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Guida ufficiosa al Giro d'Italia 2020
02 ott 2020
10 domande per arrivare preparati al primo Giro autunnale della storia.
(articolo)
22 min
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3496 chilometri totali per 21 tappe, da Monreale a Milano. È questo, in sintesi, il Giro d’Italia 2020, l’edizione numero 103 della Corsa Rosa che partirà sabato 3 ottobre con una cronometro di 15 chilometri da Monreale a Palermo. Per la prima volta si correrà a ottobre, per i motivi che probabilmente tutti voi già conoscete. A causa della pandemia tutto si è fermato per mesi, anche lo sport, e quindi ovviamente anche il ciclismo. Dopo la Parigi-Nizza di inizio marzo non si è più corso fino ai primi di agosto. Circa 5 mesi di pausa forzata, senza poter uscire ad allenarsi, senza poter correre alla ricerca della condizione migliore.

In questo contesto è già una vittoria che la stagione sia ripartita, anche se con un calendario per forza di cose modificato, compresso in questi ultimi mesi dell’anno che ci rimangono prima dell’inverno. E così la Milano-Sanremo, la classica di primavera, è slittata all’8 di Agosto. Il Lombardia, la classica delle foglie morte, è stata anticipata a ferragosto. Il Tour è partito con un mese e mezzo di ritardo e il Giro d’Italia ha dovuto abbandonare il mese di maggio per trasferirsi a ottobre. Abbiamo già avuto modo di vedere in questi primi due mesi di gare che il lungo stop ha agito in modo diverso sui vari ciclisti. C’è chi ha accusato problemi alla schiena, chi ha subito dei crolli improvvisi, chi non ha ancora ritrovato la brillantezza giusta per tornare ad essere davvero competitivo.

Per la prima volta il Giro d’Italia arriva dopo il Tour de France, che ci ha regalato la rocambolesca vittoria di Tadej Pogacar, 22 anni compiuti il giorno dopo l’arrivo a Parigi. Per il secondo anno consecutivo la Grande Boucle è andata a un ciclista giovanissimo, alla prima vittoria in un grande giro, segno che le nuove leve sono ormai pronte a prendersi la scena. Vedremo se questo trend si ripeterà anche in Italia.

Non ci sarà quello che sarebbe stato sicuramente l’osservato speciale di questa edizione, cioè Remco Evenepoel, che ha concluso la sua stagione giù da un ponte al Lombardia con una frattura al bacino. Ci saranno però altri nomi da seguire, oltre ovviamente a salite storiche da affrontare, in un percorso che per tre settimane, coronavirus e meteo permettendo, speriamo possa farci vivere momenti di grande ciclismo.

Per la prima volta il Giro d’Italia si corre a ottobre: cosa cambia per i ciclisti? Ci sono dei rischi a correre a inizio autunno invece che in primavera inoltrata?

Umberto Preite Martinez

È una situazione unica nel suo genere che ha scombussolato i piani di tutti i partecipanti, costretti a rivedere i piani di allenamento senza però avere i consueti punti di riferimento. Con il calendario così rimodellato, infatti, sono per forza di cose saltate alcune delle classiche corse di preparazione al Giro d’Italia, come il Tour of the Alps o il Giro di Romandia, costringendo i principali favoriti ad utilizzare la Tirreno-Adriatico come ultimo banco di prova prima del via.

Fra coloro che puntano con determinazione alla maglia rosa, solo Thomas, Nibali e Fuglsang hanno optato per la partecipazione ai Mondiali di Imola: gli altri hanno preferito andare in ritiro per rifinire la condizione fisica o magari per visionare un’ultima volta i punti decisivi del percorso, con particolare attenzione alle grandi salite alpine.

Ed è proprio parlando delle grandi salite che salta alla mente l’altro enorme problema del correre un Giro d’Italia a ottobre: il meteo. Se è vero che anche a maggio può capitare di incontrare il maltempo lungo il percorso o che comunque non si riesca a ripulire le strade dalla neve invernale in tempo per il passaggio del Giro (ma sono situazioni estreme non così comuni, in ogni caso), a ottobre il problema è invece quello inverso. Sì, l’estate alle spalle ha fatto sì che la neve si sciogliesse da sola liberando le strade e un settembre abbastanza caldo ha reso tutti un po’ più ottimisti. Però proprio in questi giorni ha ricominciato a nevicare sullo Stelvio e su altri passi di montagna oltre i 2000 metri di altezza e ad oggi ancora non è del tutto chiaro se e in che condizioni si potrà transitare con la corsa.

