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I migliori tiratori da lontano (2000-2020)
07 lug 2020
07 lug 2020
Abbiamo scelto i migliori a tirare le bombe negli ultimi vent’anni.
(articolo)
17 min
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La soluzione del tiro da lontano - screamer, come lo chiamano gli inglesi, pezza, come si dice dalle nostre parti - è sempre meno utilizzata. Come ha spiegato in un altro pezzo Alfredo Giacobbe, oggi si tira più spesso da vicino e anche la distanza dei tiri da fuori si è accorciata. Sempre meno squadre, cioè, hanno bisogno di quei giocatori capaci di bucare la porta da trentacinque metri. Questa puntata del «Secolo Brevissimo» è dedicata a un tipo di calciatore sempre più raro, anche per questo sono rimasti fuori i migliori a tirare da fuori di questi ultimi anni, tipo Paulo Dybala e Dries Mertens (rispettavamente 21 e 20 gol da fuori dal 2012 a oggi).

Abbiamo rinunciato anche a Gabriel Omar Batistuta, capace di calciare a 106 km/h, ma alla fine dello scorso millennio (nella stagione 1999-00, quando ha rotto la porta dell’Arsenal) e a Lionel Messi, che ormai lo avrete capito, avrebbe meritato un posto in ognuna di queste liste (se volete, qui c’è un video dedicato solo ai suoi gol da fuori). Soprattutto, abbiamo privilegiato “l’infallibilità” ad alcuni giocatori che da lontano hanno segnato grandissimi gol (Ibrahimovic contro l’Inghilterra, ad esempio; ma anche Mascara, Miccoli, Pogba e De Rossi hanno la loro collezione privata di pezze) o che in quanto a potenza e precisione avrebbero potuto entrare in lista ma che hanno costruito il loro ricordo o in campionati minori (Hulk) oppure in troppi pochi anni (Nainggolan).

Totti, Beckham, Pirlo, Pjanic, Robben e persino Gareth Bale e Antonio Di Natale sono rimasti fuori a malincuore e meritano una menzione, come sempre, per arrivare a dieci, abbiamo dovuto fare delle scelte. Buona lettura.

Le altre puntate della rubrica sono qui.

Adriano

Uno dei ricordi che più ha segnato la mia tormentata carriera da tifoso è il rumore del pallone calciato da Adriano nella finale d’andata della Coppa Italia 2004/05, vinta 0-2 in un Olimpico ammutolito dal dominio dell’attaccante brasiliano.

Me lo ricordo non solo perché in quell’istante lo stadio era relativamente silente - era un momento in cui nessuno si sarebbe aspettato un gol, con Adriano sulla trequarti e la difesa schierata - ma soprattutto per il rumore in sé, diverso da quello di un normale tiro - un tonfo secco simile a quello delle palline da tennis quando impattano esattamente al centro dell’ovale della racchetta. Sul mio inconscio, e credo su quello di tutti quelli allo stadio quel giorno, quel rumore ha avuto lo stesso effetto di un gancio in pieno mento che ti spegne il cervello. Me lo ricordo perfettamente ancora oggi, o magari è stato il mio stesso inconscio a creare quel suono, come una specie di grido di dolore.

Anche se la sua carriera ad alti livelli è durata poco, la brutalità del calcio di Adriano è stata una delle espressioni più evidenti di supremazia atletica e tecnica di un giocatore sugli altri 21 in campo negli ultimi vent'anni. Adriano calciava quasi sempre di collo esterno, con la palla che saliva e scendeva in maniera improvvisa con una traiettoria leggermente a uscire, ma era ovviamente la potenza impressa alla palla l’aspetto più impressionante dei suoi tiri. Una caratteristica che diventava tangibile non tanto per via della velocità del pallone, troppo subitanea per essere davvero percepita, ma per l’appunto attraverso il rumore. Un altro esempio celebre è quello simile a uno sparo di un fucile da caccia nel bosco prodotto dalla traversa della porta del Palermo, colpita dal tremendo tiro di Adriano dalla trequarti.

I suoni prodotti dai tiri di Adriano erano qualcosa di improvviso e inaspettato che squarciava il tappeto sonoro della partita a cui siamo abituati e che li rendevano davvero spaventosi. Erano come un faro che si accendeva improvvisamente su di lui, mentre tutto il resto sfumava nel buio, e che ti costringeva a guardarlo spaccare la porta avversaria.




