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Illustrazione di Giordano Poloni
Hype Emiliano Battazzi 22 luglio 2015 9'

Hype Konoplyanka

La nuova puntata di Hype, la rubrica nella quale analizziamo giocatori al confine tra promessa e campione. Il protagonista stavolta è Yevhen Konoplyanka.

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L’hopak è un ballo tradizionale ucraino in cui giovani uomini (almeno nella versione più antica) corteggiano delle ragazze a furia di saltelli e calci acrobatici. Si tratta di una danza contenente molti elementi tipici delle arti marziali cosacche e originaria della regione di Zaporizhia, Ucraina sud-orientale, sulle rive del fiume Dnipro.

 

Nella sua infanzia, Yevhen Olehovych Konoplyanka era un ottimo conoscitore di arti marziali, seppur non cosacche: all’età di 7 anni aveva iniziato a praticare il karate e arrivò a sfiorare la cintura blu.

 

A quell’età ancora non sapeva che nella sua vita ci sarebbero stati il fiume Dnipro e la danza. Sul campo da calcio, infatti, Konoplyanka non corre come tutti: sembra volteggiare e quasi rimbalzare sulla superficie verde, come fosse un danzatore.

 

Dancing with Konoplyanka sarebbe il titolo più adatto a questo video, che per un minuto e mezzo si concentra solo sulle finte di gambe dell’ucraino.

 

Le scelte degli altri

Il 29 settembre 1989, l’Ucraina era ancora una Repubblica Socialista Sovietica e Konoplyanka nasceva (stesso giorno di una leggenda del calcio ucraino, Shevchenko) a Kirovohrad, una città nel centro del paese e famosa solo per l’industria di macchinari agricoli.

 

Non ci volle molto per vederlo con un pallone ai piedi, ma prima di tutti arrivò il karate: quando la squadra locale dell’FC Olimpik si interessò alle qualità del Konoplyanka calciatore, la famiglia dovette scegliere. Oculatamente, col senno di poi, il giovane Yevhen abbandonò le arti marziali per dedicarsi esclusivamente al calcio: con immediato successo.

 

La grande raccolta di trofei giovanili gli valse nel 2003 la segnalazione della più grande squadra ucraina, la Dinamo Kiev: ancora una volta toccò alla famiglia prendere una decisione sul suo futuro. In questo caso, la mossa sembrò azzardata: l’interesse della Dinamo venne cortesemente declinato, perché Konoplyanka era troppo piccolo per passare da una città tranquilla a una metropoli come Kiev.

 

Chi l’avrebbe seguito, lì? Sarebbe diventato solo un numero nel settore giovanile della squadra più titolata del paese. Eppure quattordici anni è l’età giusta per un ragazzino, è il momento per il salto di qualità: la decisione dei genitori rischiava di fargli perdere il treno della vita, quello che non ripassa più.

 

Nel 2006, però, la pazienza dei Konoplyanka venne premiata: Yevhen era ormai un ragazzo, e non poteva più aspettare per il salto tra i professionisti. Su consiglio dell’allenatore dell’epoca, si trasferì al Dnipro, che aveva fama di curare con attenzione il proprio settore giovanile, in una squadra con meno pressioni rispetto alle grandi d’Ucraina.

 

Dopo un inizio terribile, fatto di lunghe telefonate e tanta voglia di tornare a casa, venne schierato seconda punta nella squadra riserve, e non andava benissimo: non segnava tanto, si disinteressava della fase difensiva, sembrava troppo pigro.

 

Fu lui a invertire questa situazione e a proporre all’allenatore di cambiargli di ruolo: aveva bisogno di più campo davanti a sé, e segnare tanto non gli interessava, preferiva servire assist. Ci vuole maturità per capire la propria posizione a 17 anni, ma Konoplyanka viene ripagato per il suo coraggio e finalmente, nell’agosto 2007, esordisce nel massimo campionato ucraino.

 

Proprio come previsto dai genitori, Yevhen non corre il rischio di bruciarsi: le sue presenze in prima squadra vengono centellinate per altri 2 anni, e solo nella stagione 2009-2010 diventa titolare fisso del Dnipro. Vent’anni e la possibilità di giocare sempre, senza troppe pressioni. È anche la stessa stagione che vede il ritorno di Sheva in Ucraina, alla Dinamo Kiev. Finirà per giocarci insieme.

