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Mauro Mondello
I leoni in Nuova Zelanda
23 giu 2017
23 giu 2017
Il Tour dei Lions 2017 è uno dei più duri di sempre: come arrivano alla tripla sfida contro gli All Blacks.
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Mauro Mondello
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Il Mercury di Hobart del 21 aprile 1888 riporta in prima pagina la notizia dell'attracco, sull'isola di Tasmania, della nave cargo Kaikoura. Fra i passeggeri dell'imbarcazione si trovano, fra gli altri: 200 donnole e 100 ermellini, che avranno il compito di risolvere l'annoso problema dei conigli selvatici in Nuova Zelanda; sir Thomas Brady, emissario di Sua maestà la regina Vittoria con l'incarico di investigare la locale produzione di uova di salmone; ventuno giocatori di rugby inglesi, scozzesi e gallesi, capitanati da Robert Lionel Seddon. La destinazione finale della squadra britannica è la città di Dunedin, nella regione di Otago, da dove avrà inizio il primo tour in assoluto dei British and Irish Lions. 35 partite contro formazioni universitarie, squadrette locali, selezioni provinciali, distribuite fra Australia e Nuova Zelanda, con uno straordinario record finale di 27 vittorie, 6 pareggi e appena 2 sconfitte, raccolte prima di rientrare, otto mesi dopo, l'11 novembre del 1888, nel porto di Tilbury, nei dintorni di Londra.

 

Comincia una delle più antiche e gloriose tradizioni sportive di sempre, tramandata sino ai giorni nostri e giunta ormai alla trentatreesima edizione: i tour dei Lions. Da 129 anni, a cadenza quadriennale, una selezione di rugbisti provenienti da Inghilterra, Irlanda, Scozia e Galles, sfida un paese dell'emisfero Sud in un calendario fittissimo di partite. Dieci incontri in poco più di un mese e un momento culminante: i tre test-match giocati contro la nazionale di casa.

 


Per capire di cosa parliamo, quando parliamo di Lions, vale la pena raccontare una storia.

 

4 Maggio 1974. Willie John McBride, la maglia rossa numero 4 cucita addosso, sta per prendere la parola nella stanza di un hotel nel centro di Londra. Di fronte a lui 31 ragazzi, pronti a partire per l'altra parte del mondo: sono i suoi compagni di squadra. Willie è il condottiero della spedizione che porterà i Lions in tour in Sudafrica. McBride è un ragazzone alto 1 metro e 90, le ossa grandi scolpite dal freddo del piccolo villaggio in Irlanda del Nord nel quale è cresciuto e dove, sin da bambino, spaccava la legna e arava i campi della piccola tenuta di famiglia. Ha trentaquattro anni ormai e molti lo consideravano un giocatore finito già nel 1971, quando era stato selezionato per lo storico tour che vide i Lions vittoriosi contro la Nuova Zelanda. Stavolta però è diverso.

 

McBride, che parte con la selezione per la quinta volta, indossa i gradi di capitano e la sfida che si trova di fronte va molto oltre il rugby.

 

Il governo laburista di Harold Wilson ha chiesto ufficialmente alla squadra di non partire per il Sudafrica. Fuori dall'hotel centinaia di manifestanti gridano slogan di protesta contro i Leoni, accusati di appoggiare con il loro tour il regime boero, che ha imposto un rigido sistema di segregazione razziale nel Paese.

 

McBride non è d'accordo. Willie arriva dall'Ulster protestante, ha visto il terrorismo paramilitare distruggere il Sunningdale Agreement per una soluzione pacifica del conflitto irlandese ed è convinto che boicottare il tour il Sudafrica non aiuterebbe la popolazione nera locale, ma al contrario, la isolerebbe ulteriormente. Si è anche battuto affinché, per la prima volta nella storia, fra le 22 partite che i Lions giocheranno nell'emisfero Sud siano inclusi anche due incontri con squadre formate da giocatori di colore.

 

C'è anche un motivo d'orgoglio dietro l’ostinazione a voler andare. McBride vuole vincere contro una squadra, gli Springboks, che in campo considera l'intimidazione fisica quasi un dovere patriottico: i Lions non conquistano una vittoria in Sudafrica dal lontano 1896. Sono passati 78 anni.