Cristiano Ronaldo

Cristiano Ronaldo è la persona con più muscoli sulle gambe del mondo (guardate le foto mentre flette i muscoli in palestra o in allenamento, sembra averne di aggiuntivi che gli sono cresciuti per il troppo lavoro), ma basta per tirare bene dalla distanza? Per calciare da lontano è più importante la tecnica che la forza bruta e Ronaldo mi pare sia la dimostrazione: il portoghese calcia da lontano usando la gamba non come una clava, ma piuttosto come se fosse una mazza da golf e lui un golfista molto tecnico, capace di colpire drive lunghissimi grazie alla sensibilità del proprio braccio.

Fin dagli anni al Manchester United Ronaldo ha trovato un modo di calciare unico, diventato un marchio di fabbrica ancora più evidente nelle punizioni. Soprattutto nei primi anni di carriera Ronaldo arrivava sul pallone quasi sulle punte, calciando poi con un movimento esplosivo e bloccando il piede nel momento dell’impatto, come se fosse una detonazione più che un tiro. Per i suoi tiri da lontano non usa il collo del piede, ma la parte finale dell’interno, colpendo il pallone quasi da sotto. Il risultato sono tiri con pochissima rotazione, ma con traiettorie indecifrabili, che si alzano e poi si abbassano all’improvviso lasciando i portieri immobili.

Da lontano Ronaldo calcia principalmente partendo da sinistra e accentrandosi, calciando verso il secondo palo, un’azione che ormai quasi tutti gli esterni hanno nel proprio arsenale, ma che nessuno ha portato all’estremo come Ronaldo. Grazie alla forza dei suoi tiri poteva calciare dall’esterno da distanze proibitive per tutti gli altri.

La sua tecnica di tiro sembra molto complicata da riprodurre e forse per questo Ronaldo - oltre ad essere uno dei giocatori ad aver segnato più gol da lontano, è anche uno di quelli che ne ha sbagliati di più. Negli ultimi anni sembra aver reso la sua tecnica di tiro un po’ meno ortodossa, più facile da controllare. Nel recentissimo gol al Genoa, ad esempio, calcia in maniera quasi “canonica” limitandosi a colpire il pallone leggermente di estreno per dargli una traiettoria ad uscire.


Steven Gerrard

Se questa lista è ricca di calciatori inglesi non è un caso. Possiamo riconoscere nel tiro dritto e potente da fuori area l’espressione culturale del loro calcio intenso, fisico e verticale. La materialità di una bomba da fuori è quella della loro idea di calcio. Dei quasi 120 gol in Premier di Gerrard, 33 sono arrivati da fuori area, più di un quarto. Secondo questa classifica che credo comprenda solo gli ultimi anni, sarebbe sul podio fra i giocatori con più gol da fuori in Premier. Ma non conta solo la quantità: da fuori area Gerrard ha segnato alcuni dei gol più importanti della sua carriera: in finale di FA Cup contro il West Ham, in Champions contro l’Olympiakos (un tiro di cui si sente il fruscio anche nel replay), in League Cup contro il Manchester United. In questa classifica di Bleacher Report Gerrard viene considerato il più grande tiratore da fuori della storia della Premier League.

I suoi gol da fuori erano la perfetta anticipazione delle sue esultanze enfatiche, spesso scivolate verso la Kop. Gerrard è meno tecnico e cerebrale di Lampard nei suoi tiri da fuori, in carriera ha scelto più raramente la soluzione d’interno, preferendo tiri di collo dritti e sinceri. Anche in questo è stato la personificazione di una certa idea di calcio inglese. Anche quando ha usato l’interno, come nel celebre gol al Marsiglia, nella sua conclusione non c’era nessuna dolcezza o malizia. Gerrard era particolarmente efficace quando era leggermente defilato sulla destra e i suoi tiri correvano verso tracce diagonali imprendibili per il portiere. I miei gol preferiti di Gerrard sono quelli in cui tira in modo secco e rasoterra sul palo lontano, passando accanto alle mani del portiere, verso un angolo occulto della porta, come questo segnato in Champions. Era anche un fenomeno nel calciare le palle che rimbalzavano fuori dall’area, anche piuttosto morte, a cui riusciva a imprimere una potenza irreale. Se volete vedere questo tipo di tiri in una situazione da laboratorio eccovi un video in cui segna praticamente tutti i tiri da fuori con la palla posizionata sopra una bottiglietta.

Nel video in cima noterete l’astrattezza di certe posizioni da cui Gerrard decideva di tirare. Oggi che con le statistiche è diventata evidente la scarsa efficacia dei tiri che partono da alcune zone del campo, Gerrard magari sarebbe stato meno ambizioso.


