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Fabio Barcellona
Cosa dobbiamo pensare dei due anni di Higuain alla Juventus
02 ago 2018
02 ago 2018
Un bilancio delle stagioni del centravanti argentino con la maglia della Juventus.
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Fabio Barcellona
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Sono passati due anni dal clamoroso passaggio di Gonzalo Higuain dal Napoli alla Juventus. Nell’estate del 2016 pareva impossibile che la Juventus investisse 90 milioni di euro per assicurarsi il cartellino di un calciatore. Specie se poi il calciatore in questione era Higuain, 36 reti in 35 presenze con la maglia della principale rivale della Juventus, il Napoli di Sarri che aveva provato a contenderle lo scudetto. E invece la dirigenza bianconera, pagando la clausola rescissoria e un lauto ingaggio, si era assicurata il centravanti argentino, aprendo di fatto una nuova era nella gestione del mercato da parte della Juventus.

 

Fino a quel momento l’acquisto più costoso della gestione Agnelli-Marotta era stato quello di Paulo Dybala, preso per 32 milioni di euro più 8 milioni di bonus dal Palermo. L’acquisto di Cristiano Ronaldo, inizialmente considerato ancora più improbabile di quello di Higuain, certifica il nuovo corso aperto proprio con Higuain che, a due anni di distanza dal suo arrivo, ha lasciato Torino.

 


La Juve che acquista Higuain è reduce da 5 scudetti e da una sfortunata eliminazione agli ottavi in Champions League

. I bianconeri hanno il problema di dover sostituire Alvaro Morata, tornato al Real Madrid. Sembrava potessero arrivare Michy Batshuayi o Alexis Sanchez, ma all'improvviso è arrivato Higuain.

 

El Pipita ha iniziato col botto. A corto di preparazione perché reduce dalla Copa America Centenario disputata negli Stati Uniti, Higuain è in panchina nella prima giornata di campionato contro la Fiorentina. Entra al sessantaseiesimo minuto di gioco al posto di Mandzukic sul punteggio di 1-1 e la Juve in difficoltà a far breccia nella difesa viola. Gli bastano nove minuti per segnare il suo primo gol in maglia bianconera e regalare la vittoria alla sua squadra. Alla prima da titolare, alla terza giornata nell’impegno interno

, uno più bello dell’altro, nei primi dieci minuti di gioco. Tre gol in poco più di 90 minuti giocati nelle prime tre giornate di campionato, Higuain pare non doversi fermare più.

 

Alla fine della stagione i gol saranno 24, 12 in meno della stagione precedente, un bottino comunque notevole in un sistema di gioco diverso da quello di Sarri a Napoli.

 

Tra questi, il gol da ex proprio al Napoli all’undicesima giornata, che regala la vittoria per 2-1 alla Juventus, fondamentale per la classifica e per una

. Tra dicembre e gennaio segna per 8 gol in 6 partite consecutive, realizzando una doppietta nel derby e

. Si ferma nella partita contro l’Inter e poi riprende a segnare, realizzando 4 gol il 3 partite consecutive, per un totale di 12 reti in 10 match nella parte centrale del campionato. Quindi rallenta, segnando solo 5 reti nelle ultime 13 giornate di campionato. Ma il vero banco di prova è l’Europa: è opinione comune che con l’acquisto di Higuain la Juve abbia voluto costruire la squadra per vincere, finalmente, la Champions League. I bianconeri vincono abbastanza agevolmente il girone H e il Pipita segna 3 gol, di cui 2, quasi ininfluenti, alla Dinamo Zagabria. Nel lungo percorso che porta a Cardiff Higuain segna la doppietta esterna con cui la Juve batte per 2-0 il Monaco

. Ma

affonda con tutta la Juve, schiacciato e impotente nella morsa tra Varane e Sergio Ramos. Una partita che i detrattori citeranno per sminuire l'impatto di Higuain in biaconero.

 

Nella stagione appena trascorsa, Higuain vive un momento d’oro in campionato tra ottobre e novembre, quando segna 6 gol in 5 partite consecutive, realizzando due reti nel 2-0 con cui la Juve batte il Milan a San Siro e, in particolare, il fondamentale gol al Napoli al San Paolo con cui

. Il gol segnato a Reina è importante perché consente alla Juve di accorciare sugli avversari, distanti 4 punti all’inizio della partita.

 

Nel girone di ritorno il rendimento realizzativo di Higuain cala: segna solo 7 reti nella seconda parte di stagione e 2 nelle ultime 13 partite. Tuttavia è suo il gol che regala lo scudetto alla Juventus a San Siro, nell’ultimo minuto di gioco di un

.