Anche se si riuscisse a correre normalmente, poi, ci sarà da considerare l’abbassarsi delle temperature, più rigide rispetto a maggio, che potrebbe scombinare i piani dell’organizzazione e degli stessi ciclisti in gara. Sicuramente sarà un Giro d’Italia che in un modo o nell’altro rimarrà nella storia del ciclismo. La chiave, per la vittoria e per l'interpretazione della corsa, è capire come.

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La nevicata del 2013 alle Tre Cime di Lavaredo con l’arrivo in solitaria di Nibali (foto di LUK BENIES/AFP via Getty Images).




È un Giro d’Italia che parte sulla carta senza un padrone annunciato. Chi pensate si giocherà la vittoria finale?

Gabriele Gianuzzi

Geraint Thomas e Simon Yates hanno un conto aperto con il Giro d’Italia. Il primo, ha dovuto assaggiare l’asfalto e successivamente ritirarsi per la sciagurata decisione di un poliziotto di parcheggiarsi a bordo carreggiata in un momento decisivo dell’avvicinamento al Blockhaus nel 2017. Il secondo, l’anno successivo, ha visto frantumarsi le speranze di vincere la maglia rosa di fronte una delle imprese più belle che il ciclismo moderno abbia mai prodotto, e cioè Chris Froome sul Colle delle Finestre.

Geraint Thomas non è mai tornato sulle strade del Giro dopo il 2017. Si è concentrato sul Tour e ha portato a casa la maglia gialla nel 2018 e un secondo posto nel 2019. Simon Yates ha vinto La Vuelta ed è tornato lo scorso anno al Giro convinto di aver “esorcizzato” la sconfitta dell’anno prima. La sua convinzione si è scontrata con la realtà, crollando malamente, di nuovo, nell’ultima settimana.

Quest’anno partono entrambi da capitani, galvanizzati da una ottima Tirreno - Adriatico chiusa al primo posto per Yates e al secondo per Thomas. Insomma, penso che entrambi abbiano le carte in regola per giocarsi la vittoria finale. Thomas, tra l'altro, per caratteristiche tecniche è molto adatto al tipo di salite che verranno affrontate lungo le tre settimane e a cronometro è uno dei migliori. Simon Yates quando è in giornata è uno spettacolo. È un ciclista generoso che non si limita al compitino. Tra i potenziali vincitori è l’unico ad avere l’esplosività per un attacco decisivo in salita e potrebbe mettere in difficoltà molti avversari.

Spesso si dice che per vincere il Giro serva una motivazione extra. Per Carapaz fu la spinta del suo Paese di origine, per Froome l’epicità dell’impresa, per Dumoulin la prima vittoria in un grande Giro. Ecco io non sottovaluterei la voglia di riscatto e di rivincita di Thomas e Yates. Sopra i 2000 metri quando le gambe fanno male e la testa si annebbia dalla fatica, gettare il cuore oltre l’ostacolo può fare la differenza.

Umberto Preite Martinez

Thomas e Yates sono i favoriti d’obbligo ma accanto a loro metterei anche Steven Kruijswijk. Nei piani iniziali avrebbe dovuto correre il Tour de France in appoggio a Roglic ma una caduta al Delfinato ha spinto la squadra a dirottarlo verso il Giro. Una corsa, quella italiana, che ha un enorme conto aperto con l’olandese della Jumbo-Visma: era il 2016 quando un Kruijswijk in maglia rosa, apparentemente irraggiungibile, si schiantò contro un muro di neve nella discesa del Colle dell’Agnello infrangendo, oltre a un paio di costole, anche le speranze di vittoria. Quest’anno Kruijswijk torna al Giro con una maturità diversa: ha ormai 33 anni e da quel maledetto 2016 ha collezionato nei grandi giri un 3° e un 5° posto al Tour e un 4° posto alla Vuelta. Magari rispetto a quattro anni fa ha perso un po’ di brillantezza, ma sicuramente il capitano delle "Vespe" arriva al Giro per vincerlo. A cronometro si difende bene, in salita ha sempre fatto vedere ottime cose anche se è sempre stato poco appariscente, e pure dal punto di vista della tenuta fisica e della costanza sulle tre settimane non ha mai mostrato problemi, al contrario dei suoi rivali d’Oltremanica.

