Da inizio dicembre a inizio gennaio a Bodo non c’è sole. Siamo nel nord della Norvegia e, a dispetto di quanto possiate pensare, non fa così freddo. La temperatura minima media a gennaio è di -3. La squadra locale, il Bodo/Glimt, dalla sua nascita si contende lo scettro di squadra più forte della Norvegia settentrionale col Tromso. Il loro derby è definito “La battaglia del nord” e viene disputato il 16 maggio; alle due squadre fino agli anni ’70 non era permesso di partecipare al campionato nazionale norvegese. Bodo è lontana 700 km dalla maggior parte delle avversarie dell’Eliteserien e ogni trasferta è un’avventura. Fino agli anni ’90, quando non c’erano ancora le strutture al coperto, la squadra si allenava su campi ghiacciati e indossando scarpe chiodate. Nelle migliori giornate a bordo campo è possibile vedere l’installazione di una trota gigante, mentre sugli spalti i tifosi sostengono la squadra agitando degli spazzolini giganti - l’antico simbolo del club.
Negli ultimi due anni però il Bodo/Glimt (letteralmente: Bodo/Fulmine) sta rendendo la propria storia meno esotica e sportivamente più interessante. Ha chiuso la scorsa stagione al secondo posto e ha messo in mostra alcuni dei giovani più interessanti del campionato, fra cui Hakon Evjen, vincitore del premio di giovane dell’anno e ceduto all’AZ per due milioni e mezzo. È da quest’anno che il Bodo/Glimt è diventata la storia più interessante per chi frequenta la bolla nerd del twitter calcistico. Tutto questo grazie soprattutto al direttore tecnico Aasmund Bjorkan e all’allenatore Kjetil Knudsen.
Definita “l’Atalanta di Norvegia”, ha tutte le caratteristiche della squadra feticcio: gioca un calcio ambizioso e offensivo, proviene da coordinate geografiche oscure al calcio mondiale e la sua leggenda cresce di pari passo alle sue statistiche.
Dopo 19 partite di Eliteserien il Glimt ha 53 punti, è ancora imbattuto e ha segnato la cifra mostruosa di 67 gol, una media di 3,5 a partita. Eppure il Glimt non possiede dei mezzi fuori scala per le avversarie: la sua rosa su Transfermarkt, nonostante i recenti rialzi, vale duecento milioni meno di Rosenborg e Molde. Il suo giocatore più prezioso, Zinckernagel, vale appena un milione di euro. Se il Bodo sta distruggendo l’Eliteserien allora è grazie al alla brillantezza della sua proposta di gioco.
Se vogliamo rimanere sugli esempi familiari, più che all’Atalanta il Bodo somiglia al Sassuolo. Una squadra quindi che esprime solidi principi provenienti dal gioco di posizione. I due centrali difensivi, ma anche il portiere, impostano il gioco con coraggio e disinvoltura. Non si fanno scrupoli a portare palla fino alla metà campo avversaria, o ad attirare la pressione nella propria, con la salida lavolpiana di Patrick Berg, il regista. Il gioco avanza per vie centrali del 4-3-3, con scambi corti e veloci, con le ali che rimangono larghe e ricevono palla solo negli ultimi 30 metri e in situazioni di uno contro uno. Contro difese chiuse gli esterni bassi salgono per allargare lo schieramento avversario, con le ali che stringono formando un triangolo insieme alla mezzala del proprio lato.
Sono gli esterni offensivi, però, Hauge e Zinckernagel, a rendere il Glimt così pericoloso. La loro tecnica in velocità, la creatività nelle rifiniture, la pericolosità in dribbling. Se stiamo scrivendo questo pezzo, lo sapete, è per parlare di Jens Petter Hauge, il giocatore che ha rubato l’occhio nei preliminari d’Europa League contro il Milan. Ha servito un assist d’esterno dopo aver saltato Kessié con un doppio passo, la sua signature move; poi ha riaperto la partita sull’1-3 con un violento tiro di mezzo esterno destro che ha lasciato Donnarumma impalato. Dopo il match rossoneri si sono interessati ad Hauge: una storia che rimanda a un calcio di un’epoca diversa, più ingenua, dove senza grandi reti di scouting e le piattaforme video il miglior modo per conoscere i calciatori era giocarci contro. La fiaba del giovane della periferia calcistica che si mette timidamente in mostra contro un gigante europeo. La trattativa pare ormai conclusa, il giocatore è in partenza per Milano e ha già omaggiato Ibrahimovic ai microfoni; «Sento di essere pronto per il grande passo. Voglio una squadra che mi dia la possibilità di giocare e un allenatore che abbia fiducia in me e che mi faccia crescere» ha detto riguardo al suo trasferimento in Italia.
In realtà è da qualche mese che si parla di Hauge, che era stato l’attore co-protagonista degli ormai leggendari 9 gol di Haaland contro l’Honduras al Mondiale U-20, servendogli 4 assist. Quest’anno, dopo la cessione di Amor Layouni (a una squadra egiziana, per dire come funziona il mercato norvegese), è diventato titolare ed è esploso. Esploso è dire poco: Hauge ha segnato 14 gol e servito 9 assist in 19 partite. Qualche giorno fa ha ricevuto la sua prima convocazione per la Nazionale norvegese. A fine luglio, quando aveva appena cominciato a devastare l’Eliteserien, il Club Bruges ha provato a comprarlo, ma lui ha deciso di rifiutare l’offerta. Si divertiva troppo a giocare nel Bodo/Glimt. Qualche settimana prima allo stadio era andato a visionarlo Tommy Moller Nielsen, lo storico osservatore per la Scandinavia del Manchester United, ma Hauge non aveva brillato: «Non è stata la mia miglior partita, purtroppo, quindi è un po’ deludente» si era rammaricato.