Michael Ballack

Michael Ballack è passato alla storia per le sconfitte in volata, col soprannome di Eterno secondo, una narrazione che ha velato di una patina di polvere le sue qualità come centrocampista. La più evidente tra tutte era la facilità con cui riusciva a fare gol. Nella stagione 2001/02, per esempio, chiuse con 29 gol segnati, un numero raramente avvicinato dai centrocampisti nella storia.

Nei primi anni di carriera Ballack veniva schierato come trequartista, proprio per sfruttare al meglio il suo senso per la porta, ma la vera svolta arrivò quando Toppmöller arretrò la sua posizione. Semplicemente Ballack era troppo grosso e troppo potente per giocare negli ultimi metri di campo. Partendo da dietro il centrocampista tedesco aveva più spazio per inserirsi oppure spaccare le porte da lontano. Ballack non è stato un tiratore dalla distanza di fino, non calciava il pallone in maniera particolare, sfruttando rotazioni verso l’esterno o regole aerodinamiche dei palloni di quegli anni: quando aveva il tempo di guardare la porta, caricava il tiro e colpiva più forte che poteva di collo pieno, come se volesse far scoppiare il pallone.

Solitamente più potenza c’è in un tiro più è difficile essere precisi. Ballack in qualche modo, anche cercando di scaricare tutta la sua forza sul pallone, riusciva sempre a essere coordinato, i suoi movimenti erano eleganti e minimali, e non è un caso se molti dei suoi gol da lontano partivano diritti per diritti per poi infilarsi all’incrocio o sotto la traversa (se dovessimo ragionare in termini militari, la cosa più vicina a un tiro di Ballack è il lancio dei missili terra aria).

L’aspetto che più evidenzia quanto il calcio del tedesco fosse una combinazione di potenza e controllo è che Ballack ha segnato diversi gol da lontano calciando di sinistro. Per segnare così con il tuo piede debole devi avere qualcosa di speciale, una combinazione rara di forza e coordinazione che gli permetteva di essere una minaccia dalla distanza praticamente in ogni modo e da ogni posizione.


Yaya Touré

Yaya Touré è stato un centrocampista incrediblmente completo, nell’epoca di Xavi e Iniesta, gli “gnomi con il controllo al velcro”, come li ha definiti brillantemente Barney Ronay. Forse per questa sua differenza fisica - e perché era africano, certo - è stato considerato e soprattutto un mediano fisico dominante con il suo atletismo. Forse però bisognerebbe ricordare che la tecnica a sua disposizione gli permetteva di fare cose che sarebbero riuscite a pochissimi altri.

Tipo questo pallonetto a incrociare d’interno:

Anche tralasciando il resto delle cose che faceva benissimo (proteggere palla, portarla anche per un campo intero ad alta velocità) e concentrandosi solo sul modo in cui Yaya Touré calciava dobbiamo sottolineare l’incredibile varietà e creatività delle soluzioni. Segnava di destro come di sinistro, anche da lontanissimo come dal limite dell’area, con veri e propri missili che avrebbero rotto tutte le ossa delle mani del portiere - se fosse arrivato sulla palla - o parabole a giro degne di Juninho Pernambucano. La sensibilità di Yaya Touré gli avrebbe permesso di infilare una pallina da golf in buca con pochi colpi, se gli avessero lasciato usare i piedi; la sua forza di spedire un pallone nell’orbita della luna, fargli fare un giro completo e farlo tornare sulla terra. Basta, per considerarlo tra i migliori dieci degli ultimi vent’anni?


Clarence Seedorf

Quando pensiamo a Clarence Seedorf pensiamo prima di tutto a quel gol ridicolo che segnò ai tempi del Real Madrid. Quando aveva le treccine e aveva vinto appena due Champions League, la metà di quelle che poi vincerà. In quel caso Seedorf aveva tirato all’improvviso, poco oltre il centrocampo, come se di punto in bianco si fosse stufato di tutte le complicazioni di una partita, della questione del fare gol, della tensione di un derby contro l’Atlético. Ha preso e ha tirato da una distanza di circa 50 metri, e non ha cercato una di quelle traiettorie beffarde, vincenti per ingegno prima che per esecuzione. Il portiere era leggermente fuori ma voglio dire, era una situazione di gioco in un cui aveva tutto il diritto di fregarsene del gioco. Poteva persino leggersi un libro in tutta tranquillità. Invece Seedorf ha tirato, e lo ha fatto con una violenza ridicola e fisicamente ingiustificabile. Se bloccate il fotogramma sul punto dell’impatto tra lui e il pallone noterete anche quanto la palla fosse vicina al corpo, e che l’ha colpita con un collo leggermente esterno. Il semplice video di quel gol è assurdo: è assurda in particolare la quantità di tempo che il pallone ci mette per arrivare in porta, la quantità di spazio che deve percorrere, l’altezza a cui vola. Sembra un piccolo aereo telecomandato, un uccello meccanico, un oggetto trasportato da una forza inorganica che non può essere scaturita dal piede di un essere umano.

