Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Guida ufficiosa alla Roma 14/15
01 ott 2014
01 ott 2014
Due romanisti, un ottimista e un pessimista, parlano della Roma, partendo dall'inizio della stagione fino alla partita di ieri sera. È possibile che i giallorossi siano finalmente "favoriti"?
(di)
(foto)
Dark mode
(ON)

DANIELE MANUSIA (@DManusia): Comincio dalla prima giornata, da un'immagine di Roma-Fiorentina. Secondo tempo, la Roma in difficoltà anche se in vantaggio, Rudi Garcia dall'area tecnica si sbraccia in direzione della Tevere e poi si gira verso la Monte Mario chiedendo sostegno. A parte che non ho mai amato neanche i giocatori che si rivolgono al pubblico battendo un calcio d'angolo, ma quel gesto mi ha scioccato sopratutto perché veniva da Rudi. È arrivato a Roma in uno dei momenti più difficili che io ricordi (oddio, era più difficile quando all'inizio dell'era Spalletti i tifosi fermavano le macchine dei giocatori fuori da Trigoria, c'è quel video che non si trova online ma che ricordo di aver visto in TV in cui un tifoso si sporge nel finestrino di Cassano e gli dice: "Ao', vedete de core, che io pe' veni' allo stadio la notte vado a rubba'!"); Rudi è arrivato in un momento durissimo, dicevo, ha imparato l'italiano a tempo di record, non ha chiesto niente a nessuno e si è messo a lavorare, il campionato è iniziato e ha vinto le prime dieci partite. Adesso invece alla prima difficoltà chiede aiuto al pubblico della Roma. Non voglio dare un significato troppo grande a quel gesto e sono talmente riconoscente a Rudi per come ha trasformato la squadra che per me tutto lo stadio si dovrebbe alzare e sedere su suo comando, però è una cosa nuova. Quando Garcia si è sbracciato lo stadio è rimasto piuttosto freddo e la risposta che mi è sembrato di sentire telepaticamente è stata: “Coooosa? Tu hai bisogno di noi? Siamo noi che abbiamo bisogno di te!”. Se la sparo grossa per fortuna, Simone, potrai contraddirmi, ma io in quel momento ho pensato: Cavolo, è bastato pagare tanto Iturbe per rompere la magia di una squadra che crede, e che così fa credere anche ai suoi avversari, di essere capace di tutto. Per fortuna era solo la prima giornata, ma la mia paura è che anche se Rudi Garcia, i dirigenti e i giocatori dichiarano che la favorita, giustamente, è ancora la Juve, l'idea di essere costretti a vincere si sia infilata nei loro cervelli. Ho paura anche perché non si può cominciare ogni volta la stagione vincendo le prime dieci partite, sopratutto se la quinta in campionato è la Juventus e il martedì prima devi giocare a Manchester contro il City. SIMONE CONTE (@SimonteCone): Io credo che Garcia sia questo, ma credo anche che questo gesto di chiedere il supporto del pubblico non sia frutto dell'impulsività. Non mi sembra un gesto "de core" o peggio "de panza", è tutta testa. Garcia ha dimostrato a più riprese di seguire nelle sue scelte una certa razionalità, e nel suo calcolo razionale, è semplicemente inaccettabile non sfruttare tutte le risorse di cui può disporre. Non stiamo chiudendo la partita con la Fiorentina? Ok, fino a dove arrivo io, arrivo con cambi e disposizioni tattiche. Non basto? Cos'altro abbiamo? Lo stadio. Serve? Difficile quantificare. Ma è una risorsa, e non costa niente. Usiamola. Credo che la differenza rispetto allo scorso anno risieda nella percezione di Garcia di questa risorsa, nel senso che adesso è gratis. Se arrivi dopo quel 26 maggio e quella estate e, in uno stadio come l'Olimpico, ti metti a fare il capopopolo e poi non vinci, te la fanno pagare. Adesso non lo paghi, hai credito, e la gente ti segue, su basi fattuali. Infatti io, a differenza tua, non ho percepito una reazione fredda dello stadio. Ma questo potrebbe essere perché io sono un amico del popolo e sto in distinti mentre tu, servo dei poteri forti, eri in tribuna. DANIELE MANUSIA: Interessante