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Tommaso Giagni
I valori di Shinji Kagawa
28 apr 2017
28 apr 2017
Uno dei giocatori più unici del calcio contemporaneo.
(di)
Tommaso Giagni
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Tra i compiti che Shinji Kagawa attribuisce all'istituzione della famiglia c'è quello di aiutare i figli a sognare in grande.

i sogni si raggiungono con la perseveranza, a renderli sogni è solo «il fatto di non sapere come e quando verranno realizzati». Questione di tempo.

 

Si direbbe che alla base del Kagawa, calciatore e uomo, sia il rapporto con il ritmo giusto, mentale e fisico. Forse l'aspetto più interessante del suo gioco è proprio il modo in cui rompe la superficie del tempo, l'uniformità: in contesti ansiogeni, ipercinetici, dove il pallone sembra schizzare con violenza in un flipper, lui ha il dono di dettare una velocità diversa, sfiorare il pallone, offrire singoli tocchi improvvisamente lenti e morbidi. Qualcosa che si avvicina a un certo tennis o al golf, piuttosto che al calcio del Duemila.

 

 



 

A ventotto anni, alla terza stagione dal ritorno a Dortmund, può dire di aver attraversato le fasi che compongono un'intera carriera: Shinji Kagawa è stato un

, una potenziale miccia bagnata, un trascinatore, un potenziale top player, una delusione, un figliol prodigo...

 

Da quando è arrivato in Europa, rappresenta il Giappone, se non l'Asia tutta, solo perché è nato e cresciuto in Giappone. Viene trattato come qualcosa di buffo ed esotico, rappresentato nell'ombra degli interessi di merchandising, difficilmente preso solo per l'ottimo calciatore che è.

 

https://www.youtube.com/watch?v=u6008TiBhVo&t=103s

 

È nato il 17 marzo del 1989, tre anni prima che venisse creato un campionato professionistico in Giappone. Chi nasce nell'anno del serpente,

lo stesso Kagawa, è molto determinato e non teme le difficoltà. E odia le sconfitte, anche se gli europei

più ossessionati dai concetti di vittoria e sconfitta, rispetto ai giapponesi.

 

È nato a Tarumi-ku, sobborgo autonomo di Kōbe, dove

i primi calci nel parchetto davanti casa, fino a sera, quando la madre non compariva dicendo: “La cena è pronta”. Contemporaneamente

a baseball, popolarissimo in Giappone.

 

Kōbeè una città tradizionalmente aperta verso l'esterno, cosmopolita, una delle prime in Giappone a intraprendere commerci con l'Europa. Si potrebbe azzardare che in quel luogo di nascita ci sia un segno forte quanto il Serpente dell'anno 1989.

 

La nonna

sempre raccomandato di essere riconoscente verso gli altri, e non dimenticare che le sue opportunità nel calcio gli sono venute dal sostegno di altri. Shinji dice di aver capito tardi quelle parole. Aggiunge che in effetti deve il suo successo alla famiglia, agli amici e alle persone con cui lavora.

 

Sul suo sito ufficiale c'è la sezione “Shinji House”. Gira intorno al calcio come sogno dei bambini e alla gratitudine verso la famiglia e gli amici, mostra come allenarsi fisicamente, come affinare la tecnica di base e come fare correttamente stretching. Il

è stato disegnato dall'illustratore Yōichi Takahashi, creatore del manga

, cioè

.

 

Nel

che accompagna la sezione, Shinji scherza con alcuni bambini, per esempio battendo le mani prima di riprendere il pallone dopo averlo lanciato in aria. E anche se è un video breve e lui dice poche parole, comunque guarda fuoricampo con disagio ogni volta che parla.

 



 

 



 

Shinji

Kōbe da ragazzino, per fare le scuole a Sendai, dove si aggrega all'FC Miyagi Barcelona, una squadra giovanile non ufficialmente affiliata al club catalano. La determinazione è già chiarissima: a un dirigente della società

di voler arrivare nella J. League, e annuncia: “Sarò paziente”. Quel dirigente

poi il ragazzo come sorprendentemente consapevole di sé.

 

Alcuni mesi dopo aver iniziato a giocare col Miyagi Barcelona,

la casa di famiglia. Ha qualcosa come tredici anni. Lascia la madre e il padre, che

per le ferrovie giapponesi dopo una breve esperienza da calciatore.

 

Proprio a Sendai partecipa nel 2005 alla Sendai Cup, prestigioso torneo giovanile internazionale, dove

la Croazia di Kalinić e il Brasile di Lucas Leiva.

 

Un anno dopo arriva il primo salto: Shinji ha diciassette anni e diventa un giocatore del Cerezo Ōsaka. Nessun giapponese

mai firmato un contratto professionistico senza ancora aver finito la scuola.

