• Mondiale 2018
Marco D'Ottavi

I migliori autogol del Mondiale

La raccolta dei migliori gol segnati nella propria porta a Russia 2018.

Uno spettro si è aggirato per il Mondiale: quello degli autogol. Marocco, Australia, Nigeria, Polonia, Egitto, Russia (due volte!), Messico, Svizzera, Tunisia, Brasile, Messico e Croazia sono cadute sotto la falce appuntita di questo spettro, diventato il miglior marcatore del mondiale.

 

Son bastate 32 partite e ventitre minuti per pareggiare il record di autogol in un Mondiale – che era di 6, stabilito nel mondiale francese vent’anni fa – e ancora meno per stracciarlo come un vecchio pezzo di carta: per quanto assurdo possa sembrare in questo mondiale sono stati segnati 12 autogol in 64 partite.

 

Se in Serie A in questa stagione si è segnato 1 autogol ogni 1954 minuti, in Russia la media precipita ad uno ogni 490 minuti, praticamente quattro volte più ricorrente. Sarà una questione di clima.

 

È difficile spiegare questo glitch statistico in maniera scientifica. Sicuramente c’entra la tendenza di molte squadre a difendere basso, quasi dentro la propria area, con molti uomini vicini alla riga porta e la possibilità che le cose sfuggano di mano a qualcuno moltiplicate. Ma potrebbe anche essere davvero solo uno spettro: mentre la società capitalista si avvia verso il collasso, uno dei suoi simboli più efficaci del successo, il gol, inizia a ribellarsi contro di essa.

 

Aziz Bouhaddouz, Aziz Behich, Thiago Cionek, Oghenekaro Etebo, Ahmed Fathi, Denis Cheryshev, Edson Alvarez , Yann Sommer, Yassine Meriah, Sergej Nikolaevič Ignaševič, Fernandinho e Mario Mandzukic hanno scritto indelebilmente il loro nome nella parte sbagliata del tabellino mentre giocavano le partite più importanti della loro vita. Per imperizia o sfortuna hanno causato grande dispiacere al proprio popolo nel momento in cui quel popolo gli aveva affidato la proprio felicità.

 

Ma soprattutto con le loro azioni hanno avvertito il mondo che un futuro fatto solo di autogol non è solo possibile, ma anche vicino.

 

Possiamo provare ad ignorare l’autogol, sperando che la forza positiva del calcio riequilibri da sola le cose, oppure scegliere di celebrare questa ribellione concedendogli lo spazio che si merita, dopotutto gli antieroi sono anche più affascinanti degli eroi. Noi abbiamo scelto di celebrarli: di seguito trovate il power ranking dei migliori autogol dei Mondiali.

 

12° Yassine Meriah | Tunisia – Panama 2 a 1

 

 

Non potendo passare alla storia per qualcosa di positivo, Yassine Meriah ha pensato che tanto valeva far ricordare Tunisia e Panama come le due squadre che avevano combinato per il nono autogol del Mondiale, forse pensando potesse essere l’ultimo (si sbagliava).

 

La sua deviazione con l’anca di un tiro davvero pessimo di José Luis Rodríguez è esattamente quel tipo di autogol che un giorno abbiamo deciso arbitrariamente di trasformare in gol del tiratore.

 

Va detto che in casi come questo è difficile capire cosa spinga la FIFA a considerarli autogol, dato che il tiro era diretto allo specchio e che il tocco di Yassine Meriah non è volontario. Forse anche i vertici del calcio hanno capito che era meglio far passare alla storia questo Mondiale come quello degli autogol piuttosto che come quello in cui neanche questa volta Messi e Ronaldo ce l’hanno fatta.

 

11° Oghenekaro Etebo | Croazia – Nigeria 2 a 0

 

Foto di Richard Heatcote / Getty Images.

 

 

Certe volte quello che deve succedere, succede. Semplicemente. Non c’è altro modo per classificare l’autogol di Etebo, che tra l’altro è stato uno dei più positivi del Mondiale della Nigeria.

 

Un calcio d’angolo calciato da Modric è stato deviato di testa da ben due giocatori della Croazia (Rebic e Mandzukic) prima di colpire il tacco sinistro del giocatore della Nigeria e finire nell’angolino basso della porta difesa da Francis Uzoho. Bisognerebbe quindi un attimo concentraci sulla capacità dei croati di vincere ben due duelli individuali nel caos dell’area di rigore, invece di buttare la croce sul povero Etebo, che non ha altra colpa se non quella di esistere, occupare materialmente uno spazio fisico.