la questione della razionalità di Garcia e mi fido di te (anche se la formula “amico del popolo” fa pensare a Lévi-Strauss tra i Bororo) per quanto riguarda la temperatura dello stadio. Sospendo il giudizio sulla riconoscenza dei romani in generale e sull'imprevedibilità del tifo della Roma in particolare; diciamo allora che Rudi Garcia vorrebbe fare l'upgrade del suo rapporto d'amore con la città, basato sulla tenerezza e sul reciproco sostegno nei momenti di difficoltà (la tenerezza è fuori dubbio, basta pensare alla foto di Garcia che riprende con l'iPhone l'ingresso di Totti il giorno della presentazione). In ogni caso mi sembra chiaro, anche se abbiamo appena iniziato, che io sarò il pessimista, in questa conversazione, per cui tanto vale che mi passi il rasoio sulla lingua per togliere i pochi peli che di solito ho. I miei dubbi principali riguardano il gioco, e sopratutto su questo piano mi aspetto che il secondo anno di gestione Rudi sia quello del definitivo salto di qualità. Per dare ai miei dubbi la giusta prospettiva ti chiedo di fare finta che la Roma non abbia battuto 5-1 il CSKA all'esordio in Champions (oltretutto è stata una partita così eccezionale che capiremo solo più avanti cosa significa davvero, sopratutto perché il CSKA sembrava non averla preparata affatto). Già dallo scorso anno avevo l'impressione che la Roma fosse una squadra con un centrocampo fortissimo ma dominante solo a tratti, di una squadra solida con evidenti problemi creativi. Con l'Empoli sono stati davvero pochi i palloni recuperati nella loro metà campo e Destro ha ricevuto solo 13 passaggi, a cui vanno aggiunti 8 lanci/cross su cui, però, ha perso tutti i duelli aerei. La Roma va in difficoltà se pressata alta: lo ha fatto l'Inter nell'amichevole estiva in America, con un ritmo bassissimo che ha comunque impedito alla Roma qualsiasi costruzione; lo ha fatto l'Empoli, con un'attenzione particolare ai rinvii dal fondo di De Sanctis, pressando con 3 giocatori i 3 della Roma (i due difensori centrali + De Rossi), costringendolo quasi sempre a cercare direttamente i terzini o lanciare lungo sulla punta. Quando invece non viene pressata nella propria metà campo, come nel primo tempo contro la Fiorentina, contro le difese schierate, con nove o dieci giocatori dietro la linea della palla, la Roma sembra affidarsi più che altro alle capacità dei singoli. In questo senso si spiega anche il mercato: Iturbe, come anche Gervinho, sono giocatori capaci di impegnare e calamitare tre o quattro difensori avversari con la palla tra i piedi, ma nessuno dei due ha il piede per partecipare al gioco “di posizione” del centrocampo. L'ideale sarebbe affrontare solo squadre che non pressano troppo in alto nel campo o con troppa intensità, che però al tempo stesso lascino spazio tra le linee e la profondità alle spalle dei difensori per far correre i nostri velocisti. Come ad esempio giocava il CSKA. Il problema è che dubito che una situazione del genere si ripeterà spesso. SIMONE CONTE: È vero, l'ottimista tra i due sono io, ma non lo sono a priori. Per restare sulla notizia potrei definirlo un ottimismo a tutele crescenti, nel senso che più la Roma gioca partite (abbiamo iniziato a scrivere questa cosa dopo Roma-Fiorentina e ora che scrivo si è appena conclusa Roma-Cagliari), più mi sento tutelato nell'approcciarmi a questa stagione con uno spirito positivo. La partita di ieri è esemplare in questo senso, perché dopo una cinquantina di gare della gestione Garcia (un corpus che potrebbe già essere rappresentativo delle modalità di gestione della gara da parte di un allenatore), ho visto una cosa nuova. O meglio, ho visto una cosa consolidata, di cui già parlavo nel paragrafo precedente, ma in una veste nuova. Ho visto la razionalità sotto forma di noia. La partita contro il Cagliari è durata 15 minuti, il tempo di fare due