Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Luca Fortini
Come gli Houston Astros si sono aggiudicati le World Series
08 nov 2022
08 nov 2022
Una finale improbabile e spettacolare.
(di)
Luca Fortini
(foto)
Bob Levey/Getty Images
(foto) Bob Levey/Getty Images
Dark mode
(ON)

Gli Houston Astros sono di nuovo campioni del mondo. Il successo contro i Philadelphia Phillies è arrivato a coronamento di una stagione sontuosa, grazie a una stagione regolare da 106 vittorie e 56 sconfitte e dei playoff monumentali dove hanno vinto 11 delle 13 partite disputate. Se è vero che la MLB è la lega in cui è più difficile vincere anche se si è la squadra più forte, per via di un formato che rende ogni sfida particolarmente incerta, gli Astros sono riusciti a estendere il loro dominio fino alla vittoria, facendo prevalere la legge del più forte. La marcia di avvicinamento al Fall Classic Astros e Phillies sono arrivate alle World Series dopo aver percorso sentieri completamente opposti. Anche l’unico punto di contatto, l’imbattibilità casalinga durante la postseason, va contestualizzato, visto che gli Astros venivano da due sweep: 3-0 ai Seattle Mariners nelle Division Series e 4-0 ai New York Yankees nelle Championship Series. Già dalla scorsa offseason Houston era la squadra favorita grazie una qualità e una profondità tra i lanciatori che si è vista poche volte nella storia, con i lanciatori usciti dal bullpen che in 33 inning di utilizzo tra ALDS e ALCS hanno concesso appena 3 punti (0,82 ERA). Anche perché, avendo nella rotation il quasi certo vincitore del CY Young Award Justin Verlander e con un Framber Valdez reduce da una stagione in cui ha stabilito il record per il maggior numero di quality start consecutive, Dusty Baker avrebbe potuto dormire sonni tranquilli (A proposito, Baker è diventato il manager più anziano ad allenare una gara delle World Series, ad oltre 73 anni, ed è anche l'inventore del "cinque", uno dei gesti più famosi al mondo). La squadra è comunque molto simile a quella che lo scorso è stata abbattuta a suon di fuoricampo dagli Atlanta Braves, sempre nelle World Series. Con un Justin Verlander in più, però, assente lo scorso anno per infortunio e con Jeremy Peña, MVP delle Championship Series, che ha sostituito senza far rimpiangere Carlos Correa, uno dei migliori interbase della MLB. Diametralmente opposto il cammino dei Philadelphia Phillies. Sesto e ultimo team della National League a qualificarsi alla postseason, hanno avuto una stagione travagliata, che ha anche visto il licenziamento del manager Joe Girardi. I playoff, comunque, erano l’obiettivo dichiarato da inizio anno, ma arrivati alla postseason hanno avuto il lusso di poter giocare senza pressione, perché qualsiasi risultato fosse arrivato, sarebbe stato un plus rispetto a quanto previsto inizialmente. Bryce Harper, leader indiscusso dei Phillies e miglior amico della mascotte Phillie Phanatic nel tempo libero, ha spazzato via l’appellativo di “overrated” – che troppo spesso gli veniva affibbiato – a suon di valide. Specialmente fuoricampo, o doppi nel peggiore dei casi, inanellando una serie di 7 gare consecutive con almeno una extrabase-hit, soltanto una in meno del record dei playoff.

Durante i festeggiamenti per l’approdo alle World Series, John Middleton – presidente dei Philadelphia Phillies – ha fornito la sua personale opinione su un contratto da 330 milioni di dollari.