 

McBride è in piedi nella sala, dietro il gruppo due grandi porte sono spalancate. «Signori, se avete dubbi, se non siete convinti, voglio che siate abbastanza maturi da guardarmi negli occhi, adesso, e da lasciare questa stanza. Non ci saranno accuse, polemiche, conseguenze: è una scelta che posso capire. Ma se decidete di restare, allora dovrete lottare fino alla fine di questo viaggio, dovrete essere onesti e impegnarvi sino all'ultimo respiro. Ci provocheranno, ci attaccheranno fisicamente, proveranno ogni trucco, lecito ed illecito, per farci tornare sconfitti, e per questo chi viene in Sudafrica dev'essere pronto a lasciare tutto sul campo. Per chi non se la sente, quella è la porta».

 

Sull'aereo per Johannesburg si imbarcheranno 32 giocatori e lo staff tecnico al completo. Il viaggio durerà più di tre mesi e passerà agli annali come il tour più vincente nella storia dei Lions. “Gli Invincibili”, come verranno soprannominati i ragazzi di Willie John McBride torneranno a casa, per la prima volta nella loro storia, imbattuti, accolti da una folla festante all'aeroporto di Heathrow: 22 partite giocate, 21 vittorie, 1 pareggio.

 

https://www.youtube.com/watch?v=ttFRYKPLdmo&t=29s

Alcune immagini dal secondo test match giocato dai Lions contro gli Springboks, l'8 giugno 1974, vinto con il risultato di 28 a 9.


 

 



 

Il tour in Nuova Zelanda del 2017 si presenta come una delle spedizioni più dure di sempre per i Lions. Dieci partite in trentacinque giorni, con la tripla sfida (24 giugno, 1 e 7 luglio) agli All Blacks, unanimemente considerati la squadra più forte del pianeta in questo momento. L'ultima vittoria dei Lions in territorio neozelandese risale al 1971, un 2-1 (con un drammatico pareggio, 14 a 14, nel quarto e ultimo match all'Eden Park di Auckland) maturato soprattutto grazie alle straordinarie prestazioni di quella che allora era considerata la generazione d'oro del rugby gallese: il capitano John Dawes, il numero 10 Barry John, il mediano di mischia Gareth Edwards e il mitico estremo JPR Williams.

 

Per provare il miracolo, sulla panchina dei Leoni siederà nuovamente Warren Gatland, il tecnico neozelandese che ha già guidato il XV di Regno Unito e Irlanda nel vittorioso tour australiano del 2013 e che è alla guida della nazionale gallese dal 2007. Gatland cercherà di sviluppare un piano di gioco che vedrà nella conquista territoriale e nella capacità di sostenere l'impatto fisico della marea nera neozelandese il suo punto focale: difesa feroce soprattutto nelle fasi di gioco rotte e a metà campo, aggressività nei breakdown a terra, capacità di leggere i momenti di calo All Blacks cogliendo le opportunità di attacco che i diversi punti della partita potrebbero riservare.

 

https://www.youtube.com/watch?v=IVBLlzVZiXs

Per capire cosa significa difendere contro gli All Blacks.


 

Gatland ha avuto in queste settimane la possibilità di studiare diverse soluzioni nei test di avvicinamento alle sfide contro gli All Blacks, collezionando quattro vittorie contro New Zealand Barbarians (una sorta di nazionale A All Blacks), Maori All Blacks (una selezione di atleti di origine Maori) e i club del prestigioso torneo del Super Rugby, Chiefs e Crusaders, ma anche due sconfitte, arrivate nella partite con le formazioni di Highlanders e Blues.
Tutti incontri duri, durante i quali i britannici hanno cercato di abituarsi alla battaglia fisica da sostenere contro la nazionale neozelandese e, soprattutto, a un impianto tattico che li ha visti fronteggiare linee di attacco molto larghe, con punti d'incontro rapidi, tante fasi consecutive di azione e palloni giocati alla mano e ad alto ritmo.
In linea generale i Lions non hanno impressionato, mostrando tutte le lacune già note alla vigilia, soprattutto sulla linea di tre-quarti e nelle soluzioni offensive, ma anche un condizione fisica che è andata via via crescendo e una certa lucidità nella gestione del punteggio.

 

La base da cui partire sono le fasi statiche. Durante i test di avvicinamento di queste prime due settimane in terra neozelandese, tutti i XV messi in campo da Warren Gatland hanno dimostrato di poter far girare gli incontri grazie al lavoro in rimessa laterale e mischia chiusa: delle undici mete segnate ben cinque sono arrivate dal pack, con due segnature tecniche conquistate grazie al predominio fisico e strutturale dei primi otto uomini nei raggruppamenti a ridosso della linea di meta avversaria. Gli avanti hanno dimostrato di aver rodato una rolling maul da touche che ha fatto soffrire tutte le squadre sinora incontrate e proprio da qui bisognerà ripartire per cercare di mettere in difficoltà una formazione All Blacks che non ha punti deboli spiccati, ma che in mischia chiusa potrebbe andare in sofferenza, soprattutto con i primi 5 uomini.

