Lo scorso 15 settembre 2018, con la partita della Liga tra Atlético e Eibar sullo 0-0, al 70’ Diego Pablo Simeone decide di far uscire il proprio giovane centrocampista centrale, Rodri, per fare spazio all’attaccante Borja Garcés. Un cambio normale per una squadra che ha bisogno di segnare e che mette dentro un ragazzino in area di rigore. Al momento del cambio però il Metropolitano fischia, una cosa mai successa in modo così evidente per un cambio di Simeone. Il Metropolitano fischia perché tutto lo stadio aveva capito che il migliore in campo, in uno scialbo 0-0, era proprio Rodri. Fino a quel momento aveva avuto una precisione di passaggi del 97%, 5 contrasti vinti, 4 duelli aerei e 2 dribbling. Rodri stava dominando il centrocampo. Nonostante ciò, alla fine Simeone ha l’ultima parola perché al 93’ Borja Garcés salva la partita pareggiando il gol dell’Eibar arrivato qualche minuto prima.
Erede di Busquets?
I fischi del Metropolitano però ci raccontano della considerazione piuttosto diffusa che Rodri aveva tra i tifosi dell’Atletico, e non solo. In questo senso, l’hype che circonda il trasferimento di Rodri al City si può capire solo comprendendo come è cambiata la percezione verso i giocatori che giocano davanti alla difesa negli ultimi dieci anni. Ovvero dall’esplosione improvvisa di Sergi Busquets nella prima stagione di Guardiola da allenatore a Barcellona. Il successo del gioco di posizione ci ha fatto vedere centrali figure che prima rimanevano nell’ombra. Busquets ha contribuito più di tutti a ridisegnare il modo in cui un centrocampista difensivo deve giocare in una squadra che ha il possesso del pallone. È naturale quindi che se un giocatore viene presentato come il più sicuro erede di Busquets e viene acquistato dal City di Guardiola se ne parlerà molto.
Rodri è considerato da molti l’erede di Busquets per il ruolo, lo stile di gioco e anche la fisicità slanciata. Del resto è lui stesso ad ammettere di essere cresciuto guardando le partite di Busquets: «Guardavo attentamente soprattutto Busquets. Lui e gli altri che hanno posato le fondamenta dello stile di gioco che sapevo avrei dovuto seguire». Quando parla di Busquets descrive il giocatore vuole essere: «Di centrocampisti difensivi ce ne sono tante tipologie, quello alla quale voglio assomigliare io è il giocatore che dà equilibrio, che gioca a un tocco, dà fluidità e soprattutto rompe le linee con i passaggi. Difensivamente voglio che i centrali sappiano che hanno davanti un pivot che sarà sempre sulle seconde palle e le respinte, che va a recuperare palloni e che è sempre ben posizionato»
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Pagato i 70 milioni della clausola dall’Atlético Madrid, Rodri non è un capriccio dell’allenatore catalano, ma un giocatore che è destinato ad essere fondamentale nel breve termine nel suo scacchiere. Il 34enne Fernandinho, colonna portante del Manchester City di Guardiola dal primo giorno, ora deve necessariamente essere accompagnato da qualcuno a cui lasciare il testimone. Inizialmente è stato provato con fortune alterne Gündogan, prima di arrendersi al fatto che ama muoversi troppo in avanti per occupare una zona del campo tanto delicata.
La scorsa estate il City ha tentato fino all’ultimo di prendere Jorginho dal Napoli, poi passato al Chelsea di Sarri; stavolta ha evitato trattative logoranti pagando direttamente la clausola. Per Guardiola, Rodri rappresenta il prototipo del centrocampista difensivo: «Lui è il tipico centrocampista difensivo. Come Michael Carrick, come Busquets, quella tipologia di centrocampista difensivo. Quello che pensa cos’è meglio per la squadra, non gioca per fare una bella prestazione, gioca per rendere la vita migliore ai compagni».
Le qualità di Rodri sono evidenti all’occhio di chi è venuto prima di lui, e sono quelle che servono in quel ruolo. La freddezza mentale, innanzitutto: Rodri è calmo in tutto quello che fa e rassicura i compagni. Ha un tecnica sobria che sembra sposarsi benissimo con questa freddezza col pallone tra i piedi. Sempre a testa alta, sempre bravo a dare continuità alla manovra in modo fluido, assecondandone il ritmo. Difende più in avanti che all’indietro e non ama scendere a terra a prendere la palla: «Non sono abituato ad entrare in scivolata. È una cosa che devo imparare, io rubo palla in altri modi. Vedo altri giocatori che scendono sempre a terra, ma io sono alto e se vado a terra perdo molto tempo prima di rialzarmi. Quindi rubo palla in altri modi».
Non utilizza molti trick per resistere alla pressione avversaria, se non sfruttare il proprio corpo longilineo per girarsi prima dell’arrivo avversario, o sapere prima cosa fare per liberarsi del pallone con precisione giocando a massimo due tocchi. Rodri si è specializzato nel giocare col minor numero di tocchi possibili forse per questo motivo. È uno di quei giocatori che sembrano più maturi dei loro vent’anni o poco più.