gol, poi la gestione razionale di cui sopra ha preso il sopravvento. Mi piacerebbe essere un bordocampista per sapere in che misura questa indicazione sia partita da Garcia e quanto invece la squadra sia già consapevole di questi meccanismi. Probabilmente avere due allenatori in campo come ieri (De Rossi e Keita) rende questo tipo di cambi in corsa particolarmente fluidi. Ieri la Roma ha deliberatamente smesso di giocare, in modo quasi plateale: perché faceva caldissimo, perché c'è il turno infrasettimanale, perché il Cagliari non destava preoccupazioni. Manca la controprova, ma sono sicuro che se la squadra di Zeman avesse alzato il ritmo e si fosse resa anche solo vagamente pericolosa, avrebbe innescato automaticamente un'intensità di gioco romanista pari a quello del primo quarto d'ora. Come tutti gli esperimenti, deve essere ripetibile per considerarlo acquisito, ma questo primo tentativo di economia delle risorse fisiche e mentali ha avuto successo. Questa cosa la fa solo una squadra consapevole della propria forza, e questa consapevolezza, se non basta per vincerle tutte, è quantomeno quella che non ti fa buttare via partite che sulla carta devono essere tue. Sotto il profilo delle motivazioni, giocare a calcio in questa città è un'arma a doppio taglio. Siamo una tifoseria particolarmente umorale (arrivateci voi al secondo posto per sei volte in dieci anni, poi mi dite se diventate umorali), e trasmettiamo esaltazione e depressione alla squadra a volte senza neanche accorgercene. In questo senso ieri mi ha colpito il fatto che, in uno stadio gravato dal microclima di Manaus, quindi in una partita già di per sé difficile da seguire, 70 minuti di calcio noioso siano stati accolti positivamente da parte del pubblico. Dicevamo "che palle" ma nessuno si lamentava veramente, eravamo contenti, era evidente cosa stesse succedendo. Ah, dicevamo anche "Florenzi è andato a bacià la moglie de Simplicio". DANIELE MANUSIA: Avevo un matrimonio la domenica di Roma-Cagliari per cui mi sono perso quella noia controllata che in effetti a Roma non siamo abituati a vedere. Però mi hai fatto venire in mente che ero allo stadio durante Roma-CSKA. Sul 2-0 c'è stato quell'errore della ditta Torosidis-Maicon che ha lanciato Doumbia verso De Sanctis palla al piede con una metà vuota per riflettere su come esattamente segnare quel gol fatto (e forse è stato questo a farlo inciampare; questo o la potenza psichica di sessantamila persone intorno a lui che pensavano simultaneamente: “Ti prego sbagliala”). Appena prima che Doumbia scivolasse ho fatto uno di quei ragionamenti lampo che si fanno prima di avere un incidente, del tipo: “Adesso cado sul lato sinistro, indosso una t-shirt e mi graffierò a sangue tutto il braccio. Toh, mi è rimasta la caviglia sotto al motorino. Questo sono almeno un paio di mesi senza calcetto”. Solo che stavolta pensavo che fatto il 2-1 per il CSKA sarebbe stato un gioco da ragazzi rimontare e andare in vantaggio. Che lo sapevo che sarebbe finita così la nostra Champions League, altro che Manchester City e Bayern di Monaco, una sconfitta in casa alla prima giornata con la squadra più debole e la chiesa torna davvero al centro del villaggio. E invece Doumbia ha sbagliato, abbiamo segnato il terzo e il quarto gol e un tipo vicino a me dopo aver esultato ha salutato i suoi amici dicendo che ne approfittava per andare a casa dalla moglie. Non era vero ma ci ho messo un po' a capirlo tanto era surreale quella situazione. Sto descrivendo i miei pensieri in quell'unico momento di difficoltà, all'interno di una partita altrimenti perfetta, per dire che capisco quanto gusto ci sia nel vedere la Roma in controllo della situazione. Adesso, però, ricomincio a fare il pessimista. Anche se preferisco pensare di essere realista. Questa è la guida per la stagione 2014/15 e per quanto incredibili ho l'impressione