Le sue eccezionali prestazioni sono state supportate da una parte alta del lineup che ha spesso risolto situazioni di difficoltà a suon di fuoricampo, quelli che realmente fanno la differenza nell’october baseball. Schwarber, Hoskins e Realmuto hanno avuto la capacità di annusare l’odore del sangue e puntare alla giugulare delle partite (e delle serie), scegliendo con cura i momenti in cui era richiesto un loro swing. Sul monte di lancio, i Phillies hanno potuto contare su Nola e Wheeler, due favolosi lanciatori partenti, supportati anche da Ranger Suarez. Necessariamente, con l’avanzare del loro cammino, hanno avuto bisogno di trovare inning di qualità anche dai lanciatori di seconda fascia, tra cui quel Noah Syndergaard, arrivato alla trade deadline proprio per allungare la rotazione ad ottobre. Due squadre agli antipodi, quindi, anche considerando le vittorie nella stagione regolare: 19 in più per gli Astros; soltanto nel 1906, nella sfida tutta di Chicago tra Cubs e White Sox ci fu uno scarto di vittorie maggiore tra due squadre che lottavano per l’anello. Per non parlare anche dell’esperienza nelle World Series: 17 giocatori degli Astros avevano già partecipato almeno una volta all’ultimo atto, mentre per i Phillies solo in tre. Franchigie con filosofie diametralmente opposte anche sulla composizione del roster: 15 giocatori nati al di fuori del territorio statunitense per la squadra con sede a Houston, soltanto 5 invece per Philadelphia.

Riassumere con una frase tutto quanto appena detto, si può? Beh, se la frase è quella di questo tweet, allora sì.

Houston, i Phillies sono un problema I quattro giorni di riposo hanno permesso entrambe le squadre di organizzare la rotazione dei lanciatori nel modo ottimale, facendo quindi in modo che gara 1 e gara 2 fossero lanciate dai loro migliori pitcher. Questo ha portato ad affrontarsi, all’inizio della prima partita, Verlander e Nola e, come spesso accade quando si scontrano due grandi lanciatori, gli attacchi hanno rubato la scena. Houston ha messo insieme i primi 2 punti già nel secondo inning, per poi replicare lo swing nel terzo, ma con due uomini sulle basi che gli sono valsi un nuovo fuoricampo da 3 punti. Un vantaggio di 5-0 poteva essere tranquillizzante, anche perché gli Astros erano 29-0 ai playoff quando avanti di 5 o più punti, ma una nella parte alta del quarto inning, i Phillies, improvvisamente ed imprevedibilmente, hanno però costruito un rally da 3 punti, replicato nuovamente nell’attacco successivo per conquistare i 2 punti del pareggio. Verlander è passato da una perfect game, a fronteggiare nuovamente l’incubo delle World Series, dove prima di Gara 1 in 7 partenze aveva un non invidiabile score di 0 vittorie e 6 sconfitte. La sfida è poi rimasta in equilibrio quando sono saliti sul monte di lancio i rilievi delle due squadre. Dal sesto al nono inning i lanciatori sono tornati a dominare sugli attacchi, trascinando così la contesa agli extra-inning, complice anche una presa al volo di Castellanos nel nono che ha salvato il momentaneo pareggio.

Nono inning, 2 out, corridore in posizione punto. Schwarber fa avanzare di 20 piedi gli esterni, proprio prevedendo questo scenario. Castellanos fa il resto.

Non ne sono serviti molti altri di inning, però, visto che al decimo J.T. Realmuto ha dato dimostrazione del perché sia il miglior ricevitore della lega, spedendo oltre il muro una fastball di Luis Garcia e mettendo in cassaforte la vittoria, arrivata nella parte bassa dell’inning con la salvezza di Robertson. Phillies, quindi, ha provato a ribaltare l’inerzia già da gara-1, vincendo in trasferta contro uno dei migliori lanciatori della lega e in gara-2 hanno provato a riservare a Framber Valdez, lanciatore partente di Houston, lo stesso trattamento riservato a Verlander: far lievitare il numero di lanci per poi approfittarne alla prima insicurezza. Ma in campo a cambiare è stato l’approccio dell’attacco degli Astros, diventato significativamente più aggressivo. La prova di questa nuova mentalità si è vista fin dall’inizio, trovando il suo picco quando Alvarez è avanzato in terza base, sfidando il lancio dell’esterno centro.

L’inizio degli Astros non si era mai visto nelle World Series. Nessuno aveva colpito tre valide da extrabase per iniziare la partita prima di allora.

