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I 10 migliori gol di Icardi con la maglia dell'Inter
03 apr 2018
L'attaccante argentino ha superato quota 100 gol con i nerazzurri.
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12 min
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Icardi è arrivato all’Inter nel luglio 2013, appena ventenne. È stato presentato durante i primi giorni di ritiro, c’era un clima sereno e lui si è lasciato sfuggire che l’Inter «è una squadra per continuare a crescere». Dice che il suo riferimento è Batistuta e al suo fianco c’è Belfodil che dice di essere più simile a Ronaldo, «quello vero». In quel momento, Icardi è più giovane di Ricky Álvarez, ha segnato appena dieci gol in Serie A (e uno in Serie B, sempre con la maglia della Samp), è costato meno di Ranocchia. Insomma, è una giovane promessa, niente di più. A cento gol di distanza, è interessante notare come non ci sia un momento esatto in cui ha smesso di esserlo, una giovane promessa, per accedere allo stato di campione.

La precocità, si sa, non ha solo dei vantaggi e non è chiaro che fine abbia fatto nella carriera di Icardi quella fase di paziente attesa e immunità alle critiche che spetta a tutti i ventenni. Forse si era consumata già a novembre di quello stesso 2013, quando i rotocalchi hanno iniziato a far circolare l’indiscrezione di un affascinante triangolo amoroso che coinvolgeva un ex compagno di squadra. Forse ha resistito fino ad aprile dell’anno dopo, quando lo hanno richiamato le prime sirene del calciomercato internazionale. Icardi ha bruciato le tappe, nella vita privata come in quella professionale.

La precocità del suo talento si manifesta in maniera inconfondibile quando lo abbiamo visto entrare nella classifica dei giocatori ad aver superato 100 gol in Serie A come il più giovane degli ultimi cinquant’anni, ad appena “25 anni e 27 giorni”. Il sesto di sempre, dopo giocatori come Meazza, Piola, Borel, Boniperti, Altafini, leggende di un calcio d'altri tempi, con altri ritmi. In questo senso la carriera di Icardi sembra quella di un uomo d’altri tempi seppur nel corpo di un attaccante moderno, che ha avuto poco tempo per sbagliare, e si è abituato a sbagliare pochissimo.

A ventidue anni Icardi ha indossato per la prima volta la fascia da capitano, a ventitré ha festeggiato la quinta figlia, a ventiquattro è tornato in Nazionale, in mezzo ci sono stati un paio di rinnovi contrattuali, e almeno dieci gol con la maglia dell’Inter che meritano di essere ricordati.

Il primo gol di Icardi con la maglia dell’Inter

Icardi segna il primo gol ufficiale con la maglia dell’Inter in un universo parallelo in cui Ricky Álvarez riesce a strappare un pallone dai piedi di Chiellini, resiste con la forza a un suo tentativo di scivolata e va a disegnare un morbido filtrante che si arresta precisamente tra la corsa all’indietro di Bonucci e quella in avanti di Buffon. È il quarto gol che Icardi segna a Buffon nell’anno solare 2013: a gennaio ne aveva segnati due, per firmare la prima e unica vittoria di una neopromossa (la Samp) allo Juventus Stadium. Era diventato un giocatore dell’Inter da appena un mese.

Quello era un momento della stagione 2013/14 in cui non era ancora chiaro come gestire Icardi: era risultato il peggiore nei test fisici a inizio ritiro, ma il suo era anche il nome più stampato sulle maglie vendute, sulla scia dell’entusiasmo dopo due anni di funeste campagne acquisti. Mazzarri lo stava impiegando spesso in uscita dalla panchina, in attesa che guadagnasse i proverbiali minuti-nelle-gambe. Neanche i difensori della Juventus sanno come gestirlo, quando punta lo spazio alle spalle di Bonucci e gestisce il sorpasso con la freddezza di un motociclista, rallentando all’improvviso, con le braccia larghe a chiudere la traiettoria.

Dopo il gol, Icardi corre ad esultare sotto la Nord con le orecchie tese per sentire meglio, quasi si toglie dalle spalle Ranocchia e gli altri compagni che gli saltano addosso, perché vuole vivere al massimo la simbiosi di quel momento di celebrazione. È davvero un universo parallelo. Sessanta secondi dopo, Vidal pareggia e riporta tutti nel presente, quello in cui la Juve vince il campionato con 102 punti e l’Inter arriva quinta.

Lo scatto e dribbling contro il Cagliari

Il primo gol di Icardi con la maglia dell’Inter racchiude una costante ricorrente in molti dei gol a seguire: per segnare gli basta toccare il pallone una volta. Una parte del suo talento è misurabile, visibile a occhio nudo, ed è fatta di accelerazione bruciante, controllo del corpo, utilizzo di entrambi i piedi, potenza del tiro. La restante parte è fatta di piccole accortezze sospese tra il genio e la fortuna, che gli permettono di trovarsi sempre al posto giusto per raccogliere il passaggio.

In questo gol segnato al Cagliari nella stagione successiva, Icardi è fuori inquadratura, al confine della linea laterale, mentre Kovacic si fa rubare il pallone sulla trequarti. Sette secondi dopo, al termine di una prepotente azione di riaggressione dell’Inter, si fa trovare in posizione regolare al centro del canale tra terzino e centrale del Cagliari, con il busto proteso in avanti e le gambe cariche come una molla per scattare sul filtrante di Medel. Impiega tre secondi per superare Capuano, anticipare Avelar e arrivare al tiro. Nel complesso questo gol gli richiede tre tocchi, e a confronto con gli altri sembra particolarmente elaborato.

Il pallonetto contro il Napoli

È sempre più difficile per gli attaccanti contemporanei vivere sul filo del fuorigioco, una definizione che occorre prendere in prestito dagli anni Novanta. Le fasi di gioco sono più fluide, i tempi di possesso sono più rapidi e le difese sono più organizzate, per cui è sempre più raro assistere ad un lancio che parte senza pressione con la linea colta impreparata nella terra di nessuno. Per sopravvivere all’evoluzione, quel tipo di opportunismo ha dovuto elevarsi a forma d’arte, di cui Icardi è uno dei massimi interpreti.

Di questo gol segnato al Napoli si ricordano facilmente l’aggancio plastico con il destro, che ricorda l’armonia classicista di Canova, e la prontezza con cui reagisce al primo rimbalzo per colpire con il sinistro e anticipare Reina. Altrettanto importante, però, è l’agilità con cui contorce tutti i muscoli, anche quelli del collo, per portarsi in linea con Albiol che dava ormai per scontato di averlo alle spalle. Per non perdere l’inerzia della corsa si ritrova praticamente in ginocchio, ancora con il braccio teso per dettare il passaggio, poi scatta sul lancio di Medel come sullo sparo dello starter, e conquista la terra di nessuno.

Lo stop e la girata contro la Roma

Non è mica semplice trovare spiegazioni al perché Icardi si trovi sempre dove deve trovarsi. Seguendo i precetti di Occam, bisognerebbe prendere in considerazione la risposta più semplice, e cioè la possibilità che Icardi abbia “solo” dei riflessi molto sviluppati nella lettura delle traiettorie.

Perisic e Icardi, come ha provveduto a sottolineare l’Inter, hanno sviluppato una fruttuosa connessione in termini di assist e gol segnati (tradotta in numeri: 15 assist di Perisic per altrettanti gol di Icardi nelle ultime tre stagioni). Uno di questi quindici gol lo ha segnato in questa stagione all’Olimpico durante la seconda giornata, e risponde parzialmente alla domande sulla liceità dei difensori, sul declino tecnico del campionato, sui però se segna tutti questi gol in area è perché glielo lasciano fare.

Fazio sa di dover marcare Icardi, di dovergli stare molto vicino, e corre in perfetta sincronia con lui, mentre fissa il pallone tra i piedi di Perisic. Icardi rallenta all’improvviso esattamente mentre Perisic carica il cross, in quello che forse è l’unico attimo di deconcentrazione di Fazio, perché sa che l’unica zona in cui può ricevere la palla è quella, e l’unico modo che ha di riceverla è arrivarci molto prima del difensore. Segna un gol di grande istinto, ruotandosi su se stesso, coordinandosi senza guardare la porta. Poi corre indemoniato a saltare in braccio a Perisic, perché ha già visto anche l’hashtag diventare virale.

Il colpo di testa al Frosinone

Sull’arte del colpo di testa di Icardi, Daniele Manusia ha raccolto numeri ed esempi mirabili, notando che: «Il tempismo con cui anticipa il difensore forse è persino più importante della tecnica con cui poi Icardi colpisce il pallone. (...) Mettendola nell’angolo più lontano, Icardi non deve battere i riflessi del portiere e la palla può entrare in porta anche a una velocità ridotta. Il che significa che non deve dare particolare forza al cross. Spesso, anzi, si limita a deviare la palla, a non rallentarla o ad accelerarla leggermente».

In fatto di tempismo, Icardi è sembrato subito un alieno contro difensori buoni o eccellenti come Bonucci e Barzagli: Blanchard del Frosinone non fa neanche in tempo a elaborare la spinta sul terreno. Sul cross un po’ debole e arretrato (ancora) di Perisic, Icardi gli ruba diversi metri di vantaggio e arriva «a colpire il pallone nel punto più alto della sua traiettoria, piegando il suo corpo come la corda di un arco».

Il passaggio è tratto da un’analisi tattica dell’intera azione, che è esemplare anche di come Icardi costringa le difese a collassare verso l’area con i tagli repentini in direzione opposta al movimento dei marcatori. Che in ogni caso si ritrovano in area in cinque contro il solo Icardi, e alla fine vince sempre quello.

Il gol di gran classe al Torino

Già nei gol precedenti abbiamo visto Icardi guadagnare vantaggio sul diretto marcatore con ogni mezzo, l’accelerazione, l’elevazione, la potenza, la rapidità, il tempismo. Questo è un raro caso di gol di Icardi in cui quel vantaggio viene conquistato soprattutto attraverso la sensibilità del controllo. Siccome Rossettini gli sta veramente attaccato, non gli basta fare perno sulla gamba destra liberandosi la via d’uscita a sinistra. Deve allontanarsi il pallone dalla direzione di corsa, poi provare a colpirlo mentre questo si allontana. Risolve allungandosi in salto, per mangiarsi quello spazio che lo separa dall’impatto pieno.

È un gol che risolve, a cinque minuti dal termine, una partita frustrante per le occasioni sprecate, per la misera posizione in classifica, per un allenatore su cui era difficile esprimere un giudizio netto, tra qualche timido cenno di bel gioco, le rovinose ricadute e le pernacchie della stampa. È un momento della stagione in cui la Curva Nord annuncia sui giornali una pesante contestazione, dieci giorni dopo aver chiesto a Icardi di deporre la fascia da capitano, con uno striscione che riportava in stampatello la parola «fine». Icardi segna con la fascia da capitano al braccio, e in quel momento identifica l’Inter, il suo presente e il suo futuro. Con quel gol riunisce tutti i tifosi, rivoltosi e dissidenti, nella gioia di una vittoria.

Il dribbling deciso contro la Fiorentina

La realizzazione di questo gol richiede sei tocchi del pallone, e infatti sembra un intruso in mezzo alla carrellata di gol di Icardi. Ci siamo abituati a vederlo tagliare il campo in diagonale, a farsi bastare due movimenti coordinati (e neanche troppo elaborati: il centrocampista che cerca lo spazio per la verticalizzazione, il trequartista che attira a sé un difensore) per arrivare a ricevere in area di rigore.

Non siamo però abituati a vederlo compiere tante scelte con il pallone prima di arrivare al tiro. Qui prima mette a sedere Gonzalo Rodríguez arrestando la conclusione, poi si accorge di non avere abbastanza spazio né equilibrio per provare a tirare con il sinistro, allora è costretto a passare nel corridoio libero tra Rodríguez e Astori, nel frattempo rientrato, per incrociare il tiro con il destro. Si rivela sempre una piacevole scoperta, il momento in cui un giocatore ci mostra angoli inesplorati del suo talento, e in questo senso smentisce lo stereotipo che gli avevamo cucito addosso.

Il tiro da fuori area contro il Bologna

In tema di stereotipi, Icardi è certamente un “attaccante da area di rigore”, volendo rubare un altra formula di successo. Anzi, da “area piccola”. Anche su questa consuetudine ha giocato la comunicazione dell’Inter con una divertente intervista, dal titolo evocativo: “Ésta es mi casa”. Nel video si vede Icardi piantare le tende, in senso letterale, sopra un’area di rigore che gli fa da sfondo, mentre cura un bonsai, gioca alla Playstation, cambia una lampadina.

Alla fine si sente la voce di Wanda che lo reclama: «Mauro usciamo, stai sempre chiuso in casa». A cui risponde: «Non sempre, solo il 96% del tempo». È una metafora di elementare comprensione (perché guai a replicare con le percentuali all’accusa di essere pantofolai) per dire che dei cento gol segnati con la maglia dell’Inter, novantasei sono stati segnati all’interno dell’area di rigore.

Questo gol, segnato in un infausto anticipo con il Bologna, nella sera dell’annuncio del ritiro di Christian Chivu, è memorabile anche solo perché è uno degli altri quattro. È un altro gol che nasce dalla necessità: il passaggio di Hernanes è leggermente fuori misura rispetto alla corsa di Icardi, che vorrebbe portarselo avanti con il sinistro, e invece deve fermarsi e pensare al tiro, unica opzione possibile. È il sesto gol con la maglia dell’Inter, e dopo questo si fa fatica a credere alle coincidenze.

Il tacco contro la Sampdoria

A proposito di coincidenze, si fa fatica anche a credere che Icardi sia riuscito a chiudere quota cento con precisione scientifica. Ha segnato i quattro che gli mancavano tutti insieme, per il primo poker con la maglia dell’Inter, dopo un’astinenza lunga due mesi, nello stadio che lo ha lanciato in Serie A, contro tifosi che lo hanno ammirato e poi fischiato per questioni sentimentali. In aggiunta alla lista: li ha segnati subito prima di una pausa Nazionali in cui è stato snobbato, di modo che la campagna celebrativa avesse tempi e modi di consumarsi, mentre in Argentina il tempo si faceva nebuloso.

Il più bello di giornata è però il numero novantotto. È un altro di quei gol che Icardi segna con l’istinto («un gol che l’avevo pensato subito», lo definisce), che realizza prima con la propria immaginazione, in una frazione di secondo, e poi mette in scena in assoluta sensazione di controllo. Vorrebbe calciare già di tacco con il sinistro ma si sente più a suo agio con il destro, e in quell’istante che si prende per spostare il pallone in direzione dell’altro piede, Viviano e Ferrari perdono il contatto con la realtà: tacco, tunnel, partita chiusa. In una partita dal copione fin troppo teatrale, è riuscito a infilare un gol del genere.

La sforbiciata contro il Milan

Nel rispetto dell’antico adagio che vuole che i gol vadano pesati, prima che contati, il gol che chiude la compilation è il più bello segnato da Icardi nella sua partita più memorabile con l’Inter. L’azione permette di apprezzare un altro aspetto del suo gioco per la squadra, ovvero il sacrificio difensivo. Icardi strappa un pallone a Biglia nella metà campo dell’Inter, lo conduce lungo il campo, dovendo anche resistere alla carica del rientrante Biglia, e lo appoggia a Perisic per il tradizionale doppio passo e cross dal fondo.

Il pallone gli ritorna rapidissimo a mezza altezza. Per colpirlo verso la porta, Icardi deve allargare entrambe le braccia come fosse inchiodato a una croce, mentre ruota il bacino in direzione opposta a quella in cui fa girare la sfera. L’amnesia di Bonucci, che a distanza di anni ancora fatica a contenerne i cambi di passo e direzione, è un dettaglio accessorio in una serata di grazia: tre tiri all’interno dell’area di rigore, tre gol.

Quando arriva anche il terzo, Icardi si sente ormai padrone di citare Messi al Bernabeu, di ricomporre ogni frattura, di sventolare sotto la Nord la maglia numero nove. L’area di rigore è casa sua, ma anche Milano sembra piacergli particolarmente.

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