"De Kleerhanger" (letteralmente la gruccia), come lo chiamano dalle sue parti per via della particolare conformazione delle spalle, è un regolarista duro e puro. La sua squadra sta letteralmente volando nel post-lockdown e anche al Giro avranno a disposizione una buona formazione per controllare ogni situazione di corsa. Anche se non corre da quella caduta al Delfinato di ormai un mese e mezzo fa, Kruijswijk rimane una delle mie più inossidabili certezze.

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Foto di LUK BENIES/AFP via Getty Images

Chi invece viene sempre inserito fra i favoriti di questo Giro d’Italia e che invece mi lascia più di qualche perplessità, è Jakob Fuglsang. Anche lui è ormai maturo (classe ‘85) e ha un’ottima squadra al seguito, ma al contrario di Kruijswijk non ha mai brillato nelle grandi corse a tappe raccogliendo davvero molto poco nel corso della sua ormai lunga carriera. Era passato professionista con il bollino della grande promessa ma fino a un paio d’anni fa non era mai riuscito a emergere davvero. Invece l’anno scorso ha sorpreso tutti nelle classiche di primavera stravincendo la Liegi-Bastogne-Liegi, quest’anno ha vinto il Lombardia ed è arrivato quinto al recente Mondiale di Imola. Nonostante questo suo exploit nelle corse di un giorno, però, il salto nelle tre settimane non gli è mai davvero riuscito. Certo, sulla carta rimane uno dei favoriti ma le sue possibilità, guardando lo storico dei suoi risultati e le sue caratteristiche, non sono proprio rosee.




In un Giro così aperto c’è la possibilità di una vittoria a sorpresa. Chi potrebbe essere l’outsider di questa edizione?

Umberto Preite Martinez

Nutro grandi aspettative per Alexander Vlasov. Il russo della Astana correrà al Giro d’Italia in coppia con Jakob Fuglsang ma al momento mi dà maggiore fiducia rispetto al suo co-capitano. Fuglsang ha ormai 35 anni e il suo miglior piazzamento in una grande corsa a tappe è il 7° posto al Tour de France del 2013: da allora nessuna top-10 e un paio di ritiri quando non era comunque in posizioni di classifica così straordinarie. Vlasov invece di anni ne ha ancora 24 ed è al suo primo anno in una squadra World Tour. Nel 2018 ha vinto il Giro d’Italia U23 ed è arrivato 4° al Tour de l’Avenir, l’anno scorso si era poi messo in mostra fra i professionisti con la Gazprom-RusVelo collezionando delle ottime prestazioni nelle varie corse a tappe di una settimana cui aveva partecipato.

Quest’anno con il passaggio alla Astana sembra aver fatto un ulteriore step nel suo percorso di crescita riuscendo a non uscire mai dai primi 5 in ogni gara a cui ha partecipato finora: secondo al Tour de la Provence a febbraio, terzo alla Route d’Occitanie ad agosto, e poi primo al Mont Ventoux Dénivelé Challenges, quarto al Gran Piemonte, terzo al Lombardia, primo al Giro dell’Emilia e infine quinto alla Tirreno-Adriatico. Un percorso di tutto rispetto che ci restituisce la fotografia di un ciclista in grande condizione, che è uscito benissimo dal lockdown ed è pronto ormai per il suo esordio in una grande corsa a tappe. Vlasov va forte in salita ma non altrettanto forte a cronometro, fattore che potrebbe penalizzarlo in questo Giro d’Italia. Per il suo passato sembra destinato a diventare un ottimo specialista nelle corse a tappe ma essendo alla sua prima esperienza non è ancora chiaro fino a che punto riuscirà a mantenere questa costanza di rendimento. In un Giro d’Italia così incerto, però, Vlasov potrebbe riuscire a inserirsi nella lotta per le posizioni di vertice.

