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Emanuele Atturo
Il bello del giovedì sera vol. 12
21 apr 2023
21 apr 2023
Tutto il meglio da due competizioni colorate di bianco, rosso e verde.
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Emanuele Atturo
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IMAGO / Insidefoto
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Conosci la tua squadra del giovedì sera: Bayer Leverkusen

Nel discorso critico che ruota attorno alle squadre dell’universo Red Bull ci si dimentica che è dagli albori del calcio che le squadre vengono create dalle aziende. Tra fine ‘800 e inizio ‘900 le fabbriche creavano le proprie squadre di dipendenti, e siccome intorno alla fabbrica - nell’era industriale - si strutturava la vita della città. Allora la squadra della fabbrica diventava la squadra della città. Certo, non voglio giustificare eticamente l’operazione Red Bull, che è differente: una colonizzazione di una squadra pre-esistente, con i suoi tifosi espropriati di colori e identità.

Con i cambiamenti storici ed economici spesso la presenza industriale nel club può dissolversi, e quando resta può dar vita a uno strano residuato.

Leverkusen non era nemmeno una vera città, più una serie di campi di grano conosciuto col nome di Wiesdorf. Lì il chimico Carl Leverkus decide di costruire la sua fabbrica di coloranti. È il 1860 e nasce la città di Leverkusen. Fatta la città, manca la squadra. Wilhelm Hauschild manda una lettera al proprio datore di lavoro, è firmata da 170 dipendenti e richiede il finanziamento per la fondazione di una società sportiva. È il 1904 e tre anni dopo verrà formata la società calcistica. Il Bayer passa praticamente un secolo nelle serie inferiori ed è solo negli anni ’80 che si affaccia alla prima divisione tedesca, nella neonata Bundesliga. Prova a fare le cose in grande assumendo anno dei grandi profeti del calcio totale, Rinus Michels, ma le cose non vanno come sperato. Il primo lampo di gloria arriva nel 1988, con la vittoria della Coppa UEFA in finale contro l’Espanyol. Si giocava ancora il doppio confronto, ed è stato particolarmente folle: sconfitta 0-3 all’andata, vittoria 3-0 al ritorno, calci di rigore, vittoria del Leverkusen dopo un rigore di Losada calciato praticamente fuori dallo stadio. La squadra era in divisa bianca, una poco elegante croce “Bayer” sulla pancia.

Il picco storico del Leverkusen doveva però ancora arrivare, e prenderà le sembianze vampiresche dell’incantatore bulgaro Dimitar Berbatov, della belva Lucio, dell’elegante Michael Ballack (23 gol stagionali da centrocampista). La squadra a fine aprile aveva 5 punti di vantaggio sulla seconda, era in finale di Coppa di Germania e in finale di Champions League. Una squadra che non ha mai vinto la Bundesliga, che non ha mai vinto niente a dire il vero, a un passo dal treble, dal triplete. Tutti ripetono questa cosa, che è incredibile che il Leverkusen sia lì. E quando arrivano le prime avvisaglie del crollo quella cosa viene ripetuta così spesso che comincia a succedere.

Il primo scricchiolio, che poi è quando ha cominciato a crollare la casa, è la sconfitta contro il Werder Brema, alla trentaduesima giornata. Se proprio vogliamo trovare il momento esatto del crollo è stato il pallonetto immaginifico di Krisztián Lisztes, il cruyff ungherese. Lisztes, col suo nome da compositore romantico, scava il pallone, che però assume una traiettoria tesa che finisce sotto l’incrocio dei pali. Ze Roberto aveva pareggiato e Ballack guadagnato un rigore. Sul dischetto si presenta Hans Jorg Butt - perché il Leverkusen era quel tipo di squadra stravagante che faceva calciare i rigori al proprio portiere. Rost para, Butt deve farsi mesto tutto il campo con la testa bassa. Il gol del 2-1, a quel punto telefonato, lo segna un sodissimo Ailton.