Contro il Milan invece non ha perso l’occasione di mettersi in mostra. Oltre al gol e all’assist è stato una fonte di gioco costante del Glimt: ha toccato il doppio dei palloni dell’altro esterno offensivo, ha servito tre passaggi chiave, ha completato 5 dribbling, mandando spesso in confusione Calabria. Ha alternato ricezioni larghe sulla riga laterale ad altre nel mezzo spazio di sinistra, dove possiamo vedere la sua posizione media. Da un’azione in quel corridoio, sgusciando in spazi stretti, è nata l’azione del potenziale 3-3 vanificata a un minuto dalla fine.
Fonte Wyscout.
Non avendo grandi compiti nella costruzione del gioco, Hauge riceve pochi palloni spalle alla porta. Dopo il primo controllo può permettersi il lusso di abbassare la testa e puntare il diretto marcatore. Non è un giocatore complesso o riflessivo: il suo maggior pregio è l’intensità con cui cerca di rendersi pericoloso ogni volta che va in uno contro uno. Non è un dribblatore estroso, con un grande bagaglio di finte, e il modo in cui salta l’uomo ha a che fare con i cambi di direzione e di passo, col modo in cui taglia le traiettorie di corsa infilandosi tra i corpi degli avversari. Non sembra veloce ma ha uno stile di corsa controllato e compatto. Come altri giocatori scandinavi (Kulusevski su tutti), ha una solida formazione nel Futsal.
Quando riceve troppo lontano dalla porta, magari di spalle, non è a suo agio: raramente cerca di consolidare il possesso, o si accontenta di una giocata interlocutoria. Prova spesso il dribbling quando proprio non dovrebbe, perdendo palle che riviste al replay sembrano assurde e presuntuose.
Negli ultimi metri, però, la la sua ambizione è un pregio; le sue letture si affinano e la sua capacità di creare superiorità numerica è quasi innata. Anche contro difese chiuse, in corridoi stretti, non perde il gusto di accelerare e di cercare spazi in cui correre, nonostante non sia troppo tecnico nel tocco di palla.
Questa ad esempio non è un’azione che vi farà strappare gli occhi, ma è interessante per come Hauge prenda l’iniziativa e riesca a creare spazi dentro una difesa molto chiusa.
Ha un’ottima visione di gioco e raramente si impigrisce su cross alti e lenti; la sua azione tipica è quella di tagliare dentro il campo attraverso scambi ravvicinati; oppure cercare un cross basso e teso dopo essere entrato in area. Quando converge verso il centro la mezzala dal suo lato si infila sempre dentro, sapendo che lui ha la sensibilità e il tempismo per servirla. Bisognerà vedere se riuscirà a mantenere questa efficacia nell’ultimo passaggio anche in tempi e spazi ristretti.
Hauge però è un giocatore da transizioni, quindi ideale per il Milan di Pioli, una squadra verticale e che ama armare i suoi giocatori offensivi negli spazi. Potrebbe essere la riserva ideale per un altro calciatore cinetico e poco riflessivo come Ante Rebic. Per il Milan sarà importante non responsabilizzarlo di troppi compiti, specie se diversi dalla definizione del gioco. Hauge non pare un giocatore fatto per pensare: deve ricevere negli ultimi metri e giocare in maniera istintiva. Il suo gioco è per certi versi il contrario di quello di Saelemakers, un esterno disciplinato e che si preoccupa di sbagliare il meno possibile.
Quella di Hauge è una bella storia, ma può essere la spia di quello che in questo articolo viene definito “lazy rectruitment” (un acquisto pirgro) perché condizionato dalla situazione emotiva: «C’è sempre il rischio di sopravvalutare certe partite. Un esempio di questo tipo di errori è comprare i calciatori che hanno giocato bene contro la propria squadra». Un tipo di bias, dice l’articolo, frequente soprattutto nel calcio italiano - che però ha anche i suoi casi luminosi, come Sabatini che acquistò Josip Ilicic in un vecchio Maribor-Palermo.
L’idea, comunque, pare quella di lasciare Hauge al Glimt fino a fine stagione. Dopodiché Hauge dovrà prendere confidenza con un livello di gioco completamente diverso, contro avversari che non potrà più sovrastare atleticamente come fa in Norvegia, contro difese più brave a non concedergli spazi, a prendergli le misure. Ultimamente la scuola norvegese sta diventando sempre più interessante, anche se finora ha sfornato soprattutto attaccanti fisici come Haaland e Sorloth, mentre il talento generazionale Martin Odegaard ha lasciato il paese per formarsi in Spagna ad appena 16 anni.
I calciatori tecnici che provengono dai campionati scandinavi faticano di solito ad affermarsi in Europa, specie nei cinque maggiori campionati: Elyonoussi, Pione Sisto, Skov-Olsen hanno tutti fallito o stanno fallendo, anche se in modi diversi e con diverse possibilità di riscatto. Robert Skov, capocannoniere del campionato danese due stagioni fa, per adattarsi alla Bundesliga ha dovuto trasformarsi in terzino (da esterno offensivo, quasi attaccante ombra). Hakon Evjen, il miglior talento del Bodo/Glimt lo scorso anno, all’AZ Alkmaar non ha praticamente visto il campo.
Hauge rispetto a tutti loro sembra persino meno talentuoso a livello tecnico, ma in compenso sul piano atletico e su quello dell’attitudine mentale, sembra un giocatore più pronto. La sua capacità di “strappare” in velocità, di creare delle rotture di ritmo nella partita, può risultare preziosa in Italia. A un costo limitato, lasciandosi quindi tutta la possibilità di sbagliare, sembra davvero una scommessa divertente per il Milan.