Rodri è cresciuto nell’Atlético ma non è a tutti gli effetti figlio della scuola madrilena. Dopo dieci anni nelle giovanili dell’Atlético, a 17 anni, è stato lasciato andar via perché ritenuto troppo gracile. È stato il Villarreal a raccoglierlo, e a fargli concludere il percorso giovanile. Sono gli anni più importanti per la sua formazione. Esordisce in prima squadra con Marcelino in panchina a metà della stagione 2015/’16, a 19 anni. Ora si parla soltanto del confronto con Busquets, ma all’epoca Rodri era conosciuto nel Villarreal come Bruno xiquet (bambino in valenciano).
Bruno Soriano, l’amato regista e capitano del Villarreal, era il punto di riferimento nel contesto del Villarreal, e anche Rodri lo considerava un idolo. Per questo accetta di fargli da riserva invece che andare in prestito da altre parti. Una scelta premiata la stagione 2017/’18, quando un’operazione chirurgica estiva estromette Bruno Soriano e consuma l’avvicendamento. Rodri gioca una stagione intera da titolare e ne fa le veci tattiche. Diventa una delle rivelazioni della stagione e finisce per guadagnarsi anche la convocazione con la Spagna di Lopetegui nella preparazione al Mondiale 2018, al quale però non partecipa. È solo col ciclo di Luis Enrique che entra veramente a far parte della Nazionale.
Diverso da quello che pensiamo
Dopo il Mondiale, quindi, torna all’Atlético per 25 milioni, una scelta che può sembrare controintuitiva visto il suo stile di gioco e quello della squadra di Simeone, ma che lui motiva proprio con la voglia di imparare cose diverse: «Arrivare all’Atlético mi aiuterà, mi completerà come giocatore».
Simeone era alla ricerca dell’erede di Gabi e si trova con un giocatore che impara come una spugna: «Simeone mi ripete sempre che un grande mediano è quello che quando attacca sta pensando a quello che succederà dopo e che ad andare avanti è facile, mentre ci sono pochi giocatori al mondo bravi a difendere all’indietro e sono questi giocatori a far parte dell’élite». Rodri gioca quasi 50 partite in tutte le competizioni in quella che inizia come una bella stagione, ma si conclude con una Liga mai realmente alla portata e la deludente uscita contro la Juventus agli ottavi di finale, in una partita di ritorno dalla pessima prestazione per tutti, Rodri compreso.
La stagione non è positiva, però Rodri cresce molto dal punto di vista difensivo. Un sistema diverso, più cauto rispetto a quello dov’è cresciuto, ma che non intacca il suo apporto in fase di recupero palla. Quando l’Atlético decide di alzare la pressione lui è quasi sempre il primo ad alzare il proprio raggio di qualche metro. A difendere in avanti, tra letture in anticipo e uso del corpo, è veramente un portento. Rodri chiude la stagione come terzo giocatore per contrasti riusciti con 3,4 per 90’, tra Vidal e Casemiro, due giocatori che rispecchiano di più l’ideale del giocatore aggressivo.
Un esempio della sua grande capacità di difendere in avanti: il Rayo conquista palla al limite dell’area e inizia la transizione offensiva, Rodri reagisce immediatamente lasciando andare l’uomo in cui era in marcatura preventiva per fiondarsi a contrastare il portatore di palla, rubandogliela subito in modo pulito.
Rispetto alla versione idealizzata che abbiamo di Rodri, stiamo parlando di un giocatore fin troppo aggressivo, che a volte si spinge molto fuori dalla sua zona per recuperare un pallone conteso. Ma non è solo l’aggressività ad allontanarlo dall’immagine fragile che abbiamo di lui: anche il baricentro basso nonostante i 190 cm lo rendono meno facile da superare di quanto la lentezza nei movimenti lasci supporre. La scorsa stagione è stato dribblato solo 1,2 volte per 90’, meno delle 1,6 volte di Busquets o delle 2,2 volte di Casemiro e delle 1,8 e 1,6 volte dei compagni Koke e Saúl. Insomma Rodri è un giocatore che difende meglio in avanti, ma nella Liga risultava comunque difficile da saltare in dribbling.
L’adattamento alla Premier
C’è però una questione importante da considerare nel suo trasferimento. Il lavoro in transizione difensiva tra l’Atlético e il City è decisamente diverso, e per quanto sia più rapido nel breve di quanto possa sembrare, Rodri è sempre nell’ordine dei giocatori non veloci, almeno non lo è di certo nei ritmi della Premier League. Fernandinho ha funzionato anche perché è estremamente dinamico in transizione difensiva, capace di coprire ampi spazi di campo e mettere pezze dove serve. Rodri è un giocatore dalle caratteristiche difensive diverse da Fernandinho: si fa superare meno nell’uno contro uno, ma non è così bravo nel coprire il campo. Questo è quindi un punto su cui Guardiola e il giocatore hanno lavorato tutta l’estate e probabilmente continueranno a lavorare in stagione. L’allenatore deve capire come massimizzare il talento di Rodri nel difendere in avanti, senza però metterlo nella condizione di dover fare il Fernandinho in transizione difensiva, visto che non è in grado di farlo, almeno al momento. Per questo forse Guardiola ha pensato a una variante tattica del suo sistema.
Rodri è stato inserito come unico punto di riferimento a centrocampo in una squadra che accanto alterna il terzino o la mezzala. Quando il City ha la palla tutti si muovono, e lo schieramento finisce per essere un 2-3-5 o varianti come il 3-2-5. L’idea è di avere un fronte offensivo con almeno 4 giocatori, e il resto dello schieramento posizionato per far circolare il pallone da una parte all’altra del campo, attivandosi immediatamente in caso di perdita.
Nella partita contro il Tottenham si sono alternate varie situazioni a seconda se Zinchenko fosse largo (come in questo caso in cui Gündogan se ne accorge e si avvicina a Rodri) o fosse lui ad andare stretto vicino a Rodri e portare Gündogan ad allargarsi. In entrambi i casi De Bruyne abbandona il centrocampo appena il pallone è del City, lasciando quindi Rodri a doversi occupare del centro destra in caso di perdita.
Guardiola lo si è visto fermarsi spesso nelle amichevoli a parlare con Rodri durante e dopo le partite, indicando punti del campo durante la chiacchierata. Rodri ha detto che Guardiola sta estremizzando molto i suoi principi di gioco, alcuni dei quali non aveva mai allenato: «Tre o quattro nuovi concetti, sono tutte tra quelle cose che non noti come giocatore».
Guardando le prime partite di Rodri con il City si notano infatti alcuni concetti su cui deve lavorare ancora per raggiungere il massimo del suo potenziale col pallone: il primo è la posizione del corpo prima di ricevere la palla, una questione su cui Guardiola è intransigente nei confronti del proprio centrocampista davanti alla difesa. Una corretta posizione di ricezione permette di guadagnare quella frazione di secondo che può essere poi decisiva contro la pressione avversaria. La posizione non dipende solo da dove arriva il pallone, ma anche da dove arriva il giocatore in pressione, perché a volte bisogna già sistemarsi per proteggerla col corpo prima ancora di toccarla. Rodri alterna momenti in cui è perfettamente allineato al pallone ad altri in cui è costretto a girarsi col primo controllo, cosa che lo rende vulnerabile vista la scarsa velocità, in una zona del campo dove evitare di perdere il pallone è vitale.
Un altro aspetto su cui Guardiola starà insistendo è quello di non essere conservativo nelle scelte di passaggio, un problema apparso già lo scorso anno con l’Atlético. Rodri troppo spesso si rifugia nel passaggio facile a un tocco, appoggiandosi possibilmente al giocatore libero tra le linee più vicino per far circolare veloce il pallone in orizzontale o all’indietro. In questo modo dà continuità alla giocata ma non pensa a trovare un passaggio che spezzi le linee o che muova gli avversari in ampiezza, per esempio un cambio di gioco. Rodri insomma a volte sembra mancare della creatività che rende speciale il suo archetipo Busquets, oltre che il suo maestro Bruno Soriano. Rodri a volte ha l’aria del bambino che ripete a memoria la poesia davanti alla classe, stando attento più a non sbagliare l’intonazione che a far suo il significato di quello che dice.
Prova troppi pochi passaggi in diagonale o quando prova il cambio di gioco lo fa in modo forzato e non è così preciso. Un aspetto vitale per Guardiola, visto che il City doma i ritmi da Premier controllando la grandezza del campo in lungo e in largo. Come diceva Cruyff, e come eseguiva il Guardiola giocatore, chi ha la palla deve cercare sempre per primo il giocatore più lontano e allargare il gioco. Solo in assenza di questa opzione si gioca corto. Un concetto che Rodri deve ancora far suo.
All’esordio contro il West Ham ha già mostrato che sta lavorando in tal senso. Questo cambio di gioco trova Zinchenko libero, come segnalatogli dal nuovo mentore David Silva.
Dopo poche settimane Rodri ha già conquistato De Bruyne, uno dei più influenti dello spogliatoio del City: «Penso che sia il perfetto centrocampista difensivo per il nostro gioco. Per noi il centrocampista difensivo è un ruolo complicato, devi avere certe caratteristiche e non ci sono molti giocatori che hanno sia quelle offensive che quelle difensive». In poche settimane ha già fatto vedere perché può essere davvero l’erede di Fernandinho, e Guardiola sta tarando il proprio sistema per evitare di esporne troppo i difetti.
Il suo arrivo è stato giustamente salutato come uno dei più azzeccati dell’ultimo calciomercato e il suo incastro nel gioco di Guardiola sembra di facile soluzione. Il lavoro davanti a Rodri c’è, ma è già evidente dove bisogna intervenire e se c’è un allenatore bravo nel migliorare i propri giocatori quello ovviamente è Guardiola. Lo aveva già fatto con Fernandinho, ora proverà con il suo erede.