 

Discorso diverso invece è quello impostato dai Lions sulla linea di tre-quarti. Gatland ha infatti dimostrato di voler puntare su una struttura che pensi innanzitutto a come fermare gli All Blacks, prima di attaccare. La sensazione, durante le partite di rodaggio di queste settimane, è stata quella di un reparto ancora poco compatto, con un ventaglio di soluzioni estremamente limitato e un set tattico che si sviluppa principalmente sulla fase difensiva, in cui tutti gli uomini ruotati nei XV iniziali hanno dimostrato un ottimo approccio.

 

https://www.youtube.com/watch?v=z1lWP0q1M_s

La mischia neozelandese può essere messa sotto pressione da un pack avversario ben organizzato. La Georgia, nettamente inferiore agli All Blacks tecnicamente, l'ha dimostrato ai mondiali 2015.


 

Sarà interessante vedere su chi cadrà la scelta per la maglia rossa numero 10. Gatland ha portato con sé l'irlandese Jonathan Sexton, l'inglese Owen Farrell e il gallese Dan Biggar, tre giocatori che interpretano il ruolo in maniera molto differente e che potrebbero anche alternarsi in relazione alla tipologia di piano tattico che si andrà a sviluppare nel corse delle sfide. Dopo l'idea iniziale di partire con Sexton nel ruolo di apertura ed Owen Farrell al numero 12, così da garantire un ruolo da doppio playmaker ad un gioco che ha la necessità di mantenere l'azione costantemente in ritmo, i Lions stanno virando su un set che vedrà, a meno di problemi fisici, il giocatore inglese al numero 10 e Sexton, almeno inizialmente, in panchina. Farrell nel corso dei test giocati in Nuova Zelanda ha infatti dimostrato grande carattere e la capacità di una visione tattica che in alcune fasi ha contribuito in maniera determinante al gioco dei Leoni.

 

Pochi dubbi su chi andrà a gestire il gioco da mediano di mischia, con l'irlandese Conor Murray che si è conquistato i gradi di titolari a discapito del capitano della Scozia, Craig Laidlaw, oggi un passo indietro nelle gerarchie.

 

Una grande incognita è quella che gravita intorno alla terza linea. La mischia in queste settimane è risultata il reparto di riferimento della squadra, eppure Sam Warburton, alla vigilia candidato titolare della maglia numero 7 e per la seconda volta consecutiva capitano dei Lions, non ha rivestito un ruolo di primo piano: relegato spesso in panchina, arrivato a questo tour senza giocare una partita ufficiale dall'inizio di aprile, ha dato la sensazione di non aver ancora completato il recupero dall'infortunio patito nel campionato PRO12. Per questo motivo è molto probabile che, almeno per l'esordio di sabato 24 giugno, contro gli All Blacks, si accomodi in panchina, sostituito dall'irlandese Sean O'Brien sul lato aperto, per una terza linea che verrà completata dalla maglia numero 6 di Peter O'Mahoney, probabile capitano Lions per la prima sfida.

 

Le incertezze sulle condizioni fisiche di Warburton si aggiungono all'infortunio di Billy Vunipola, terza centro designata il cui forfait ha scardinato un elemento centrale del piano di gioco di Gatland. L'importanza del numero 8 inglese negli equilibri di attacco della squadra era infatti centrale, soprattutto contro un sistema difensivo ben rodato come quello All Blacks. Vunipola è senza dubbio uno dei più efficienti ball carrier al mondo, grazie alla sua eccezionale capacità di penetrazione e alla sua abilità palla in mano, e farne a meno significherà concentrarsi molto più attentamente sulle fasi di ruck e nella pulizia del pallone. Il giocatore che più gli somiglia e che Gatland ha scelto per sostituirlo è Toby Faletau. Il terza linea gallese è di certo meno abrasivo di Vunipola sul lato offensivo, ma ha comunque un notevole impatto fisico sui punti d'incontro e ha dimostrato anche in Nuova Zelanda di essere ormai un giocatore nel pieno della maturazione tecnica. Rispetto al compagno di squadra, Faletau aggiunge solidità difensiva e, elemento molto importante, può andare a saltare in rimessa laterale, garantendo un'ulteriore opzione per un terzo blocco da touche.