che stiamo parlando di cose che bene o male avevamo già visto lo scorso anno. Di certo non sono state le partite con le piccole il problema della Roma di Rudi Garcia. Vincere con le piccole serve per marcare la soluzione di continuità rispetto alla nostra storia più o meno recente (ricordo come fosse ieri il 2-2 con il Venezia retrocesso del 2001) ma per fare la differenza tra la scorsa stagione e questa le partite che contano veramente, lasciando perdere la Champions in cui sarà tutto di guadagnato (anche se incombe lo spettro di Spalletti e del 7-1 che ha cancellato quasi i bei ricordi di Madrid, Lione, ma anche l'ottavo con l'Arsenal se non fosse che l'allenatore empolese ha avuto un po' il braccino corto tenendo Menez in panchina per tutti i supplementari), saranno al massimo quattro o cinque, ma due in particolare ci diranno qualcosa sul valore di questa squadra. Dobbiamo battere la Juventus. E lo dico con la consapevolezza di quanto sia difficile, con il massimo rispetto per l'avversario in questione. Per me vincere uno Scudetto perdendo il doppio scontro diretto sarebbe (in piccola parte, certo) una delusione. Voglio che la mia squadra sia la migliore; la migliore della città, la migliore del campionato, eccetera (anche se il fatto di essermi definito realista mi obbliga a fermarmi qui). Per essere i migliori in Italia bisogna battere questa Juventus, sul lungo periodo, ai punti, ma anche nei novanta minuti (anzi, già il fatto che non ci sia Conte in panchina toglie un po' di fascino alla sfida, con tutto il rispetto per Allegri, perché potrà essere usato come scusa). Come giocherà la Roma di Garcia contro la Juventus? Presserà alta (come lo scorso anno ma solo per i primi minuti) o chiuderà le linee giocando in ripartenza? Per capire la grandezza della Roma bisognerà metterla vicino a una grande squadra, la sfida con City e Bayern per ora, per mille ragioni, fa pensare a Davide contro Golia, ma la Juve è il metro con cui la mamma misura l'altezza del figlio sulla carta da parati, vicino allo stipite. E se penso che tra appena due settimane giochiamo a Torino mi vengono i brividi. SIMONE CONTE: Io non lo so se la capacità di battere la Juventus sarà determinante per vincere questo scudetto. La consapevolezza della propria forza di cui parlavo prima è quella che ti fa vincere in provincia, mentre con le squadre al tuo livello ogni partita è una storia a sé. Ma se vinci le partite che devi vincere (che non è per niente facile, se adesso alzo gli occhi dal PC vedo che l'Empoli sta vincendo contro il Milan), le due con la Juve non saranno determinanti, perché io non penso che la Juve sfonderà quota cento come l'anno scorso, soprattutto se dovesse superare il girone di Champions. E venendo a quello che dici tu, vincere lo scudetto perdendo il doppio scontro diretto non solo non sarebbe neanche lontanamente una delusione, ma dimmi dov'è il foglio che firmo col midollo osseo. Quello che vorrei, quello che mi aspetto, quello in cui credo, al di là del risultato, è di non vedere mai la mia squadra perdere la testa se la partita si mette male. Anche su questo sono ottimista. Anche in questo penso che stiamo crescendo, anche in questo penso che la squadra e la società si vogliano scrollare di dosso atteggiamenti che sono propri di chi non riuscendo a vincere, per la frustrazione, non sa neanche perdere. In questo gruppo ci sono delle motivazioni mostruose. Pensa al "Caso Maicon". Nelle 24 ore successive alla sua cacciata dal ritiro della Nazionale si è quasi arrivati a considerarlo un ex-giocatore, e già si parlava di chi avrebbe dovuto far respirare ogni tanto Torosidis durante l'anno. Invece Maicon torna, parla con Garcia, l'allenatore lo mette subito in campo a Empoli e ce lo tiene nelle partite successive, e lui lo ripaga e ci ripaga con prestazioni di alto livello. Nella Roma di qualche anno fa, oggi