Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Matteo Gatto
I migliori 5 pressing offensivi di Zaza
07 set 2016
07 set 2016
Zaza è in pressing, nessun difensore è al sicuro.
(di)
Matteo Gatto
(foto)
Dark mode
(ON)

Mentre Simone Zaza rincorre un difensore, potete leggere in lui la pace degli uomini che seguono la propria natura. Che qualcuno possa realmente essere in possesso della palla è una teoria che non lo ha mai convinto, è una convenzione che lascia ad arbitri e cronisti. Perché il pallone è lì sul prato, libero, e lo possono toccare tutti, basta solo sapere come andarselo a prendere. Zaza sa come si fa, o quantomeno ha l’innata convinzione di saperlo, e c’è qualcosa dentro di lui che lo spinge, un entusiasmo, un’energia che emergono in circostanze in cui, per quasi tutti gli altri, c’è solo la fatica. Tra i numerosi attaccanti che negli ultimi anni si sono specializzati nella pressione offensiva, può darsi che Zaza non sia tra i più efficaci, ma sicuramente è tra i più spettacolari, audaci, pericolosi. Probabilmente è il più appassionato di tutti. E questa è una selezione dei suoi recuperi migliori, con cui gli auguriamo delle bellissime rincorse anche in Premier League dove, immaginiamo (siamo sicuri), che gli dedicheranno una statua.

 

 






 

 

La direzione che prende Murillo per tagliare fuori Zaza è la stessa che Zaza prende per tagliare fuori Murillo. Il movimento “a ricciolo” di Zaza, geometricamente simile a quello che viene utilizzato in fase offensiva per liberarsi di una marcatura, trova qui una sua declinazione difensiva in cui Zaza punta Murillo correggendo di qualche grado la sua corsa mentre si avvicina, disegnando un pezzo della circonferenza di un cerchio ideale. Murillo prova a entrare dentro al cerchio, tagliandolo, ma Zaza non sta correndo alla massima velocità ed è perciò in grado di restringerne improvvisamente il diametro e allo stesso tempo accelerare. Una volta abbordato Murillo, Zaza utilizza il corpo avversario per scaricargli addosso forza cinetica, così da frenare la sua corsa, atterrare Murillo e contemporaneamente poter estrarre il pallone, chiudendo il cerchio, ormai definitivamente spirale decrescente, come un uncino che rimuove un proiettile sottopelle. Riparte verso l’area avversaria frenetico e incerto sul da farsi, tocca una volta il pallone, esita e poi allunga per Morata nell’ultimo istante a disposizione prima dell’arrivo di Medel, il quale cade sulla gamba tesa di Zaza mettendo la ciliegina sulla torta di questo fantastico recupero palla con demolizione degli edifici interisti circostanti.

 

 






 



A volte Zaza rincorre l’uomo con tale fanatismo che nessuno è più sicuro del perché lo faccia. Davvero vuole solo il pallone? Oppure è qualcosa di più personale? Ce l’ha con lui? Zaza rincorre perché può farlo, per il piacere di complicare la vita agli avversari, di dimostrare che stanno affrontando qualcuno indicibilmente più determinato e affamato di loro.

 

In quest’occasione arriva secondo sul pallone, dietro a Konko, e la giocata più produttiva sarebbe pressarlo col corpo da vicino, impedirgli di girarsi, aspettare una sua mossa o, se possibile, addirittura un compagno per il raddoppio. È una zona interessante per recuperare palla. Konko si aspetta esattamente questo, un avversario razionale, e fa per frapporsi col corpo a quello di Zaza. Ma Zaza non ha nessuna intenzione di scendere a compromessi, non sa attendere, né lasciare l’iniziativa. Si getta in scivolata a fianco di Konko, lo aggira con le gambe e con grande veemenza gli risolve ogni problema, calciando il pallone sul fondo. Tuttavia Konko non è sereno: disturbato dall’intensità di quel tackle, potenzialmente doloroso, ha un brevissimo momento di sfida in cui gira di scatto testa e sguardo verso Zaza, che sta ancora scivolando sull’erba. Ma è solo un istante, il tempo che serve al francese per decidere che in fondo ha vinto, che può pensare all’azione successiva. Eppure abbassa la testa come se fosse stato sconfitto, mentre Zaza schizza in piedi e gli passa davanti volando verso il centro del campo, alla ricerca di nuove avventure.