 

Lo straniamento del non avere colpe, ma dell’essere lo stesso il colpevole ultimo, si legge benissimo sul volto immobile del giocatore che spunta tra gli esagoni bianchi della rete, mentre intorno a lui i croati festeggiano insensibili come solo i croati sanno essere. Etebo interpreta Orfeo e Euridice allo stesso tempo: dopo aver sentito il tocco si volta indietro e scoprendo di essersi fatto autogol si trasforma in una statua di sale.


La prossima volta non voltarti, Oghenekaro.

 

10° Thiago Cionek | Polonia – Senegal 1 a 2

 

 

Foto di Francisco Leong / Getty Images.

 

L’autogol di Thiago Cionek è il risultato di una serie di pessime decisioni più che l’atto scellerato di un singolo. Prima Krychowiak non stringe verso il centro, lasciando il suo compagno in un due contro uno, poi Pazdan decide di opporsi all’avanzata di Idrissa Gueye con una scivolata più adatta ad un parco acquatico che non ad un difensore, lasciando scoperta la zona centrale della dell’area, e solo a quel punto Cionek si iscrive al festival degli autogol con una deviazione buffa e beffarda.  

 

Cionek arriva all’impatto col pallone mentre corre verso la propria porta, con la postura del corpo completamente sbagliata e dimostrando un senso per la giocata molto poco brasiliano (come suggerisce il nome, Thiago Cionek è brasiliano). La sua deviazione scoordinata spiazza completamente Szczesny, ma paradossalmente non è neanche il gol più bizzarro subito dalla Polonia in questa partita.

 

La disperazione che affligge Cionek in questa foto, espressa con la testa china e l’indice e il pollice stretti intorno al naso è genuina, ma composta. Cionek è consapevole di aver azzoppato la partenza della propria nazionale, che in quel momento non sappiamo ancora essere disastrosa, ma soprattutto è consapevole di aver azzoppato la sua legacy, per quel che vale. Quante altre partite in un Mondiale giocherà il difensore del Palermo, che infatti nella successiva sfida con la Colombia è stato sostituito da Jan Bednarek? Quante possibilità avrà di riscattarsi con un gol, avendone segnati appena 6 in circa 300 partite da professionista?

 

Se nella storia del gioco il suo autogol conterà solo come un sesto (o anche meno, vediamo) di un curioso record statistico, nella storia della famiglia Cionek sarà una delle pagine più buie.

 

La disperazione di Cionek è quella di un uomo che sa che tra quarant’anni dovrà raccontare ai nipotini di quella volta che poteva starsene buono e calmo al Mondiale e invece no.

 

8° Fernandinho | Belgio – Brasile 2 a 1

 

Foto di Jewel Samad / Getty Images.

 

Se c’è stata una situazione di gioco più rilevante dell’autogol in questo Mondiale, è stata il calcio piazzato. Rigori, punizioni, calci d’angolo: da qui arrivano più del 40% dei gol segnati in questo mondiale e anche l’autogol di Fernandinho, una sfortunata deviazione su sviluppi di un calcio d’angolo.

 

L’angolo battuto da Chadli che ha deciso la partita contro il Brasile era bello teso e curvo, perfettamente calibrato verso il primo palo. A Kompany è bastato sfiorare la palla con la tempia lucida per creare una situazione di pericolo all’interno dell’area brasiliana. Fernandinho è stato solo vittima degli eventi: la sua deviazione col braccio avviene mentre ha gli occhi chiusi, come tengono gli occhi chiusi i calciatori che provano a contendere un pallone di testa in mezzo ad una selva di teste.

 

Può un autogol fatto con gli occhi chiusi essere considerato un autogol?

 

8° Yann Sommer | Svizzera – Costa Rica 2 a 2

 

Foto di Dimitar Dilkoff / Getty Images.

 

Inutile ai fini della classifica nel girone, l’autogol di Sommer squarcia definitivamente il velo di Maya di questi Mondiali. C’è qualcosa che non va ed è evidente: autogol come quello di Sommer capitano durante le partite a FIFA, il videogioco, non nella vita reale, almeno non in maniera così macchiettistica.

 

Yann Sommer è solo il terzo portiere a farsi autogol nella storia dei Campionati del Mondo e la geometria che lo inchioda è troppo assurda per essere solo frutto del caso: quando il calcio di rigore di Bryan Ruiz ha colpito la traversa, Sommer, che è solo una pedina di un disegno molto più grande, non ha potuto far altro che mettere a disposizione la sua schiena: un altro autogol spiana la strada alla rivoluzione, quando dovremo iniziare a preoccuparci?

