
Molde, Norvegia, novembre 2000. Daniel ha venticinque anni, è capitano della squadra locale in Tippeligaen ed è nel giro della Nazionale maggiore. La sua compagna è incinta, ed è ricoverata in ospedale per una polmonite acuta. La stagione è appena finita e lui sta partecipando a una festa per l'occasione con i compagni di squadra. All'improvviso Daniel si allontana verso la macchina. Mette in moto, parte. Fa poche centinaia di metri, prima di schiantarsi contro un escavatore fermo.
Resta lievemente ferito, viene arrestato per guida in stato d'ebbrezza e condannato a 27 giorni di detenzione e una multa di 80mila corone. È probabile che volesse andare dalla compagna. Di sicuro ha messo a rischio la sua carriera, e a poche ore dall'incidente la società dichiara di stare valutando se lasciargli la fascia di capitano.
Daniel Berg Hestad è nato il 30 luglio 1975. Ha segnato un gol, il 5 novembre scorso, che lo ha reso il più anziano marcatore nella storia dell'Europa League: 40 anni e 99 giorni. Quel gol ha permesso al Molde FK di qualificarsi ai sedicesimi di finale, con due turni d'anticipo, in un girone con Ajax, Fenerbahçe e Celtic Glasgow. Non è il suo primo record. Ha il primato di presenze nella storia del campionato norvegese, per esempio.
Questa è la sua ultima stagione da professionista. In Norvegia il campionato finisce a dicembre, e sembrava scontato che il 2015 concludesse anche la sua carriera. A metà settembre ha annunciato lui stesso il ritiro, spiegando di non essere intenzionato a chiudere tra infortuni e scarse prestazioni: «Il momento voglio deciderlo io, non mi va che qualcuno mi chieda di smettere».
Il Molde però è andato avanti in Europa League. Così Berg Hestad dovrà aspettare almeno fino a febbraio, quando si giocheranno andata e ritorno dei sedicesimi.
Il gol del record in Europa League, il gol della vittoria a Glasgow, il gol del passaggio del girone. Berg Hestad parte dietro al difensore, e ci resta: fa un gesto da qualche arte marziale e spinge in rete il pallone. L'esultanza, prevedibilmente, è di estrema sobrietà.
La squadra ha superato il girone con una disinvoltura impensabile per essersi presentata al sorteggio con uno dei coefficienti più bassi. Ha espugnato i campi del Fenerbahçe (1-3, rigore procurato da Berg Hestad) e del Celtic (1-2, con il gol del record), in casa si è imposta sugli scozzesi (3-1) e ha bloccato l'Ajax (1-1). Daniel ha sempre portato la fascia da capitano ed sempre è rimasto in campo per tutti i novanta minuti.
Il fisico non si adegua all’età
Nell'ultima stagione di Tippeligaen si è limitato a subentrare (appena 482 minuti in campo). Si gestisce, lo hanno gestito i tre allenatori che negli ultimi mesi si sono susseguiti alla guida del club. Il primo e il secondo, Skullerud e Moe, non sono noti. Il tecnico attuale, arrivato a fine ottobre, sì: ha due anni più di Daniel, è stato suo compagno al Molde (1994-1996), ed è una vecchia gloria del pallone: Ole Gunnar Solskjær.
Di gol pesanti in campo internazionale Daniel ne aveva già segnati. Il più importante è quello nel girone di Champions League 1999/2000, nella storica e unica partecipazione del Molde, un gol che rovescia la gara casalinga con l'Olympiakos e regala ai norvegesi l'unica vittoria (anzi: l'unica non-sconfitta) nel torneo europeo più importante.
Un'altra tappa prestigiosa era stata, nel 1997, la vittoria del play-off Under-21 tra Norvegia e Francia per accedere alle fasi finali dell'Europeo di categoria. Berg Hestad era il capitano dei suoi e segnò un gol, la Francia aveva Vieira, Trezeguet e Henry: finì 3-2 per gli scandinavi, che all'Europeo del 1998 in Romania arrivarono terzi.
La rimonta del Molde contro l'Olympiakos: da 0-2 a 3-2. Berg Hestad segna l'ultimo gol, con un bel diagonale.
Centrocampista centrale, negli anni si è spinto meno in fase offensiva ed è rimasto a fare interdizione (in questa Europa League ha una media di 3 tackle e 3,5 palle intercettate a gara, doppio primato nella rosa).
Per il modo di prepararsi agli incontri, Solskjær ha detto che gli ricorda Giggs. Nel suo elisir, la disciplina è l'ingrediente principale. «È divertente sfidare il mito che il fisico si adegui all'età anagrafica» spiegava qualche mese fa. E aggiungeva: «Vedo giocatori spalmarsi di crema solare e divertirsi in giro per il mondo. Non è il mio. [Durante le ultime vacanze] sono stato in barca a Kiel per due giorni».

Il trono
Nel primo periodo di Solskjær da allenatore del Molde (2011-2013) le cose non si erano messe bene: Berg Hestad non veniva granché considerato e sembrava sul punto di ritirarsi.
In realtà agli ostacoli si è sempre adattato. L'auto distrutta e l'arresto non hanno avuto serie ripercussioni e mai più Daniel ha avuto problemi fuori dal campo. Così come ha risposto professionalmente quando l'allenatore Jonevret, nel 2010, non gli diede la maglia da titolare. Lui che dal 1994 era stato escluso solo per infortuni, non fece drammi e riconquistò il posto. Così come ora ha trovato la fiducia di Solskjær in tutte le delicate sfide del girone di EL.
Non a caso l'allenatore del Molde valutò che avesse spalle abbastanza forti per debuttare, diciassettenne, in una partita già naufragata. L'esordio arrivò infatti nel finale di una rovinosa sconfitta contro l'IK Start del leggendario Erik Mykland.
A Molde, 25mila abitanti e una balena nello stemma cittadino, Daniel ci è nato. Nello stadio della sua città, neanche 12mila posti, ha esordito nel 1993. Il club si era appena salvato da un fallimento societario. Rispetto a quei tempi dice che il calcio è cambiato tanto: «Troppo grande, troppi soldi, troppa pubblicità». Di recente ha solidarizzato con le proteste dei brasiliani sulle spese per i Mondiali, e si è lamentato del contrasto visto in Georgia fra gli alberghi di lusso in cui alloggiava con la squadra e la povertà circostante.
Qui è quando Daniel si esibisce, in un locale di Molde, con la band (famosissima in Norvegia) Di Derre. Quello che si alterna al microfono con lui, che è poi il cantante del gruppo, è lo scrittore Jo Nesbø, originario di Molde e anche calciatore nel club prima di rompersi il crociato.
Con il Molde ha conosciuto retrocessioni e titoli (3 campionati, 4 Coppe nazionali, una Supercoppa), quasi tutti negli ultimi quattro anni. Ha superato il record di presenze nella storia del club. Record che apparteneva, prima, a suo padre. Perché la storia familiare di Daniel si intreccia alla storia del Molde FK. Ci hanno giocato suo nonno, due zii (uno dei quali, Odd Berg, ne è stato anche allenatore) e il fratello minore. E appunto suo padre.
Stein Olav Hestad, detto “Laffen”, è stato una bandiera in altri tempi. Ha giocato come difensore nel Molde dal 1974 al 1989, e il club ha iniziato a vincere quando lui aveva già smesso. Per due volte Stein è arrivato secondo in campionato, senza essere mai campione di Norvegia. Per due volte ha perso la finale di Coppa nazionale. E anche quel record di fedeltà, anche in quello si è ritrovato secondo.
Se non bastasse, il padre non è mai stato convocato dalla selezione norvegese, mentre Daniel sì. Poche presenze, a dire il vero: solo 8, e sette volte si trattava di amichevoli. Invece si è fermato a lungo in Under-21: ben 35 presenze, e ben 12 gol (contro le sole 9 presenze del padre).
A leggere le interviste, a vedere le foto che li ritraggono insieme, si capisce che hanno un buon rapporto. "Laffen" è stato l'unico col quale Daniel abbia voluto parlare subito dopo l'incidente del 2000.

Padre e figlio.
L'anno e mezzo in Olanda, all'Heerenveen (2003-2005), è l'unica soluzione di continuità in una storia d'amore ultraventennale. Avrebbe potuto andarsene ben prima, ma nel 1996 la società rifiutò l'offerta della Fiorentina, né si concretizzarono mai le altre manifestazioni d'interesse (per esempio dal Liverpool e dal Leicester). Per uno strano percorso parallelo, Daniel ha fatto esattamente come lo zio Harry, che al Molde ha giocato per tutti gli anni Sessanta e Settanta con un intervallo di due stagioni a L'Aia.
La parentesi olandese fu anche positiva, ma lui è voluto tornare a casa per stare con la sua famiglia. Perché quella che nel 2000 era la sua compagna, è diventata sua moglie. Di figli ne hanno avuti due, e il secondogenito ha una malattia che richiede un'assistenza continua.
L'unica compilation in rete dedicata a lui è stranissima: ha poco calcio dentro, è corta e ha una certa bellezza.
Ispirandosi, per loro ammissione, a un celebre discorso bellico di Churchill (“Never was so much owed by so many to so few”), nel 2014 i tifosi organizzati del Molde hanno dedicato a Berg Hestad la scenografia pre-finale di Coppa contro l'Odd: un grande telo che rappresenta “Re Daniel” su un trono, e la scritta: “Il trono è nostro”.
Forse non ha senso parlare di abdicazione, ma dietro di sé Re Daniel lascerà un Hestad con la maglia blu in mezzo al campo. Perché nel Molde c'è Eirik Hestad. Che ha una parte del suo cognome (senza nessuna parentela), ha il suo stesso ruolo, e ha esattamente la metà dei suoi anni: è nato nel 1995.

Qualche mese fa Daniel spiegava di aver allentato con il calcio. Che per esempio ora, durante la pausa natalizia, pone sempre la famiglia prima dell'allenamento, e pensa a fare colazione con sua moglie, e mangiare tutti insieme il pinnekjøtt e le altre pietanze tradizionali, e sul tapis roulant ci si mette solo la sera. In realtà il prossimo Natale sarà prossimo ai sedicesimi di Europa League, e viene facile immaginare che sarà disciplinatissimo.
Il suo desiderio per il futuro è di restare in società. Punta a lavorare con i giovani. È tale la voglia di restarci che scansa l'ipotesi di diventare l'allenatore, un ruolo che per forza di cose finisce, «e a quel punto non puoi rimanere nel club». Sarebbe un re senza terra, allora, e regnerebbe sul nulla. «Non riesco a immaginare una vita senza il Molde» diceva la scorsa estate, l'ultima prima del ritiro. Ma aspetta febbraio, Re Daniel, c'è ancora da giocare.