 

In Champions League i suoi gol sono fondamentali per la vittoria interna contro l’Olympiakos e il pareggio esterno contro lo Sporting CP durante la fase a gironi. Agli ottavi è decisivo contro il Tottenham, nonostante il rigore sbagliato all’andata: segna 3 dei 4 gol realizzati dalla Juve agli Spurs e mette in porta Dybala per segnare il quarto . Rimane però in ombra nel doppio confronto con il Real Madrid, che segna la fine del percorso europeo della Juventus.

 



 


Higuain era arrivato alla Juve reduce dalla sua migliore stagione realizzativa in carriera. I 36 gol in 35 partite valgono poco meno di 1.1 gol ogni 90 minuti, una media inferiore solo a quella avuta nella Liga 2011/12 in cui con 22 gol in 1716 minuti giocati il Pipita aveva messo a referto 1.15 gol p90.

 

Il 2016/17 è stata la stagione italiana in cui Higuain ha segnato di più, in assoluto e in media, dopo quella dei record. I 24 gol realizzati in serie A valgono 0.73 gol p90, quasi 3 reti ogni 4 partite intere. La seconda stagione alla Juventus è meno prolifica e, in assoluto la peggiore da un punto di vista realizzativo, da quando gioca in Europa: le reti ogni 90 minuti sono poco più di 0.5, una media comunque superiore a un gol ogni due partite intere.

 

Andando più a fondo si notano alcuni dati interessanti. Escludendo da ogni conteggio i rigori e limitando lo sguardo agli ultimi 4 campionati, si osserva che gli expected goal nella stagione record sono stati 0.75 p90, 0.59 p90 il primo anno alla Juventus, 0.51 p90 nell’ultima stagione di Benitez e, infine, la peggiore performance, 0.38 p90 nell’ultimo anno.

 

Tuttavia il rapporto tra gol realizzati ed xG si è mantenuto piuttosto stabile negli ultimi tre anni: 1.32 nel 2015/16, 1.22 nel 2016/17 e 1.26 nel 2017/18. Nel 2014/15 invece il rapporto era inferiore a 1 e pari a 0.94. Insomma nelle stagioni alla Juventus Higuain ha segnato il 22% e il 26% in più di quanto previsto dal modello degli expected Goal, un'over-performance molto simile a quella dell’anno del record a Napoli. Nell’ultimo anno di Benitez, invece, Higuain aveva segnato leggermente meno di quanto previsto.

 

Pur mantenendo l’efficacia di conversione dei tempi del Napoli di Sarri, alla Juventus si sono progressivamente ridotti gli expected goal. Il calo è dovuto quasi esclusivamente al volume di tiri presi dal Pipita. Infatti, la qualità delle conclusioni, misurabile dal rapporto tra xG e tiri è praticamente identica, 0.13 nel 2017/18, 0.14 nel 2016/17 e 0.15 nell’anno di Sarri. Se quindi la qualità delle conclusioni non è cambiata in maniera significativa, a incidere sulla quantità di xG è stato il numero di tiri presi, che negli ultimi anni è scesa, anno dopo anno, da 5.39 p90 a Napoli, a 4.07 e, infine, 3.20 alla Juventus.

 


Al di là del contributo realizzativo, va poi analizzato come questo sia stato condizionato dal contesto tattico attorno all'argentino. A Napoli il 4-3-3 di Sarri chiedeva al suo centravanti una grossa varietà di movimenti. Le tracce di Higuain erano finalizzate sia a favorire le proprie ricezioni, sia profonde che corte, sia a liberare spazi per gli inserimenti degli esterni e delle mezzali.

 

Higuain veniva incontro al portatore di palla per dare i tempi della manovra offensiva giocando “a muro” o, in alternativa, teneva palla per rifinire in prima persona per un compagno. Se la manovra offensiva prendeva via laterali, secondo le consolidate catene terzino-mezzala-ala del 4-3-3, Higuain si muoveva all’interno dell’area di rigore per ricevere un cross o un assist proveniente dall’esterno. Su palla scoperta per un proprio compagno, l'argentino attaccava la profondità per ricevere il pallone o, in ogni caso, allungare la squadra avversaria, anche in situazioni chiuse, quando, con movimenti brevi e netti, creava linee di passaggio profonde per arrivare al tiro.