 

7° Aziz Behich | Francia – Australia 2 a 1

 

Foto di Robert Cianflone / Getty Images.

 

Se la dicotomia fortuna/sfortuna è parte consistente delle sorti all’interno di un campo di calcio, la seconda si è accanita con violenza su Aziz Behich. L’intervento disperato con il quale ha provato ad impedire che la stupenda azione corale della Francia finisse con una conclusione da zona favorevolissima da parte di Pogba, gli si è ritorta contro con un giorno di ritardo. Così, un contrasto quasi dal limite dell’area, si è trasformato in un pallonetto che ha colpito la traversa ed è entrato in rete.

 

Tanto è servito alla FIFA per stabilire che no, Pogba non c’entra nulla con questo gol, che è tutta farina del sacco bucato di Behich. Anche se il francese per arrivare lì ha disegnato due triangoli e tagliato nel cuore la difesa dell’Australia come un giocatore di rugby desideroso di andare in meta.

 

Behich è stato così goffo e sfortunato che per infliggergli l’onta dell’autogol c’è stato anche il bisogno della goal line technology, dato che la palla ha rimbalzato beffardamente pochi centimetri oltre la riga.

 

6° Ahmed Fathi | Russia – Egitto 3 a 1

 

Foto di Julian Finney / Getty Images.

 

Se il percorso per arrivare in Russia rimarrà impresso per molto tempo nella memoria dei tifosi egiziani, lo stesso non si può dire del Mondiale in sé. L’autogol di Ahmed Fathi che apre le marcature di Russia-Egitto è il contrappasso disastroso al rigore di Salah, la disfatta di chi ha creduto che bastasse avere in squadra il giocatore più sensazionale della stagione per farsi strada in una competizione durissima.

 

Ahmed Fathi è una delle icone del calcio egiziano, ha vestito per 130 volte la maglia dei “Faraoni” eppure neanche lui è immune dallo spettro dell’autogol. È bastato piazzargli alle spalle i 194 centimetri di Artem Dzyuba per mandarlo in una confusione sufficiente da fargli respingere il tiraccio di Zobnin così male da spedire il pallone alle spalle del proprio incolpevole portiere.

 

Seduto a terra, sconfitto e amareggiato, Ahmed Fathi ha lo sguardo perso nel vuoto di chi sente di aver tradito la fiducia accordatagli dal destino. Nel 1994 un autogol in un Mondiale costò la vita al capitano della Colombia Andrés Escobar. Ahmed Fathi non subirà la stessa sorte, eppure la sua serenità sarà minata per diverso tempo.

 

5° Denis Cheryshev | Uruguay – Russia 3 a 0

 


Il più classico degli autogol (il tiro di Laxalt sbatte sullo stinco di Cheryshev cambiando indelebilmente la propria traiettoria, molto simile a quello di Yassine Meriah), apre questione etiche profondissime. Il gol era stato inizialmente assegnato a Laxalt, l’autore del tiro, per essere poi trasformato in autogol di Cheryshev dopo che un solerte stagista della FIFA (immagino) ha appurato con righello e squadra che la traiettoria della conclusione di Laxalt non fosse diretta precisamente nello specchio della porta.

 

Ma come si fa saperlo con certezza? Senza deviazione il tiro di Laxalt avrebbe potuto prendere delle pieghe del tutto inaspettate: magari sarebbe finito sul secondo palo, invece che sul primo, e Akinfeev poteva pararlo; qualche altro difensore respingerlo in maniera più nobile; il pallone avrebbe potuto sgonfiarsi prima di arrivare in porta (diversi palloni del Mondiale hanno subito questa sorte). È impossibile a giudicare se un tiro è diretto nello specchio o meno, se un tiro sarebbe entrato lo stesso senza deviazione.

 

In fondo è quello che avremmo dovuto imparare dalla famosa punizione di Roberto Carlos contro la Francia in Confederetions Cup, quella “a banana”, quella che mettendo pausa prima che entri in porta nessuno direbbe mai che sta per entrare in porta.

 

Il mio consiglio, se proprio si vuole cercare il “vero” nel gol, è di far ripetere esattamente lo stesso tipo di tiro senza però difensori nel mezzo, solo con il portiere. Se il giocatore segna, è gol suo, se sbaglia è autogol.

