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US Sassuolo
calcio femminile Daniele Manusia 9 ottobre 2020 6'

Haley Bugeja, una calciatrice fenomenale

Abbiamo intervistato l’attaccante sedicenne del Sassuolo.

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Ha esordito in prima squadra a quattordici anni e in Nazionale maggiore a quindici anni, se ci fosse stato l’Europeo la scorsa estate, avrebbe giocato titolare. Nelle ultime due stagioni ha giocato 28 partite, segnando 49 gol – ma se si contano anche quelle nell’Under 19 le partite ufficiali diventano 69 e i gol 160. Adesso che di anni ne ha compiuti sedici (da poco) gioca titolare in Serie A, nella squadra prima in classifica, e ha già segnato tre gol in meno di centottanta minuti. Se stessi parlando di un ragazzo probabilmente sapreste tutti a chi mi sto riferendo, avreste già visto più volte i video con le sue giocate e chiedereste su Twitter ai vostri club di acquistarlo. Invece si tratta di una ragazza nata a Malta. Si chiama Haley Bugeja e gioca nel Sassuolo. 

 

A dir la verità, di lei si è parlato comunque di più di quanto si parla di solito di calcio femminile. Per i record di precocità elencati qui sopra ma anche perché all’esordio nel campionato italiano, contro il Napoli, ha segnato due gol, di cui il primo con una serpentina favolosa. Bugeja ha saltato la prima avversaria sulla trequarti, facendo tutto con l’esterno del piede sinistro, poi è entrata in area saltando una seconda avversaria con un crossover sinistro-destro, ha protetto palla dall’arrivo di una terza avversaria, l’ha dribblata facendosi passare la palla dietro la schiena con il tacco di sinistro, e con una sterzata di destro ha dribblato la quarta prima di concludere in rete di sinistro. Il secondo gol, invece, lo ha segnato calciando di destro (il suo piede debole) a giro sotto l’incrocio. Semplice.

 

Sulla Gazzetta dello Sport l’hanno definita «piccola Messi», ma lei dice di ispirarsi ad altri giocatori. «Mi piaceva molto Steven Gerrard quando ero più giovane», ha risposto quando le ho chiesto chi sono i suoi idoli calcistici. «Oggi mi piace molto Sadio Mané, vedo delle somiglianze tra il suo gioco e il mio. La mia preferita da quando ho iniziato a seguire il femminile invece è Lucy Bronze». 

 

 

Esordio spettacolare per Haley #Bugeja 🤩

Due gol meravigliosi per la 16enne neroverde 🔝🔝#ForzaSasol 🖤💚 pic.twitter.com/VR3ErQC2DY

— U.S. Sassuolo (@SassuoloUS) September 6, 2020

 

Haley Bugeja è cresciuta a Pietà, un comune vicino a La Valletta, Malta, dove ha due fratelli, una madre infermiera e il padre falegname, oltre a un cane e dei gatti. Fino a qualche settimana fa faceva la vita normale di ogni adolescente, si svegliava presto per andare a scuola, mangiava, faceva i compiti e poi si allenava con la propria squadra. È sempre stata l’unica ragazza in squadra. «In ogni campo dove andavamo a giocare c’era almeno un giocatore della squadra avversaria che ci prendeva in giro, o prendeva in giro me, perché ero l’unica ragazza della partita. All’inizio mi deprimevo ma alla fine riuscivo sempre a rispondere in campo».

 

I suoi genitori sono rimasti a Malta mentre lei sta imparando l’italiano, «ovviamente mi mancano, ma l’amore per il calcio rende la loro mancanza sopportabile. E poi so che li sto rendendo fieri di me». Bugeja sembra essersi adattata benissimo da subito, anche grazie alle sue compagne di squadra, tutte più grandi, che le stanno dando «grande sostegno». «Capiscono che non è facile per una ragazza di 16 anni e fanno di tutto per farmi sentire inclusa». Forse anche grazie a loro, all’esordio non ha tradito nessun nervosismo: «La partita con il Napoli è stata fantastica, non la dimenticherò mai. Non sono mai stata tipo da sentire grande pressione e sono sicura che sarà così finché continuerò a divertirmi mentre gioco». Quando ha iniziato a giocare il calcio era solo un passatempo, poi le cose hanno iniziato a farsi serie e in lei è cresciuta la voglia di migliorare, ma sempre continuando a divertirsi. «Alla fine se non provi piacere a fare quello che fai non ha senso».