 

 


 



 

 

Zaza sa anche prenderti alle spalle. Qui avvicina Jorginho da dietro correndo come se non si volesse far vedere né sentire, mentre in qualche angolo primordiale della sua testa si sta valutando se la preda sia o meno sottovento. Poi scatta, ma quand’è che scatta? Quando fiuta che la preda è sola, senza il sostegno del suo branco. Allan, lo scarico sulla destra, zoppica e Jorginho, ignaro del pericolo, sta cercando una soluzione migliore. Zaza sa molto meglio di Jorginho che questa soluzione sarà difficile da trovare e si lancia verso la palla. Anche in questo caso frena utilizzando la parte destra del corpo dell’avversario, di nuovo inconsapevole discarica di energia cinetica, e mentre gli tocca il pallone, lo atterra e riparte nella direzione opposta. Pochi minuti dopo segnerà il gol decisivo della Serie A ’15/’16.

 

 


 

https://www.youtube.com/watch?v=iW3mQsCdez8

 

De Sanctis si paralizza, abbagliato come un animale selvatico davanti ai fari di un’auto in corsa. Il tempo di valutare che cos’è quella luce ed è già tutto finito. Quante sono le responsabilità della volpe, quando il parafango la colpisce? Non c’è niente nel suo patrimonio genetico che la possa mettere in guardia di fronte a una minaccia così estranea al suo habitat. E allo stesso modo De Sanctis, portiere di quella generazione in cui giocare coi piedi era un vezzo, non è nelle condizioni di misurare con precisione il pericolo. La macchina che gli si avvicina non commette neppure un errore. La cura con la quale Zaza chiude quanto basta la linea di passaggio verso Manolaz, decelerando per ingannare De Sanctis, convincendolo di avere tempo. La potenza con cui la corsa di Zaza ritorna decisa, proprio nel momento in cui De Sanctis tocca il pallone e se lo allontana appena. La coordinazione della scivolata di Zaza, che sintonizza il movimento delle sue gambe con quello delle gambe di De Sanctis: appoggiano assieme il piede d’appoggio, alzano assieme la gamba per calciare, De Sanctis da in piedi, Zaza da terra, tira De Sanctis, Zaza ribatte, Zaza si alza, De Sanctis va a terra. Non è solo un gol bellissimo. Anche cancellando il pallone, la porta e tutto lo stadio, e quindi decontestualizzando l’attimo in cui Zaza e De Sanctis si incontrano, resta una doppia evoluzione coordinata piena di armonia ed espressività, dove un corpo sembra prendere il posto, lo status dell’altro.

 

È un gioco rischioso, quello di Zaza. Non siamo abituati a vedere qualcuno entrare a 30 all’ora in tackle su un portiere. L’impatto sembra fuori luogo, non è tra due auto, è un’auto che esce di strada e investe un pedone. Un fatto grave, violento.

 



 

 

Qui Zaza sbaglia i calcoli e per poco, davvero per poco, non prende il pallone. E sempre per poco prende invece Ichazo, portiere del Torino nell’ultimo derby della Mole in Coppa Italia. Zaza finisce in rete e non si gira, sa che sta rischiando il secondo giallo. Ichazo era già pronto a cadere in ogni caso, guarda Zaza e resta a terra, drammatizzando al massimo la situazione per aiutare psicologicamente l’arbitro a scegliere la sanzione più severa. Alla fine non ci sarà nessun cartellino, e Zaza andrà da Ichazo a sfogare la tensione,

di rimettersi in piedi. Poi gli farà due gol.

 

 


 



 

 

Se la palla è in aria, il modo più semplice per recuperarla è andarla a prendere, anche se sotto c’è un difensore meglio posizionato. Zaza sale in quota di pura audacia, di impazienza, raggiungendo luoghi proibitivi per gli avversari. D’Ambrosio qui non è in possesso, eppure è così nettamente il più vicino a quel pallone che sarebbe folle pensare che non ci arrivi per primo. Ma l’

di Simone Zaza è

.

 

Arriva in corsa, sale per il terzo tempo e anticipa DI PETTO la testa del difensore, e poi dà corpo all’espressione metaforica anglosassone

. Molto bello da vedere, ma il vero capolavoro, in questa specialità della pressione aerea, è di due stagioni fa, a Marassi contro il Genoa. Zaza salta in corsa accanto al difensore, che è posizionato sotto il pallone, e in volo inclina il corpo e in particolare la testa verso sinistra, utilizzando il collo come fosse un gomito qualsiasi. Ruba il pallone con la fronte da sopra la testa dell’avversario, lo travolge e nondimeno atterra correndo ancora una volta. Entra in area e serve l’assist a Berardi.

 



 

 

Nella realtà di Zaza tutto è possibile, non c’è niente di irraggiungibile, nessun pallone che non possa diventare il suo. Se n’è andato al West Ham e in Inghilterra si stanno tutti per innamorare di lui. È un giocatore di grandi qualità e grandi difetti, con una sua unicità che non ostenta, e della quale non si preoccupa. Se n’è andato per troppa energia, perché sentiva il bisogno fisico di giocare. Zaza non sa stare in panchina, non sa aspettare. Zaza rincorre gli avversari perché per lui stare a guardare è più faticoso.

 

 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura