Hermano
L’eccezionale evoluzione di Marc Gasol, da “fratello di” a Hall of Famer.
Step 2: Difensore d’élite
Orlando, Florida. Quando il 26 febbraio del 2012 Marc Gasol fece il suo primo ingresso in campo con la divisa della Western Conference batté un altro significativo traguardo temporale del fratello Pau. Dopo aver vinto per primo (alla terza stagione NBA) nella stagione precedente una partita (e una serie) di playoff, il minore dei Gasol Saez era diventato un All-Star alla sua quarta stagione, a differenza del fratello che ci aveva messo cinque stagioni per essere selezionato come uno dei “magnifici 24”.
Quella convocazione, all’interno di una stagione particolare e mutilata dal lockout, fu un meritato riconoscimento per una continua e inarrestabile evoluzione tecnica (e fisica). Il biennio 2011-2013, oltre ad essere quello in cui i Grizzlies vincono più partite (e serie) di playoff che nel resto della loro storia fino a quel momento, vede Gasol affermarsi come uno dei migliori difensori NBA, stabilmente sotto quota 100 di Defensive Rating con lui in campo (97.7 nel 2011-12 e addirittura 95.4 nel 2012-13, anno in cui vince il premio di Difensore dell’Anno) e con i migliori risultati in carriera di plus-minus difensivo (rispettivamente, 3.6 nel 2011-12 e 4.4 nel 2012-13, suo massimo in carriera).
Nel parlare di questa seconda fase dell’evoluzione di Marc Gasol è impossibile non citare il suo cambiamento dal punto di vista fisico: il giocatore ampiamente sovrappeso e dalle apparenze goffe visto nell’anno da rookie aveva ormai lasciato spazio ad un fisico più asciutto, bilanciato e agile.
‘Man Boobs’ a chi?
La carriera difensiva di Marc Gasol si evolve in seguito a questo suo cambiamento fisico, permettendogli dei movimenti agili e reattivi che ne innalzano l’efficacia.
Qui, ad esempio, possiamo vedere due dirette applicazioni del discorso: nei primi due casi mantiene la posizione sotto canestro, sia contro un avversario più piccolo – Derek Fisher in penetrazione – che davanti un pari ruolo – nientemeno che Tim Duncan; se nel primo caso Gasol riesce a evitare l’errore in cui spesso cascano i lunghi NBA (ovverosia fare fallo) grazie a un posizionamento che prevede il solo utilizzo delle braccia per contestare il tiro, nel secondo Marc riesce a tenere perfettamente la posizione su uno dei movimenti “forti” di Duncan, impedendogli il gancio. È il terzo, forse, il caso più interessante: quello in cui Gasol segue la penetrazione dell’esterno – Ricky Rubio, che conosce molto bene – e compie un ottimo aiuto difensivo senza sbilanciare la sua posizione e senza possedere un atletismo esagerato, mettendo in mostra il vero punto forte della sua difesa: l’istinto.
L’istinto e l’intuito difensivo di Marc Gasol sono perfettamente visibili in questa azione e nella prossima, entrambe eseguite “in the clutch”. Qui lo spagnolo, non abboccando alla finta di Marcus Thornton, riesce a condizionare pesantemente il tiro dell’avversario, e la facile stoppata, accompagnata al “fallo evitato”, avviene solo grazie alla perfetta esecuzione dei movimenti precedenti, che conservano qualche traccia dei movimenti già visti da rookie.
In questo caso, invece, dopo aver coperto molto bene le linee di passaggio di Turner obbligandolo ad un passaggio non semplice, riesce a stoppare la conclusione di Nick Young partendo da una posizione difficilissima, dove emerge il puro gesto di istinto e coordinazione, propri di una mente di pallacanestro fuori dal comune.
I miglioramenti difensivi maturati in quelle due stagioni hanno cementato il posto di Gasol tra i difensori d’élite della Lega, con il numero 33 dei Grizzlies che ad oggi è il terzo giocatore NBA in attività per Defensive Box Plus/Minus. Ma se la difesa vince i titoli, i miglioramenti di un giocatore vanno comunque osservati su entrambi i lati del campo. Ed è qui che entra in campo la terza fase dell’evoluzione di Marc Gasol in NBA.
In 5 minuti, un perfetto riassunto sul perché la difesa di Marc è un interessante ‘Case Study’.