«Non gli ho mai parlato, ma vorrei farlo» diceva a poche settimane dalla finale persa degli Europei 2016. Una finale di quel livello, il suo idolo non è mai arrivato a giocarla con la nazionale. Eppure quando si tratta di David Beckham, Antoine Griezmann diventa un ragazzo che ama il calcio e non – a sua volta – un idolo per le prossime generazioni. Questo anche dopo che gli anni sono trascorsi, dopo che Griezmann ha vinto la Coppa del Mondo, dopo che lui e Beckham si sono conosciuti, dopo che l’idolo ha contraccambiato la stima («Lo adoro, è uno dei migliori al mondo»).
A proposito di Beckham, Griezmann usa la parola «modello». Ha voluto il suo stesso numero sulla maglia, senza avere niente del numero 7 né del Beckham calciatore. Una forzatura che mostra le radici infantili di questo rapporto. Se al cospetto di Beckham torna a essere un calciatore e non il ragazzo che era, lo fa per mostrare rimpianto: «È l’unico con cui avrei voluto giocare».
L’ammirazione scompone il corpo del calciatore, le sue singole parti diventano reliquie. Nell’attaccante del Barcellona è significativa quella per il piede destro di Beckham, che considera unico nella storia del calcio. E Griezmann è mancino.
Parla di «perfezione, dentro e fuori dal campo», Griezmann. Parla di «classe e carisma in tutto ciò che faceva». Ricorda l’arrivo di Beckham alle Olimpiadi di Londra 2012 come qualcosa che lo colpì: nonostante fosse su un motoscafo, dice, i suoi capelli non si muovevano. Insomma un essere sovrannaturale che abbatte le leggi fisiche. Di nuovo, la fede.
In campo Griezmann porta le maniche lunghe «per essere come lui». Lo considera il migliore di sempre nella gestione dell’immagine. L’idolatria in Griezmann riguarda molto l’estetica: «Aspiro a essere come lui: stare a mio agio e realizzarmi sia nella conquista di trofei sia nel generare attenzione». Le due cose per Griezmann sono sullo stesso piano. Nel 2016 ammetteva di essere al lavoro per contrastare la timidezza, «per migliorare». Beckham l’ha benedetto anche in questo («I love the way he looks») ma ancora la primavera scorsa Griezmann era autocritico, mantenendo l’idolo su un altro piano: «Lui è diventato un brand, io non l’ho fatto ancora».
In scadenza di contratto col Real Madrid, David Beckham annunciò la firma con i Los Angeles Galaxy. La società fu durissima, Calderón umiliò la scelta dicendo che a trentadue anni Beckham decideva di fare «la mezza stella di Hollywood». In quei primi giorni del gennaio 2007 venne messo fuori rosa, poi reintegrato. Entro la fine della stagione realizzò un solo gol, l’ultimo del suo grande ciclo (1995-2007) tra Manchester e Madrid. Lo segnò all’Anoeta contro la Real Sociedad.
Nelle giovanili del club giocava Antoine Griezmann, che quella sera non aveva ancora sedici anni. A tredici si era trasferito dalla Borgogna nei Paesi Baschi, aveva dovuto imparare una lingua e frenare le preoccupazioni dei genitori. Beckham da adolescente aveva lasciato il London Borough solo per entrare nel settore giovanile della squadra di Manchester che tifavano i suoi genitori.
Nel settembre 2018, Griezmann dice a “L’Equipe” di voler chiudere la carriera negli Stati Uniti. Dove esattamente, lo lascia decidere al suo idolo: «Se Beckham mi vorrà, andrò a giocare nel suo club». Qualche mese dopo, Beckham mette un post sui social a proposito di quel club che prende forma, l’Inter Miami CF, e Griezmann interviene nei commenti: nessuna parola, solo una serie di quattro emoticon di una mano che firma e poi la faccia con gli occhiali scuri. Beckham risponde scrivendo: «@antogriezmann when you are ready» e l’emoticon della faccia con gli occhi a cuori.