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Marco De Santis
I peggiori campioni della storia
28 dic 2015
28 dic 2015
Il Chelsea vicino alla zona retrocessione da campione in carica è un caso raro?
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Marco De Santis
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La pessima prima parte di stagione, culminata con l’esonero di José Mourinho, ha portato il Chelsea ai margini della zona retrocessione. Una posizione insolita per una squadra che appena sette mesi fa si è laureata campione nazionale in una lega di altissimo livello come quella inglese. Prendendo in esame i principali campionati europei (Serie A, Premier League, Liga e Bundesliga), negli ultimi venti anni tutte le squadre che hanno vinto il campionato hanno chiuso l’annata seguente con almeno 16 punti di vantaggio sulla migliore delle retrocesse (con l’eccezione, come vedremo, del Milan 1996/97). Il Chelsea, affidato ora a Guus Hiddink, ha le carte in regola per rifarsi nel girone di ritorno, ma ci fornisce un ottimo spunto per fare un tuffo nel passato e vedere quali sono state nella storia le peggiori performance in campionato delle squadre campioni in carica di Italia, Inghilterra, Spagna e Germania.

 

Tanto per cominciare, prendendo in esame i tornei a girone unico, solo due squadre sono retrocesse nell’anno immediatamente successivo alla vittoria del campionato: il Manchester City del 1937/38 e il Norimberga del 1968/69.

 



Nel 1936/37 i "Citizens" vincono il secondo scudetto della loro storia con tre punti di vantaggio sul Charlton Athletic compiendo un’impresa da leggenda: partiti malissimo (una sola vittoria nelle prime dodici partite), da Natale non si fermano più riuscendo a raggiungere la vetta della classifica già ad aprile, battendo nello scontro diretto l’Arsenal. Allenatore di quella squadra è Wilf Wild, noto per il suo calcio offensivo: in quella stagione il Manchester City segna 107 gol in 42 partite. Ottanta di questi gol se li dividono in quattro: 30 Pete Doherty, 20 Eric Brook (migliore marcatore della storia del City), 15 a testa Alexander Herd e Samuel Tilson.

 


Il Manchester City 1936/37.



 

L’anno successivo il calcio champagne del City non dà gli stessi risultati nonostante squadra e allenatore non cambino. Sfortuna vuole per il City che la First Division 1937/38 sia uno dei campionati più livellati in assoluto nella parte medio-bassa della classifica, con le ultime 13 squadre che chiudono la stagione divise da appena 5 punti. All’ultima giornata si arriva con 8 squadre ancora a rischio: 6 a pari merito con 36 punti, una a 37 (Huddersfield Town) e una a 38 (l’Everton). I "Citizens" perdono in trasferta lo scontro diretto con l’Huddersfield Town (1-0) e vengono condannati dalle vittorie contemporanee di Stoke City, Birmingham City, Portsmouth e Grimsby Town. Ci vorranno otto anni per rivedere il Manchester City in First Division, anche perché in quell’intervallo 6 campionati non vengono disputati a causa della Seconda guerra mondiale.

 

Rimanendo in Inghilterra, chi è andato vicino alla “disastrosa impresa” in tempi non troppo lontani è stato il Leeds United del 1992/93. L’anno precedente la squadra guidata da Howard Wilkinson vince il campionato con una giornata d’anticipo dopo un entusiasmante testa a testa con i rivali del Manchester United, sfruttando i suoi uomini d’attacco, Lee Chapman (16 reti) e Rod Wallace (11), e l’estro di Eric Cantona, acquistato nel mercato di riparazione e molto utile come assistman e super-sostituto. Il meccanismo si inceppa l’anno dopo: la squadra va malissimo in trasferta e perde anche Cantona, che passa al Manchester United. Il finale è con il fiatone: il Leeds si salva di appena due punti (51 contro i 49 del retrocesso Crystal Palace) conquistando la permanenza nella massima serie solo al termine della penultima giornata.

 


Il Leeds 1992/93.



 

Oltre a questi due casi, il campionato inglese ha regalato diverse annate deludenti da parte delle squadre campioni. Fra queste: lo Sheffield United nel 1898/99 (16° a +4 dalla zona retrocessione), l’Aston Villa 1900/01 (15° a +5), il Liverpool 1902/03 (11° a +2, ma già salvo prima dell’ultima partita), il Manchester United del 1908/09 e del 1911/12 (sempre 13°, rispettivamente a +3 e +4), il Newcastle 1927/28 (9° a +5), l’Everton 1928/29 (18°, ma a un tranquillizzante +7), il Chelsea 1955/56 (16° a +4) e l’Ipswich Town 1962/63 (17° a +4).

 



Il Norimberga di Max Merkel, invece, nel 1967/68 trionfa in Bundesliga un po’ a sorpresa, essendo reduce dal decimo posto dell’anno prima. Con una scelta che lascia perplessi, però, l'anno successivo Merkel decide di attuare una semi-rivoluzione giustificando le sue scelte con l’età avanzata di alcuni giocatori. Fatto sta che liquida 11 elementi della rosa, fra i quali i titolarissimi Brungs, Ferschl e Starek sostituendoli con una dozzina di nuovi innesti in teoria di livello, dimostratosi poi di livello inferiore.