probabilmente ci sarebbe un Caso Maicon. Questa Roma invece vuole solo vincere, ne ha bisogno, la bolla di entusiasmo e fiducia che ha costruito non durerà per sempre senza risultati. La voglia potrebbe ovviamente non bastare, perché la Juve è fortissima, perché squadre come Napoli, Milan, Inter e Fiorentina possono essere forti e puoi perderci anche se giochi solo bene e non benissimo, perché se per tre partite di seguito giochi allo stesso modo in Italia lo capiscono e ti sanno prendere le misure anche squadre meno forti, perché gli infortuni sono già una preoccupazione, perché una dose di caso nel calcio ci sarà sempre, ma io non vedevo nell'ambiente romanista un'unità di intenti così solida da anni. DANIELE MANUSIA: Non riesco a capire se la mentalità vincente (nel senso di quella mentalità che può aiutare a creare un'atmosfera intorno alla squadra che conduca alle vittorie) è la tua del “firmo con il midollo osseo” o quella mia “dobbiamo battere la Juve”. Sembriamo Sordi e Verdone in Troppo Forte, in quella scena in cui Sordi rifiuta ottanta milioni come indennizzo per un incidente di Verdone perché vuole “un miliardo” e Verdone che sbotta: “Posso di' 'na cosa? A me ottanta milioni non mi stanno bene, mi stanno benissimo”. Certo c'è un grande differenza tra la Juventus e, con tutto il rispetto, il Napoli o l'Inter (toglierei dall'elenco il Milan e la Fiorentina di quest'anno che non mi sembrano all'altezza). Semplicemente perché la Juventus è l'unica squadra con cui abbiamo perso entrambe le partite lo scorso anno, senza dare l'impressione che potesse davvero finire diversamente. Napoli e Inter possono benissimo battere la Roma, ma anche Fiorentina e Milan, o l'Atalanta, perché no, ma nessuno potrà farci sentire inferiori come la Juventus lo scorso anno. Inferiori fino a un certo punto, dirai, ma non vorrei diventasse una costante (un complesso, cioè). Per me lo Scudetto si può anche vincere tra un paio d'anni, ma sarebbe importante continuare a sviluppare la filosofia di gioco in un senso non troppo pragmatico, che non si punti a svoltare una partita dopo l'altra ma a giocare così bene che poi le squadre piccole perdono da sole (che poi è la sensazione che si ha quando si guarda la Juve giocare e che in parte si è avuto anche con il Cagliari, no?). Siamo quasi arrivati alla fine di questa guida che dice più sull'inconscio di alcuni tifosi romanisti che dei pregi e difetti della Roma, per cui vorrei fare il punto sul tipo di squadra che vedremo in questa stagione, con la speranza che continui a migliorare nel breve/medio termine (diciamo che mi piacerebbe aver vinto qualcosa almeno prima di vedere in campo il “bambino prodigioTomaselli). La Roma migliore è quella con il 4-rombo-2, con Totti vertice alto del rombo e Gervinho e Iturbe larghi. Con questa formazione la Roma è in grado di alzare e abbassare il baricentro a proprio piacimento e variare ritmo con quasi tutte le sue avversarie, e crea pericoli su iniziative personali o su transizioni offensive rapide (con il CSKA abbiamo dominato, ma l'1-0 è nato da una ripartenza e il 4-0 è una lectio magistralis di quello che possono fare Totti+Gervinho/Iturbe contro le difese alte). Come detto, la Roma va in difficoltà con le squadre che difendono a ridosso della propria area perché manca la profondità negli ultimi venti metri (il difetto maggiore del nostro reparto avanzato, a mio modesto parere, sta nella scelta di giocatori che vogliono di preferenza la palla sui piedi, anche Gervinho e Iturbe) ma a questo si può ovviare con un maggior coinvolgimento offensivo dei vari Pjanic (che ho visto benissimo con il CSKA proprio perché più “verticale” del solito), Nainggolan (secondo me il nostro miglior giocatore in rosa, in questo momento) o Strootman, che è altrettanto completo del belga e lo scorso anno si è infortunato proprio quando lo si