Quel gol è la massima espressione della straordinaria, unica e persino bizzarra potenza che Clarence Seedorf esprimeva calciando il pallone. Una violenza che veniva mascherata dal perfetto controllo della sua tecnica. Quando calciava certi palloni, quelli che gli arrivavano incontro dopo uno scarico particolarmente gentile, il suo corpo si lasciava andare a un piccolo saltello in torsione, come quello dei tennisti dopo il servizio. Nel suo tiro c’era l’espressione più violenta del talento tecnico di Seedorf. Tutto il suo gioco fremeva di una potenza sopita e sempre perfettamente controllata dalla tecnica, e solo nel momento del tiro veniva in superficie, come qualcosa di visibile e inaudito.


Dejan Stankovic

Chi scrive ha un ricordo da condividere che riguarda Dejan Stankovic e la sua capacità balistica. Un giorno, in un noto circolo con campi da calciotto romano, è capitato che in un terreno vicino a quello in cui dovevo giocare ci fossero alcuni giocatori della Lazio. Non so cosa stessero facessero esattamente, in teoria, penso, un calciatore professionista non può giocare al di fuori delle partite con la sua squadra o degli allenamenti, fatto sta che c’erano Dejan Stankovic e alcuni suoi compagni. Non ricordo chi ci fosse oltre a lui (forse Stefano Fiore? O forse Fiore l’ho visto in un’altra occasione? Forse erano addirittura gli anni di Dario Marcolin, altro frequentatore assiduo dei calciotti romani?) ma di Stankovic sono sicuro. Perché ricordo che a un certo punto, a partitella finita, si è messo poco oltre la metà campo, quindi a venticinque metri più o meno di distanza dalla porta, che è più piccola di una porta da calcio vera e propria, e ha iniziato a calciare tutti i palloni che gli venivano dati esattamente sotto l’incrocio dei pali. Con il portiere in porta, ovviamente, che non sarà stato il portiere titolare della Lazio ma comunque era una persona sana di corpo e di mente vestito da portiere che provava a saltare ed estendersi in direzione della palla ma era sempre un pizzico troppo lento. Stankovic calciava, di collo pieno o leggermente d’interno, sempre allo stesso incrocio alla destra del portiere, la palla entrava sempre esattamente nello stesso punto, diciamo nello stesso mezzo metro quadrato, facendo fare alla rete e al suo sostegno metallico sempre lo stesso rumore, lo stesso “plinc”. Stankovic calciava, il portiere si tuffava e “plinc”. La palla rimbalzava lì vicino, un altro giocatore gliela ripassava e Stankovic calciava di nuovo, senza neanche stoppare la palla. A un certo Stankovic ha iniziato a ridere, tra un tiro e l’altro.

Questo ricordo dovrebbe rendere l’idea del potere che Dejan Stankovic aveva nel piede destro. In un campo da calcio regolamentare, con altri ventuno professionisti e la densità che c’era nei centrocampi italiani nei primi dieci anni del secolo, contro portieri i cui riflessi erano allenati per provare a respingere tiri veloci come i suoi, Stankovic doveva usare un po’ più di fantasia. Doveva prendere di sorpresa tutti, compreso il pubblico, che sapeva di questa sua capacità e in un certo senso se l’aspettava. Alcuni tiri di Stankovic, caricati a testa bassa da lontanissimo, non sembravano neanche inarrestabili, eppure i portieri non ci arrivavano. Il rapporto tra la sua forza - dovuta a una coordinazione classica, a una meccanica di tiro che si potrebbe rappresentare in una statua di marmo, con il petto a schiacciare il baricentro e le braccia larghe - e la sua precisione era comunque troppo. Fondamentalmente, se gli lasciavano lo spazio e il tempo per caricare, Stankovic segnava.


