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Foto di Buda Mendes / Getty Images
Mondiale 2018 Fabrizio Gabrielli 19 giugno 2018 8'

I migliori tagli di capelli del Mondiale

Le acconciature che racchiudono il senso di un singolo calciatore, di una squadra, di un’intera nazione.

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Immaginate di essere Viorel Moldovan.

 

È il 1998, siete in Francia, state giocando un Mondiale. Avete segnato un gol lampo a inizio secondo tempo con il quale avete inclinato la partita contro l’Inghilterra, la più difficile e decisiva del girone in cui è inserita la vostra Nazionale, la Romania. Alla fine di quel match, il secondo, siete a punteggio pieno, il mondo intero ha gli occhi pieni del vostro appeal da burocrate del partito. Siete una sensazione. Contro la Tunisia, in occasione dell’ultima partita dei gironi, vi presentate in campo con i capelli biondo platino.

 

È così che si costruisce un’icona, no?

 

Però, in realtà, sembra una scena del Villaggio dei Dannati, perché anche i vostri compagni sono biondi. Siete tutti biondi. Avete ribaltato il paradigma, avete trasformato il taglio dei capelli, massima espressione di individualismo, volano del culto della personalità, in un gesto collettivizzante.

 

romania francia 98

 

Il taglio di capelli, per un calciatore, è la cosa più importante tra tutte quelle che non riguardano il calcio giocato. Un modo di affermare la propria unicità in un contesto in cui per il semplice fatto di indossare una divisa si è portati a essere indistinguibili.

 

E poi i Mondiali capitano una volta ogni quattro anni, non è che sono tutti così fortunati da esserci. Per questo può diventare un’occasione irripetibile di mettersi in mostra, bucare lo schermo, entrare nell’immaginario della propria nazione o, perché no, del mondo intero.

 

Per questo abbiamo selezionato i dieci tagli di capelli più significativi del Mondiale di Russia. Alcuni sono unicum, altri tendenze, si tratta di acconciature che racchiudono il senso di un singolo calciatore, di una squadra, di un’intera nazione.

 

  1. Alan Dzagoev, Russia, taglio chiamato “Inverno In Tundra”

 

Questa è la figurina ufficiale di Alan Dzagoev per il Mondiale:

 

dzagoev russia 2018

 

Ci sono almeno un paio di elementi disturbanti: innanzitutto, il sorriso. Non c’è la seriosità tipica delle icone russe, anzi il sorriso accennato, enigmatico e conturbante, sembra quasi compiaciuto. Sembra uno di quei dipinti che se ti sposti ti segue con lo sguardo. Risulterebbe quasi simpatico, Dzagoev, e molto pieno di sé, di quel talento che ha sempre fatto fatica a esprimere. Il taglio di capelli però sembra fatto con un coltellaccio, da una di quelle persone che intagliano figurine di animali nel legno quando fuori c’è troppa neve e non si può uscire, figuriamoci andare dal parrucchiere. Nessuna sfumatura, nessuna personalità, un taglio anonimo come si pensava sarebbe stato il Mondiale della Russia, prima di vincere 5-0 con la temibile Arabia Saudita e proiettarsi automaticamente tra le favorite della vittoria finale. Purtroppo, però, a farne le spese sono stati proprio Dzagoev e il suo taglio di capelli, ci hanno abbandonati dopo 24’ per infortunio. Mi raccomando Alan, non perdere quel sorriso!

 

  1. Alireza Beiranvand, Iran, (e Thibaut Courtois, Belgio), taglio “Numero Uno”

 

Alireza Beiranvand ran away from home in Iran, grew up homeless, and slept outside his local team's football stadium. People gave him change because they thought he was a beggar.

Some 80 million Iranians are now cheering for him at the #WorldCup. He has yet to let in a goal. pic.twitter.com/tPo1EIQ1qa

— Muhammad Lila (@MuhammadLila) June 18, 2018

 

Il portiere dell’Iran e quello del Belgio hanno pochi punti di contatto, a cominciare dalla fama e dal lustro delle rispettive carriere. Oltre al fatto di giocare in porta, e di superare entrambi agevolmente il metro e novanta, li accomuna però il fatto di avere una corporatura affusolata eppure non del tutto armonica, sulla cui sommità troneggiano teste dall’attaccatura dei capelli troppo vicina agli occhi. Capelli che per di più vengono acconciati con una riga a destra poco briosa, il taglio di chi vive perennemente in una Gita Delle Medie, quando è più importante fare blocco che dare sfoggio di personalità (non a caso è il taglio ufficiale della Nazionale polacca).

 

La fisiognomica è una scienza per niente esatta, ma sostiene che chi ha la fronte come questi due portieri destinati ad approcciarsi al Mondiale in maniera diametralmente opposta sia una persona molto pragmatica, con idee spesso contrastanti rispetto a quelle dominanti. Una specie di bastian contrario, insomma. Deve albergare là, l’unicità di numeri uno. In Belgio come in Iran.

 

  1. Yasser Al-Shahrani, KSA, taglio “Quello-là-coi-capelli-lunghetti”

 

اسأل الله التوفيق لنا في مهمتنا الوطنية 💚🇸🇦
دعواتكم 💚 pic.twitter.com/CreVl64Tuk

— ياسر الشهراني (@iYasser12) June 9, 2018

 

Far emergere il proprio individualismo per mezzo del look, in Arabia Saudita, è complicato forse perché in parte proibito: lo sapevate che i tagli Qaza, cioè quelli in cui parte della testa è rasata e parte no, sono contrari alla parola di Maometto contenuta nelle hadith?

 

L’unica via è quella di abbandonare almeno in parte lo stampino del capello-corto-con-barbetta-accennata. Cioè la strada che ha scelto di percorrere il nostro Yasser. Non vi sarà difficile identificarlo in nessuna foto della formazione dell’Arabia Saudita.

 

Ma sì, Yasser. Quello-là-coi-capelli-lunghetti.

 

 

  1. Mile Jedinak, Australia, taglio “Classic Hipster”

 

jedinak gol francia

 

Un certo numero di barbe vistose andrebbe imposto di ordinanza in ogni squadra, non foss’altro per far stare il Mondiale al passo coi tempi e rappresentare quella minoranza cosmopolita e globalizzata che definiamo “hipster”, una parola ormai un po’ negativa ma che ha connotati meno malvagi di quelli che si sottintendono oggi, in Italia. Mile Jedinak, australiano che potrebbe aprire una birreria artigianale a Isola come a Budapest o Portland, oltretutto calcia i rigori, e si sa che la barba è uno degli strumenti essenziali nel kit delle poker-face.

 

  1. Yussuf Poulsen Yurary, Danimarca, capelli raccolti con “Il Laccetto”

 

Poulsen-capelli

Foto di Filippo Monteforte/AFP via Getty Images.

 

In Russia abbiamo già visto il laccetto sulla testa di Jannik Vestergaard, oltre che del danese Poulsen, che di nome si chiama Yussuf e sulla maglia porta il nome del padre, Yurary. Uno dei giovani più interessanti da seguire in questo Mondiale, su di lui il laccetto svolge la duplice funzione di evitare che i capelli lunghi gli ricadano davanti agli occhi, ma anche quella più poetica di farlo sembrare un unicorno che scrolla la criniera.

 

Ma questa storia del laccetto fa tornare alla memoria un altro danese di nome Poulsen.

 

totti poulsen

 

Questa foto, che sembra uno degli arazzi di Bayeux, è del lontano 2004 e dimostra che, come tante altre cose di quegli anni, tipo le Silver, il laccetto è tornato di moda.

 

Intermezzo malinconico

 

#allez pic.twitter.com/v048kR5bsq

— Mario Balotelli (@FinallyMario) July 4, 2017

 

Ah, se c’era lui!

 

  1. Benjamin Pavard, Francia, taglio “riccio capriccio”

 

pavard

 

Questo taglio è l’opposto di quello con il laccetto. È la libertà di farsi crescere i capelli sulla fronte fino a non vederci più, fregandosene delle convenzioni come solo un francese saprebbe fare. È facile immaginare Pavard, nato a Maubeuge, quindi quasi in Belgio, fumare al tavolino di un bar di Faubourg Saint Denis mentre prende appunti sul suo romanzo d’esordio.

 

  1. Mohamed Elneny, Egitto, (e Román Torres, Panama), taglio “Re Leone”

 

😁 pic.twitter.com/nVO4QG7uBd

— Mohamed ELNeny (@ElNennY) May 29, 2018

 

Gli scatti che immortalano i giocatori di calcio dalle criniere folte, ai Mondiali, sono quelli che più somigliano ai reportage di National Geographic, e in un certo senso risvegliano nell’osservatore gli stessi collegamenti mentali: intessono una narrazione che parla di esotismo, dominanza, regalità, testosterone.

 

La criniera è fotogenica: restituisce la maestosità in movimento, il moto sussultorio del talento, la forza inarrestabile della perseveranza. La melena, come la chiamano in Sudamerica, incute più rispetto che timore. E catturata nell’esplosione della gioia si dipana in tutta l’avvolgenza del suo gettito.

 

La criniera è terzomondista: parla popoli vessati, in cui farsi crescere i capelli non è un vezzo ma un gesto di resistenza, affermazione di una grandeur che qualcuno vuole negargli. Il panamense Román Torres ha iniziato a farsela crescere dopo la mancata qualificazione ai Mondiali del 2014. Oggi la porta a ciondolare sui campi lontanissimi, almeno dal suo Caribe, di Sochi, Novgorod, Saransk: città in cui i leoni sono un’entità astratta, da osservare con un po’ di sana curiosità etologica, e un po’ di fascinazione.

