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Francesco Lisanti
I am Zlatan, I am Sweden
13 lug 2016
13 lug 2016
Gli 8 migliori gol di Ibrahimovic con la Nazionale svedese, dalla quale si è definitivamente ritirato.
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Francesco Lisanti
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Zlatan Ibrahimovic si è ritirato dalla Nazionale svedese. Lo ha fatto alla sua maniera: l’epilogo era ampiamente annunciato (non solo,

) e lo slogan «I am Sweden»

su sé stesso («I am Zlatan» è il titolo della sua biografia e per Ibra rappresenta praticamente un brand). I toni epici non devono però distrarre dalla portata della notizia, perché nonostante le fortune alterne, sostanzialmente in linea con la qualità delle generazioni di calciatori che si sono succedute, la Svezia ha perso quello che è tuttora il suo giocatore più forte e rappresentativo, il centro di riferimento intorno al quale ruotava da ormai quindici anni la Nazionale.

 

Il ct Hamren ha commentato la notizia con una frase a metà tra il laconico e il fiducioso: «spero che riusciremo a trovare un altro giocatore che non sarà Zlatan ma sarà molto forte. Non credo che in una Nazione piccola come la Svezia si possa trovare un altro Zlatan, dal momento che è veramente unico». In questo senso la vittoria agli Europei Under 21 del 2015 può essere interpretata come un passaggio di consegne generazionale: l’arrivo di una serie di buoni giocatori in grado di rimpiazzare definitivamente la singola stella luminosissima di Ibra.

 

Da oggi in poi la Svezia è affidata a Lindelof, Lewicki, Forsberg e Guidetti: potranno raggiungere risultati migliori, difficilmente potranno replicare gol del genere.

 





 



 

È il 2005 ma potrebbe tranquillamente essere il 1995, a giudicare dall’anacronismo delle magliette senza i nomi sulla schiena (o potrebbe essere il 2015, a giudicare dai pantaloni di tuta di Kiraly, probabilmente gli stessi che ha portato in Francia). È una partita decisiva per la Svezia, che con una vittoria sarebbe quasi qualificata per i Mondiali tedeschi, o almeno ragionevolmente certa di accedervi direttamente come miglior seconda, come poi accadrà. È anche il novantunesimo minuto, e quindi la palla va consegnata a Ibra.

 

Quando Ibra riceve si trova spalle alla porta, al confine laterale dell’area di rigore, e nonostante tutte le attenzioni della difesa ungherese siano orientate su di lui riesce ugualmente a posizionarsi fronte alla porta attraverso una serie di volteggi, durante i quali controlla la palla solo con l’esterno, come fosse imposto dall’esercitazione. La traiettoria che segue non ha soluzione: d’accordo coprire il palo, ma la palla si fa piccola come una mosca e Kiraly ne percepisce solo il ronzio.

 

È un gol palesemente

, uno di quelli che Ibra si è sempre costruito da solo, uno di quelli che hanno contribuito a tratteggiarne la figura mitica. La palla gli arriva per diritto naturale e termina in rete per talento sovrannaturale. Gli ultimi dodici anni della Nazionale svedese descrivono una relazione di dipendenza, questo è evidente, ma l’accezione patologica che ci si attribuisce è una forzatura costruita a posteriori a colpi di opinioni. Di fatto ogni successo della Svezia dal 2004 in poi porta la sua firma.

 

 




 



 

In tema di successi e di firme, nella storia degli Europei di calcio non ci sono molti altri gesti atletici che siano diventati così facilmente icone pop (sicuramente Van Basten contro l’Unione Sovietica, sicuramente il “panenka” di Panenka, poi forse solo Gascoigne contro la Scozia). La palla piove dentro l’area e sembra possano arrivarci solo gli svedesi, che per tre volte si limitano a colpirla in direzione opposta. L’effetto-flipper che ne consegue fa impazzire Zambrotta, che cade a terra di fronte al pallone spiovente trascinandosi Ljungberg.

 

Ibrahimovic ha 22 anni, non è ancora Zlatan Ibrahimovic (inteso come l’ego di Zlatan Ibrahimovic) ma è evidentemente destinato a diventarlo, e sta camminando in direzione diametralmente opposta al movimento della palla. Poco dopo sale con il tacco sopra la testa di Buffon, che sfrutta anche da contrappeso allo slancio, come se non fosse già tutto abbastanza crudele, mentre con la coda dell’occhio legge la traiettoria da imprimere. Al momento dell’impatto ha entrambi i piedi sospesi per aria.

 

Questo gol è sempre un’esperienza molto dolorosa, e non perché associato al ricordo dell’eliminazione – saremmo ben oltre i tempi di elaborazione del lutto – ma perché ci costringe a riconoscere che abbiamo effettivamente speso dodici anni utilizzando la parola “biscotto” e dimenticando tutto il resto, che comprende anche un gol così generazionale.

 

 






 

Questa è la partita in cui Ronaldo e Ibra attivarono la modalità

e segnarono cinque gol (tre Ronaldo, due Ibra) circondati da altri venti spettatori non paganti. Alla fine il Portogallo si qualificò per il Brasile, avendo già vinto uno a zero la gara di andata (sempre Ronaldo) e Ibrahimovic

che sarebbe stato il suo ultimo tentativo di giocare i Mondiali. Aggiunse anche a fine partita: «Senza di me non c’è nulla da guardare, quindi non vale la pena attendere questa Coppa del Mondo».

