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Foto di Matthew Peters / Getty Images
Calcio Daniele Manusia 23 marzo 2018 6'

Farewell Zlatan

I migliori gol di Ibrahimovic con la maglia del Manchester United.

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Ricordate quando il Manchester United è stato messo in mano a José Mourinho e come regalo di benvenuto sono arrivati contemporaneamente Paul Pogba e Zlatan Ibrahimovic (e Eric Bertrand Bailly, e Henrikh Mkhitaryan) e sembrava troppo facile provare a vincere in quel modo?

 

Era solo l’inizio della scorsa stagione ma sembra una vita fa, non trovate?

 

Un po’ perché con Mourinho è tutto così intenso che da quando siede sulla panchina dello United ho l’impressione di essere invecchiato di dieci anni. Il tempo scorre più lentamente se guardate Mourinho parlare, e si ferma del tutto se guardate le sue squadre giocare. Ma sembra passata una vita anche perché oggi Pogba siede scomodamente in panchina e Ibrahimovich ha salutato ufficialmente il club, dopo un infortunio al ginocchio da cui sembrava aver recuperato velocemente e invece no (mentre Mkhitaryan è passato all’Arsenal e Wayne Rooney è finito all’Everton).

 

Anche Ibrahimovic non è un personaggio rilassante, di quelli con cui non ti accorgi dello scorrere del tempo. È stato un anno, e poco più, molto intenso anche per la leggenda svedese. Leggenda autoproclamata, ma a ragione. Perché a differenza dei veri e propri mitomani, Zlatan ha dimostrato di avere un rapporto piuttosto esatto con la realtà. Aveva visto le proprie potenzialità e anche là dove non è arrivato poi effettivamente (il Pallone d’Oro, la Champions League) sappiamo che “in teoria”, in altre circostanze (senza Messi e Cristiano a monopolizzare il ventunesimo secolo, se solo avesse aspettato un anno ad andarsene dall’Inter, magari, o dal Barcellona, chissà magari è stata solo una questione di coincidenze temporali), ci sarebbe potuto arrivare. Voglio dire, basta farsi una domanda. Tra dieci anni vi ricorderete di Zlatan Ibrahimovic? E tra venti?

 

Zlatan, fino all’ultimo, continuerà a spingere in là i limiti della nostra immaginazione, a deformare i confini del possibile in un campo da calcio. Ibrahimovic ha visto la possibilità di usare il proprio corpo e il proprio talento non solo per ottenere il successo sportivo, ma anche per avere su di noi lo stesso tipo di influenza che hanno di solito le arti visive, la musica. Per questo, prima di vederlo giganteggiare nei campi di MLS mi sembra doveroso dedicare un piccolo tributo alla sua ultima esperienza in Europa, scegliendo i migliori gol segnati con la maglia del Manchester United.

 

53 games.
29 goals.
One Zlatan Ibrahimovic. pic.twitter.com/Fz4LmnMn1H

— Manchester United (@ManUtd) 22 marzo 2018

 

Ibrahimovic ha segnato il suo primo gol nella prima partita ufficiale giocata con la maglia rossa, contro il Leicester, svettando su Wes Morgan, schiacciando la palla esattamente sul palo più lontano e regalando così allo United il primo trofeo stagionale, il Community Shield. Ha segnato anche alla sua prima presenza in Premier League contro il Bournemouth, con un rasoterra potente e precisissimo, di una linearità sorprendente guardando la piega che Zlatan deve dare al suo corpo, arrivando leggermente con il passo lungo, per tenere la palla incollata a terra. Poi ha segnato due volte nella sua seconda partita in Premier League, contro il Southampton, prima sovrastando il metro e novanta di José Fonte, poi trasformando un rigore. Quattro gol nelle prime tre partite ufficiali.

 

Poi ha segnato nel derby contro il Manchester City, grazie ad un’uscita avventata – ehm – di Claudio Bravo, che lascia la palla rimbalzante nei suoi paraggi. Nessun portiere dovrebbe lasciare la propria porta quando c’è Ibrahimovic in campo (dovremmo saperlo dai tempi di quell’altro Italia-Svezia).

 

Ibrahimovic si coordina immediatamente e, a parte Bravo che stava tornando sulla palla, aveva almeno altri tre giocatori sulla traiettoria per la porta. Colpisce molto in alto, taglia la palla di collo dandole forza e mandandola dove Otamendi non può arrivare. Anzi, mandandola dove lui sarebbe arrivato ma Otamendi no, perché Otamendi è una persona normale e non un calciatore di quasi due metri con una formazione da marzialista.

 

Fate caso a Otamendi che accenna ad alzare la gamba ma è proprio che la sua anca non può piegarsi con quell’angolazione (le gif di questo pezzo sono tratte dai video ufficiali del Manchester United).  

 

A Manchester, tra la scorsa stagione e quella corrente (in cui ha giocato poco più di tre ore tra metà novembre e fine dicembre sparse in tutte le competizioni, segnando un gol in FA Cup), Ibrahimovic ha segnato 29 gol e realizzato 9 assist. Non male, anche se l’impressione è che sia finito tutto troppo presto.