 


Un’azione tratta dal personale tutorial sui movimenti del centravanti di Gonzalo Higuain realizzato nella stagione 2015/16. Contro il Torino con un perfetto movimento a mezzaluna si smarca sul fianco esterno del centrale per ricevere l’assist di Hamsik.


 

Se nel Napoli Higuain ha giocato sempre con lo stesso modulo di gioco, in un sistema fortemente strutturato e con parecchie giocate codificate, alla Juventus si è invece inserito in un sistema diverso, fondato su principi di gioco molto differenti.

 

La Juve che ha accolto Higuain giocava col 3-5-2, con Dybala a gravitare sul centro-destra, dietro al suo centravanti. I bianconeri adottano di solito un baricentro basso e un possesso palla prevalentemente orizzontale. A metà stagione Allegri rivoluziona la squadra, sposando il 4-2-3-1 con Cuadrado a destra e Mandzukic a sinistra.

 

La Juventus ha mantenuto la sua natura di squadra concentrata nella ricerca dell’equilibrio, arricchendo tuttavia lo spartito con un possesso palla conservativo, più attento al mantenimento degli equilibri che alla creazione di pericoli. Per Higuain il contesto è diverso da quello dell’ultima stagione a Napoli. Il sistema di Sarri sollecitava il contributo di Higuain in ogni aspetto del gioco offensivo. Movimenti incontro, tagli profondi e attacco all’area di rigore erano tutti egualmente necessari all’interno del 4-3-3 di Sarri.

 

Il calcio verticale e il pressing riducevano poi il campo che Higuain doveva attaccare. Le occasioni di attaccare in spazi ampi, più frequenti alla Juve, erano ridotte e disegnavano il contesto ideale per il Pipita, a proprio agio su spazi medi e con tanti compagni ad accompagnarlo nell’attacco dell’area di rigore avversaria.

 

Alla Juventus, oltre a giocare più spesso in ripartenza, Higuain ha trovato una circolazione del pallone più perimetrale e un minore contributo dei compagni di squadra nel tenere occupata la linea arretrata avversaria. Dybala preferisce allontanarsi dalla linea difensiva, gli esterni, anche nel 4-2-3-1, rimangono larghi e il compito di tenere impegnata la difesa avversaria ricade quasi tutto sulle spalle di Gonzalo Higuain. L'argentino è meno coinvolto, ma deve scendere molto a giocare tra le linee a supportare la manovra, aiutando la squadra ad eludere la pressione avversaria.

 




 

I diversi contesti tattici possono probabilmente spiegare gran parte delle differenze tra il gioco di Higuain nel Napoli di Sarri e quello alla Juventus e il diverso volume del calcio prodotto dal Pipita nelle due squadre. In fondo i numeri di Mertens, specie nella prima stagione da centravanti, possono, in controluce, confermare questa tesi. È però interessante come l’efficacia di Higuain, in termini di qualità delle occasioni ed efficacia nella conversione sia rimasta costante nel tempo.

 

Maggiore attenzione potrebbe invece meritare il calo dei volumi di gioco all’interno tra le due stagioni bianconere. I tiri sono passati da 4.07 ogni 90 minuti a 3.20 e hanno rappresentato rispettivamente il 23% e il 18% dei tiri dell’intera squadra. Il Pipita nel 2016/17 ha contribuito al 26% degli xG della sua squadra, percentuale che è scesa, assieme ai tiri, al 18.9% in questa stagione. La percentuale di tiri presi da dentro l’area è scesa dal 78% al 65%.

È probabile che la scelta di Allegri di privilegiare la difesa posizionale e il baricentro basso e una circolazione palla più cauta abbiano creato un contesto tattico meno adatto alle caratteristiche attuali del Pipita. Prendendo, un po’ arbitrariamente, come punto di svolta della stagione e dell’impostazione tattica bianconera la partita persa a Genova contro la Sampdoria, si può osservare come Higuain abbia tenuto, fino alla partita contro i blucerchiati, una media di 0.68 gol ogni 90 minuti, scendendo successivamente a una media di 0.41 gol p90, che comprende la tripletta al Sassuolo nel facile 7-0 interno all’Allianz Stadium. Un indizio che sembra suggerire che, in effetti, il contesto tattico attorno a Higuain è diventato meno comodo per lui durante la stagione.

 


Trentasei gol, novanta milioni e lo scippo del simbolo e miglior giocatore ad una delle principali rivali: le premesse dell’arrivo di Higuain alla Juventus lasciavano pochi dubbi su quanto in alto potesse essere piazzata l’asticella delle aspettative per il Pipita. Concentrandoci solo sull’aspetto realizzativo, i numeri dicono che la capacità di Higuain di trasformare in rete le occasioni da gol è rimasta praticamente immutata rispetto alla stagione dei record ed è addirittura aumentata rispetto ai tempi di Benitez a Napoli.

 

In termini assoluti la prima stagione alla Juve è stata la sua migliore in Italia dopo quella dei 36 gol, mentre la seconda è stata in linea con quelle passate al Napoli prima dell’avvento di Sarri. La differenza tra l’ultimo Higuain al Napoli e quello juventino sta nel volume di tiri presi, nettamente superiore al Napoli e in discesa in bianconero. Una buona parte della differenza, sebbene non direttamente quantificabile, può essere attribuita al diverso contesto tattico in cui il Pipita si è trovato a giocare. Anche il calo nel volume assoluto di tiri e nel contributo percentuale alle conclusioni della sua squadra occorso tra i due anni alla Juve, può essere in qualche maniera spiegato con un più accentuato carattere conservativo adottato dai bianconeri dopo i troppi gol subiti all’inizio della passata stagione.

 

Nonostante i discorsi comuni, non è mancato il contributo del Pipita nelle partite importanti. Higuain ha segnato per due volte il gol vittoria contro il Napoli in campionato e ben tre gol nella doppia sfida di semifinale di Coppa Italia 2016/17 contro la sua ex squadra. Ha segnato contro la Roma, il Milan e il gol decisivo per lo scudetto 2017/18 all’ultimo respiro a San Siro contro l’Inter.

 

Per quanto riguarda la Champions League, è difficile muovere critiche al contributo di Gonzalo Higuain. Nella semifinale contro il Monaco al suo primo anno, e contro il Tottenham al secondo. Se davvero, semplificando, Higuain è stato acquistato dalla Juventus per vincere la Champions League, il Pipita non è riuscito - ma chi ne sarebbe capace da solo? - nell’impresa. Complessivamente però le sue prestazioni in Europa non possono essere certo essere considerate insufficienti.

 

Il discorso su Higuain è inevitabilmente focalizzato sui suoi gol, ma nella Juventus il Pipita ha spesso lavorato, più che in altri momenti della carriera, in favore della squadra, tralasciando talvolta i suoi obiettivi realizzativi. Lontano dalla porta, il centravanti argentino è stato spesso impegnato in estenuanti duelli corpo a corpo coi difensori per coprire il pallone e permettere ai compagni di rifiatare e risalire il campo. Con la Juventus spesso bassa e impegnata in lunghe fasi di difesa posizionale Higuain, è stato spesso l’unica àncora offensiva che ha permesso ai bianconeri di avanzare il baricentro e di portare avanti il pallone.

 

A questo punto della carriera è abbastanza chiaro chi è Gonzalo Higuain. Non è un talento purissimo, capace con le sole qualità donategli da madre natura, di risolvere sempre e comunque ogni situazione dentro un campo da gioco. È piuttosto un giocatore che ha costruito le sue fortune sulla profonda comprensione del ruolo di centravanti, sui tempi e i movimenti necessari alla massima efficacia. Proprio per questo il migliore Higuain richiede una totale applicazione mentale al gioco, che talvolta, forse proprio nella occasioni più importanti,

. Anche i cali di forma, cui, dall’esterno, appare periodicamente soggetto, sembrano influenzare significativamente le prestazioni di un giocatore il cui gioco è pienamente efficace solo quando ogni componente dell’equazione si trova esattamente al suo posto.

 

La sua carriera alla Juventus sembra giunta al termine, ma più per l’arrivo di Cristiano Ronaldo che per i demeriti del Pipita. Higuain è un grandissimo centravanti e non bisogna commettere l’errore di dare per scontato il suo contributo in maglia bianconera. Ha segnato tanto, con una percentuale di realizzazione paragonabile a quelle della sua migliore stagione in Italia; ha segnato gol pesanti e ha giocato spesso in un contesto tattico non perfettamente consono alle sue caratteristiche.

 

Come la sua carriera dimostra, non è sempre stato continuo e ha avuto qualche periodo di appannamento di forma, fisico e mentale. Ma dopo più di dieci anni di carriera ad altissimi livelli, è possibile sostenere che sono quasi inevitabili per la caratteristiche del Pipita. Il giocatore che sta per arrivare al Milan rimane uno dei migliori centravanti della storia della Serie A, che difficilmente avrà dimenticato il proprio mestiere.

 

 

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