 

4° Edson Alvarez | Messico – Svezia 0 a 3

 

Foto di Anne-Christiane Poujoulat / Getty Images.

 

Forse l’autogol più disgraziato di tutti. C’è voluto un grande sforzo d’immaginazione da parte di Edson Alvarez (o dello spettro?) per spedire nella propria porta un pallone lento ed innocuo.

 

Prima sfiora appena il pallone con la gamba sinistra, poi dopo il rimbalzo – in maniera involontaria ma abbastanza comica – colpisce il pallone con il pugno della mano sinistra trafiggendo un Ochoa più basito che arrabbiato.

 

Il suo autogol è stato tutto sommato ininfluente, eppure il giocatore del Messico alla fine della partita è scoppiato a piangere. Il Mondiale è una competizione che amplifica le emozioni, ogni gol è festeggiato con più intensità e allo stesso modo ogni autogol è un po’ più grave. Ma è anche un’occasione di riconciliazione: in Messico molta gente ha difeso Edson Alvarez, espresso empatia verso un ragazzo di 20 anni che ha commesso un errore.

 

Poche ore dopo lo stesso Edson Alvarez ha affidato ai social un messaggio di pace: «Esperienza è il nome che diamo ai nostri errori», una frase da Bacio Perugina degli autogol che può andar bene per tutti quelli presenti in questa classifica (tranne il prossimo), ma che in un Mondiale non serve a nulla.

 

3° Sergej Nikolaevič Ignaševič | Spagna – Russia 4 a 5 dopo i rigori

 

Foto di Mladen Antonov / Getty Images.

 

La bellezza dell’autogol di Ignaševič non sta tanto nella forma in sé, piuttosto simile a quella di Etebo, ma nella carica iconica che lo avvolge. Il decimo autogol del Mondiale – primo in cifra doppia nella storia – è segnato dal giocatore più figurativamente rappresentativo della nazionale che ospita il mondiale, e al tempo stesso il giocatore più rappresentativo degli avversari.  Ignaševič la mette dentro con il tacco, senza guardare. E mentre cade Ignaševič sembra la statua di Saddam Hussein che cade, con Sergio Ramos nella parte degli americani.

 

2°Aziz Bouhaddouz | Marocco – Iran 0 a 1

 

Foto di Axel Livesey / Getty Images.

 

Entrato al minuto 77 per provare a capitalizzare lo sforzo offensivo del Marocco, fino a quel momento entusiasmante ma sterile, Aziz Bouhaddouz ha finito invece per deviare di testa nella propria porta un calcio di punizione dell’Iran, al minuto 95, il minuto in cui gli autogol fanno più male.

 

Il giocatore del Marocco legge in ritardo la traiettoria del calcio di punizione e invece di fare un passo indietro per respingerlo con tutta comodità come avrebbe fatto qualunque difensore, si avventura in un tuffo disperato verso la sua destra proprio come farebbe un attaccante prestato all’antica arte del liberare l’area, combinando un patatrac.

 

Tra tutti gli autogol già realizzati in questo Mondiale questo è sicuramente il più grottesco (a vederlo dal vivo veniva voglia di credere fosse stato il giocatore dell’Iran a segnare) perché veramente figlio di una decisione sconsiderata e perché ha completamente tagliato le gambe alle speranze di passaggio del turno di una delle squadre più spettacolari e divertenti tra le 32 presenti.

 

L’autogol di Aziz Bouhaddouz è la dimostrazione che la vita non è giusta come in certi momenti vogliamo credere. Nessuno meriterebbe di passare un momento così imbarazzante davanti a tanta gente. Bouhaddouz prova a nascondere la propria disperazione dietro le mani, cercando di mantenere un ultimo briciolo di dignità, ma l’occhio indiscreto dei fotografi non glielo permette.

 

Con il suo autogol il giocatore ci ricorda l’aspetto più equivoco del calcio, ancora più acuito dai Mondiali. Per i calciatori non esiste uno spazio privato, gioie e dolori devono essere condivise con il pubblico sempre in cerca di emozioni.

 

Al fischio finale Bouhaddouz scoppierà in un pianto disperato mentre i suoi compagni provano a consolarlo: il suo dolore è il nostro intrattenimento.

 

1° Mario Mandzukic | Francia – Croazia 4 a 2

 

Foto di Pool / Getty Images.

 

Non poteva che prendersi il primo posto l’autogol di Mario Mandzukic. Il primo nella finale di un Mondiale, il primo in una finale di un Mondiale di un giocatore che – poi – riesce anche a segnare nella porta giusta. Dodicesimo ed ultimo di questa edizione.

 

Pur non essendo un autogol particolarmente spettacolare, è quello che serviva per issare definitivamente la pratica di farsi gol nella propria porta a problema di rilevanza mondiale. Possiamo accettare che un uomo dell’esperienza e del carisma dell’attaccante croato si faccia autogol nella partita più importante della sua vita senza preoccuparci?

 

L’autogol di Mandzukic era inevitabile, anzi dovevamo aspettarcelo in un Mondiale fatto di autogol. Nel movimento che fa per spedire alle spalle di Subasic la punizione di Griezmann non c’è nulla di innaturale. Anzi, a questo punto, non sembra neanche più un autogol, ma semplicemente un gol nella porta sbagliata.

 

Arrivati alla dodicesima replica (doppiando il precedente record) l’autogol ha perso il suo valore intrinseco. Siamo entrati nell’epoca della sua riproducibilità tecnica: l’autogol si sottrae alla tradizione (fino a questo Mondiale vedevamo l’autogol come il gesto artistico di difensori sfortunati: Comunardo Niccolai, Riccardo Ferri, Paolo Negro) in quanto non è più uno strumento nelle mani dell’uomo.

 

Dopo questo Mondiale l’autogol non è più lo sforzo di un’artista, ma diventa uno strumento.

 

Quasi Autogol

Come se non bastassero gli autogol, possiamo pescare a piene mani dai quasi autogol, gol in cui la classica dialettica si è quasi ribaltata in favore della rivoluzione del farsi gol nella propria porta. Ecco i casi più evidenti di gol che sono arrivati ad un attimo dall’essere autogol.

 

Gol di Diego Costa in Spagna – Iran

 

Foto di François Neil / Getty Images.

 

Ok, questo è gol di Diego Costa a tutti gli effetti, ma non dovrebbe esserci almeno un asterisco accanto? L’attaccante spagnolo non fa niente di quello che consideriamo necessario al fine di realizzare un gol, né un movimento verso la porta, né un taglio particolarmente efficace, né tanto meno un tiro.

 

Questo gol tecnicamente (ed anche esteticamente) è più vicino ad un autogol, dato che tutto il lavoro sporco lo fa Ramin Rezaeian che in un “eccesso di difesa” perde di vista l’obiettivo e finisce per tirare il pallone sullo stinco di Diego Costa e farlo carambolare nella propria porta nella partita più importante della storia della sua Nazionale.

 

Gol di Kylian Mbappe in Francia – Perù

 

Foto di Anne-Christiane Poujoulat / Getty Images.

 

Tra Olivier Giroud, Alberto Rodríguez e Kylian Mbappe chi fa lo sforzo maggiore per consentire al passaggio di Pogba di trasformarsi in gol? Il tiro di Giroud era destinato a schiantarsi sul portiere in uscita; la deviazione di Mbappe è una formalità, anzi è quasi cattivo gusto; la spaccata di Rodríguez che trasforma un tiro piatto in un delizioso pallonetto è invece un grande gesto tecnico negativo.

 

In un calcio più democratico il gol verrebbe assegnato a chi ha profuso lo sforzo maggiore per la sua realizzazione ed in questo caso è di certo il giocatore del Perù.

 

Gol di Harry Kane in Inghilterra – Panama

 

Foto di Clive Brunskill / Getty Images.

 

Se il gol di Diego Costa meritava almeno un asterisco, questo dovrebbe rimanere figlio di madre ignota. Non è giusto assegnarlo ad Harry Kane, che è come fare beneficenza a chi è già ricco di suo, ma neanche a Ruben Loftus-Cheek il cui tiro aveva talmente tanto poco rispetto per il gioco del calcio da non meritarsi una retribuzione così sproporzionata.

 

Al massimo si poteva permettere all’Inghilterra di assegnarlo a qualcuno dei suoi giocatori meno fortunati, tipo Fabian Delph o Danny Welbeck.

 

Gol di Ola Toivonen in Svezia – Germania

 

Foto di Michael Steele / Getty Images.

 

Considerare ininfluente il tocco di Rüdiger vuol dire essere convinti che Toivonen – che in questa stagione ha realizzato 0 gol in 23 presenze con il Tolosa in Ligue One – abbia questo gol nel proprio bagaglio tecnico.

 

Non credendolo, ritengo che questo gol debba essere considerato una autorete di Rüdiger.

 

 

Tags :

Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.