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Foto di Mike Hewitt/Getty Images
Classificone Francesco Lisanti 14 luglio 2016 6'

I migliori inni di Euro 2016

Quelli più strani, quelli cantati con più trasporto, quelli meno sentiti, quelli meno orecchiabili.

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Il successo delle competizioni tra Nazionali non è sempre facile da giustificare, soprattutto perché non è puramente riducibile alle leggi dello spettacolo. In termini di puro intrattenimento, i recenti Europei francesi ci hanno riservato un prodotto spesso mediocre, per larghi tratti decisamente noioso.

 

Eppure il pubblico ha sempre risposto presente, le televisioni di tutti i Paesi coinvolti hanno registrato percentuali bulgare di share (in Francia soprattutto), le fan-zone nelle piazze delle capitali europee sono state riempite fino all’ultimo metro quadro, e le attenzioni di tutti gli appassionati di calcio sono state cristallizzate per un mese intorno all’evento continentale. La ragione è alla base: l’inestinguibile fascino delle squadre nazionali.

 

Le competizioni tra Nazionali risvegliano senso di appartenenza e storiche rivalità, stimolano il gusto della condivisione, amplificano l’entusiasmo della celebrazione. Tutte queste sensazioni finiscono per condensarsi e sovrapporsi al momento degli inni nazionali, un rituale che richiama subito divani, abbracci, mani sul petto e urla sguaiate (menzione speciale per Srna che aggiunge a tutto questo una dimensione narrativa personale fuori classifica in tutti i sensi). Prima di ritornare alla tensione solitaria delle squadre di club, concediamoci per l’ultima volta al fascino delle squadre nazionali.

 

 

  1. Francia – La Marsigliese, 1792

 

La Francia ha interrotto la tradizione che la vedeva sempre vincente nelle manifestazioni organizzate in casa nella sua storia recente, inaugurata dalla Francia di Platini agli Europei del 1984 e portata avanti da quella di Zidane ai Mondiali del 1998. E se la responsabilità fosse dell’ultima generazione di tifosi?

 

La Marsigliese intonata durante la finale da tutto lo Stade de France sembra smentirlo (ma con la Marsigliese è semplice – io che non so una parola di francese, salvo quelle del testo, la intono con lo stesso trasporto di un parigino da venti generazioni). I calciatori evidentemente più emozionati sono Umtiti e Sissoko, poi rivelatisi i migliori in campo per la Francia, mentre Griezmann è sempre impeccabile e Deschamps canta a pieni polmoni, particolarmente rosso in viso.

 

Quando la regia si sposta sui tifosi e il coro incalza «Marchons! Marchons!» la magia ha fatto il suo effetto e io controllo ogni volta che il mio passaporto non reciti davvero “parigino da venti generazioni”. Poi l’inquadratura sulla tribuna politica spezza completamente il pathos e si inizia a delineare il funesto destino che attende la Francia.
tristesse

Tristesse.

 

 

  1. Portogallo – A Portuguesa, 1895

 

L’interesse nei confronti degli inni regge ovviamente anche sulle interpretazioni individuali. Cristiano Ronaldo è quel tipo di persona che presentatasi in zona mista dopo una delle vittorie che più definisce la sua carriera, per prima cosa chiede al camera-man: «che aspetto ho?». (E si sente rispondere «scintillante», in uno dei momenti più teneri degli Europei).

 

Invece durante l’inno, perfettamente conscio di avere un altro camera-man a mezzo metro, serra gli occhi in un momento di assoluta concentrazione, canta dalla gola e il pomo d’Adamo sembra anche più gonfio del solito. Sembra stia per scoppiare a piangere, come poi farà, con una falena sulla fronte, e come poi ri-farà, con una coppa tra le braccia.

 

 

  1. Galles – Hen Wlad Fy Nhadau (la terra dei miei padri), 1856

 

Questa invece è l’interpretazione che su internet è stata eletta la più emozionante degli Europei. Alcuni tweet inviati in diretta recitano «è un peccato che questa partita non si possa decidere sul canto degli inni», anche se alla fine sarà effettivamente il Galles a passare il turno. Quando si dice dominare dall’inizio alla fine.

 

Compagnoni la definisce «una serata da uomini veri», c’è una pioggia torrenziale ma fa anche molto caldo, ci sono trentamila tifosi belgi nello stadio, ma il Galles è perfettamente assortito: le espressioni rudi e sofferenti di Ashley Williams e Robson-Kanu, quelle eteree e vagamente androidi di Bale e Ramsey, quelle glamour di Ledley e Joe Allen.

 

Il testo dell’inno del Galles è interamente in gallese, che per essere una lingua assurda è particolarmente assurda, ma tutti i calciatori lo intonano, così come tutti i tifosi gallesi, così rumorosi da sovrastare gli altoparlanti. Poi c’è l’urlo finale, che impreziosisce sempre gli inni. E questo è un incredibile urlo finale.

 

 

  1. Islanda – Lofsöngur (canto di preghiera), 1874

 

L’altra grande squadra rivelazione di questi Europei è stata l’Islanda, famosa principalmente per i colpi di testa fortissimi, le rimesse lunghissime, la haka nordica e il commentatore pazzo.