 

Un altro elemento che si è conquistato la titolarità nel ruolo di seconda linea durante le partite giocate all'inizio di questo tour Lions 2017 e che sarà fondamentale nel piano di gara di Gatland è Mato Itoje. L'esuberanza fisica del ventiduenne inglese, giocatore più giovane della spedizione e per questo babysitter della mascotte Bil, sarà centrale per mettere pressione al mediano All Blacks Barrett, senza contare che avere Itoje in campo significa giocare, in termini pratici, con quattro terze linee, e garantisce straordinaria dinamicità a un pacchetto di mischia che contro la Nuova Zelanda avrà il bisogno vitale di mantenere una spinta atletica costante.

 

https://www.youtube.com/watch?v=APy_QbO7a9U

Ecco cosa significa rinunciare a Billy Vunipola.


 

La mischia sarà completata da una prima linea in cui non mancherà certamente Furlong. Il pilone irlandese, con il suo apporto in mischia chiusa e il grande lavoro di carica palla in mano nelle fasi strette, ha ricoperto un ruolo fondamentale nello storico successo, 40 – 29, che ha permesso all'Irlanda lo scorso novembre di battere per la prima volta in 111 anni gli All Blacks, mettendo fine alla serie record di 18 vittorie consecutive da parte dei neozelandesi. L'altro pilone sarà Mako Vunipola, fratello di Billy, mentre nel ruolo di tallonatore, dopo la scelta di Gatland di non convocare il capitano inglese Dylan Hartley, giocherà Jamie George, protagonista di una grande seconda parte di stagione con i Saracens e primo rimpiazzo proprio di Hartley nel XV dell'Inghilterra.

 

https://www.youtube.com/watch?v=ZqgUojviuD0

Furlong in modalità carrarmato.


 

Nella linea dei tre quarti, già chiariti i dubbi sulla cerniera mediana, tutto dipenderà dall'impostazione tattica decisa da Gatland. Il tecnico neozelandese ha dimostrato nel corso della sua carriera, ed anche nei test giocati in Nuova Zelanda, di avere una predilezione per i centri pesanti e di grande rottura, anche se meno dotati dal punto di vista dinamico. Se dovesse restare fedele a questo approccio, la scelta cadrà probabilmente su Ben Te'o per la maglia numero 12 e su Jonathan Davies, 1 metro e 86 per 102 chilogrammi, per il ruolo di secondo centro: il gallese è amatissimo da Gatland anche per la sua capacità di utilizzare il piede sinistro in fase di attacco. Jonathan Joseph potrebbe essere l'alternativa nel caso si decida di puntare su un centro più esplosivo e in grado di rompere la difesa avversaria con linee di corsa più elastiche.

 

Sempre per ragioni di stazza (1 metro e 93 per 108 chili) dovrebbe essere sicuro di un posto nel ruolo di ala il gallese George North, che nonostante una serie di stagioni non particolarmente brillanti è in grado di garantire a Gatland quell'impatto decisivo per vincere la battaglia fisica contro i neozelandesi.

 

L'infortunio durante la seconda partita del tour dello scozzese Hogg ha privato i Lions del titolare designato nel ruolo di estremo. Hogg, miglior giocatore nell'ultimo Sei Nazioni, era indubbiamente l'arma più pericolosa a disposizione dei Lions nelle fasi di contrattacco, un giocatore che “vede” l'azione, con una fantastica capacità d'inserimento e che mancherà molto a una linea di tre-quarti già a corto di soluzioni. Al suo posto ancora qualche dubbio fra l'inglese Anthony Watson e il più esperto Leigh Halfpenny. Alla fine dovrebbe spuntarla il gallese, anche per la sua maggiore capacità nel gioco al piede, un fattore che alla lunga potrebbe risultare determinante per gestire la pressione neozelandese.

 

La serie si giocherà soprattutto a partire dalle letture tattiche delle due squadre a partita in corso. Gli All Blacks sono certamente favoriti, ma hanno di fronte una delle selezioni Lions più complete di tutti i tempi. Il XV di Gatland arriva al primo test in buone condizioni fisiche, consapevole che anche una sola vittoria su tre incontri sarebbe considerata come un enorme successo. Bisognerà capire se i Leoni britannici saranno davvero in grado di sostenere l'estenuante atletismo neozelandese per tutti gli 80 minuti di gioco, provando a intaccare la fiducia degli avversari nelle fasi statiche. In questo caso, si definirebbe uno scenario tecnico completamente aperto e la serie potrebbe scoprirsi molto più in bilico di quanto previsto.

 

 

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