Gabriele Gianuzzi

Wilco Kelderman è il prototipo di outsider per il Giro d’Italia. Fa strano pensare che abbia già 29 anni e che la sua prima top 10 nella Corsa Rosa risalga al 2014. Forte in salita e solido a cronometro, è uno dei tanti corridori che nell’arco della carriera ha raccolto meno di quanto ci si potesse aspettare. Tra le grandi corse a tappe il feeling migliore è senza dubbio con La Vuelta dove negli ultimi anni ha centrato tre piazzamenti nei primi 10: nel 2017 ha perso il podio di pochi secondi alla penultima tappa per non essere riuscito a seguire Zakarin sull’Angliru.

Sulla sua forma fisica, pochi dubbi. Ha iniziato il 2020 alla grande: in tutte le corse a tappe a cui ha partecipato ha sempre centrato la top10. Prima del lockdown aveva ben figurato al Tour de la Provence e negli Emirati Arabi, mentre successivamente è riuscito a stare con i migliori sia al Tour de Pologne che alla Tirreno-Adriatico.

Le lunghe salite di questo Giro come il Colle dell’Agnello e lo Stelvio si adattano bene alle sue caratteristiche da passista. A cronometro dovrebbe riuscire a guadagnare nella prima e nell’ultima tappa riuscendo a esprimersi meglio sui chilometraggi brevi.




Per Peter Sagan sarà la prima partecipazione alla Corsa Rosa. Riuscirà a vincere la maglia ciclamino? Chi saranno i suoi principali avversari per le volate?

Gabriele Gianuzzi

Peter Sagan non sta affrontando il migliore momento della sua carriera. Il picco di velocità non è più quello di qualche anno fa, l’esplosività nei metri iniziali dello sprint (da sempre suo punto di forza) non gli permette più di fare la differenza e il posizionamento non è mai stato un punto a suo favore. Un quadro del genere non lascerebbe pensare a una possibile Ciclamino. Però, il suo nuovo modo di affrontare la corsa visto al Tour (cercando di sfinire gli avversari prima della volata) unito ad una condizione fisica teoricamente migliore di quella vista in Francia, potrebbe dargli qualche chance.

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Foto di MARCO BERTORELLO/AFP via Getty Images

Oltre a lui, Arnaud Démare è il favorito numero uno per la vittoria della ciclamino. Nelle corse dopo il lockdown ha dimostrato una gamba stratosferica ma soprattutto una forza mentale alla quale non eravamo abituati. L’unica incognita per lui sarà la terza settimana ricca di montagne ed il conseguente rischio di finire fuori tempo massimo. Fernando Gaviria è in crescita dopo un inizio di anno condizionato dalla positività al Covid-19. Sicuramente se la giocherà e qualche sua vittoria potrebbe condizionare l’esito finale della classifica a punti, ma sarà difficile vederlo in ciclamino a Milano. Ci sarà Elia Viviani, che deve sbloccarsi e sicuramente ci proverà in tutti i modi. Che riesca a farcela è tutto un altro paio di maniche. Il suo uomo di fiducia Fabio Sabatini non partirà causa Covid e questo aggiunge ulteriori punti interrogativi.

Infine, occhio a Davide Ballerini e Michael Matthews, ruote veloci abili anche sugli arrivi più mossi. Il primo ha dimostrato di avere una costanza fuori dal comune ed il secondo è in buona forma. In un Giro d’Italia che ha solo 4 arrivi per velocisti puri, non è detto che la ciclamino non possa passare anche per quegli arrivi dove l’altimetria è più movimentata.




Vincenzo Nibali partirà alla caccia del suo terzo Giro d’Italia: quali sono le sue reali possibilità?

Umberto Preite Martinez

Purtroppo quest'anno per Nibali sembra sempre più chiaro quel decadimento fisico che alla sua età è purtroppo inevitabile. Dopo il lockdown il siciliano non ha mai trovato neanche lontanamente la condizione fisica necessaria per poter essere competitivo con i migliori. È vero che ormai ha quasi 36 anni (li compirà a novembre, un paio di settimane dopo la conclusione del Giro) e che negli anni ha sempre più cercato di usare le corse di preparazione per mettere chilometri di gara nelle gambe più che per testarsi davvero con gli avversari. Però l’anno scorso prima del Giro si era piazzato terzo al Tour of the Alps, il vecchio Giro del Trentino, suscitando buone sensazioni. Poi era andato alla Liegi dove aveva ottenuto un buon ottavo posto.

