Il bello della March Madness
Cosa è successo nel primo weekend del torneo NCAA.
South Region
di Lorenzo Neri @TheBro84
Il 3 dicembre scorso UCLA e Kentucky diedero vita a una delle più belle partite dell’anno, finita con la vittoria 97-92 dei Bruins alla Rupp Arena, chiudendo una striscia di vittorie casalinghe che durava da ben 42 partite. Fu la partita della consacrazione di Lonzo Ball, non solo come prospetto NBA ma anche come uno dei migliori giocatori della stagione collegiale. Non può che essere questa la partita più attesa delle Sweet Sixteen perché mette in campo due squadre protagoniste di questi mesi e una dose massiccia di talento che andrà a ripopolare i roster delle franchigie NBA dei prossimi anni.
Per gli Wildcats il cammino è stato tutt’altro che facile, dato che hanno dovuto fare i conti per il secondo anno consecutivo con le competenze tecniche di Gregg Marshall e la sua Wichita State, sudando le solite sette camicie per conquistarsi il viaggio verso Memphis, dove Calipari dovrà combattere con un ambiente ostile, sedotto e abbandonato dal coach italo-americano quando emerse lo scandalo dei test d’ammissione di Derrick Rose.
Prima Monk, poi Adebayo. E tanti saluti a Wichita State
UCLA da quel 5 dicembre non è cambiata molto, si affida ancora alle giocate di carisma e freddezza di Ball, dando vita a uno degli attacchi più divertenti da vedere per soluzioni, ritmo e atletismo reggendo l’urto anche con squadre-fortino come Cincinnati, liquidati nel secondo tempo sempre con lo zampino del figlio di LaVar.
Questa è stata la Region che più ha mantenuto le attese rispetto ai seed attribuiti dal Selection Committee – tanto che anche gli upset di Middle Tennessee State e Wichita State nel primo turno sono stati tutt’altro che imprevedibili – ed infatti abbiamo le prime 4 del tabellone faccia a faccia nelle semifinali dei Regional. North Carolina però ha rischiato seriamente di fare la fine di Villanova nel finale di partita contro Arkansas nel turno precedente, quando la 40 Minutes of Hell di Mike Anderson ha sovrastato il solito, prevedibile e statico piano partita di Roy Williams dopo un avvio che li aveva visti subito veleggiare in doppia cifra di vantaggio. Anche stavolta la profondità del roster e il maggiore talento offensivo ha avuto la meglio contro dei Razorbacks in evidente debito di ossigeno, ma è cristallino che i Tar Heels abbia grandi problemi nell’aggiustare in corsa una partita che non va secondo i loro piani, affidandosi a prestazioni individuali che rischiano di essere l’unico appiglio a una brutta situazione.
L’accoppiamento con Butler in questo aspetto è molto interessante: i Bulldogs non sono più la squadra rivelazione che Brad Stevens costruiva anno dopo anno con gli scarti degli altri college. Ora sono una delle squadre di punta della Big East, con un programma che punta a migliorare gradualmente anno dopo anno e che inizia a farsi un nome anche in fase di recruiting, con molti liceali sempre più interessanti al piccolo college dell’Indiana. In campo sono una squadra dal talento non particolarmente accentuato, ma da una solidità che gli permette di giocare 40 minuti di pallacanestro vera con pochi cali e tanta sostanza. North Carolina parte comunque favorita per l’accesso a Phoenix vogliosa di riprendersi quello che Kris Jenkins gli ha tolto allo scadere 12 mesi fa, ma le altre sono tutte lì ad aspettare il minimo passo falso.
Bonus Track: Miglior moglie da combattimento
Dietro ogni grande Coach c’è una grande donna, recita un famoso proverbio. E in effetti dietro l’eccellente lavoro a Wichita State di Gregg Marshall scopriamo esserci l’incessante sostegno della sua dolce metà, che ha passato l’intera sfida contro Kentucky a insultare i giocatori fino ad essere portata fuori dallo stadio dalla sicurezza. Dai testimoni diretti pare che avesse insulti personalizzati per ciascun membro della formazione avversaria, da Calipari fino all’ultimo panchinaro. Questo, signori, si chiama scouting.