 

La squadra all'epoca gioca nella J. League Division 2. Il primo anno di Kagawa è complicato: intorno c'è scetticismo, sembra troppo lento.

un lavoro maniacale sulla fisicità e sulla velocità del tocco, però, cambia le cose. Diventa titolare, riceve la maglia numero 8 del leggendario Hiroaki Morishima, conduce la squadra alla promozione e ai vertici della J. League, ed è capocannoniere del campionato 2009.

 

A quel punto l'Europa lo chiama. Shinji ha ventun anni.

 

https://www.youtube.com/watch?v=6bom62zUvkY

Tutti i gol segnati con i Sakura di Ōsaka.



 

Il costo del cartellino per il Borussia Dortmund è irrisorio: circa trecentomila euro, grazie a una

fatta dalla società di Ōsaka al giocatore, che aveva molto insistito per essere liberato in caso avesse bussato un club europeo. È una storia che si direbbe richiamarsi alla sacralità della parola data, nella tradizione giapponese, e quindi all'onore, considerato la più importante ricchezza di un uomo.

 

Trecentomila

anche i marchi per cui nel 1977 avvenne il passaggio, dal Furukawa Electrical al Colonia, del primo calciatore asiatico del calcio tedesco, Yasuhiko Okudera.

proprio un compagno di squadra di Okudera, Thomas Kroth, a combinare il passaggio di Kagawa al Borussia.

 

Il Giappone è lontano, le competizioni con la nazionale gli ricordano la distanza. Il primo gol in Bundesliga lo segna poche ore dopo aver volato di ritorno da una gara in Asia. Segna e corre fino a una telecamera: «Non ho dormito! Non ho dormito!»

.

 

All'esordio in una competizione internazionale, quando il Borussia va a sfidare in Europa League gli azeri del Qarabağ, fa una doppietta. Ma soprattutto

. Ha lasciato il calcio giapponese da poche settimane, neutralizzare i limiti della sua fisicità sembra un ottimo auspicio.

 

Nel sentitissimo derby con lo Schalke segna una doppietta: proprio quello che aveva

. Nella percezione Shinji si ammanta così di un fascino che all'esotismo aggiunge la saggezza orientale. E l'impressione si cristallizza, senza essere smentita, perché a dicembre Kagawa si infortuna ed esce di scena fino al termine della stagione.

 

 



 

Il secondo punto di svolta è il 2011/12: il Dortmund è campione di Germania, lui si rivela straordinario, per le prestazioni e per i numeri (17 reti, 14 assist). È allegro, a suo agio, rilascia interviste

.

ancora tedesco ma canticchia i cori dei tifosi, “senza sapere che significano”. A quel punto arriva il Manchester United, la grande occasione per vincere con regolarità dopo una vittoria estemporanea.

 

https://www.youtube.com/watch?v=uvDkVejQWmI

Lo stato di grazia durante la sua stagione migliore.



 

Nella primavera 2014 si sottopone a un'intervista tutt'altro che scontata, perché ruota intorno alla sua crisi, ai suoi errori. “Sono in difficoltà”

. “Sarebbe semplice scappare ma voglio superare questa situazione”.

 

Poche settimane dopo però va via. Torna in Germania, a Dortmund, dal tecnico che meglio l'ha valorizzato.

 

C'è stato un momento illusorio, dove l'esperienza a Manchester sembrava promettere molto.

 

È il 2 marzo 2013, finora Kagawa ha avuto qualche problema d'inserimento, è stato spostato spesso fuori ruolo e un infortunio l'ha tenuto via per diverse settimane. Ha avuto anche delle cadute di stile, come il

insieme a Buttner dopo un'agile vittoria col Wigan. Comunque è partito titolare praticamente sempre, anche contro il Real nell'andata degli Ottavi di Champions League. Quel 2 marzo realizza una

, la prima di un calciatore asiatico in Premier. La squadra si avvia a vincere il campionato, lui sta per compiere ventiquattro anni e pare lanciato verso i livelli più alti.

 

Invece no.

 

L'addio di Ferguson, l'arrivo di Moyes, mettono sottosopra la squadra. E Kagawa finisce ai margini, triste e solitario, senza mai avere continuità.

“Free Shinji” non basta per convincere il nuovo tecnico a dargli un po' di fiducia.

 

Tornare indietro non è per forza una regressione. Eppure resta il dubbio che alzare l'asticella, confrontarsi con un top club, sia stato un azzardo sopra le sue capacità. Restano, più che le immagini del suo talento, le

dove dribbla samurai su un campo da gioco. E resta suggestivo paragonare quelle due stagioni in Inghilterra ai circa sei mesi in cui la sua Kōbe, nel XII secolo, fu capitale del Giappone...



 



 

«

quando me ne sono andato: tra me il Borussia non sarebbe finita così».