 

  1. Ben Youssef, Tunisia, taglio “Mosca Bianca”

 

fifa-world-cup-russia-2018-fakhreddine-ben-youssef-tunisia-567

 

Il filone Mosca Bianca ha vissuto una Golden Age a cavallo tra gli anni ‘90 e gli inizi del 2000, almeno ai Mondiali. Henrik Larsson nel 1994, Ibrahim Ba nel 1998, El Hadji Diouf nel 2002. Tingersi i capelli di un colore che non solo non appartiene, ma addirittura contravviene i crismi della propria apparenza (e appartenenza) è diventato col tempo un gesto sempre meno rivoluzionario: la riconoscibilità è ormai un ideale sul cui altare immolare l’autenticità. Il Tasso Mosca Bianca vede il suo coefficiente schizzare in maniera incontrollata e direttamente proporzionale alla modestia della squadra e alla difficoltà di pronuncia del nome del calciatore in questione.

 

La Mosca Bianca rivendica il suo posto nel mondo, contestandolo allo stesso tempo.

 

La mia Mosca Bianca preferita, però, anche più dei diversi punti di rosso di Takashi Usami e Lee Seung-woo, è Fakhreddine Ben Youssef: tunisino, alto 1 metro e 92 centimetri, con un nome sufficientemente complicato da pronunciare correttamente, ma soprattutto: con i capelli rossi, naturalmente rossi.

 

  1. Paolo Guerrero “El Depradador”, Perù, taglio “Classic Coatto”

 

Paolo Guerrero is subbed on for Peru! #PERDEN pic.twitter.com/g0cuFk4hA0

— CMS 2 (@TeamCMSAcademy) June 16, 2018

 

In un mondo in cui il taglio di capelli ha assunto tutti i significati possibili, religiosi, mistici, morali, forse la vera eccentricità è quella di un calciatore con un taglio che si farebbe anche se non fosse calciatore.

 

I tagli di capelli coatti, spesso in combine coi tatuaggi più coatti, non sono altro che l’affermazione di un’identità autentica, vicina alle origini e al tempo stesso ricercata. Perché non tutti i coatti sono uguali. Il Taglio Coatto è la foglia d’alloro adagiata sulla nuca di Quaresma nello scorso Europeo, il doppio-taglio vertiginoso del “Depredador” Guerrero, la coda + sfumatura altissima di Vida.

 

Il Taglio Coatto, in quanto espressione di tracotanza, è anche il taglio che vogliamo vedere sulla testa di un calciatore. Per questo può arrivare a eccessi notevoli, che i “non coatti” giudicano frivoli, perché non li capiscono. Parlando della celebre emisfera inaugurata in occasione dei Mondiali del 2002, Ronaldo ha raccontato che quando i compagni di squadra, i giornalisti, il pubblico hanno soffermato la loro attenzione sulla ridicolezza della sua testa, di colpo hanno smesso di preoccuparsi del suo stato di forma. Al tempo stesso, Neymar ha raccontato di essersi fatto proprio quei capelli nel 2002, come tutti i suoi amici, perché comunque solo un coatto poteva pensare una cosa del genere. E i coatti capiscono i coatti.

 

  1. Neymar, Brasile, taglio “Spaghetto al dente”?

 

Hair today, gone tomorrow – Neymar sends message to fans https://t.co/XvVVV4avWk pic.twitter.com/Uf544SZoBt

— Reuters (@Reuters) June 17, 2018

 

Neymar ha detto di tingersi i capelli color platino perché «o dinheiro embraquence», perché «i soldi sbiancano», che è poi una maniera un po’ edulcorata di condannare la centralità a tutti i costi del fenotipo europeo, WASP, nel sistema di valori mondiali.

 

Ammesso e non concesso che il punto della questione qui coincida con il punto di biondo prescelto, e che tingersi i capelli gli porti  davvero fortuna, e a conti fatti sembrerebbe di no, credo ci sia una grossa confusione terminologica sull’ultimo taglio de O’Ney (che a me, personalmente, ha ricordato i capelli di una Camilla).

 

Darei il mondiale alla #Francia solo per questa foto di #Cantona. pic.twitter.com/VbKL99HGxR

— Marco Mazzocchi (@officialmaz) June 18, 2018

 

Cantona ci ha fatto molto ridere mettendosi in testa una ciotola di bucatini n.6, in quanto a situazionismo Dada secondo solo al suggerimento di chiudere tutti i nostri conti correnti, ma NO Eric, quelli – che ho dubbi siano addirittura spaghetti – non sono per niente “al dente”: semmai sono molto scotti.

 

Il ciuffo di Neymar sembra tenere molto meglio la cottura, anche durante lo spadellamento: e c’è solo un tipo di “spaghetto” che non scuoce mai.

 

Il noodle secco.

 

Quello che si usa per il ramen, per intenderci.

 

RAMEN Y.

 

Vi piace fare gli anagrammi? Buon divertimento.

 

Tags : neymarpaolo guerrero

Fabrizio Gabrielli scrive e traduce dei libri. Ha tradotto Lugones e collaborato con i blog di Finzioni, Edizioni Sur e Fútbologia. Ha scritto "Sforbiciate. Storie di pallone ma anche no" (Piano B, 2012) e "Cristiano Ronaldo. Storia di un mito globale" (66thand2nd, 2019). Scrive sull'Ultimo Uomo dal 2013.

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