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Marco D'Ottavi
Storia orale della rissa tra Ibrahimovic e Onyewu
14 mag 2021
14 mag 2021
Uno scontro leggendario di cui si è parlato fin troppo.
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Marco D'Ottavi
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Per la Gazzetta dello Sport a tenerli erano stati in dieci, quindici per La Repubblica. I titoli erano epici, i resoconti leggendari. Questi i crudi fatti: durante una partitella d’allenamento un’entrata troppo rude di Zlatan Ibrahimovic aveva scatenato la reazione di Oguchi Onyewu, che aveva afferrato lo svedese per il collo dando vita a una colluttazione brutale che aveva chiesto parecchio sforzo per essere interrotta. Secondo i più informati, Allegri aveva dovuto addirittura sospendere l’allenamento per per riportare un po' di serenità.In un mondo chiuso come quello del calcio, la rapidità con cui la notizia era scappata dai cancelli di Milanello per arrivare alle nostre orecchie era sembrata sospetta. Solitamente lo spogliatoio, il pullman, l’allenamento, l’albergo, sono tutti luoghi e momenti sacri per una squadra, che ne difende i confini con le unghie e con i denti. Quando qualcosa esce è sempre colpa di una “spia”, e se qualcuno ci mette la faccia è sempre dopo, spesso per vendere più copie della propria storia (come infatti accadrà anche in questa storia). Quel giorno, però, Allegri aveva deciso di far svolgere la partitella sul campo esterno perché era quello col fondo migliore: l’episodio è quindi avvenuto davanti agli occhi di una trentina di tifosi e, soprattutto, alla presenza di una troupe di Sky, che riportò i fatti praticamente in diretta. A quel punto negare o minimizzare sarebbe stato impossibile e fu quindi deciso dal Milan stesso che la rissa tra Ibrahimovic e Onyewu sarebbe dovuta diventare un grande evento. Una rissa utileIl primo a intervenire fu l’amministratore delegato Adriano Galliani, mentre ancora l’erba di Milanello ribolliva. Lo fece, forse non casualmente, ai microfoni della stessa Sky, che di quell’episodio dovrebbe avere da qualche parte le immagini (ma qualche giorno dopo Repubblicaparlava di immagini “sparite”). «È stato uno scontro molto vivace ma nulla di drammatico, e per entrambi tutto si è risolto. Ho parlato con Ibra e Onyewu e ho la certezza che per entrambi l'incidente è chiuso», con queste parole concilianti Galliani tranquillizzò tutti sottolineando come si fosse trattato appena di una scintilla di cui, tra l’altro, si trovava a discutere solo perché erano stati logisticamente sfortunati. «È successa una cosa che capita spesso in una squadra di calcio: a volte le notizie non escono ma questa volta sì, perché i ragazzi si allenavano sul campo esterno e c'erano un po' di tifosi». Già che non si poteva nascondere, la rissa tra Ibrahimovic e Onyewu diventa il segnale dello spirito gagliardo della squadra: «Dopo 25 anni di Milan, so che questi episodi sono di buon auspicio, vuol dire che c'è la carica giusta. Meglio certo che allenamenti alla camomilla».

Spesso una notizia non è “buona” o “cattiva”, ma prende la strada di chi la intercetta per primo. Muovendosi con rapidità e decisione, Galliani l’aveva trasformata da possibile sintomo dell’instabilità del gruppo all’esatto contrario, ovvero la dimostrazione - magari sopra le righe ma decisamente mascolina - della volontà della rosa di lottare al massimo per gli obiettivi stagionali. Anzi, la rissa viene quasi a d’uopo, in un momento non eccezionale per quel Milan, che nel giro di un paio di settimane aveva perso con il Real Madrid in Champions League e con la Juventus in campionato. Sconfitte che avevano lasciato degli strascichi interni: dopo il Real Gattuso aveva bacchettato i compagni con parole dure: «Questo è un momento delicato, non basta quello che stiamo dando. Tutti si devono sacrificare», subendo però a sua volta il rimprovero di Allegri che lo aveva invitato a riprendere eventuali comportamenti scorretti in campo e non davanti ai microfoni. Lo stesso Ibrahimovic, che era arrivato al Milan da appena due mesi, si era lanciato in una frecciatina all’allenatore rossonero, spiegando a un giornale svedese come con i “brasiliani” (Ronaldinho e Robinho) si sentiva «meno libero» e che Inzaghi avrebbe dovuto giocare di più come suo partner d’attacco. Insomma il Milan non era in un momento particolarmente felice, pur avendo dato l’idea, soprattutto dopo l’acquisto di Ibrahimovic, di essere la squadra da battere, vista anche la partenza piatta dell’Inter di Benitez. Accerchiato dalle domande, Allegri si aggrappa alla versione di Galliani: «Vorrei precisare che l'allenamento non è mai stato sospeso, anzi ne è venuta fuori una seduta di lavoro molto intensa» aggiungendo poi che tutto era finito in «baci e abbracci». A Milanello nessun altro si era azzardato a parlare, tranne Mino Raiola, di passaggio, che interpellato aveva risposto: «Una rissa in campo? Che bello. Ma non ne so nulla».I giornali avevano provato a soffiare sul fuoco di quell’episodio, senza troppa fortuna. Quattro giorni dopo La Gazzetta dello Sport aveva addirittura pubblicato una foto della rissa, scattata da un tifoso presente in quel momento a Milanello, ma che non aveva il pregio della chiarezza: «Per terra, si intuisce, ci sono i due litiganti Ibrahimovic e Onyewu e intorno i compagni che li dividono. A meno che Ibra (o Onyewu) non avesse perso una lente a contatto e gli altri non lo stessero aiutando a ritrovarla…». Questo il commento poco convinto del giornale rosa. Anche la ricostruzione fornita da un altro giornale, secondo cui dopo la rissa i compagni si erano avventati sullo svedese insultandolo e dicendogli «Stavamo meglio quando non c’eri» non fece breccia neanche nei cuori dei detrattori di Ibra. https://youtu.be/EblbAJtwclg

Solo due mesi prima veniva presentato così.

Quello che si poteva fare, quindi, era ricordare il carattere fumantino dello svedese, e non solo con gli avversari ma anche con i compagni. Si tornò quindi a parlare dei litigi con Mido e Van der Vaart ai tempi dell’Ajax e soprattutto di quanto accaduto con Zebina alla Juventus, un incidente simile finito con tanto di occhio rosso di sangue del francese a certificare la fisicità dello scontro. Interrogato sulla rissa, lo svedese aveva liquidato il tutto con una frase perfettamente in linea con il personaggio: «La mia rissa con Onyewu? Io sono cattivo sempre».Più interessante, forse, come venne raccontato l’altro protagonista, Onyewu. Oggetto misterioso arrivato da un continente (calcisticamente) lontano, l’americano era stato messo sotto contratto a parametro zero l’estate prima, ma aveva saltato praticamente tutta la stagione a causa di un infortunio al ginocchio subito con la Nazionale. Di Onyewu, sconosciuto ai più, si scopre la fisicità (L'americano tutto muscoli, lo chiamano) e il soprannome “Goosh”, ma soprattutto un carattere da gigante buono che gli ha permesso di inserirsi nel gruppo e che lo ha spinto a prolungare di un anno, a zero euro, il contratto al Milan, per ripagare la stagione saltata per infortunio. Addirittura Galliani lo aveva messo ai primi posti tra i suoi rossoneri preferiti: «Come lui solo Leonardo e Fernando Redondo». Anche lui sarà di poche parole dopo la rissa: secondo una fonte avrebbe detto secco agli amici: «Non è successo niente, è tutto finito. Io non sono uno che fa risse», ma nessuna dichiarazione ufficiale. Il Milan tornò presto a vincere e tutto si spense abbastanza rapidamente. A gennaio Onyewu venne ceduto in prestito al Twente, ma nessuno si azzardò neanche a ricordare l’episodio della rissa e a legarlo all’allontanamento del difensore americano, che dopotutto era più che ai margini della rosa, avendo giocato zero minuti in stagione. In primavera il Milan di Ibrahimovic vinse lo Scudetto, succedendo al monopolio dell’Inter e confermando ancora di più, se possibile, lo status di campione svolta squadre dello svedese. La rissa con l'americano sembrava totalmente seppellita sotto la sabbia del tempo, ma al contrario il bello doveva ancora arrivare. Tutti hanno la loro versione di quella storiaA riportare la rissa sotto i riflettori, appena un anno, dopo fu proprio Ibrahimovic. Lo fece dedicandogli parecchio spazio nella sua già gonfia biografia Io, Ibra. Addirittura all’episodio venne concesso il privilegio dello stralcio in anticipazione, quello che si usa per attirare le vendite. Così in tutto il mondo, tra i dettagli più oscuri della relazione con Guardiola e le bravate da ragazzo venimmo a conoscenza di come i due stavano per ammazzarsi in un freddo pomeriggio autunnale («Era come una questione di vita o di morte» c’è scritto a pagina 201). Se la voce della rissa tra due marcantoni, fuggita dai cancelli di Milanello, aveva stimolato la nostra immaginazione, le pagine scritte dallo svedese furono più di quanto potevamo chiedere. Nel libro racconta come durante gli allenamenti Onyewu, pur essendo poco più di un figurante nella rosa del Milan, non si faceva problemi a punzecchiarlo con l’accusa di parlare troppo («Tu e la tua cazzo di bocca» pare gli dicesse dopo ogni protesta dello svedese). Dopo l’ennesimo rimbrotto a causa di una parola di troppo nella suddetta partitella, Ibra aveva pensato di risolvere la cosa lì e subito, cercando vendetta sul campo alla sua maniera. La sua entrata a piedi uniti, però, non aveva raggiunto sufficientemente bene il bersaglio e quando Onyewu si era rialzato, aveva reagito con un pugno sulla spalla (come riportato dallo svedese nel libro, per quanto un pugno sulla spalla è più qualcosa da compagni di banco alle medie, e altri giocatori parlano di una “spallata”). Fu comunque una pessima idea: Ibra rispose a sua volta con una testata che scatenò la zuffa tra i due: «Fu uno scontro durissimo, eravamo due ragazzi di più di novanta chili e rotolavamo tirandoci ginocchiate e pugni [..] eravamo furiosi, impazziti di rabbia». Ma più che il momento stesso della rissa, che è più o meno come potevamo immaginarci una rissa vista dalla prospettiva di Ibrahimovic, sono due cose successe dopo ad accendere la fantasia e a mantenere il ricordo vivo negli anni. La prima, difficile anche da immaginare, è quello che accadde immediatamente dopo, almeno secondo la versione dello svedese: «Ma la cosa più brutta successe dopo: Onyewu si mise in ginocchio sul campo a pregare Dio con le lacrime agli occhi, si fece il segno della croce»; la seconda, proprio fisicamente difficile da credere, è che da quello scontro Ibrahimovic ne venne fuori con una costola rotta, come da referto medico. Difficile da credere perché due giorni dopo era in campo contro il Bari, cinque contro il Palermo e nove contro l’Inter, nel derby che certificò il sorpasso dei rossoneri sui nerazzurri, deciso proprio da un gol di Ibrahimovic.

Al momento di questo scontro Ibra doveva avere una costola rotta da 9 giorni (Daniele Badolato - LaPresse).

L’apparizione nella biografia dello svedese storicizza la rissa con Onyewu, che diventa non solo parte del racconto del personaggio, citata come esempio ogni qualvolta ne combina una delle sue (l’ultima dopo la tremenda litigata nel derby di Coppa Italia con Lukaku), ma soprattutto episodio epico, di cui ognuno ha la sua versione da raccontare. Il numero di dichiarazioni uscite fuori negli anni è quasi ridicolo e fuori controllo. Uno dei primi a tornarci sopra fu Massimo Ambrosini, che non buttò certo acqua sul fuoco: «È stato uno dei momenti di maggior paura della mia vita. Vedere litigare due uomini di 100 chili non è il massimo». Poi fu il turno di Gattuso, che la trasformò in un momento più vicino a un episodio di una serie tv, almeno come lunghezza: «C’è stato un intervento duro in allenamento, io ho avuto la brillante idea di andare a dividerli. E ho preso uno schiaffo da una parte e uno dall’altra, sono stati 25 minuti a terra a menarsi senza che nessuno andasse lì». Circostanza capovolta però da Massimo Oddo, che al contrario sminuì la violenza della rissa, ma aumentò a dismisura le conseguenze per l’attuale allenatore del Napoli: «Sono venuti alle mani, ma nulla di eccessivo. Gattuso provò a dividerli e si prese un pugno fortissimo sulla faccia». Anni dopo anche Ambrosini provò a mettersi dalla parte dei pacieri, con scarso successo: «Ho provato a dividerli ma era come provare ad aprire il bagagliaio di una macchina chiuso. Sono volate tre-quattro fiammate».Un altro a entrare nei dettagli fu Flavio Roma, terzo portiere di quella squadra, che confermò come fu tutto piuttosto rapido, ma anche piuttosto spaventoso: «Fummo sconvolti, facevano paura! ‘Ibra è appena arrivato e si presenta così…’, pensammo. Meno male che finì tutto subito. Pensate che ci volle tutto il gruppo per dividerli, col rischio di farci male a nostra volta perché erano due colossi!». Andrea Pirlo la citò addirittura nella sua di autobiografia, Penso quindi gioco: «Sembrava che stessero cercando di uccidersi a vicenda: ci sono state sicuramente delle costole rotte. Chi di noi era presente, ha avuto impressa nella mente l'immagine di un regolamento di conti mafioso». Meno cupo fu Marco Amelia, che al contrario la raccontò come una cosa da ridere: «È stata da ridere. Si stava facendo un possesso palla, loro si prendevano, parlavano in inglese. Si sono presi in un contrasto, poi si sono attaccati in una presa da wrestling e non si sono più staccati. Sono stati così 4 minuti, tutti hanno provato a separarli, ma nessuno ci è riuscito. E ci siamo anche divertiti, l’allenamento fu sospeso ma era quasi finito, ma poi tante risate tra tutti». La mia versione preferita è però quella data da Alexander Pato a ESPN Brasile, in un collegamento da casa. Purtroppo il mio portoghese non è abbastanza buono, ma anche solo a vedere le mosse che mima c’è da pensare che è stato un momento molto movimentato. La clip è intitolata «Pato rivela l'unico