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Marco D'Ottavi
Hype: Luka Jovic
05 set 2019
05 set 2019
Il salto dall'Eintrecht al Madrid ha generato grande entusiasmo.
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Luka Jović ha segnato il suo primo gol da professionista a 16 anni, 5 mesi e 5 giorni, diventando il più giovane marcatore nella storia della Stella Rossa di Belgrado. Ma se la precocità del nuovo giocatore del Real Madrid può essere vista come un segno di predestinazione, è il modo in cui lo ha realizzato a raccontarne bene il prematuro talento: Jović ha battuto il portiere del Vojvodina in uscita, con un preciso piatto sinistro da posizione defilata, dopo aver controllato un pallone difficile in area di rigore, usando la spalla sinistra. Era entrato in campo da due minuti e quella era anche la prima partita che giocava tra i professionisti, un evento di cui porta ancora la data incisa sugli scarpini.Risolvere problemi complessi all’interno dell’area di rigore, usando soluzioni (apparentemente) semplici, è la cosa che Jović sa fare meglio. Di destro, di sinistro, di testa, in acrobazia, dopo un controllo, in profondità o nello spazio stretto: Jović è una macchina costruita per fare gol in maniera efficiente, senza spreco di energie o tocchi di troppo (13 dei suoi 17 gol nell’ultima Bundesliga sono arrivati con un tocco). Una qualità quasi intangibile, tanto che lo stesso giocatore ne rivendica una matrice divina: «Dio mi ha dato questo talento e questo senso del gol. L’ho sempre avuto con me. Certo, mi sono allenato molto, ma non è qualcosa che puoi imparare. Non penso molto a dove andare nell’area di rigore, è più un istinto». Ed è questo istinto che ha spinto il Real Madrid ad investire 65 milioni di euro per il suo cartellino, dopo una sola stagione da titolare ad alto livello, con la maglia dell'Eintracht Francoforte.Passare attraverso i fallimentiEppure, ad appena due mesi dal suo acquisto, le voci intorno al suo futuro si sono già fatte piuttosto inquietanti: secondo la stampa spagnola, Zidane avrebbe bocciato Jović non ritenendolo in grado di fare il vice-Benzema, al punto da rimetterlo nuovamente sul mercato ad agosto. Almeno questa è la versione dei giornali, che a Jović hanno accostato Milan, Roma, Inter, Paris Saint Germain. Una situazione paradossale, in cui però il giocatore è sempre sembrato sereno: in quei giorni Jović postava su Instagram le foto del figlio appena nato, segnava gol spettacolari in allenamento e alla prima giornata di Liga ha debuttato con la sua nuova maglia, entrando a 9 minuti dalla fine. Alla seconda, al primo pallone toccato, ha colpito la traversa. Intervistato su questo argomento, Jović si è dimostrato sicuro della fiducia del proprio allenatore: «Zidane crede in me e la sua opinione non è cambiata durante il tempo in cui abbiamo lavorato assieme. Imparo da lui giorno dopo giorno, il che mi rende molto soddisfatto perché lui è, sia come allenatore che come giocatore, uno dei migliori al mondo». Ora che il mercato è chiuso, siamo certi che Jović rimarrà almeno fino a gennaio a Madrid, anche se non è facile intuire con che stato d’animo.Per quanto assurdo vista l’età - compirà 22 anni alla fine di dicembre - non sarebbe stata la prima volta che Jović viene bocciato ad alti livelli. Dopo aver bruciato le tappe con la maglia della Stella Rossa, è stato acquistato dal Benfica ancor prima di compiere vent’anni (Football leaks rivelerà in seguito che è stato tecnicamente acquistato dai ciprioti dell’Apollon Limassol per 2 milioni e poi girato ai lusitani). Un trasferimento che il giocatore non voleva: «Il club mi ha venduto perché aveva bisogno di soldi, quando sono arrivato a Lisbona ho pianto per tre giorni». Al Benfica Jović non riesce ad ambientarsi: lamenta problemi con la lingua, un infortunio lo tiene fuori dal campo per un po’, viene pescato la notte prima di una partita in un night club. In un anno e mezzo gioca solo 4 partite in prima squadra, restando per la maggior parte del tempo nella squadra B. Questo fallimento può essere imputato principalmente alla giovane età, ma Jović ammette la sua parte di colpe: «Ho corso più in un mese a Francoforte che in un anno a Lisbona», dirà una volta sbarcato in Germania, quando tutto è più tranquillo. Per sua fortuna Fredi Bobic, direttore sportivo dell’Eintracht Francoforte, si è ricordato di lui e lo è andato a prendere in prestito biennale con un riscatto fissato a 7 milioni: un’illuminazione. A far rifiorire lo spirito Jović, poi, è stato l’allenatore Niko Kovac: «Gli sarò sempre grato. Niko è Niko, un allenatore che ti dà il massimo, ma pretende lo stesso da te. È così che sono diventato un professionista». Il primo anno in Germania l’attaccante serbo parte spesso dalla panchina, entrando a partita in corsa come cambio di Haller - il centravanti titolare nel 4-3-2-1 con cui si dispone l’Eintracht - ma anche accanto ad Haller, quando la squadra ha bisogno di più peso offensivo. Segna 9 gol in poco più di mille minuti, dimostrando una capacità quasi surreale di vedere la porta, come nel gol allo Schalke 04 nella semifinale di DFB Pokal che finirà per essere uno dei più importanti di una stagione culminata con la vittoria della coppa.