Lo strappo definitivo è arrivato nel quinto inning, quando Bregman ha sfruttato l’ennesimo lancio rimasto a mezz’altezza di Wheeler e mandando la palla in tribuna per il fuoricampo da 2 punti del 5-0. Il lanciatore dei Phillies non è mai riuscito a dare la giusta location ai suoi lanci e 4 delle 6 valide concesse sono arrivate con lanci middle-middle, i più facili da battere perché rimasti in mezzo all’area di strike. La partita si è ufficiosamente conclusa su una raccolta al volo da Tucker e a nulla è valso il punto segnato nuovamente dai Phillies nel nono inning. Gli Astros hanno vinto gara 2 con il punteggio di 5-2 impattando la serie sull’1-1. Un giorno di pausa per consentire un agevole trasferimento in Pennsylvania e poi si è tornati in campo per gara 3, tra le mura dei Philadelphia Phillies. Tra l’altro, agli addetti ai lavori non è passata inosservata la prestazione dell’arbitro di casa base Pat Hoberg, ritenuto di gran lunga il miglior arbitro della lega. Hoberg è infatti stato perfetto in tutti i 129 lanci che si è trovato a giudicare.

L’introduzione dei robot-umpire è ormai soltanto una questione di tempo. Ma solo perché Pat Hoberg non può arbitrare tutte le 2430 partite della stagione MLB.

Philadelphia, il fattore campo diventa cruciale La serie si è quindi spostata al Citizens Bank Park, dove i Phillies si sono presentati ancora imbattuti in questi playoff e dove, prima di gara 3, vantavano una winning percentage nella post-season di .700, la più alta nella storia MLB. Gara 3, inizialmente prevista la notte di Halloween, è stata spostata al giorno successivo per via della pioggia, consentendo così a Philadelphia di riproporre Ranger Suarez sul monte di lancio, dopo l’apparizione da rilievo in gara 1. Già dal primo inning, la partita ha preso una piega ben precisa. Bryce Harper, tornato nel box di battuta casalingo per la prima volta dopo il fuoricampo che ha portato la sua squadra al fall classic, non ha aspettato molto per ripetersi. Ha devastato il primo lancio che Lance McCullers gli ha proposto, spedendo la palla in tribuna e portando a casa anche Schwarber, per il fuoricampo del momentaneo 2-0.

Non è certo la prima volta che una palla battuta da Harper raggiunge quella zona, ma è sicuramente una delle più importanti.

La partita si è praticamente chiusa su quello swing, da lì in poi si è giocato per i record. McCullers, infatti, è stato il primo lanciatore nella storia delle World Series a concedere 5 fuoricampo in una partita, tra cui anche il numero 1000 della storia del Fall Classic, battuto da Alec Bohm. Sul clamoroso fuoricampo del 6-0 di Schwarber, uscito dalla mazza ad un’impressionante velocità di 113,2 miglia orarie e con una projected distance di 443 piedi, la terra ha letteralmente tremato. Il boato prodotto dai tifosi Phillies ha infatti provocato una scossa registrata dai sismografi circostanti.

Oltre alla scossa nel riquadro rosso, se ne può notare una più piccola in occasione del fuoricampo del definitivo 7-0 di Hoskins, avvenuto subito dopo.

Gara-4, il giorno successivo, ha invece avuto un inizio dalle polveri bagnate per i due attacchi, che hanno visto i primi 4 inning filare via senza riuscire a segnare alcun punto. Nella parte alta del quinto, Aaron Nola, partente dei Phillies, ha riempito però le basi concedendo 3 valide. È corso in suo soccorso José Alvarado, uno dei migliori rilievi a disposizione del manager Rob Thomson. Il venezuelano, però, non solo ha fatto arrivare a casa base tutti i corridori ereditati da Nola, ma ha concesso anche altre 2 run. L’eruzione dell’attacco arancione ha portato la partita sul 5-0, mentre Cristian Javier, partente di Houston, scalfiva a mano a mano le certezze dei Phillies a suon di fastball e slider. Il dominicano, infatti, è stato il primo lanciatore dal 1969 a lanciare 6 inning senza valide concesse nelle World Series. Abreu, Montero e Pressly, rilievi saliti sul monte di lancio dopo Javier, hanno poi concluso l’opera, portando a casa il terzo no-hitter nella storia dei play off ed il primo combined, ovvero lanciato da più di un pitcher.

Da sinistra verso destra: Rafael Montero (1 IP, 1K), Bryan Abreu (1 IP, 3K), Cristian Javier (6 IP, 9K), Christian Vazquez (ricevitore), Ryan Pressly (1 IP, 1K).

Gara-5 si è quindi aperta con il momentum totalmente spostatosi nel dugout texano e la parte alta del primo inning non ha fatto altro che confermarne la sensazione. Leadoff triple di Altuve e singola di Peña per l’immediato 1-0 degli Astros. Sulla successiva at-bat, è salito in cattedra Realmuto, ricevitore dei Phillies, che ha perfezionato una delle giocate più spettacolari del baseball. Syndergaard ha eliminato Alvarez con uno strikeout e Realmuto ha concluso il doppio gioco eliminando Peña, che aveva tentato la rubata, in seconda base. Realmuto ha impiegato appena 1,85 secondi dal momento in cui ha ricevuto il lancio del suo pitcher per far arrivare il dardo in seconda base, scagliando la palla ad una velocità di 85,2 miglia orarie, ritoccando in entrambi i casi il record di questa postseason.

J.T. Realmuto: dal best catcher in baseball è tutto.

Nella parte bassa dell’inning, Schwarber ha riportato la situazione in parità con un leadoff home run – quinta Schwar-bomb dei playoff – tornando a far ruggire il Citizens Bank Park, che tra l’altro era stato ben aizzato da Meek Mill, esibitosi prima della partita insieme alla mascotte Phillie Phanatic.

Bello esibirsi prima di una gara delle World Series nella propria città, ma poter salire sul quad di Phillie Phanatic è il vero privilegio di cui andar fieri.

Dopo un primo inning complicato, Thor (così viene chiamato Syndergaard per via della somiglianza con il dio germanico, rievocato dalla Marvel) ha eliminato i successivi 8 battitori che ha affrontato, fino ad arrivare nuovamente a Peña. Il rookie ha approfittato di una curva rimasta a mezz’aria e l’ha lanciata sugli spalti, portando nuovamente avanti gli Astros 2-1. Lì è finita la partita di Syndergaard ed è iniziato il via vai di rilievi per i Phillies. Verlander, partente per gli Astros, è riuscito a lanciare 5 inning con un solo punto concesso, prima di essere tolto dalla partita. I Phillies sono spesso riusciti a mandare uomini sulle basi, ma poi hanno peccato di concretezza, senza mai riuscire a far loro compiere il giro fino ad home plate. Hanno infatti infilato una serie – a cavallo di gara 3, gara 4 e gara 5 – di 20 at-bats con il corridore in posizione punto senza una battuta valida. Gli Astros si sono invece cinicamente portati sul 3-1 nella parte alta dell’ottavo, salvo poi concedere il secondo punto nella parte bassa dell’inning. Houston è comunque riuscita ad arginare la folata di Philadelphia, mantenendo così il vantaggio e portandosi a soli 3 out dalla vittoria di una fondamentale gara-5. Si è quindi arrivati alla parte bassa del nono, l’ultima spiaggia per i Phillies, dove Realmuto è stato rubato di una battuta da extra-base da Chas McCormick, esterno centro degli Astros, che ha effettuato una sontuosa presa al volo. Harper è solamente riuscito a rimandare l’ultima eliminazione, arrivata con Nick Castellanos, che ha portato gli Astros avanti 3-2 nella serie, con due match point da potersi giocare tra le mura amiche.

Chas McCormick e la presa più importante della sua carriera.

