Come saprete da quest’anno a fianco dell’Europa League ci sarà anche la sua piccola competizione sorella, la Conference League. Noi, che seguivamo l’Europa League da ormai cinque stagioni, non ce la sentivamo però di abbandonarla, nonostante il livello delle squadre presenti si sia alzato al punto da averci fatto chiedere se rispecchiasse ancora quell’identità che ci aveva spinto a scrivere di giocatori come Badibanga. D’altra parte, però, sarebbe stato un peccato anche ignorare la Conference League, che dai primi nomi e dalle prime storie forse è la vera erede di quell’identità. Presi in mezzo a questi due sentimenti, quindi, abbiamo deciso di far confluire in questa rubrica tutte e due le coppe, come d’altra parte ha deciso di fare anche la UEFA, che le presenta con lo stesso inno e praticamente con lo stesso trofeo. Sperando di aver fatto cosa gradita, vi auguriamo buona lettura e una grande stagione di Europa e Conference League.
Conosci la tua squadra di Conference League: Kairat
C’erano una volta quattro alberi di mele. Erano gli unici alberi di mele del pianeta terra. Dai loro rami caddero alcune mele, e come sapete una mela non cade mai troppo lontana dall’albero. Ma le volpi, e altri animali le raccolsero e sgranocchiandole dispersero i loro semi un po’ lontano, sempre più lontano. E da quei semi nacquero altri alberi, da quegli alberi altre mele, da quelle mele altri semi.
«Vedi Almaty e poi muori», scrisse Johann Wolfgang Goethe dopo aver ammirato lo splendore di quello che nel ‘700 era un piccolo, orgoglioso villaggio. Dopo aver ridisceso i monti del Trans-Ili Alatau a dorso di mulo, di fronte a quello spettacolo, si era recato fra le abitazioni dei cosacchi a domandare il nome del posto in cui era capitato: Almaty, gli dicono, il posto delle mele. Quali mele? Chiede Wolfgang. Quelle, dicono i cosacchi, mentre gli indicano un nodosissimo albero di mele. Glielo indicano come l’albero di mele: colui che appartiene ai quattro padri ancestrali di tutte le mele. Goethe si avvicinò all’albero, ne ammirò i fiori bianchi e rosa. C’era uno strano odore, dolce, nell’aria.
Oggi Almaty è la città più popolosa del Kazakistan anche se il personaggio più famoso che ci è nato non esiste, cioè Borat. Il cuore simbolico della città è la Cattedrale dell’Ascensione, costruita a inizio ‘900 nel vivacissimo stile cromatico delle chiese ortodosse russe. Da lontano non sembra reale, e neanche da vicino: è tutta in legno, ma non è stato usato nessun chiodo per tenerla insieme. Durante l’epoca sovietica è stata trasformata dal partito in un museo e nella sua cupola sono stati installati i primi ripetitori radio della città. Se non si è appassionati di balletto, il modo migliore per divertirsi in città è andare a vedere una partita del Kairat. Unica squadra kazaka a raggiungere la prima divisione del campionato sovietico, ha passato guai quanto le ferrovie nazionali si sono ritirate come sponsor (il comunismo è finito che tocca fare). Dopo una transizione povera, il Kairat è diventato abbastanza ricco da vincere tre campionati kazaki.
Hanno giocato diversi preliminari di Champions League, andando anche vicini a superarli, ma ai primi preliminari di Conference hanno passato il turno. Nel doppio confronto tra andata e ritorno hanno avuto la meglio del Fola Esch (squadra lussemburghese in cui ha chiuso la carriera Mustapha Hadji). Mattatore dello scontro Vagner Love. Quel Vagner Love, autore di una tre gol in due partite. Questa la partita d’’andata, da intuire dietro i pixel che si sgretolano. Vagner Love nella sua vita ha segnato 10 gol in Coppa Uefa, prima che si chiamasse Europa League.
Altri giocatori notevoli del Kairat: José Kanté, spagnolo naturalizzato guineano con una carriera tra Spagna, Polonia e Cipro, e poi Kosovic, che ha solo un bellissimo nome.
Se si dovesse verificare un particolare incrocio di tabellone, il Kairat potrebbe disputare il prestigioso “derby delle mele” contro lo Jablonec, altra squadra di una città che si chiama, proprio, “melo”.