 

Il contesto non è lo stesso (dello United, del calcio in generale), e sarà magari deformazione personale, ma il modo in cui Ibrahimovic dominava, tecnicamente e fisicamente, la metà campo offensiva con quella maglia rossa mi ha ricordato direttamente Eric Cantona. Nessuno come Ibrahimovic è andato così vicino a riprodurre il rapporto paradossale tra il corpo fuori scala di Cantona e la leggerezza di alcune sue giocate. E come Cantona, Ibrahimovic avrebbe potuto inaugurare un nuovo ciclo di vittorie e fare da modello professionale a una nuova generazione di calciatori di talento.

 

A proposito di dominio totale sui difensori avversari.

 

 

 

Gli sforzi degli avversari non influiscono minimamente sulla capacità di Ibrahimovic di fare quello che ha deciso. E cioè mettere giù un rinvio del portiere di piatto, smorzandolo per Rooney lì a pochi metri; e poi sterzare sul sinistro nonostante il recupero di un difensore che arriva al contrasto.

 

Poi c’è il gol in pallonetto, da fuori area, contro l’Everton. Forse vale la pena scriverlo ancora: i portieri non dovrebbero mai lasciare la riga di porta quando in campo c’è Ibrahimovic. Molto bello anche come la porta, intesa come pali e traversa, collabora spesso con il talento di Ibrahimovic.

 

 

 

Ibrhimovic ha anche un rapporto privilegiato con gli angoli. La traiettoria che dà al pallone non è mai casuale né banale. Dove un calciatore comune cercherebbe semplicemente di colpire nel miglior modo possibile la palla, o di darle la traiettoria più efficace, di farle compiere il tragitto più breve, Ibrahimovic ha immaginato – forse calcolato, ma è un pensiero che mi spaventa – non solo le sue possibilità balistiche, ma anche le possibilità dei suoi avversari di muovere i propri arti e il proprio corpo per impedire alla palla di entrare. Questo, oppure è solo molto fortunato (certo, come no).

 

Quanto è assurdo, ad esempio, il gol che ha segnato contro il Liverpool?

 

 

 

Si abbassa per colpire di testa una palla vuota, le aggiunge un po’ di forza con un colpo di frusta e le dà una traiettoria lunga che scavalca il portiere, tocca la traversa ed entra in porta nonostante un povero cristo stia provando a intervenire in rovesciata.

 

In quanti gol di Ibrahimovic difensori e portieri fanno qualcosa di disperato per provare a evitare il peggio e non ci riescono (se ve lo state chiedendo, nel famoso gol in rovesciata da centrocampo in amichevole contro l’Inghilterra il poveraccio che scivola sul palo è Carl Jenkinson, e quella è stata la sua unica presenza in Nazionale)?

 

Quello contro il Southampton invece è uno dei rari gol di Ibrahimovic dove quasi nessuno fa niente, perché Ibrahimovic si gira e tira troppo velocemente e la palla viaggia verso la porta come una palla da bowling verso il primo birillo.

 

 

 

Forse però il gol che preferisco tra quelli segnati da Zlatan a Manchester è quello realizzato contro il Blackburn. La calma è un aspetto sottovalutato del gioco di Ibra. Parliamo spesso della sua forza fisica, dell’elasticità, della creatività, meno del suo controllo psicologico e tecnico.

 

 

 

C’è qualcosa di diabolico in come lui può permettersi di arrivare il più possibile vicino alla porta, di far rimbalzare la palla quasi una seconda volta, prima di mandarla all’angolo opposto. Qualcosa che ci dice che se il portiere fosse uscito gli avrebbe fatto un pallonetto, che se il difensore fosse stato più veloce a recuperare Zlatan avrebbe anticipato il tiro.  

 

C’è qualcosa di provocatorio, forse il desiderio di sfidare i suoi avversari in un duello individuale, forse la volontà di aumentare il coefficiente di difficoltà per mettersi meglio in mostra, per fare qualcosa di ancora più unico.

 

Qualsiasi omaggio al genio di Ibrahimovic è per forza di cose parziale e anche qui ho tenuto fuori molte giocate (tipo l’assist per lo scorpione di Mkhitaryan) rappresentative di quella sua sensibilità unica che è riuscito a esprimere anche in Premier League, anche a 36 anni.

 

In un periodo storico che ha trasformato l’eccezionalità in normalità, in cui Cristiano e Messi nei loro momenti migliori sono ridicolmente superiori ai loro avversari, Zlatan Ibrahimovic è stato forse il giocatore che più mi sono divertito a veder giocare negli ultimi anni, quello più incredibile.

 

 

Tags : Manchester Unitedzlatan ibrahimovic

Daniele Manusia, direttore e cofondatore dell'Ultimo Uomo. È nato a Roma (1981) dove vive e lavora. Ha scritto: "Cantona. Come è diventato leggenda" (Add, 2013) e "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" (66th & 2nd, 2020).

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