Jović esegue un movimento complicatissimo come se stesse appoggiando di piatto un pallone in una porta vuota. 

È nell’ultima stagione, però, che il nome di Luka Jović finisce nelle ricerche Google di tutto il mondo. Il 19 ottobre 2018 segna 5 gol in una partita di Bundesliga (diventando il più giovane di sempre a farlo), contro il Fortuna Dusseldorf. Il primo è una girata in acrobazia in controtempo, il secondo un sinistro di prima intenzione dal limite dell’area, il terzo è composto da uno stop spalle alla porta e una girata improvvisa di destro, il quarto è un sinistro da dentro l’area che bacia il palo prima di entrare, il quinto - infine - è un colpo di testa.

Sembra lo showreel con tutte le pose di un attore.

A fine stagione i suoi 27 gol (di cui 10 in Europa League, dove segna praticamente in tutte le partite) saranno suddivisi così: 15 di destro, 8 di sinistro e 4 di testa, a dimostrazione di una completezza ed una varietà di soluzioni davvero unica per un ventunenne. Che attaccante è Luka JovićIn un calcio in cui i centravanti devono essere sempre più completi, Jović può risultare troppo essenziale: supera appena il metro e ottanta; non ha una visione di gioco particolarmente sviluppata (gioca meno di un passaggio chiave ogni 90 minuti); vince poco più di un terzo dei duelli aerei che ingaggia; esegue meno di un dribbling a partita; non è neanche particolarmente votato al gioco manovrato (gioca meno di 5 passaggi ogni 90 minuti nell’ultimo terzo di campo, quasi 2 in meno della media degli attaccanti con almeno 1000 minuti in Bundesliga). Insomma, non sembra un attaccante da Real Madrid. Quello che sa fare Jović, come abbiamo visto, è muoversi dentro l’area e segnare (il suo soprannome è “Serbian Falcao”). Nell’ultima stagione lo ha fatto in maniera così efficiente - un gol ogni 122 minuti, nonostante un finale di stagione in calo - che il suo compagno Rebic iniziava ad esultare appena lo vedeva ricevere palla in area di rigore. In Bundesliga ha realizzato 0.69 npg (non penalty goal) tirando 3.7 volte a partita, segnando su azione praticamente il doppio rispetto alla media degli attaccanti del campionato tedesco, che è di 0.38 npg, pur tirando solo una volta in più (la media di tiri per 90 minuti degli attaccanti con almeno 1000 minuti è di 2.7). Più si avvicina all’area di rigore, più Jović diventa veloce, preciso e determinato. Più si allontana e più vengono fuori i suoi difetti. Può sparire per intere partite per poi ricomparire dal nulla per fare gol: «Non posso andare come un razzo per 90 minuti, di sicuro ho forza fisica che ho sviluppato molto nel tempo, ma so gestirla: uso la forza nei momenti in cui non ci arrivo con la testa». Per l’attaccante serbo fare gol è una questione di anticipi, tempi e angoli; più che il volume, conta l’efficienza (Jović in Bundesliga è stato il secondo giocatore per tiri nello specchio della porta, dietro solo ad Alcacer che ha avuto una stagione statistica fuori di testa). Per questo c’è poca differenza tra il piede forte, il destro, e il sinistro: come si vede nei gol segnati in Europa League, per Jović l’importante è farsi trovare al posto giusto, crearsi lo spazio sufficiente per superare il portiere.

Ad aiutarlo è stata anche l’intuizione di Hutter, l’allenatore che ha sostituito Kovac, di considerarlo come complementare ad Haller e non come alternativo. Insieme a Rebic, il trequartista della squadra ora al Milan, hanno arato la Bundesliga e l’Europa League con il loro calcio diretto e verticale: a febbraio avevano contribuito in maniera diretta a 36 dei 39 gol dell’Eintracht Francoforte. È stato soprattutto Jović a beneficiare dei movimenti continui dei due compagni: con Haller naturalmente predisposto a mettersi a disposizione, con sponde e movimenti ad uscire, e Rebic abile sia nel muoversi tra le linee che ad attaccare gli spazi con conduzioni veloci, Jović poteva giocare quasi totalmente in relazione ai movimenti della difesa avversaria, attaccando gli spazi alle spalle o cercando la posizione migliore all’interno dell’area di rigore quando il gioco passava per gli esterni. Il gioco verticale e diretto dell’Eintracht ha permesso a Jović di far valere le sue qualità istintive, lasciato libero di muoversi a piacimento lungo il fronte offensivo, ma bisogna vedere come queste possono essere traslate nel Real Madrid.Il futuro di Jović a MadridDopo le voci minacciose che lo davano lontano da Madrid, Jović ha esordito da titolare alla terza giornata, contro il Villarreal. Ha toccato il primo pallone dopo 5 minuti e 48 secondi, girando con la testa di poco alto un calcio d’angolo calciato da Kroos. In un 4-4-2 asimmetrico in cui Bale entrava molto dentro al campo da sinistra, Jović ha agito sul centro-destra dell’attacco, rimanendo però sempre dietro a Benzema, non la soluzione ideale per lui. Costretto a giocare spesso spalle alla porta, Jović non ha avuto molte occasioni di far vedere il proprio talento in area, tuttavia un suo colpo di tacco geniale ha innescato il gol del pareggio di Bale. L’utilizzo ideale di Jović, in un sistema simile, avverrebbe attraverso lo scambio delle posizioni con Benzema: l’attaccante serbo ha mostrato il meglio del suo gioco quando impiegato insieme ad un centravanti di raccordo, e chi meglio del francese? Tuttavia non è facile affrontare discorsi tattici in questo momento: oggi il Real Madrid è più che mai un cantiere aperto, soprattutto nei ruoli offensivi.Contro il Villarreal mancavano Hazard, Isco, James Rodriguez e Marco Asensio. I giocatori offensivi a disposizione di Zidane sono 12, molti dei quali esterni di ruolo o rifinitori. Difficilmente il Real Madrid giocherà ancora molte partite con due centravanti di ruolo e l’ipotesi più probabile è il ritorno al 4-3-3, o comunque ad un modulo che prevede il solo Benzema al centro. Per questo in futuro sarà difficile vedere Jović partire titolare con regolarità, ma è assurdo pensare che non possa neanche essere il sostituto di Benzema. Un secondo centravanti affidabile sotto porta è invece una necessità per il Real Madrid: nella scorsa stagione Benzema ha giocato il più alto numero di minuti in Liga della carriera, in controtendenza con quello che dovrebbe essere l’impiego di un giocatore che ha superato i 30 anni. Negli ultimi anni Borja Mayoral e Mariano non hanno dimostrato abbastanza da permettere al francese di gestirsi.L’unico ad aver avuto un vero impatto da vice-Benzema è stato Morata nella stagione 2016/17. Pur partendo quasi sempre dalla panchina, lo spagnolo era risultato decisivo per la vittoria della Liga, segnando 15 gol in appena 1331 minuti giocati (4 più del francese). La gestione dei due da parte di Zidane era stata abbastanza scolastica, ma tremendamente efficace: Benzema era il titolare, mentre Morata entrava a partita in corso per sfruttare le sue doti atletiche contro difese stanche. Nelle settimane di Champions, o comunque in occasione di più partite ravvicinate, era invece lo spagnolo a partire dal primo minuto in campionato, soprattutto nella parte finale della stagione. Quella è stata l’unica Liga vinta dal Real Madrid negli ultimi 7 anni, una tendenza che i Blancos devono provare ad invertire. Ad appena 21 anni, Jović sembra il profilo adatto da alternare al Benzema. Come abbiamo detto non ha la capacità di associarsi con i compagni del francese, ma a partita in corsa ha l’energia e la forza per generare caos e pericoli contro difese arroccate o con formazioni allungate. La qualità dei compagni gli permetterà di toccare molti palloni all’interno dell’area di rigore, dove i suoi numeri sono spaventosi. Certo, la concorrenza è spietata e il serbo dovrà guadagnarsi ogni minuto in campo. In ogni caso Jović non ha fretta: ha iniziato a segnare a 16 anni e continuerà a farlo per molti anni.

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