giocatore che ha fatto paura e ha quasi battuto Ibrahimovic al Milan». Insomma più che offrire nuovi particolari, la corsa sembra esserci al poter dire “io c’ero”, come sempre accade nei grandi eventi, se vogliamo dichiararlo tale. C’era ad esempio anche Rodney Strasser (che da Ibra prese un calcio volante): «La rissa? Io c’ero. Per fortuna la rissa è durata pochi minuti. Vedere due giganti fare a pugni fa paura. Qualcuno ha provato a separarli, non è stato semplice. Per fortuna poi tutto è tornato come prima». C’era anche Mauro Tassotti, che forse ha pure qualche colpa a voler essere cattivo: «Arbitravo io quella partitella, a un certo punto me li ritrovai avvinghiati per terra. Fu una manciata di secondi interminabile, non ebbi la forza di metterci mano: mi sentivo un fuscello davanti a quella scena». Non c’era Umberto Gandini, dirigente di quel Milan, che però ebbe la possibilità di rivedere le immagini grazie a un circuito interno: «Ero in ufficio, mi chiamarono per dirmelo e vidi il filmato: in effetti era stato uno scontro veramente tra due pesi massimi, in cui Ibrahimovic aveva utilizzato tutte le sue arti e Onyewu la sua massa muscolare notevolissima». L’unico assente, o meglio distante, fu Abbiati, in quel momento in un altro campo. Una volta innescata la rissa, raccontò il portiere, qualcuno andò a chiamarlo (non è chiaro il motivo), ma lui preferì restare al suo posto «visti i soggetti». C’è poi addirittura il caso Cassano, arrivato al Milan solo a gennaio dell’anno dopo, ma che recentemente è stato interrogato anche lui a riguardo mentre parlava del suo rapporto con Ibrahimovic. Ebbe comunque modo di rispondere in maniera filosofica: «La lite con Onyewu? Me l’hanno raccontata. 100 chili entrambi, chi si mette in mezzo?». I più schivi finirono per essere i due protagonisti. Se Ibra raccontò per filo e per segno la sua versione nella sua autobiografia, per poi non tornarci più, Onyewu è sempre stato restio a dare la sua versione dei fatti. Ospite in uno show americano nel 2013, disse che nel racconto dello svedese c’erano «alcune cose vere, altre false», ma non volle addentrarsi oltre. Quando i commentatori provarono a stimolarlo, dicendogli che tutti amano grandi storie di risse, Onyewu tirò fuori il suo miglior sorriso e rispose «I am a lover, not a fighter» (mi sembra che renda di più in originale). https://youtu.be/CXXQ_ybyB2w?t=157 Prima di cambiare discorso, disse però un'altra cosa questa sì interessante: «Ogni uomo ha i suoi limiti. Sfortunatamente quel giorno raggiunsi il mio». Quali erano questi limiti? Cosa fece Ibrahimovic per superarli? Non lo sappiamo. Negli altri scontri in cui è stato coinvolto c'era sempre sempre una causa scatenante riconosciuta. Poteva essere uno strano tipo di amicizia, come con Mido, o una rivalità interna, come con Van der Vaart. Anche con Materazzi, Lukaku, Zebina e tutti gli altri è abbastanza facile capire cosa avesse scatenato il tutto. Con Onyewu invece è proprio difficile farsi un’idea che vada oltre la biologia, se è la biologia quella scienza che regola le relazioni istintive tra gli uomini (potrebbe essere la chimica, non lo so e non è importante). Tutti sottolineano quanto fossero grossi e muscolosi, come se fosse implicito che gli uomini molto grandi in uno spazio limitato possano - o debbano - arrivare alle mani. All’esatto opposto però si potrebbe notare come uno fosse il giocatore più importante della squadra, mentre l’altro, all’incirca, il meno importante, cosa che in una società regolata più sulla posizione nella scala gerarchica che non sui chili dovrebbe tenerli a distanza. Ma forse è vero quello che si dice: che dentro al campo tutto si cancella e rimangono solo gli istinti più animaleschi. E se possiamo accusare i due di una cosa non è quella di aver fatto a botte, ma di averlo fatto davanti a poche persone, lasciando così questa storia a galleggiare tra la leggenda e l'evento a cui tutti hanno assistito tranne noi.

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