cominciava a vedere più spesso in area di rigore. Il problema è quando manca Totti (e non pensare al dopo-Totti sarebbe come organizzare un trasloco senza chiedersi come far uscire l'elefante che dorme in salotto). Con Destro in campo la Roma cambia forma e manca un uomo tra le linee. Per questo potremmo vedere più spesso il 4-2-3-1, con Pjanic vertice alto del triangolo, posizione che prende anche in corsa passando da quella di mezzala a quella di trequartista, ma che se dovesse diventare il suo ruolo più o meno fisso toglierebbe un uomo all'impostazione e il gioco ne risentirebbe. Il problema del sostituto di Totti, che non esiste ancora e forse non esisterà mai, prima o poi dovremo affrontarlo. Per il resto la rosa è molto competitiva, forse ci manca un secondo terzino destro all'altezza di partite di livello in cui bisogna anche difendere (non ci sarà un “Caso Maicon” ma va detto che non ho mai visto un terzino difendere selettivamente come lui, difendendo cioè solo quando pare a lui, aspettando altrimenti che la palla torni nella sua zona, con quella sua posa scocciata con le mani sui fianchi; Torosidis poi fa il suo lavoro, sempre, ma secondo me non basta) e a partire da gennaio ci servirà anche un nuovo terzino sinistro (Ashley Cole va a giocare in MLS, giusto?). Non saprei indicare possibili mutazioni nei prossimi dieci mesi, se non forse che vedremo un po' meno la salida lavolpiana di De Rossi, a volte davvero inutile (e con Keita, bravissimo a cercare la linea di passaggio dieci metri più avanti, a ridosso del centrocampo avversario, la Roma è più fluida). In sostanza non cambia molto dalla Roma dello scorso anno e il salto a cui mi riferivo è sopratutto mentale. Forse è giusto così, alla Roma dello scorso anno non mancava molto per esprimersi davvero al meglio, e il meglio di questa Roma potrebbe darci molte soddisfazioni. SIMONE CONTE: Il bello di scrivere questa guida in un lasso di tempo piuttosto lungo è che paragrafo dopo paragrafo quello che abbiamo scritto prima viene messo alla prova della realtà. Ieri si è giocata Roma-Verona, ed è stata finora la partita più complicata per noi. Mandorlini l'ha impostata benissimo, un 4-5-1 molto ordinato che, proprio come dici tu poche righe fa, ha messo in difficoltà la Roma per via della carenza di spazi in profondità. L'ha sbloccata Florenzi con un tiro da fuori bello e difficile, che fino a ieri non aveva dimostrato di avere nel suo repertorio tecnico, l'ha strappata Gervinho appena gli avversari sono stati costretti a proiettarsi in avanti, poi Destro l'ha chiusa con un gol da compilation di Youtube. Anche stavolta la squadra si è adattata al contesto, e dopo un'ora abbondante passata a sfiancare l'avversario facendo correre la palla e, appunto, l'avversario, ha capito che se non riesci a vincere col tuo gioco, ci provi con un altro, che stavolta erano i tiri da fuori. E' stata una vittoria importante anche per un altro motivo: il Verona chiudeva il ciclo di partite nel quale alla Roma si chiedeva di vincerle tutte. Lo ha fatto. Ora comincia un altro ciclo, che inizia passando da Manchester e Torino, dove vincerle tutte non è una richiesta ma una speranza. Se ora si sperano cose impensabili appena un anno fa, è perché in dodici mesi Rudi Garcia ha compiuto un piccolo capolavoro, non solo calcistico. Non si rinasce dalle ceneri in un anno se si è seguiti solo dai calciatori, è necessario avere la fiducia delle persone. Garcia dispone della fiducia delle persone che compongono la sua rosa e di chi le tifa. A Roma non è capitato spesso, e può significare molto. DANIELE MANUSIA: Mi sembra giusto chiudere la Guida dopo la partita di Manchester, e prima di quella di Torino. È stato bello vedere che il discorso sulla tenerezza nel frattempo è tornato d'attualità (con il fidanzamento ufficiale di Rudi e il bacio sul collo a Destro); è stato meno bello