 

Il Dnipro arriva quarto, si qualifica all’Europa League e Konoplyanka comincia a essere sulla bocca di tutti: convocazione ed esordio in Nazionale il 25 maggio 2010, primo gol 4 giorni dopo, contro la Romania. A lanciarlo è Myron Markevych, allenatore a tempo (durerà solo 4 partite) della Nazionale gialloblù: un uomo importante nella sua carriera. È la fine dello Yevhen adolescente, quello sempre protetto, e l’inizio della navigazione in solitario, sebbene sempre tra gli argini del fiume amico.

 

Voglio vederti danzare

Al Dnipro arriva l’ex allenatore del Siviglia Juande Ramos, che aiuta Konoplyanka a evolversi: fa le sue prime apparizioni in Europa League, nel 2011 gioca da titolare gli Europei Under-21 in Danimarca, e dopo diventa titolare fisso nella Nazionale maggiore. A novembre 2011 segna un gol in amichevole contro la Germania che lo rende famoso a livello internazionale.

 

Konoplyanka ormai è esploso e non può più nascondersi: è il nuovo talento della Nazionale e si ritrova appiccicata l’assurda etichetta di Messi ucraino. Non hanno nulla in comune, neppure il piede preferito: Yevhen è un destro (ma usa benissimo anche l’altro piede) che ama giocare sulla fascia sinistra per rientrare e servire un assist decisivo o tirare in porta. Ogni movimento calcistico ha bisogno di eroi, e lui diventa la nuova promessa di un paese che ha l’onore di ospitare gli Europei del 2012 (insieme alla Polonia).

 

Va bene, è un’amichevole, Hummels sbaglia un appoggio semplice e la disposizione tattica della Germania è a dir poco assurda, ma Konoplyanka sembra andare in motorino e si fa 60 metri palla al piede come se fosse una passeggiata.

 

In un girone complicato, ma non impossibile, i padroni di casa partono benissimo, sconfiggendo la Svezia di Ibra con la doppietta del redivivo Shevchenko. Poi perdono con Francia e Inghilterra, senza segnare neppure un gol, e vengono eliminati. Konoplyanka non si distingue in questa delusione, ed è il primo grande fallimento alla prova del calcio che conta.

 

Nel frattempo, nonostante i corteggiamenti di Shakhtar e Dinamo Kiev, le due squadre mangiatutto del campionato ucraino, decide di rimanere nell’aurea mediocritas del Dnipro, così come da ragazzo era rimasto in quella dell’FC Olimpik: per quattro stagioni consecutive i biancoblù arrivano quarti in campionato, senza mai lottare per obiettivi importanti, e raggiungendo al massimo i sedicesimi di finale di Europa League.

 

Sembra l’ennesima scelta attendista della sua vita: così come accelera in campo, nella vita rallenta; e invece di confrontarsi a un livello più alto, decide di maturare in un ambiente sicuro, protettivo e in grado di farlo rendere al massimo. Sarebbe un errore per quasi tutti i giocatori del mondo, ma non per Konoplyanka il temporeggiatore: a 25 anni diventa leader del Dnipro e della Nazionale, con risultati sorprendenti.

 

Maturità

L’Ucraina viaggia spedita verso la qualificazione al Mondiale del 2014, e punta tutto sul suo numero 10: tra Konoplyanka e il sogno brasiliano c’è di mezzo l’Inghilterra, la favorita per la vittoria del girone. Nelle due partite contro i leoni inglesi (settembre 2012 e settembre 2013) mostra il suo repertorio come un gioielliere mostra le pietre preziose sul bancone: assist, un gol fantastico, accelerazioni, tagli e persino recuperi difensivi.

 

È per questo che mezza Premier League inglese si infatua dell’ala sinistra del Dnipro: è un giocatore che fa la differenza anche nelle grandi partite, e il suo talento è sprecato in un campionato scarsamente competitivo.