Fabio Quagliarella

Fabio Quagliarella ha segnato una quantità incalcolabile di gol letteralmente assurdi e molti di questi sono tiri da posizioni impensabili, eseguiti con coordinazioni impensabili. In questo senso, l’attaccante napoletano è forse quello con più fantasia in questa lista: non quello con il tiro più potente, e probabilmente nemmeno quello con la migliora tecnico di tiro, ma di sicuro quello più creativo su come utilizzare il proprio talento. Nella stagione 2006/07, per dire, Quagliarella ha segnato al Chievo da una quarantina di metri mettendo giù un pallone sparato in verticale con il petto e poi tirando dal basso verso l’alto per sorprendere il portiere fuori dalla porta. Quanta fiducia ci vuole nel proprio intuito per realizzare un gol simile?

È impossibile dire com’è un tiro alla Quagliarella, per il semplice motivo che da fuori area Quagliarella ha segnato praticamente in qualsiasi modo. E con “qualsiasi modo” non intendo dire di destro, di sinistro, di testa eccetera, ma letteralmente in qualsiasi modo. Per esempio in mezza rovesciata volante dal limite della lunetta dell’area, o con il cucchiaio da trequarti campo, o di collo sul palo più lontano dalla trequarti dopo essersi girato fronte alla porta. Vedere uno dietro l’altro i migliori gol di Quagliarella è un’esperienza quasi psichedelica, dà l’impressione che potesse segnare davvero a ogni occasione di tiro. Semplicemente a comando. E se è vero che ovviamente non è stato effettivamente così, è anche vero che Quagliarella è forse il giocatore che in Serie A più si è avvicinato a dare l’impressione che potesse farlo ogni volta che aveva il pallone tra i piedi.


Frank Lampard

Dei dieci gol più belli di Lampard con la maglia del Chelsea, scelti dal Chelsea, sei sono segnati con tiri dalla distanza. Un altro è un tiro di Lampard dal cuore dell’area di rigore dopo un paio di dribbling, ma il suo sembra comunque il tiro di uno che sta a trenta metri dalla porta.

Lampard era un tiratore dalla distanza efficiente più che spettacolare, quando tirava aveva prima di tutto l’obiettivo di fare gol (non si segnano 300 gol da centrocampista in carriera per caso). Non cercava quindi sempre la conclusione pulita, stilisticamente perfetta, ma puntava molto alla sostanza: se c’era un muro di gambe davanti a lui per Lampard valeva la pena anche tirare basso e forte per far passare il pallone attraverso e ingannare il portiere. Non a caso ancora oggi Lampard è il giocatore ad aver segnato più gol da fuori area in Premier League, ben 41.

Da lontano poteva essere pericoloso in molti modi: calciando di prima al volo, guadagnandosi lo spazio per la conclusione dopo una finta, calciando a pelo d’erba per far schizzare il pallone sui perfetti campi inglesi oppure cercando l’incrocio dei pali. Lampard aveva una tecnica di tiro perfetta, che gli ha permesso una carriera da centrocampista con numeri da attaccante. Era evidente nei gol segnati da pochi metri ma ancora di più quando calciava da lontano.


Paul Scholes

Qualche mese fa circolava un video su internet di Paul Scholes, ritirato e in abiti civili, che tirava una bomba da fermo sotto l’incrocio dei pali, in quello che sembrava il campo di calcetto di casa sua. Potete scomporre il video per assaporare ogni piccolo frammento di perfezione della sua tecnica di tiro: la postura del corpo, la distanza esatta dalla palla, la caviglia rigida, l’impatto pieno, il leggero saltello in avanti che trasmette ulteriore spinta. Certe cose ovviamente non si dimenticano mai, rimangono nella memoria corporea dei grandi talenti calcistici.

Nel 2000, contro il Middlesbrough segnò un gol uguale a quello, con un tiro lungolinea che si è infilato sotto l’incrocio dei pali. I tiri di Scholes erano spesso lungolinea, la via più breve per la porta. Era una mezzala inglese dall’interpretazione classica, ma con delle qualità fisiche e tecniche peculiari, che lo renderebbero perfetto ancora oggi in un centrocampo a tre, persino da regista. Era tecnicamente dotatissimo e nei suoi gol ci sono anche soluzioni balistiche raffinate, ma è nei tiri secchi e potenti che veniva fuori la purezza del suo gioco. Quel gol al Bradford, al volo su schema da calcio d’angolo, è incredibile; quello segnato al Barcellona, di controbalzo e di mezzo esterno, è uno di quelli in cui l’impatto della palla dà piacere fisico a guardarlo. Quello segnato al West Ham, con quel tiro al volo dalla fisica assurda, con la palla che rimbalza la traversa ed entra superando di poco la linea, è - forse insieme a quello di Yeboah al Wimbledon - il gol che farei vedere a un alieno che mi chiedesse che cos’è la Premier League.


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