Quest’anno invece alla Tirreno-Adriatico è stato completamente anonimo, sempre staccato in salita da gruppi di atleti abbastanza numerosi. Anche nelle corse di un giorno a cui ha partecipato non è mai stato davvero competitivo per la vittoria né ha mai dato la sensazione di aver recuperato il giusto colpo di pedale dopo la sosta forzata, nonostante al recente Mondiale di Imola abbia in realtà dato qualche piccolo segnale di crescita.

Anche se la concorrenza, almeno sulla carta, non è inarrivabile, il problema è quindi proprio nelle gambe di Nibali che non sembrano essere più quelle di un tempo. Insomma, stando a quanto abbiamo visto finora in questi due mesi di gare, la risposta alla domanda sarebbe semplice: nessuna. Detto questo, è vero anche che Nibali è pur sempre Nibali - un ciclista di grandissima classe che potrebbe riuscire a trovare la condizione giusta strada facendo. In questo senso, spero di essere contraddetto e di dovermi rimangiare tutto.




È ancora lui l’unica speranza per i ciclisti italiani o possiamo attenderci qualche exploit?

Gabriele Gianuzzi

Prima di rispondere a questa domanda secondo me dovremmo metterci d’accordo su cosa realmente sia un exploit per un ciclista italiano. Ovviamente il Giro d'Italia viene guardato dalla nostra stampa con un occhio di riguardo, ed è inevitabile che sia così, ma negli ultimi anni penso ci sia stata troppa condiscendenza nei confronti del nostro movimento, magari per una vittoria di tappa o anche solo un giorno in Rosa.

Purtroppo credo che attualmente non ci siano italiani in grado di poter lottare con i migliori per tre settimane di fila e pensare di poter vincere un grande giro a tappe. E questo non vuol dire che non ci siano buoni corridori, anzi. Il problema è che per vincere un grande giro non basta essere buoni corridori, bisogna essere dei campioni.

Tra i corridori italiani ci sono dei corridori che in potenza potrebbero essere dei campioni, e Fausto Masnada è uno di questi. Fino ad ora ha dimostrato di essere un ottimo cacciatore di tappe, un atleta che gestisce molto bene le lunghe distanze e le pendenze più importanti, e che sa gestirsi anche nello sforzo in solitaria. Si affaccia al Giro senza grosse pressioni da parte della squadra, il DS Davide Bramati ha dichiarato che la Deceuninck punterà alle vittoria di tappa e lascerà “liberi” i propri atleti. Potenzialmente è la situazione migliore per lui. Non avendo niente da perdere potrebbe cercare di pedalare con il gruppo dei migliori ma qualora le cose non andassero per il verso giusto, cambiare strategia e puntare ad attaccare da lontano e magari lottare per la Maglia Azzurra, quella riservata al miglior scalatore.

In questo discorso bisogna per forza di cose citare anche Giulio Ciccone, la cui esplosione era attesa da molti quest'anno. La positività al Covid di inizio settembre non gli ha però permesso di finalizzare la preparazione nel migliore dei modi. È un peccato perché avrebbe potuto approfittare del controllo di Nibali da parte degli avversari per attaccare con più libertà. Specialmente nei tapponi alpini con più di una salita complicata, si sarebbe potuto rivelare un’arma tattica molto interessante. Lo aspetteremo ai prossimi giri.




Negli ultimi due anni sono venuti fuori tanti giovani interessanti: chi dobbiamo tenere d’occhio in questo Giro d’Italia?

Umberto Preite Martinez

Il primo nome che mi viene in mente ci porta direttamente al di là dell’Atlantico, in quegli Stati Uniti che da Armstrong in poi hanno sfornato una serie di giovani di belle speranze che hanno puntualmente deluso tutte le attese. Con Brandon McNulty invece le probabilità di fallire sembrano veramente ridotte. Il giovane ciclista della UAE Emirates, la stessa squadra di Tadej Pogacar, finora ha messo in mostra un talento fuori dal comune che lo pone su tutt’altro piano rispetto ai suoi più sfortunati connazionali come Tejay Van Garderen o Joe Dombrowski.

McNulty è un ottimo scalatore, forte a cronometro e solido nelle corse a tappe. Nel 2018, fra gli Under 23, è stato l’avversario più ostico per Pogacar al Tour de l’Avenir e l’anno scorso fra i professionisti ha vinto il Giro di Sicilia battendo sia Masnada che Vlasov, due che si ritroverà anche al Giro d’Italia di quest’anno. Nel 2020 era partito bene, confermando la costante crescita fisica degli anni precedenti, piazzandosi nella top-10 sia al San Juan che alla Ruta del Sol. C'è da dire, però, che il lockdown sembra avergli momentaneamente bloccato il percorso di crescita: negli ultimi due mesi di gare, McNulty ha raccolto risultati non all'altezza del suo talento, al punto che la squadra ha scelto di non fargli correre la Tirreno-Adriatico per cercare di ricostruire una parvenza di condizione fisica in ritiro. Una strategia che per il momento non sembra aver pagato fino in fondo visto che ai mondiali a cronometro di Imola si è piazzato 29° a 2’51” da Filippo Ganna. Vedremo se per il Giro d’Italia riuscirà a recuperare la condizione giusta per mettere in mostra le sue qualità.

Altri due nomi che potrebbero mettersi in mostra sono Jaakko Hänninen e Attila Valter. Il primo è un finlandese del ‘97 che corre per la AG2R, fortissimo fra gli U23 ma finora sfortunato in questi primi 18 mesi fra i Pro. Il secondo invece è un ungherese classe ‘98 della CCC che promette molto bene anche se sembra ancora acerbo per un grande giro. Vedremo.

Gabriele Gianuzzi

Sono molto curioso di vedere la prima partecipazione ad un Grande Giro di João Almeida. Il 22enne portoghese in questa stagione ha dimostrato un miglioramento esponenziale. Si è messo in luce alla Vuelta a Burgos e al Tour de l’Ain dove ha stupito per freschezza e sfrontatezza e ha corso il Giro dell’Emilia e la Settimana Internazionale Coppi e Bartali da assoluto protagonista. Gli manca ancora una lettura tattica che gli possa permettere di essere nel posto giusto nei momenti decisivi della corsa ma potrebbe stupire con gli attacchi da lontano.

Così come il suo compagno Masnada sarà libero da impegni di classifica e di giocarsi le sue carte come meglio crede, ma qualora si trovasse davanti a lottare con i migliori in classifica generale sarà interessante vedere l’evoluzione della sua corsa e, incidentalmente, anche quella della sua squadra ricca di giovani talenti. In quest’ottica non va perso di vista James Knox sul quale la squadra belga ha puntato forte da diverso tempo, fino ad ora con risultati altalenanti.

Sempre nella Deceuninck, però per gli sprint, va tenuto d'occhio anche Alvaro Hodeg. Il colombiano è un classe ‘96 ed è il futuro della specialità. È alla sua prima partecipazione ad un Grande Giro. Se invece siete appassionati di tappe simil classica il nome da tenere d’occhio è Matteo Fabbro. Complice anche la coincidenza di calendario con le gare del Nord Europa, quest’anno al Giro mancheranno molti finisseur. Il 25enne friulano, esce da una Tirreno Adriatico corsa da protagonista e spero ci farà divertire.




Parliamo meglio del percorso: quali sono le tappe decisive, quelle in cui probabilmente si deciderà la corsa?

Gabriele Gianuzzi

Il percorso del Giro anche quest’anno è molto ben equilibrato, con difficoltà spalmate lungo tutte e tre le settimane di gara. Per esempio, per quanto sia difficile pensare che l’Etna (tappa 3) e la Sila (tappa 5) siano decisivi ai fini della classifica finale è vero anche che sicuramente inizieranno a dare una direzione alla corsa. La tappa numero 9 con l’inedito arrivo a Roccaraso concluderà il primo blocco. Qui i passisti proveranno sicuramente a fare corsa dura.

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Nella seconda settimana le tappe più interessanti sono la tappa 12 di Cesenatico, che ricalca il duro percorso della Nove Colli e la tappa 15 con l’arrivo a Piancavallo, Cima Pantani. È possibile, però, che la crono del Prosecco (Tappa 14) bloccherà un po’ le tattiche e che questa settimana sarà caratterizzata da grande attendismo.

La terza settimana, invece, sarà impossibile nascondersi. La tappa 17 con due GPM di prima categoria e l’arrivo a Madonna di Campiglio sarà un gran bell’antipasto per la tappa del giorno dopo con sua maestà lo Stelvio (Cima Coppi con i suoi 2758m) e l’arrivo inedito ai laghi di Cancano. Grande conclusione nella penultima tappa con Colle dell’Agnello, Izoard, Monginevro e arrivo a Sestriere. Si sale per ben tre volte sopra i 2000 metri: le Alpi in tutto il loro splendore.