 

Un gol così a Wembley è il sogno di tutti i bambini, ma anche tutto il resto non è male: controlla, stoppa, crossa con l’esterno—fa tutto con l’esterno, come fosse il gesto tecnico più naturale del mondo. Poi al minuto 3:45 umilia Gerrard.

 

L’Ucraina arriva seconda nel girone per un solo punto, nonostante una grande cavalcata, e negli spareggi contro la Francia affonda a Parigi (sconfitta per 3-0) dopo aver vinto l’andata per 2-0: l’ennesima delusione non sminuisce il suo valore.

 

Nel frattempo, a causa dell’inizio della guerra dell’Ucraina orientale, Juande Ramos lascia il Dnipro secondo in classifica: al suo posto arriva Markevych, l’allenatore che aveva lanciato Konoplyanka in Nazionale.

 

La stagione di Konoplyanka è quella della consacrazione: il Dnipro raggiunge incredibilmente la finale di Europa League, persa 3-2 contro il Siviglia; in una squadra che fa della compattezza difensiva la sua arma principale, il numero 10 è il vero punto di riferimento per le manovre d’attacco e incanta i grandi stadi europei, dall’Amsterdam ArenA al San Paolo. Per ironia della sorte, a causa della guerra, la sua squadra è costretta a giocare a Kiev tutte le partite: proprio in quella città che Yevhen ha sempre rifiutato.

 

Nel 4-2-3-1 (che in fase difensiva diventa un 4-4-2) del Dnipro è l’ala sinistra: Konoplyanka vive sulla linea di fascia, e aspetta il pallone per poter avere una visuale di gioco ampia. Yevhen ha bisogno di un riferimento fisso (la linea di fascia) e di uno spazio predefinito dove attaccare o servire il compagno. Le transizioni offensive dipendono dalle sue accelerazioni; è lui a decidere i tempi delle ripartenze e a dettare il ritmo di gioco.

 

Foto1Kono

Konoplyanka ama ricevere il pallone sui piedi, spesso vicinissimo alla linea laterale, il suo punto di riferimento: il problema è che spesso parte da troppo lontano, con lo spazio centrale ingolfato: in questo caso sarà infatti costretto ad aspettare e tornare indietro.

 

Spesso, infatti, il numero 10 dell’Ucraina si accentra palla al piede per servire il compagno o calciare con il piede destro dal limite dell’area: ma la soluzione preferita è lo scatto sulla fascia per crossare il pallone in area.

 

Dotato di uno splendido dribbling, combinazione estetica di velocità di base e grande tecnica nello stretto, sembra davvero danzare: il pallone rimane sempre incollato ai suoi piedi. Raggruppa gli avversari e li supera in orizzontale, partendo dalla linea laterale, così da creare squilibri tattici e poter servire un compagno in profondità.

 

In alcune occasioni, però, Konoplyanka esagera: attende troppo con il pallone tra i piedi; si isola dalle partite per minuti, senza andarsi a cercare il passaggio dei compagni. Il contesto del Dnipro chiaramente non lo aiutava a esprimersi al meglio da un punto di vista tecnico.

 

Dopo un’incredibile tournée in giro per l’Europa ad ascoltare proposte, alla fine Konoplyanka ha scelto il Siviglia: finalmente il salto di qualità (giocherà la Champions League, torneo di cui ha conosciuto solo i preliminari), forse in ritardo, come gli capitò da giovane, e magari anche questa volta potrebbe aver indovinato il timing della sua carriera.

 

FOTO 2 KONO

Konoplyanka e la fase difensiva: da ragazzino era pigro, da adulto corre come un pazzo per aiutare i compagni. Sia nel Dnipro che in Nazionale, diventa un esterno in un 4-4-2, e all’occorrenza fa da terzino per chiudere il terzino rivale, come in questo caso contro l’Inghilterra.

 

Nel fiume di Emery

Un esterno che ama giocare d’esterno (a testa alta) è la definizione più corretta di Konoplyanka: un ballerino della fascia, che preferisce servire assist, in un turbinio continuo di dribbling, piuttosto che segnare.

 

L’ucraino è anche un giocatore abituato a un mondo tutto suo, in cui persino Kiev è una città troppo grande e piena di pressioni: come si comporterà nella Liga? Tatticamente non dovrebbe avere troppi problemi nel 4-2-3-1 di Emery, ma deve lavorare sui suoi difetti.