Il Leverkusen perde la Coppa di Germania in finale contro lo Schalke 04, poi perde la Champions League in finale contro il Real Madrid, nella partita che rimarrà cristallizzata nella piroetta di Zidane; e infine perderà anche il campionato, rimontato dal Borussia Dortmund per un punto. È uno dei cinque secondi posti del Leverkusen in Bundesliga (4 negli ultimi 6 anni): nessuna squadra ne ha accumulati così tanti senza mai vincere. Il Leverkusen si guadagna così l’appellativo, misero, di “Neverkusen”. Il suo equivalente tedesco è Vizekusen, che la Bayer decide di registrare come marchio, dando quindi una svolta ironica a questa maledizione. L’espressione diventa di uso comune, per parlare delle squadre che arrivano vicino a un trofeo senza vincerlo - forse la ricetta migliore per impazzire nel calcio.

Che giocatore dell’Union Saint-Gilloise sei

Koki Machida

Al mercato dell’antiquariato di Medicina non c’è mai niente di buono. Dovresti sviluppare una competenza molto specifica, per provare a scucire un affare ai banchisti. Non è questo il caso: loro sono, in genere, molto più preparati e furbi di te. Se c’è qualcosa di buono, si paga caro. Questo lo sai, e quindi sai anche che questo dipinto da quattro soldi (25 euro) che ti sei accattato oggi non vale davvero niente. Un’opera, appunto, d’accatto. “Una crosta”. Era una scena domestica, una donna cuce a macchina, tutto intorno una luce oscura che si intiepidiva attorno al suo lavoro. Lo hai comprato per una stupida ragione sentimentale. Ti ricorda quei pomeriggi in cui eri a casa a studiare giurisprudenza e tua madre lavorava a macchina. Lo faceva per passione, visto che il lavoro da sarta lo aveva abbandonato quando eri nato tu, per fare la casalinga. Lo faceva per hobby, ma lo faceva con una dedizione minuziosa, che ti affascinava. Volevi avere la dedizione da artigiana giapponese di tua madre, e quel dipinto di quella donna te la ricordava. Una donna forse nel ‘600, forse nel ‘700. Indossa una cuffia turchese e i suoi occhi si riescono a malapena a indovinare. È sola, ma sola di una solitudine cosmica. E la tristezza che ti mette non si può dire, è metafisica. Però c’è qualcosa che ti consola, che ti fa piangere di un pianto riconciliante.

Sono passati ormai dodici anni da quando ti sei liberato di quella “crosta”. La tenevi nel tuo studio appesa al muro di fronte alla tua scrivania e passavi così tanto tempo a osservarla che ti sentivi incatenato a lei. Non riuscivi a far niente, prendeva la tua concentrazione e la faceva volare dentro la finestra di questo dipinto (i quadri sono finestre). Lo hai dovuto adagiare di fianco al cassonetto. Vedi la notizia al tg regionale: un quadro trovato nella spazzatura venduto per 700 mila euro.

Teddy Teuma

Dove saresti, ora, se non avessi lasciato gli studi in medicina dopo un solo esame? Dove saresti, con una laurea vera, la prospettiva di un lavoro eticamente ed economicamente appagante? Forse tuo padre ti tratterebbe con più rispetto, forse Giorgia, la tua compagna, rispetterebbe di più la tua opinione. Non ti tratterebbe con addosso quel lieve sorriso di sufficienza. Forse avresti una macchina più decente, di quello scassone. Ogni tot di mesi devi portarlo dal meccanico che ti dice “te conviene rottama’”. Forse non avresti quella immancabile tachicardia serale, appena prima di addormentarti, quando ti risalgono in testa tutti i brutti pensieri. Passi un’ora o due (chi può dirlo) in uno stato indefinibile tra sonno e veglia. Forse avresti più libri, non ti limiteresti a prenderli in biblioteca e a restituirli sempre in ritardo. Forse avresti dei bicchieri migliori, rispetto a questi sgorbi dell’Ikea, delle stoviglie più raffinate, un profumo meno dozzinale, delle t-shirt meno anonime, delle vacanze più interessanti. Come si fa ad accettare questa vita, che è una sola?

I tifosi del Lech Poznan dominano ancora l’Europa

Se fate moltissima attenzione, e aguzzate bene la vista, vedrete persino una donna. No, non è vero.

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