A guardare attentamente i profili delle salite, questo Giro privilegerà quegli atleti in grado di fare la differenza sul passo più che gli scattisti. In questo senso, tutti i grandi favoriti sono abili a sfruttare questo tipo di strategia. L’unico che potrebbe patire una gara di questo tipo è Simon Yates che dovrà dunque trovare una soluzione tattica in grado di smontare le certezze degli avversari. Terreno per attaccare ce n’è in abbondanza, meteo permettendo.




È un Giro d’Italia con ben tre tappe a cronometro in cui si sfideranno alcuni fra i migliori specialisti del momento: secondo voi saranno decisive per la classifica generale com’è successo al Tour de France?

Umberto Preite Martinez

Le cronometro nel ciclismo sono come la musica classica. Nessuno la ascolta davvero, la maggior parte di noi la ritiene noiosa e ormai viene suonata sempre meno e solo in determinati contesti. Nessuno, a parole, ne vuole davvero più sapere niente. Eppure ogni volta che ci ritroviamo ad ascoltarla con attenzione, rimaniamo estasiati in un modo che nessun altro tipo di musica riesce ad eguagliare.

La musica classica, come le cronometro, ci sembra oggi una cosa arcaica, noiosa e sostanzialmente inutile, appartenente a un passato ormai superato. Ma nonostante tutto è ancora l’elemento più puro e trascendentale, capace di affrontare il passare del tempo senza perdere un centesimo del suo fascino. In un ciclismo che da anni ormai vive di piccoli distacchi, di attacchi negli ultimi chilometri e di tappe che si trasformano in lunghe processioni, le cronometro sono ancora capaci di sconvolgere tutto questo, distruggendo l’ordine delle cose per riportarlo al suo stato di natura.

È in quest’ottica, quindi, che dobbiamo accogliere la presenza di ben tre cronometro, per un totale di 65 chilometri contro il tempo, con ottimismo. Al via ci saranno alcuni fra i migliori cronoman in circolazione, fra cui il neo campione del mondo Filippo Ganna che al momento sembra avere pochi rivali per la vittoria della cronometro di apertura, su una distanza (15.1 km) che calza alla perfezione con le sue caratteristiche. Più aperto il pronostico per le altre due tappe a cronometro dove invece conteranno soprattutto la capacità di recupero e le energie residue e che quindi potrebbero andare a favorire un uomo di classifica come Geraint Thomas, quarto ai mondiali di Imola.

Proprio il gallese della Ineos è ovviamente l’uomo fra quelli di classifica che potrà più avvantaggiarsi nelle prove contro il tempo. Due anni fa fu terzo nell’ultima crono del Tour de France 2018 e l’anno scorso arrivò secondo alle spalle di uno scatenato Alaphilippe. Se dovesse confermarsi su questi livelli potrebbe rifilare distacchi pesanti ai suoi avversari.

Kruijswijk, sulla carta il più solido a crono fra i suoi rivali, potrebbe perdere un secondo al chilometro se riuscisse a ripetere la prestazione di Pau al Tour 2019, che gli consentirebbe di limitare il ritardo a poco più di un minuto. Gli altri invece, stando ai confronti precedenti, potrebbero perdere molto di più: se prendiamo come metro di valutazione l’ultima crono della Tirreno-Adriatico, si va dai 2.1 secondi al chilometro persi da Yates fino ai 4.6 di Nibali. Distacchi che in proiezione li porterebbero ad accusare ritardi superiori ai 2 minuti in classifica fino a quasi 5 minuti di ritardo per Nibali. Però si sa che le cronometro dei grandi giri fanno sempre storia per conto loro e quindi non è detto che le proiezioni siano sicuramente corrette. Quel che è probabile, invece, è che tutti quelli che non si chiamano Geraint Thomas dovranno cercare di sfruttare ogni momento utile della corsa per attaccare il capitano della Ineos, sperando poi di resistere nell’ultima cronometro.




È il momento del pronostico: chi vince il Giro d’Italia?

Umberto Preite Martinez

Steven Kruijswijk.

Gabriele Gianuzzi

Geraint Thomas.




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