 

La punizione è molto bella perché nonostante la barriera non sia orientata benissimo, in ogni caso il portiere non può fisicamente cadere a terra in tempo. La palla viaggerà a circa 50 metri al secondo, dal momento che somiglia molto

contro il Nizza, il che vuol dire che il tempo di reazione consentito è sotto il mezzo secondo.

.

 









È la prima partita ufficiale di Zlatan con la maglia della Svezia, quella che lega definitivamente Ibrahimovic al suo Paese (avrebbe anche potuto scegliere di giocare per Bosnia o Croazia, Paesi d’origine dei genitori). In precedenza aveva già esordito in amichevole contro le Isole Faroe, e soprattutto aveva già giocato sette partite e segnato sei gol con l’Under 21 svedese, una squadra che in quegli anni comprendeva Isaksson, Kallstrom, Wilhelmsson, Elmander e Linderoth.

 

È anche il primo gol con la Nazionale maggiore, ed è Ibra in purezza, senza possibilità di errore. Addomestica un lancio che arriva da lontano, scavalca due difensori in sombrero ritrovandosi sempre orientato verso la palla, e quando si accorge della sovrapposizione cambia idea in corsa tagliando in diagonale verso il centro dell’area. Il confronto atletico e tecnico con i giocatori dell’Azerbaijan è impietoso (Ibra ha appena compiuto vent’anni), e neanche i suoi compagni di squadra confermano esattamente lo stereotipo svedese al suo cospetto. Facile immaginare il sollievo dei tifosi.

 

 





 

Tutta la traiettoria della carriera di Zlatan è accompagnata da una non trascurabile componente swag, che in questo gol sta tutta nella compostezza del busto mentre il collo si flette per accompagnare verso la porta l’orrendo tentativo di rinvio del portiere moldavo Ilie Cebanu. È anche molto utile

perché permette di osservare da tutte le angolazioni la reazione del numero 2 della Moldavia, pietrificato, con il senso della sconfitta disegnato addosso.

 

Vale anche la pena ricordare che prima di questa bizzarra carambola, la Svezia non era riuscita a infrangere lo 0-0 contro un modesto avversario. Il solo Ibra non ha permesso all’intera selezione di compiere il salto di qualità a livello europeo, ma da solo ha sbloccato tante singole situazioni complicate, che alla fine si traducono in punti e qualificazioni. Sono proprio gol di questo tipo che mancheranno alla sua Nazionale, e solo Ibra poteva riuscire a calarsi nella parte con tanto stile.

 

 






 

Come scrive il

, per la maggior parte dei calciatori questo sarebbe un gol che segna la carriera, ma nel caso di Ibra se ne trovano facilmente cinque più belli (di cui almeno un paio segnati soltanto con la Nazionale svedese). Nessun giocatore della mediana francese segue Ibra, e non è particolarmente giustificabile nonostante la Svezia fosse già eliminata e la Francia già qualificata ai quarti di finale. Il cross di Larsson ha una traiettoria decisamente insolita, molto lenta, molto alta e poi improvvisamente molto bassa.

 

L’impatto con la palla in caduta libera è la misura della grandezza di Ibra – Mexès, esperto di acrobazie, non riesce neanche ad avvicinarcisi, e figurarsi Lloris, inadeguato come lo sarebbe stato qualunque altro essere umano ad arrivare nell’angolo in cui la palla si spegne. Ibra l’ha definito un regalo per i tifosi, che hanno riempito lo stadio di Kiev nonostante le due sconfitte nelle due partite precedenti, e per essere un regalo, se ne sono visti di decisamente peggiori.

 

 








È un peccato che Ibra abbia terminato gli ultimi Europei francesi con un solo tiro in porta in tre partite, e ovviamente con zero reti, perché non si interrompe così una grande storia d’amore. Il colpo di tacco in Portogallo e la sforbiciata in Ucraina sono sicuramente nella storia della competizione, e non a caso quando a giugno Four Four Two

a mettere in ordine i 50 gol più belli segnati nel corso degli Europei li ha classificati rispettivamente alla ventiduesima e alla quarta posizione (ma a mio parere il colpo di tacco è sottovalutato).

 

Questo invece si è classificato quarantacinquesimo, e nessun altro calciatore può vantare tre gol diversi in questa lista dei migliori 50. È il gol che ha bruscamente riportato sulla Terra la Grecia campione in carica, travolta per 2-0 all’esordio in Austria (poi nessuna delle due squadre in realtà riuscì a qualificarsi ai quarti, cui accedettero Spagna e Russia). Tutto molto semplice, Ibra raccoglie il passaggio di ritorno di Henrik Larsson, al suo ultimo torneo con la Svezia, e scaglia una scarica elettrica di precisione radiocomandata, cui neanche il Nikopolidis del 2004 avrebbe potuto opporre resistenza.

 







 

Il loop è ipnotico e favorisce il risparmio di parole superflue. Hart compie sostanzialmente un’idiozia, ma è una di quelle scelte idiote che la Storia semina sul suo percorso perché il Genio possa fiorire. Quello che accade dopo il colpo di testa che lascia un pallone vagante sulla trequarti inglese andrebbe scritto tutto in maiuscolo. Neanche i numeri riescono a creare distacco emotivo.

 

Ricapitolando: un trentunenne alto un metro e novantacinque va a prendersi un pallone in rovesciata a circa due metri e mezzo di altezza, disegnando una parabola che nel suo picco massimo supera i sette metri e mezzo, e dopo una gittata di circa trenta metri si deposita in porta. In una parola: Ibracadabra.

 

 

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