 

A sei giornate dalla fine, con il Norimberga in zona retrocessione, la dirigenza decide di esonerare Merkel e affidare la panchina a Kund Klotzer. Inizialmente il nuovo allenatore ottiene tre vittorie consecutive, ma dopo due pareggi arriva a giocarsi tutto all’ultima giornata con un punto di vantaggio sulle ultime Borussia Dortmund e Kickers Offenbach (all'epoca erano due le retrocessioni previste) e uno di svantaggio su Kaiserslautern e Colonia. Le partite finali prevedono un doppio scontro diretto, Colonia-Norimberga e Borussia Dortmund-Kickers Offenbach. Il Norimberga crolla a Colonia 3-0 e viene così superato dal Dortmund (anch’esso vincente 3-0) e condannato alla seconda divisione tedesca (Regionalliga).

 


Il Norimberga 1967/68.



 

A rendere ancora oggi chiacchierata la stagione della squadra, oltre all’imprevista retrocessione e alle discutibili scelte di mercato, ci sono le dichiarazioni del difensore del Norimberga Wenauer, che ha pubblicamente accusato, negli anni successivi, il portiere della squadra, Jürgen Rynio, di essersi accordato con il Borussia Dortmund per non giocare al meglio lo scontro diretto della penultima giornata, in cui ha subito un gol evitabilissimo (a giudizio di Wenauer). A sostegno della sua tesi, Wenauer, sottolinea che nella stagione successiva il portiere si è trasferito proprio al Dortmund, anche se Rynio sostiene che la trattativa per il suo passaggio al Borussia sia stata avviata solamente a fine campionato.

 

Un solo altro caso interessante nella relativamente giovane storia della Bundesliga (nata solamente nel 1963/64 come campionato nazionale a girone unico) è quello dello Stoccarda 1984/85, che chiuse il campionato decimo, quattro punti sopra la zona retrocessione, ma senza rischiare troppo nelle ultime giornate.

 



Nella Liga delle cadute di questo tipo sono rarissime. È a suo modo clamoroso, più per l’importanza della squadra coinvolta che per un concreto rischio retrocessione, il caso del Real Madrid 1976/77 che, dopo aver vinto lo scudetto sotto la guida di Miljan Miljanic e con una squadra che annoverava fra gli altri Camacho, Breitner e del Bosque, ha una battuta d’arresto inattesa nel 1977/78, chiudendo con appena 34 punti (frutto di 12 vittorie, 10 pareggi e 12 sconfitte) a due punti dal quarto posto, ma solamente quattro punti sopra la migliore delle retrocesse, ovvero il Real Saragozza.

 

Altre due annate “pericolose” per i campioni in carica sono state quelle del 1942/43 e del 1943/44: all’epoca oltre a due retrocessioni dirette era previsto che quartultima e terzultima fossero impegnate in dei playout con squadre di seconda divisione. Il Valencia nel 1942/43 chiude settimo con soli tre punti di vantaggio dalla quartultima e ancora peggio fa l’Athletic Bilbao l’anno seguente, evitando i playout all’ultima giornata grazie alla sconfitta dell’Espanyol per 3-1 sul campo dell’Atlético Madrid (in quegli anni chiamato Atlético Aviación), che rende ininfluente la contemporanea sconfitta dei campioni in carica per 5-4 sul campo del Valencia, mantenendo la seconda squadra di Barcellona due punti dietro ai baschi.

 

In Italia nessuna detentrice dello scudetto è mai arrivata a giocarsi la permanenza in Serie A all’ultima giornata. Due squadre campioni in carica, però, si sono salvate alla penultima: il Milan del 1957/58 e il Verona del 1985/86. I rossoneri di Gipo Viani avevano vinto il campionato 1956/57 con sei punti di vantaggio sulla Fiorentina, con Liedholm capitano, Schiaffino e in difesa Cesare Maldini. L’anno dopo si decide di mantenere quasi la stessa formazione titolare con l’unica novità rappresentata dal centrocampista argentino Grillo.

 

Il Milan fa un’ottima Coppa dei Campioni, perdendo in finale ai supplementari contro il fortissimo Real Madrid (3-2 dopo essere stato per due volte in vantaggio), ma in Serie A dopo una partenza a handicap, con una vittoria, 9 pareggi e 4 sconfitte nelle prime quattordici partite, i rossoneri si trovano 11 punti dietro la capolista Juventus e con soli 2 punti di vantaggio sulle ultime in classifica Atalanta e Genoa (in quella stagione la penultima spareggiava con la seconda della Serie B nei playout). La matematica salvezza arriva come detto a 90 minuti dal termine del campionato, in seguito a una vittoria per 4-2 sulla Spal, con i rossoneri che terminano al nono posto.