Ai Phillies è mancato il core del lineup. Nelle due sconfitte casalinge, Hoskins, Realmuto e Castellanos, che rispettivamente occupano gli spot 2, 3 e 5, sono andati 0 su 25, con una sola base ball. Troppo poco per impensierire i lanciatori avversari. Si torna a Houston per decidere la serie: una consuetudine ormai Le World Series si sarebbero quindi decise al Minute Maid Park, come successo per tre volte nelle ultime quattro stagioni. Questa volta, però, sono stati gli Astros nella condizione di avere due possibilità di portarsi a casa il Commisioner’s Trophy. In gara-6 Valdez e Wheeler, lanciatori partenti rispettivamente di Astros e Phillies, hanno saputo sfruttare a loro favore la tensione che trasudava l’intero ballpark, riuscendo ad ammutolire gli attacchi avversari per 5 riprese. La sinfonia composta da fastball, sinker e curve è stata bruscamente interrotta dall’assolo di Kyle Schwarber e dal suo consueto crack of the bat, risuonato per la terza volta nella serie. Vantaggio Phillies e inizio di una nuova (mini)partita a 4 inning. Nel successivo attacco degli Astros, infatti, Martin Maldonado – ricevitore e di gran lunga peggior battitore della squadra – ha scelto di posizionarsi molto più interno nel box di battuta. L’intento dichiarato era quello di andare in base dopo essere stato colpito, perché difficilmente sarebbe arrivata una valida. Wheeler, però, è caduto nella tela imbastitagli da Maldonado, addirittura lanciandogli 3 sinker interne consecutive. L’hit by pitch è quindi ovviamente arrivato, mandando il leadoff dell’inning in base. Dopo aver ottenuto un out con il battitore successivo, Wheeler ha concesso un’altra valida a Peña. Con corridori agli angoli e un solo out, Alvarado è entrato dal bullpen per risolvere la situazione. Decisione già di per sé discutibile, visto che già in gara-4 Alvarado era stato impiegato in una situazione simile ed era riuscito nell’ardua impresa di uscire ancora peggio di quanto si potesse immaginare. In più, Ranger Suarez, mattatore in gara 3, poteva tranquillamente essere impiegato da rilievo, visto che l’eventuale gara 7 sarebbe stata lanciata da Nola. Alvarado si è trovato ad affrontare subito Jordan Alvarez, insolitamente assente dalla serie, ma pur sempre il miglior battitore mancino della lega contro lanciatori mancini. Sul conto di 2-1, Alvarez ha approfittato di un lancio in mezzo al piatto che arrivava a 98,9 miglia orarie, per rimandarlo indietro con una velocità di 112,5 mp/h e farlo atterrare a 450 piedi di distanza.

Essendo a Houston, dove ha sede la NASA, è più probabile sia stato un esperimento per il lancio in orbita di un satellite, piuttosto che un semplice fuoricampo.

Il successivo punto segnato da Houston, per il definitivo 4-1, è stato utile soltanto per le statistiche. Il risultato era già stato archiviato non appena quella palla ha lasciato la mazza di Alvarez. Houston è tornata a vincere un anello, a 5 anni da distanza da quella sua discussa (per la storia dei segni rubati) prima volta. Jeremy Peña è stato eletto MVP delle World Series, nono giocatore e secondo rookie a vincere sia l’MVP delle Championship Series, sia quello del Fall Classic. Il dominicano è stato l’anima dell’attacco di Houston, con 10 valide, di cui 2 doppi e un fuoricampo, chiudendo la serie a .400 di average, .423 di on base e .600 di slugging. Gli Astros hanno saputo sfruttare meglio le occasioni che hanno avuto nella serie, sapendo anche di poter contare su un bullpen da 0,84 di ERA nella serie e 0,83 ERA nell’intera postseason. Nonostante la maggior parte degli appassionati avrebbero preferito una vittoria dei Phillies, anche per via del già citato scandalo del 2017, l’intero mondo del baseball avrebbe voluto vedere Dusty Baker e Trey Mancini con un anello al dito. Il primo, Dusty Baker, è nella lega da oltre 50 anni, prima nella veste di giocatore e in seguito nei panni da manager. Alla terza World Series, tutte raggiunte da manager (nel 2002 con i San Francisco Giants e nel 2021 sempre con gli Houston Astros), può finalmente festeggiare dopo l’ultimo out della serie. Trey Mancini, invece, due anni fa vinceva la sua battaglia più grande, sconfiggendo un terribile cancro al colon. L’italo-americano, che ha già dichiarato che giocherà nuovamente per l’Italia nel World Baseball Classic del prossimo anno, è arrivato a Houston proprio alla trade deadline, essendo utilizzato quasi esclusivamente da battitore designato. In gara 5, però, in seguito all’infortunio del prima base Yuli Gurriel, è stato nuovamente chiamato a giocare il campo e ha effettuato una clamorosa presa, evitando l’entrata a casa base del punto del pareggio dei Phillies.

Questa presa di Trey Mancini vale molto più di un fuoricampo.

Phillies, non deve essere un addio ma un arrivederci Se ad inizio stagione avessero chiesto a qualsiasi tifoso o giocatore dei Phillies di mettere una firma per arrivare alle World Series, avere una cartoleria a Philadelphia sarebbe improvvisamente diventato il lavoro più redditizio al mondo. Al tempo stesso, per come è andato il cammino nei playoff, è impossibile non rimanere con l’amaro in bocca. Ai Phillies è mancata la concretezza dei battitori: esclusi Schwarber, Harper, Bohm e Marsh, il resto della squadra ha battuto 12 valide su 115 apparizioni al piatto. Una media battuta di .104 con cui è impensabile di poter vincere una serie al meglio delle 7 partite. Anche i lanciatori hanno avuto giornate decisamente difficili: Nola, Wheeler e Alvarado, i due migliori partenti e uno dei migliori rilievi, hanno avuto una media ERA nella serie rispettivamente di 8,64, 5,23 e 10,80 in 22 inning totali lanciati. Difficilmente i Phillies avrebbero potuto vincere una serie senza l’attacco o senza i migliori lanciatori. Impossibile, invece, pensare di avere una possibilità nell’eventualità in cui non girasse né l’attacco, né il reparto dei lanciatori. C’è comunque da dire che il core dei Phillies rimarrà pressoché intatto anche nella prossima stagione, per cui non c’è motivo di pensare che il cammino di quest’anno non possa essere ripetuto. Marsh e Bohm, 24 e 26 anni, sono stati tra i migliori nelle World Series e possono ergersi a leader dello young core dei Phillies. Harper e Schwarber si sono confermate due assolute certezze anche nella postseason. Harper, in particolare, è stato il primo giocatore della storia con almeno un fuoricampo in ogni serie della stessa postseason: uno nelle Wild Card, due sia nelle NLDS che nelle NLCS e uno nelle World Series, chiudendo i playoff a 1.160 di OPS. Anche i giocatori, subito dopo la fine di gara 6, si sono concessi un momento per riflettere su quanto fatto durante la stagione. Non è una scena che si vede spesso a seguito di una sconfitta così pesante, segno del fatto che il gruppo è pronto a ripetersi nuovamente nella prossima stagione.

Se vi state chiedendo perché non ci sia Harper, leader indiscusso della squadra, la ragione è molto semplice. Il nativo di Las Vegas non beve alcolici perché è mormone praticante e quindi gli viene proibito dalla sua religione.

La stagione MLB 2022 si è chiusa con la vittoria degli Houston Astros. Per quanto favoriti, come abbiamo detto, nel baseball è davvero difficile fare pronostici anche prima dell'ultima gara, figuratevi prima dell'inizio della stagione. È quello che però che ha fatto Jim McIngvale, noto businessman americano, che lo scorso maggio aveva scommesso 10 milioni di dollari sugli Astros vincitori delle World Series 2022. E, quando gli Astros hanno chiuso il discorso in gara-6, portandosi a casa effettivamente il titolo, gli anno fatto incassare 75 milioni di dollari, la vincita più grande nella storia delle scommesse sportive.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura