 0 a 0 tra Zlin e Sheriff
Non il massimo, come potete immaginare. Zlin e Sheriff sono stati inseriti nel gruppo materasso dell’Europa League insieme a Lokomotiv Mosca e Copenaghen. Siamo sicuri che da questo girone usciranno le due squadre culto della competizione, e forse purtroppo non saranno né lo Zlin né lo Sheriff.
I moldavi dello Sheriff - che si chiamano così perché fondati nel 1997 da un corpo di polizia - hanno provato a far valere la propria superiorità tecnica ma lo Zlin ha giocato un’ottima gara difensiva e il suoportiere si è superato in qualche occasione.
Il gol più Europa League
Ogni settimana assegneremo il premio di “Gol più Europa League” della giornata, un gol che deve avere caratteristiche ben precise che riassumano lo spirito della competizione.
3. Radonjic in Stella Rossa - Bate Borisov
Virilità: 6,5
Assurdità: 6
Anti-epicità: 7
Paura della morte: 8
Radonjic è cresciuto nell’accademia de Futebol di Gheorghe Hagi, lo voleva prendere il Partizan Belgrado, gli ha offerto un contratto ma lui era troppo tifoso della Stella Rossa e ha rifiutato. Walter Sabatini allora, che ha un walkie talkie personale che lo avvisa quando si aprono certe situazioni per giocatori minorenni, decide di portarlo alla Roma. Radonjic, però, è pazzo. Dorme a casa di Ljajic, non parla con nessuno, sta sempre in giro e mai a Trigoria. Un anno dopo va in prestito all’Empoli e non fa una presenza neanche in primavera. Girano foto di lui in cui sembra completamente scemo. Lo ritroviamo come al solito inaspettatamente, con la maglia della sua squadra del cuore, ai bordi del calcio europeo, a segnare in Europa League a due passi dalla riga e ad esultare in uno stadio che si chiama Marakana e che sembra semplicemente in un universo parallelo.
2. Andrea Masiello contro l’Everton
Virilità: 8,5
Assurdità: 6
Anti-epicità: 7,5
Paura della morte: 0
Prima di questo gol Masiello aveva fallito altre occasioni che diresti nate solo per essere fallite da Masiello. Eppure se la caparbietà avesse un volto, avrebbe il volto di Masiello - con tutte le sfumature che volete leggervi. Il pallone calciato da Gomez prima sbatte sul gomito di Sigurdsson, poi passa in mezzo alle gambe di un altro giocatore dell’Everton per finire la sua corsa nella disponibilità di Masiello che se ne sta da solo sul secondo palo, come si è sempre soli da quando si nasce a quando si muore. E Masiello non può che segnare il primo gol Europa League della storia dell’Atalanta.
1. L’autogol di Tzedek in Apoel Beer-Sheva - Lugano
Virilità: 6
Assurdità: 6,5
Anti-epicità: 9
Paura della morte: 10
L’Apoel Beer-Sheva ha portato a casa un importante vittoria contro il Lugano e Shir Tzedek ha giocato una partita arcigna, da discreto difensore centrale qual è. Stava andando tutto per il meglio per Tzedek, quando a 20 minuti dalla fine ha intercettato questo cross mettendolo nella propria porta. Contro il tranquillo attacco del Lugano pensava di passare una buona serata, tranquilla, Shir Tzedek, ma questo gol gliel’ha fatta andare per traverso. Non c’era nessuno in area che poteva intercettare quel cross, e Tzedek ci pensa quando si rialza, guarda la palla in porta, riflette, con la lingua che cerca di toccare il naso per lo sforzo e il dubbio. Poi cerca di raccogliere la propria dignità e si rialza. L’Apoel alla fine vincerà, e questo autogol sarà servito solo ad allungare gli highlights, e questo pezzo.