 

Quando torna a Dortmund,

a vivere nell'appartamento che era dell'ex compagno Mohamed Zidan, il quale gli lascia i mobili («L’ha arredato bene» commenta lui) e gli presenta i vicini di casa. Shinji incassa una

perfino da Rummenigge, CEO del Bayern: «Un grandissimo bentornato in Germania».

 

Ritrova le sue abitudini, nel club che

una famiglia, in un territorio che è diventato un po' suo. Va a mangiare sushi a Düsseldorf con Uchida, che gioca per i rivali dello Schalke ma è suo amico. «

qui credono ancora in me, mi sostengono e mi danno coraggio».

 

Ci sono tutte le condizioni per ambientare la parabola del figliol prodigo nella Ruhr. Il ritorno però coincide con l'ultimo, drammatico anno di Klopp a Dortmund. Così il nuovo inizio si rivela una falsa partenza.

 

Il Borussia è alla fine di un ciclo e sfiora la retrocessione, la rinascita di Kagawa viene frenata dal contesto. «Le aspettative erano enormi, mi dispiace di averle deluse»

nella stagione seguente. Forse non è vero che i nati nell'anno del Serpente guardano senza paura alle difficoltà. Forse è sensata

del compagno di nazionale Yōichirō Kakitani: Shinji ha un tale senso di responsabilità da essere terrorizzato dagli errori.

 

Comunque rimane lucido, tutto sommato, non si fa prendere dai dubbi. E il secondo anno è straordinario: gioca con costanza, tocca i 13 gol e 13 assist stagionali.

 

Non è una rinascita completa: in questa stagione sembra essere tornato sull'altalena. Se è vero che Tuchel non ha gerarchie chiare ma cambia di continuo, è anche vero che Kagawa sta trovando poco spazio.

 

https://www.youtube.com/watch?v=YTVIMIXVAk8

Sembra affannato, nel momento in cui va a chiudere il triangolo. Invece smorza il pallone e lo manda così alle spalle di Neuer. È il 10 aprile 2016 e Kagawa è tornato a segnare nel Revierderby.



 

86 presenze e il nome nella storia del calcio del suo Paese. Eppure è stato tortuoso anche il cammino in nazionale. Ancora nel 2010 veniva escluso dai convocati per i Mondiali 2010.

 

Quattro anni dopo è un leader del Giappone eliminato malamente da Brasile 2014. In quell'occasione non si dimostra remissivo né banale:

sulla scarsa qualità individuale della squadra, spiegando: «Non sono a fine carriera, quindi voglio trarre il meglio da questa frustrazione, per il futuro».

 

Una volta Nuri Şahin, suo compagno al Borussia,

che Shinji “gioca come un angelo”.

un giornalista tedesco invece il suo stile ricorda la scrittura dei calligrafi.

 

Sveltezza di piede e di pensiero, magari messa al servizio di un rallentamento anche brusco del gioco. Kagawa è un centrocampista di visione, capace di movimenti felpati tra le linee, con e senza la palla. Leggero e veloce come una biglia trasparente che nessuno vede correre finché non rifrange la luce.

 

È molto severo con sé stesso. Nel dicembre 2015 le sue statistiche parlavano di 24 presenze, 8 gol e 8 assist: intorno

che il Kagawa degli anni d'oro fosse tornato, lui si riteneva ancora insoddisfatto, ma riconosceva: «Sono ambizioso e autocritico».

 

Per giocare bene

di concentrazione e di essere assorbito dal gioco. Se tenere la concentrazione per novanta minuti è difficile, allora la tiene per ottanta: «È una battaglia dura e solitaria».

 

Quando arriva in Germania

a vivere in un complesso dove sia Perišić che Gündoğan hanno un appartamento. Lo ritiene utile, sente di aver bisogno d'aiuto. Comunque dopo l'allenamento torna subito a casa e spesso non esce fino all'allenamento successivo: «Aiuta la mia concentrazione e rigenerazione. Sono quasi un pantofolaio».

 


La foto che ha messo su Instagram, con un tonno che ha appena pescato.



 

Alcuni mesi fa Kagawa

di aver trovato, grazie all'allenatore, Tuchel, il proprio ritmo. E ha aggiunto che è necessariamente diverso dal ritmo che aveva un tempo. Non è una rassegnazione al tramonto, come potrebbe apparire: è piuttosto determinazione a restare nel calcio molto a lungo. Il ritmo, la gestione del corpo, sembrano guidare la sua vita. Di queste attenzioni dice: «Credo che mi renderanno un giocatore migliore».

 

In un romanzo di Haruki Murakami, che è cresciuto a Kōbe, c'è un passaggio che parla di cose vicine a Kagawa: «Il tempo grava su di te con il suo peso, come un antico sogno dai tanti significati. Tu continui a spostarti, tentando di venirne fuori. Forse non ce la farai, a fuggire dal tempo, nemmeno arrivando ai confini del mondo. Ma anche se il tuo sforzo è destinato a fallire, devi spingerti fin laggiù».

 

 

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