vedere che contro il Verona non è bastato il 72,7% del possesso a dare l'idea di pericolosità, che contro una difesa schierata (con Gervinho in panchina) la Roma è andata in difficoltà e non è riuscita a fare un pressing sufficiente che impedisse le ripartenze alla modesta squadra di Mandorlini. La partita l'hanno risolta due prodezze meno estemporanee di quel che si crede, Rudi Garcia è bravo anche a far credere ai propri giocatori, e non esattamente due titolari (Florenzi e Destro), che possono fare praticamente ogni cosa. La forza mentale della Roma in queste situazioni è notevole. A Manchester poi... non so se è mentalità, organizzazione, fiducia nei propri mezzi, ma io una partita così “giusta” della Roma non la ricordo. Forse è proprio perché è il secondo anno di Rudi Garcia, i giocatori conoscono meglio il suo gioco e magari anche il mercato gliene ha forniti di più adatti. Forse il mio pessimismo si spiega con il fatto che una stagione intera con le coppe è lunga, e non si può giocare sempre allo stesso livello. Certo la Roma in una manciata di partite ha speso energie nervose che altre squadre non spendono in un anno, ma Rudi Garcia ha già smentito chi credeva che il secondo posto dello scorso anno avrebbe saziato i suoi giocatori. Stasera (sì, sto scrivendo a caldo dopo il pareggio che vale quanto una vittoria, perché la Roma ha creato di più, ha costruito e quando c'era da resistere ha resistito) ho visto anche una capacità di uscire dal pressing superiore rispetto alle ultime partite (Keita si sta imponendo in maniera forte, a centrocampo la competizione sarà da pazzi per la seconda parte di stagione). Abbiamo ancora una rosa con dei limiti (contro il City avrebbero fatto comodo un portiere con i piedi buoni e due terzini in grado di reggere anche il secondo tempo, il lavoro di Florenzi in copertura è stato commovente, forse più dell'abbraccio alla nonna) e avremo difficoltà negli ultimi venti metri con le squadre chiuse in Serie A, ma questa Roma, la Roma di Rudi Garcia, è comunque una delle più che io ricordi. La Roma di Spalletti aveva una bellezza delicata e velleitaria, da ragazza ricca; quella di Garcia è seducente e dura al tempo stesso, è la bellezza della Magnani, se mi passi il paragone. SIMONE CONTE: Ti passo il paragone con la Magnani solo perché sono ancora ubriaco di Champions. Personalmente faccio fatica a ricordare un senso di soddisfazione così forte in seguito a un pareggio. Sicuramente c'è già stato, ma in questo momento non mi viene in mente, e sono soddisfatto pur nella piena consapevolezza che questo girone sia ancora tutto da giocare. Mettiamola così, dopo il sorteggio era impossibile, dopo il Cska era durissima, ora è dura. Ma ora sappiamo che in Europa questa squadra non smarrisce la sua identità, che anche chi gioca questa competizione per la prima volta scende in campo senza paura, che il risultato lo decide e lo deciderà la forza delle squadre in campo, e non l'emozione. Sul piano mentale continuano ad arrivare conferme, sul piano fisico, nel corso della stagione, potrebbero essere determinante la profondità della rosa. De Sanctis Emanuelson Castan Astori Torosidis Strootman De Rossi Paredes Iturbe Ljajic Destro: tra infortunati e panchinari è un 11 alternativo a quello titolare di oggi. Una Roma B che da qui a maggio si mescolerà di continuo con quella che a Manchester è stata la Roma A, una seconda squadra che se la giocherebbe alla pari contro quella titolare di Spalletti, che è l'ultima Roma che ci ha fatto sentire come ci sentiamo stasera. Ma se in quei mesi ci sentivamo protagonisti di un miracolo che poteva finire da un momento all'altro, oggi sappiamo che di miracoloso non c'è niente, e che tutto questo è stato costruito con pazienza, abilità e metodo, ed è stato costruito per durare nel tempo.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura