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Hype Firmino
06 ago 2015
06 ago 2015
La nuova puntata di Hype, la rubrica nella quale analizziamo giocatori al confine tra promessa e campione. Il protagonista stavolta è Roberto Firmino.
(articolo)
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Quella di Firmino è l’ennesima storia a lieto fine di un ragazzino brasiliano cresciuto in povertà e riscattatosi grazie al calcio. A memoria, di calciatori sudamericani forti e nati bene, ricordo solo il figlio dell’ingegner Bosco Leite, meglio conosciuto come Kaká. Eppure il percorso netto che ha portato Roberto Firmino dallo stato di Alagoas alla Mersey non è stato né agevole né in mani sempre sicure.

Firmino iniziò, già tredicenne, a giocare nel Clube de Regatas Brasil, la principale società di Maceió, capitale alagoana e sua città natale. Maceió è una città piena di contraddizioni: sorge su una delle coste più belle del mondo, sulla punta orientale del Brasile, ma sta provando a vivere di turismo solo da qualche decennio, ancora oggi è una zona molto industrializzata. Il piccolo Roberto, quando non si allenava, aiutava la famiglia vendendo cocco ai turisti, tanto per rispettare i cliché dell’agiografia dell’eroe del futebol.

Nelle mani di un dentista

Nel CRB fu inizialmente schierato come mediano incontrista, il classico volante davanti alla difesa. Un ruolo di fatica che relegava Firmino a un interesse degli scout solo marginale. Il primo a riconoscere nel ragazzo un talento superiore alla media fu Marcello Portella, dentista di professione, che era solito girare per i campetti della sua città nel tempo libero. Portella, non prima di essersi assicurato la procura del calciatore, iniziò a proporre Firmino a diverse società, ricevendo parecchie porte in faccia.

Firmino diventò un problema per la sua famiglia, che non riusciva a coprire i costi dovuti ai suoi provini. Il suo primo allenatore al CRB, Guilherme Farias, e lo stesso Portella presero allora a pagargli i biglietti per gli spostamenti in autobus. Uno sforzo lodevole ma infruttuoso: tra i grandi club brasiliani, solo il San Paolo arrivò a formalizzare una proposta di contratto; l’importo dell’ingaggio però era talmente basso da non poter essere preso in considerazione.

Portella finì per proporre Firmino alla Figueirense, un club dello stato di Santa Catarina, nell’estremo sud del paese, a 3000 chilometri di distanza da Maceió. La Figueira era un club con una presenza stabile nella Serie B nazionale, qualche sporadica apparizione in A e con un vivaio che aveva prodotto due terzini sinistri da Nazionale: André Santos, ex Arsenal, e Filipe Luís, ora all’Atletico di Madrid. Il ragazzino, forse avvertendo quella come la sua ultima spiaggia, sfoderò due gol in rovesciata durante il provino e fu preso. Era il 2008 e Firmino aveva 17 anni.

Il primo gol da professionista di Firmino, segnato l’8 Maggio 2010 contro il São Caetano.

Pedina di scambio

L’allenatore delle giovanili lo impostò subito come trequartista, soprattutto per sfruttare la sua velocità. La Serie B brasileira si gioca da Maggio a Novembre e a fine 2009, con la promozione ormai fuori portata, Firmino fece il suo debutto tra i professionisti. In una delle prime interviste televisive sembra faticare con le parole, almeno fino a quando non gli viene chiesto di paragonarsi a un altro calciatore. In molti avevano notato una somiglianza con Kaká, ma è quasi una consuetudine, per i giovani trequartisti, subire l’accostamento all’ex milanista; specialmente per quelli rapidi e tatticamente intelligenti, come Firmino stesso si definisce. Roberto tira fuori il nome di Ronaldo Gaucho, al secolo Ronaldo de Assis Moreira, aka Ronaldinho, con una tale naturalezza che sembrava parlasse di un compagno di squadra alla Figueirense.

Firmino non aveva la progressione elegante di Kakà, né il primo controllo definitivo di Ronaldinho. Quando correva, era caracollante come lo è uno alla prima lezione del corso di samba. Però capiva il gioco e aveva una gran facilità di calcio col destro.

Già nella stagione successiva al debutto diventò titolare in pianta stabile e con i suoi 8 gol in 36 presenze trascinò la Figueirense al secondo posto che valse la promozione. Venne eletto “Giocatore rivelazione del torneo” e l’interesse delle società europee si accese. A condurre le trattative che decisero il destino di Firmino, però, non fu la Figueirense, che pure lo ha formato, ma i dilettanti della Tombense.

Nel Marzo 2010 infatti, Firmino venne inserito in una maxi-operazione di mercato con altri tre calciatori: la Tombense acquisì i diritti sportivi dei quattro per una cifra mai resa nota; poi li girò in prestito alla stessa Figueirense, il successivo 1 Aprile. Il regista dell’intera operazione era il potente procuratore Eduardo Uram (in Italia oggi gestisce gli interessi del neo napoletano Allan), all’epoca anche proprietario del club acquirente.

Dopo 8 mesi, Firmino venne ceduto ai tedeschi dell’Hoffenheim per una cifra neanche troppo alta, vicina ai 4 milioni di Euro. Alla Figueirense venne riconosciuto il solo contributo di solidarietà imposto dalla FIFA, pari al 5% dell’importo della transazione.

Più che le movenze del giovane trequartista, di questo filmato mi ha attirato il nome di chi lo ha caricato: Alexandre Uram, figlio di Eduardo, utilizzava Youtube a mo’ di Istituto Luce per promuovere i calciatori della propria scuderia.

Insicurezza

Un campionato europeo dovrebbe rappresentare un approdo sicuro per la maggior parte dei calciatori, e Firmino fu subito raggiunto in Germania da tutta la sua famiglia poco dopo il suo trasferimento. Ufficialmente i genitori e i fratelli avrebbero aiutato Roberto a completare il suo inserimento in un contesto, sportivo e sociale, completamente differente; in realtà il trasferimento in Europa aveva regalato al ragazzo una certa notorietà e per chi era rimasto a Maceió il rischio di un rapimento a scopo estorsivo era reale.

Per di più il TSG 1899 Hoffenheim è la franchigia più chiacchierata della Bundesliga. La società prende il nome dall’omonimo villaggio di 3000 anime e ha una storia calcistica tutt’altro che esaltante: negli anni ’90, la squadra locale militava nel campionato regionale del Baden-Württemberg, ottavo livello nella piramide calcistica teutonica. All’inizio degli anni 2000, il club venne acquisito dal miliardario Dietmar Hopp, co-fondatore del colosso del mercato dei software gestionali SAP, che iniziò a far fluire nelle casse dell’Hoffenheim ingenti quantità di denaro. Il club cominciò la scalata verso il professionismo ma Hopp era tutto tranne che un salvatore della patria: nel 2005 provò anche a spostare la squadra ad Heidelberg, dove il bacino di utenza sarebbe stato ben maggiore. Dopo questo tentativo, Hopp raddoppiò gli sforzi e diede inizio ai lavori per la costruzione di un nuovo stadio, un impianto ultra-moderno da 30000 posti: praticamente una cattedrale nel deserto.

Il diciannovenne Firmino arrivò in Germania i primi giorni del Gennaio 2011 confidando nell’aiuto di un altro alagoano in forza ai tedeschi a quei tempi, Luiz Gustavo: ma il centrocampista della Nazionale venne ceduto al Bayern Monaco in quella stessa sessione di mercato. I primi mesi di Firmino diciottenne non furono facili e l’esordio in campionato arrivò solo il 2 Marzo. Da lì alla fine della stagione collezionò solo 11 presenze, partendo 6 volte dalla panchina. Riuscì comunque a condire il suo scarno impiego con 3 gol.

Tranne che per qualche incidente di percorso (venne messo in tribuna nel Novembre dello stesso anno per dei ritardi agli allenamenti), il minutaggio di Firmino crebbe nei mesi costantemente, così come crebbero le sue prestazioni.

Firmino che abbatte da solo l’Amburgo nel 2013: due gol e tre assist nel 1-5 finale.

Diventare sé stesso

Gli allenamenti con l’Hoffenheim gli hanno irrobustito le gambe. Ha migliorato l’uso del corpo e ha acquisito un tempismo invidiabile nello stacco di testa, permettendogli di segnare tanti gol contro i difensori della Bundesliga, fisicamente ben più dotati. Ha migliorato il piede debole, il sinistro, ma se deve saltare l’avversario in dribbling porta sempre il pallone sul destro. Questo potrebbe sembrare un limite in alcune occasioni, ma nella maggior parte dei casi il tempismo eccezionale e la finezza del tocco di cui è dotato gli permettono di prendere il difensore sul tempo.

E poi lavora tantissimo senza palla, sia per smarcarsi e ricevere che per pressare e riconquistare il possesso. Quello che ha fuori dalla norma è la visione del gioco: sa dove arriverà il pallone, gioca a testa alta e tiene sempre sotto controllo la posizione relativa dei compagni; è come se avesse un radar interno: se gli altri dettano il movimento giusto, lui fornisce loro assistenze di qualità. Inoltre riesce a capitalizzare le incertezze degli avversari come pochi. O meglio, come uno in particolare.

Protezione della palla livello: calcio di strada.

Guardando i filmati, ho riconosciuto negli occhi dei difensori la stessa apprensione provata da quelli che affrontano Luis Suarez, come se provassero, sulla loro pelle per la prima volta, l’irrimediabile vulnerabilità di un portiere: se sbaglio ora, prendiamo gol. Roberto sa creare gioco, e vede la porta come un attaccante: la stagione 2013/14 è stata la sua migliore in Germania, quando ha finito in doppia cifra con gli assist e con i gol.

La sua prolificità nell’ultimo biennio è forse il motivo che ha spinto Dunga a schierarlo come punta titolare in Copa América nel 4-2-3-1, in mancanza di reali alternative nel ruolo. Nel torneo continentale, Firmino non ha brillato perché tende a rientrare a centrocampo per dare una mano in fase di costruzione o di pressing; così facendo, portava su la difesa e finiva per comprimere gli spazi sulla trequarti per sé e per i suoi compagni. Quando però ha un attaccante davanti a lui che costringe la difesa ad abbassarsi, brucia gli avversari in velocità e finisce con freddezza.

Firmino è un calciatore seminale e somiglia solo a sé stesso.

Dunga convoca Firmino in una delle prime uscite della Seleçao post-Mondiale. Roberto esordisce nel finale di partita contro la Turchia e, sei giorni dopo, battezza la sua seconda presenza con un destro così.

Gli osservatori iniziarono a fare la fila per lui, a Marzo 2014 quelli della Bild ne contarono addirittura dieci in una volta. Il contratto di Firmino sarebbe scaduto nel Giugno del 2015 e l’Hoffenheim non avrebbe avuto alcuna arma per difendersi da un assalto dei grandi club, di riuscire a strappare un buon prezzo non se ne parlava proprio.

Roberto venne incontro alla sua squadra, decidendo di restare ancora un altro anno e ponendo la firma su un contratto con scadenza aggiornata al 2017. L’estate 2015 è quindi l’ultima occasione per venderlo bene e i tedeschi la colgono, accettando un’offerta monstre da 41 milioni di Euro da parte del Liverpool.

La corsa di Firmino è così naturale, sembra quasi che senta il vuoto creato dal movimento di Willian prima di vederlo, e che ne venga risucchiato.

Salto finale?

Il trasferimento di Firmino oltremanica ha destato l’interesse dei media perché, seppur in un mercato drogato come quello inglese, il transfer fee versato dal Liverpool è comunque una cifra importante per un ventitreenne. Rodgers ha cercato di togliere pressione al ragazzo, sostenendo da subito che Firmino non era stato preso per sostituire Raheem Sterling. Non ha di certo aiutato la dichiarazione di Lucas Leiva, secondo il quale Firmino può avere un impatto sui Reds paragonabile a quello che ha avuto Suarez.

Lui comunque ha detto di non essere preoccupato dall’impatto con la nuova realtà. Quando, a 19 anni, passi dall’estate di Florianópolis all’inverno di Hoffenheim cosa può farti davvero paura?

L’adattamento di Firmino al calcio inglese passerà attraverso l’intesa con un altro brasiliano in forza al Liverpool: Philippe Coutinho. L’ex interista ha reso al meglio nella seconda parte della scorsa stagione, quando gli attaccanti facevano i loro movimenti con i tempi giusti e il brasiliano li assisteva con le sue proverbiali verticalizzazioni. L’attitudine di Firmino nel prendere lo spazio partendo da lontano sembra sposarsi alla perfezione con le qualità del compagno di nazionale.

Firmino e Coutinho, probabilmente, partiranno affiancati alle spalle dell’unica punta, il belga Benteke, nel 3-4-2-1 sperimentato a lungo da Rodgers nel 2015. I Reds potrebbero anche tornare a un centrocampo a rombo, con Firmino nel ruolo di seconda punta e Coutinho unico trequartista. Oppure Coutinho potrebbe definitivamente abbassare il baricentro della sua azione e imporsi come interno/regista di centrocampo e lasciare lo slot da trequartista a Firmino. Quest’ultima è una soluzione da considerare soprattutto quando, finalmente, Daniel Sturridge sarà di nuovo fisicamente al 100% e Rodgers avrà a disposizione una potenza di fuoco simile a quella del Liverpool che sfiorò il titolo nel 2013-14.

Queste sono, almeno al momento, tutte illazioni. Firmino non ha partecipato alla tournée malese della sua nuova squadra perché ha goduto di un permesso extra dopo la Copa América. E non ha preso parte all’amichevole in Finlandia, per concentrarsi sul recupero della condizione nel centro sportivo di Melwood.

Condizione fisica che è apparsa approssimativa nei sessantasette minuti giocati contro lo Swindon Town. Rodgers, che ha voluto concedere spazio a chi aveva giocato poco in preseason, ha schierato Firmino come ala sinistra nel tridente di un Liverpool raffazzonato.

I difensori dello Swindon hanno dato il benvenuto in Inghilterra al nuovo arrivato, a modo loro.

Le prime partite ufficiali daranno quindi una misura della statura, soprattutto mentale, del calciatore brasiliano: alla terza e alla quinta giornata ci sono già Arsenal e Manchester United, due trasferte da far tremare i polsi.

Ma le storie come la sua non sono tutte a lieto fine?

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