 

Un giocatore dalle sue qualità non può segnare solo 7 gol nel campionato ucraino e uno in Europa League (in carriera, una media complessiva di un gol ogni cinque partite): con quella facilità di calcio e con la sua capacità di tiro non è ammissibile. Anzi, è il segnale di qualcosa che non va: gioca troppo lontano dalla porta e dal centro della manovra. A volte dall’esterno smarca tre giocatori per portarsi dalla fascia verso il centro del campo. Sono dribbling orizzontali, a volte anche all’indietro, per cercare una soluzione di gioco; ma troppo lontani da una zona pericolosa.

 

Da bambino faceva l’attaccante, è vero, e non funzionava. Il gioco di Konoplyanka lascia spazio a molti dubbi, e c’è chi lo paragona persino a un enganche. Ma la pausa di Konoplyanka sembra più quella di chi ha un talento smisurato e non ha la pressione degli avversari, e si impigrisce: non fa da vero e proprio collegamento tra i reparti, ma decide i tempi delle transizioni offensive in base allo spazio che ha davanti. È un giocatore che garantisce grande ampiezza al gioco, ma che ha difficoltà nel farsi trovare smarcato sulla trequarti avversaria: spesso si abbassa fino alla propria metà campo per ricevere il pallone, rendendosi così inoffensivo per gli avversari.

 

Inoltre, i suoi tagli in diagonale verso la porta sono spesso micidiali, ma poco utilizzati: nel 4-2-3-1 c’è sempre almeno un uomo in posizione centrale a occupargli lo spazio, ma è lo stile di gioco dell’ucraino a spingerlo più verso l’esterno. La linea laterale è un riferimento, come il corso del fiume.

 

Nel gioco di Emery le ali raramente giocano sul lungolinea: Konoplyanka dovrà abituarsi a entrare molto più spesso dentro il campo, e a non aspettare il pallone tra i piedi. La sfida per il tecnico basco è proprio questa: spingere l’ala ucraina a diventare un giocatore più associativo e meno solista; a farlo partecipare molto di più allo sviluppo della manovra offensiva, avvicinandolo all’area avversaria; mantenere la capacità di raggruppare avversari e di creare spazi per i compagni, e di determinare superiorità numerica non solo in fascia.

 

A Siviglia trova una città e un ambiente molto passionali, ma meno impegnativi e meno pressanti di altri: dopo aver rifiutato Istanbul (Galatasaray), Londra (Tottenham) e Madrid (Atlético), alla fine Konoplyanka ha scelto di nuovo un ambiente accogliente. Il Siviglia è una squadra con grandi ambizioni, ma è arrivata quinta nell’ultimo campionato: nessuno pretende che vinca la Liga, ed è chiaramente dietro alle due squadre più titolate della Spagna. Sembra il replay della sua scelta giovanile, quando optò per il Dnipro (anche se nel frattempo non regge neppure la pressione della presentazione con il Siviglia).

 

Anche a Siviglia c’è un fiume, il Guadalquivir, che lo aiuterà a orientarsi; anche a Siviglia c’è una grande tradizione di balli popolari. Uno tra tutti, la sevillana (poi assorbita nel grande calderone del flamenco), composta di quattro movimenti: c’è da scommettere che Unai allenerà l’ucraino soprattutto sull’ultimo, il “remate”, la conclusione; perché un giocatore con quel tiro dovrebbe chiudere tutte le stagioni in doppia cifra.

 

Adesso tocca solo a lui confermare che la combinazione di arti marziali e danza può funzionare anche in Spagna: Konoplyanka deve dimostrare, anche a sé stesso, di non essere un giocatore di provincia, stella di un mondo ristretto, ballerino di un teatro senza riflettori.

 
 

Tags : dniprohypeligasivigliaucrainaunai emery

Emiliano Battazzi: nato nel 1984, cresciuto in periferia a Roma. Economista, prova a coniugare la razionalità della tattica all’imprevedibilità del talento. È il caporedattore della sezione calcio de L’Ultimo Uomo.

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