 

Il secondo caso è quello del leggendario Verona di Osvaldo Bagnoli e dell’accoppiata straniera Hans-Peter Briegel e Preben Elkjær, che ha rischiato di macchiare il suo storico scudetto del 1984/85 con delle scelte azzardate nel successivo mercato estivo, in particolare con la cessione all’Inter di Pietro Fanna e Luciano Marangon, fra i principali artefici del sogno tricolore. Con il Lecce già retrocesso e altre due squadre da far scendere in Serie B, a due giornate dalla fine della stagione successiva, il Verona si ritrova con soli 26 punti a pari merito con la Sampdoria, con un punto di vantaggio sull’Avellino, 2 sull’Udinese, 3 sul Pisa e 5 sul Bari penultimo.

 

Al Bentegodi si gioca lo scontro diretto con il Pisa che, se perso, avrebbe messo a serio rischio i gialloblù, reduci da 2 punti nelle 4 partite precedenti e attesi, nell'ultima giornata, da una difficile trasferta contro il Torino. L’orgoglio della squadra campione d’Italia torna in campo proprio nel momento decisivo e permette alla truppa di Bagnoli di superare i toscani con un secco 3-0 e di chiudere il campionato al decimo posto, cinque punti sopra la Zona B.

 


Il Verona 1984/85.



 



Soli quattro punti di vantaggio sulla zona retrocessione, ma salvezza a tre giornate dal termine invece per la Roma del 1942/43, che una volta raggiunta la certezza di rimanere nella massima serie perde le ultime tre partite del campionato. L’anno precedente era arrivato lo storico primo scudetto grazie a un’ottima difesa e ai 18 gol del giovane Amadei. Nella stagione successiva l’allenatore ungherese Schaffer è costretto a tornare in Ungheria, richiamato per combattere in guerra, e al suo posto viene ingaggiato il connazionale Kertesz. La scelta non si rivela felice, perché se Schaffer era un convinto sostenitore del “metodo” (squadra schierata a WW in una specie di modulo 2-3-2-3), Kertesz impone il suo credo a favore del “sistema (o WM, ovvero 3-2-2-3), un cambio che non viene digerito dai calciatori.

 

La peggiore performance in termini di piazzamento finale in Serie A, invece, è quella della Juventus 1961/62, che dopo aver vinto lo scudetto l’anno precedente con 4 punti di vantaggio sul Milan (25 gol di Omar Sivori e 15 di John Charles, nonostante tre cambi in panchina) soffre l'addio del capitano Giampiero Boniperti nell’estate del 1961, che mette fine al “Trio Magico” formato con Sivori e Charles. Anche il gallese va incontro a seri problemi a un ginocchio che ne limitano l’utilizzo per tutta la stagione e sul mercato la dirigenza non trova un sostituto all’altezza del difensore Cervato, ceduto alla Spal. Come se non bastasse, dopo aver iniziato la stagione con in panchina l’accoppiata Gren-Korostelev, lo svedese è costretto a lasciare la squadra per tornare in Svezia dopo appena due giornate di campionato per motivi personali.

 

La stagione in campionato tende da subito al mediocre diventando disastrosa subito dopo il derby vinto alla 24.esima giornata, il 4 febbraio: da quel momento i bianconeri infilano un’incredibile striscia negativa fatta da un solo pareggio e nove sconfitte nelle ultime dieci giornate, mollando completamente il colpo. Parte delle ragioni sono da rintracciare nella triplice sfida con il Real Madrid in Coppa Campioni giocata a febbraio, che assorbe energie fisiche e mentali (sconfitta 1-0 a Torino, storica vittoria per 1-0 a Madrid con gol di Sivori, sconfitta per 3-1 nello spareggio di Parigi). Il campionato viene concluso con appena 29 punti, sei di vantaggio sulle retrocesse Padova e Lecco, ma senza rischiare mai di essere realmente riassorbiti nella lotta per non scendere di categoria.

 

Altri casi limite in Italia sono quelli del Bologna 1941/42 e 1964/65 (rispettivamente settimo a +6 dalla zona retrocessione, ma perdendo le ultime quattro partite, e sesto a +6 con due punti nelle ultime sei giornate); e il Cagliari 1970/71, penalizzato dal grave infortunio subito da Gigi Riva, che termina la stagione settimo a soli cinque punti dalla zona B.

 

Per concludere, vale la pena ricordare il più recente caso di annata molto negativa di una squadra campione d’Italia, che riguarda il già citato Milan del 1996/97. Dodici mesi prima i rossoneri vincono con pieno merito il campionato con 8 punti di vantaggio sulla Juventus campione d’Europa, schierando negli undici titolari Roberto Baggio, George Weah, Dejan Savicevic, Paolo Maldini e Franco Baresi. In panchina c’è Fabio Capello, che però a fine stagione decide di lasciare la squadra ritenendo concluso il suo ciclo, attirato anche dall’offerta del Real Madrid. A sostituirlo viene chiamato Óscar Tabárez, ma viene esonerato dopo appena 11 giornate. A sostituirlo, dopo l’esperienza in Nazionale, torna Arrigo Sacchi, ma nemmeno il tecnico di Fusignano riesce a imprimere una svolta alla stagione che, senza rischiare mai la retrocessione, vede il Milan terminare all’undicesimo posto con 43 punti, solo sei in più delle retrocesse Cagliari e Perugia.

 
 

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