 

L’inno islandese ha anche vissuto un singolare momento di celebrità quando un giornalista islandese ha chiesto a Deschamps come mai in un’amichevole giocata a Reykjavik nel 1998, Didì avesse riso durante l’inno. Dopo un momento di comprensibile imbarazzo, Deschamps si è ricomposto giustificando la risata con la pronuncia francese stranissima del tenore islandese convocato per l’occasione. Se covate rancori ventennali, Deschamps non è la persona giusta a cui rinfacciarli: ha un’ottima memoria.

 

Era legittimo chiedersi se anche durante l’inno gli islandesi avrebbero dimostrato il trasporto incredibile che dimostrano per qualsiasi cosa. Invece no, non frega niente a nessuno. La maggior parte non canta, Halfreðsson fissa un punto molto lontano, tutti probabilmente sostituirebbero volentieri quest’inno con la haka finnica. Anche perché pare che per ragioni di tonalità troppo alta sia impossibile da cantare.

 

 

  1. Inghilterra – God Save the Queen, 1736-1740

 

 

Nella stessa partita giocava l’Inghilterra, e c’era grande curiosità perché il referendum sull’opportunità di lasciare l’Unione Europea distava solamente due giorni, per cui dietro ogni piccolo segnale poteva celarsi una grande chiave interpretativa. L’inno ha in realtà riservato poche sorprese, sicuramente niente in confronto al risultato finale. Però bisogna sottolineare l’interpretazione di Hart che spalanca la bocca ai limiti delle sue possibilità, come volesse ingoiare ogni singola falena si aggirasse per lo stadio.

 

 

  1. Irlanda del Nord – God Save the Queen, 1736-1740

 

 

«God save the Queen» è anche l’inno dell’Irlanda del Nord, sebbene molti nordirlandesi non si sentano rappresentati dal simbolo dell’identità lealista e protestante. A gennaio un editorialista dell’Indipendent aveva acceso il dibattito: «perché non possiamo condividere quel glorioso momento di catarsi che ogni altra nazione può godersi?». Nel dibattito si era inserito il Belfast Telegraph con un sondaggio, a cui hanno preso parte circa seimila persone, il 54% delle quali ha votato per la necessità di un cambiamento. Come se le contraddizioni non fossero già abbastanza, pare che non possa esserci referendum in cui l’opinione pubblica britannica non si divide esattamente a metà.

 

Durante l’inno si riconoscono immediatamente i cattolici, come l’allenatore McNeill, che non canta, così come il numero 3 Shane Ferguson, che ha un’espressione di completa estraneità. Ferguson è nato a Derry, teatro della Bloody Sunday ed epicentro dei Troubles (un altro celebre nativo di Derry è James McClean, che ha infatti scelto di giocare per l’altra Irlanda e boicotta puntualmente le celebrazioni britanniche). Anche il portiere McGovern tiene la testa bassa e lo sguardo teso. Aveva tre anni quando una bomba nel suo villaggio uccise undici persone e ne ferì sessantatré. Il calcio ha regalato grande unità alla Nazione, cementata attraverso i successi, ma i simboli continuano e continueranno a dividere.

 

 

  1. Italia – Il canto degli italiani, 1847

 

 

Arriviamo a noi. Dell’Italia di Conte mi piace l’esecuzione carica di simbolismo come fosse una parata militare (generalmente proverei repulsione, ma apprezzo l’impegno). Allo scoccare della prima nota tutti i giocatori si abbracciano e fanno un passo in avanti molto aggressivo, simile a quello della prima linea della mischia ordinata nel rugby. I bambini schierati in fila davanti ai calciatori si guardano tra di loro un po’ disorientati, qualcuno ride.

 

È ammirevole anche che ognuno sia perfettamente calato nella propria parte anche durante l’inno: Buffon è quello con la voce più grossa, Barzagli è in uno stato zen in cui muove le labbra ma non emette suoni, Bonucci già gonfia le guance, Giaccherini potrebbe esplodere da un momento all’altro per lo sforzo. Il pubblico italiano come sempre è poco rumoroso ma l’inno di Mameli è veramente bellissimo. I Mondiali saranno un appuntamento imperdibile: speriamo in altri divani, altri abbracci, altre urla sguaiate, altri «SÌ».

 

Bonus track

 

 

Nel corso delle ricerche per questo articolo mi sono imbattuto in questa canzone. C’è scritto «video ufficiale», ma dubito esista anche una versione non ufficiale. In realtà non sono riuscito a spiegarmela perfettamente, so solo che il signore ha una voce invidiabile, si muove bene e il ritornello ha un suo perché. Credo dobbiate conoscerla tutti.

 

 

Tags : euro 2016franciainghilterraportogallo

Francesco Lisanti è nato a Matera nel 1994, a Torino si è laureato ingegnere, a Milano ha iniziato a lavorare. Deve tutto al blog di Wannabe Radio. Al momento si divide tra la passione per il calcio e la pianificazione della produzione.

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