 

 

Il calcio femminile italiano ha bisogno anche di talenti come il suo, che definirei senza timore di esagerare abbagliante, che fa quasi male agli occhi per quanto è luminoso. Uno di quei talenti che ti basta vedere una sua partita a caso (persino la sconfitta di Malta contro la Danimarca, in cui hanno perso 8-0 ma Haley Bugeja ha tenuto impegnata l’intera difesa da sola) per capire che c’è qualcosa di speciale. Un talento insomma impossibile da negare, che convincerebbe anche i detrattori di un movimento in crescita che non può ancora contare su decenni di investimenti professionali. «I pregiudizi sul calcio femminile non mi hanno mai dato fastidio», dice lei, matura a sedici anni come ne avesse trenta, «perché penso che noi stiamo andando nella giusta direzione e che negli ultimi anni il livello si è sempre alzato». Certo, ne va anche del suo futuro. «Io voglio continuare a raggiungere nuovi obiettivi, sta anche a noi aiutare il calcio femminile a crescere».

 

 

Io ovviamente ho iniziato a seguirla quando è arrivata in Italia e dato che dopo la partita con il Napoli la Serie A è andata in pausa per un mese ho recuperato qualche partita passata. Contro la Bosnia, lo scorso marzo, la nazionale maltese ha perso 3-2 ma fino a un quarto d’ora dalla fine era sotto di tre gol. Bugeja ha realizzato i due assist che hanno riaperto la partita: il primo partendo palla al piede sulla fascia sinistra, troppo forte e veloce per le due avversarie che provano a fermarla, e poi mettendo dentro una palla tesa all’altezza del primo palo; il secondo con un passaggio filtrante orizzontale di sinistro che in pochi, maschi o femmine, sono in grado anche solo di pensare, con cui pesca una compagna sul lato debole, nel cuore dell’area di rigore.

 

 

Poi, a inizio ottobre, il Sassuolo ha battuto 3-1 la Fiorentina e Haley Bugeja ha segnato di nuovo, con una finalizzazione fredda a tu per tu con la portiera avversaria, calciando rasoterra dal limite dell’area così angolato che il tiro è finito nella parte interna del palo prima di entrare in porta. Il Sassuolo in questo momento è secondo in classifica, con tre vittorie e un pareggio, dietro solo alla Juventus che affronterà per la prima volta a novembre. «Io voglio solo diventare la migliore versione di me stessa. Ci sono molte cose che voglio fare, molti traguardi che voglio raggiungere nella mia vita. Sarà magari un percorso lungo ma al momento la cosa di cui sono più felice è di essere qui a Sassuolo».  

 

Haley Bugeja è cresciuta guardando calcio, «penso possa aiutare a giocare meglio», ma è anche una ragazza come tutte, che ascolta musica per rilassarsi e guarda serie tv. Il suo talento sembra scorrere in maniera molto naturale e guardandola giocare è difficile ricordarsi che ha solo 16 anni. Le sue qualità fisiche e tecniche, già in questo stadio del suo sviluppo come calciatrice, sono da attaccante di primissimo livello. Può controllare e proteggere palla abbassandosi sul bacino, poi partire con grande esplosività anche da lontano e quando gli spazi si restringono viene fuori la sua tecnica nel dribbling. Inoltre, come detto, ha grande visione di gioco e sensibilità di calcio. 

 

Sembra le venga tutto facile quando gioca, ma non vanno dimenticati i sacrifici che già le sono stati necessari. «Nessuno mi ha mai regalato niente nella mia vita. Ho lavorato duramente per la maggior parte delle cose che ho ottenuto, negli ultimi anni mi sono allenata anche da sola per migliorare», ricorda. «Fortunatamente la mia famiglia e i miei amici mi hanno sempre sostenuto». Se tutto va bene ne sentiremo parlare a lungo. Quando si tratta di calciatori giovani, così giovani, ci si augura sempre che facciano carriere di alto livello, il più lunghe e ricche di soddisfazioni possibili, ma si sa che i fattori da cui dipenderà sono molteplici, che non dipenderà solo da loro cioè. Quando si parla di una calciatrice, poi, le difficoltà che dovrà affrontare sono ancora di più.

 

Guardando Haley Bugeja è impossibile non desiderare che riesca a esprimere al meglio il proprio talento, sperando che insieme a lei continui a crescere anche il movimento del calcio femminile.

 

 

Tags : bugejasassuolo femminile

Daniele Manusia, direttore e cofondatore dell'Ultimo Uomo. È nato a Roma (1981) dove vive e lavora. Ha scritto: "Cantona. Come è diventato leggenda" (Add, 2013) e "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" (66th & 2nd, 2020) e "Zlatan Ibrahimovic, una cosa irripetibile" (66th & 2nd, 2021).

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