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Manuel Tracia
Guida ufficiosa alla NFL 2017/18
11 set 2017
11 set 2017
La presentazione della nuova stagione, division per division.
(di)
Manuel Tracia
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Dopo mesi di estenuante astinenza da football giocato, è ripartita finalmente la stagione NFL. La lega ha continuato a far parlare di sé, nel bene o nel male, anche in questi mesi - Zeke anyone? - ma all’alba di questa stagione la domanda resta, ancora una volta: chi fermerà i Patriots? I campioni in carica, caduti malamente nell’opener contro Kansas City, restano i grandissimi favoriti per una seconda gita da Trump alla Casa Bianca, ma tra loro e il sesto titolo ci sono 31 squadre e oltre 200 partite da giocare. Archiviata la prima domenica di football facciamo una panoramica sulla stagione 2017.

 



 



 

Ci troviamo di fronte alla division più scontata. La AFC East rimane ad appannaggio esclusivo dei Patriots che, se possibile, sono anche migliorati rispetto alla scorsa stagione, comunque culminata con il Super Bowl. I Pats sono stati sorprendentemente attivi sul mercato per dei campioni in carica. In attacco sono arrivati Brandin Cooks dai Saints (via trade) e Dwayne Allen. Cooks è un ricevitore imprevedibile, esplosivo e creativo col pallone in mano, caratteristiche che un po’ mancavano all’attacco guidato da Josh McDaniels. Dwayne Allen è invece il tight end deputato a sostituire Martellus Bennett, finito a Green Bay. Buon ricevitore, anche se un gradino sotto rispetto a Bennett, è sicuramente un upgrade come bloccante in campo insieme a Gronkowski.
L’unica vera debolezza di New England sembrerebbe essere la mancanza di un pass rusher di livello. Lo scorso anno, la difesa di Matt Patricia ha messo a segno 34 sack - a metà della Lega; quest’anno, mancheranno però i 13 sack combinati tra Jabaal Sheard, Chris Long e Rob Ninkovich. New England rimane comunque la netta favorita in AFC.

 

Da qui, il vuoto. Miami poteva costruire sulla buona annata 2017, ma ha dovuto ancora fare i conti con i problemi fisici di Ryan Tannehill, che rimarrà ai box tutto l’anno. La firma di Jay Cutler, che nel frattempo si era ritirato e stava studiando da telecronista, non è casuale, visto il successo avuto dal quarterback a Chicago con Gase come offensive coordinator. In generale, mi sembra che manchi un po’ di profondità in alcuni ruoli (LB, RB, OL) nonostante i titolari siano validi. Vedremo poi cosa perderà la difesa con la partenza di Vance Joseph, eccellente coordinator volato a Denver dopo un solo anno da coach. Alla fine, però, quasi tutto dipenderà da Cutler.

 

Anche i Bills hanno cambiato parecchio. Via Rex Ryan (HC), Anthony Lynn (OC), e Dennis Thurman (DC), dentro Sean McDermott, Rick Dennison e Leslie Frazier rispettivamente. L’identità offensiva della squadra non dovrebbe cambiare. Lynn ha costruito un eccellente gioco di corsa a zona che ha pagato dividendi, immagino che McDermott voglia continuare su questa strada, ecco perché sono arrivati due tra i migliori fullback NFL, Mike Tolbert (proprio dai Panthers) e Patrick DiMarco (dai Falcons). Grosse alternative non ce ne sono, basta vedere come si è ridotto il reparto ricevitori. La vera mano di McDermott si dovrebbe vedere però in difesa, reparto di cui è stato coordinatore di successo a Carolina. McDermott avrà diverse armi a disposizione per far tornare la difesa di Buffalo ai livelli del 2015, soprattutto nel front seven.

 

Dei Jets che dire: sono la prima squadra NFL a tankare deliberatamente. Si sono privati di molti loro veterani (Brandon Marshall, Eric Decker, Nick Mangold, David Harris) e hanno dato le chiavi dell’attacco a Josh McCown. L’ex Browns avrà l’onere di lanciare il pallone ad un gruppo di ricevitori che definire “inesperto” è riduttivo. In difesa almeno ci sono elementi in grado di evitare una stagione da 0 vittorie.

 



Circolare, non c’è nulla da vedere. A parte i Patriots che rullano avversari per 4 mesi. New England è l’unica squadra campione in carica che si presenta la stagione successiva discretamente migliorata. Ci si risente direttamente a gennaio.

 

I Dolphins sul più bello hanno subito 2-3 infortuni chiave (oltre a Tannehill anche il rookie linebacker McMillan che sembrava dovesse prendere le redini della difesa in mezzo al campo) che potrebbe rendere un approdo assai playoff complesso.

 

Bills e Jets sono in palese epurazione da ricostruzione.

 


Cooks potrebbe essere il miglior ricevitore ai Patriots dai tempi di Randy Moss.


 



 



 

Credo che Pittsburgh sia la squadra con meno punti deboli e incognite della AFC dopo i Patriots. Anzi, quest’anno mi sembrano persino migliorati. L’attacco ritrova un elemento fondamentale come Martavis Bryant, che aggiunge profondità e fisicità con la sua capacità di andarsi a prendere palloni contestati. Anche la linea d’attacco è ottima, forse la migliore dell’intera NFL, ora che quelle di Dallas e Oakland hanno subito alcune perdite dal mercato.

 

Molto dipenderà dalla difesa, che ha perso Lawrence Timmons, eccellente linebacker soprattutto in nickel, ma ha guadagnato TJ Watt, fratello di JJ, che può diventare un giocatore completo in ambo le fasi. Manca un pass rusher costante ma a dar man forte alla retroguardia è arrivato Joe Haden, da Cleveland che ha le potenzialità per essere un eccellente primo cornerback.

 

Baltimore, nonostante sia già stata colpita dalla sfortuna ancora prima di iniziare, potrebbe essere una buona scommessa in ottica playoff. Purtroppo, i tight end Dennis Pitta e Crockett Gilmore, il running back Kenneth Dixon e il promettente cornerback Tavon Young salteranno la stagione per infortunio e rappresentano una perdita notevole in un attacco che dipenderà dal rendimento di Joe Flacco. Una difesa già élite però ha aggiunto la firma di Tony Jefferson, che darà una grossa mano anche contro i tight end, coprendo una delle poche falle dello scorso anno.

 

I Cincinnati Bengals sono cambiati parecchio, negli ultimi due anni, perlomeno in attacco. La loro o-line è passata dall’essere una delle migliori (33 sack subiti nel 2015) ad una delle peggiori (42 lo scorso anno) e le partenze di Whitworth (LT, ai Rams) e Zeitler (G, ai Browns) non aiuteranno, specie visto lo scarso rendimento dei più giovani. Quanto detto per Pittsburgh vale anche per Cincy: mancano i pass rusher. Carlos Dunlap e Michael Johnson non riescono a garantire un apporto costante in tutte le 16 partite.

 

Cleveland arriverà anche quest’anno comodamente ultima in division, ma potrebbe aver imboccato - questa volta davvero - la strada giusta. Manca ancora un franchise QB, verosimilmente, a meno che non lo sia il rookie DeShone Kizer, ma i pezzi stanno iniziando ad andare al loro posto. Coach Hue Jackson è un allenatore che a me piace tantissimo per come organizza l’attacco con qualunque personale a disposizione, principalmente attorno ad un gioco di corsa efficace (ben assortita la coppia Crowell-Duke Johnson).

 



La AFC North resta una delle division più combattute e divertenti. Anche secondo me i rapporti di forza non sono cambiati al suo interno, con Pittsburgh nettamente la squadra più equilibrata, e che sembra aver cominciato ad investire sulla difesa, vero cruccio degli Steelers in tempi di playoff. TJ Watt sarà un difference maker da subito e, assieme Shazier, saranno il perno del reparto.

 

I Ravens sono già in emergenza infermeria, e siamo appena a settembre, ma per loro fortuna sembrano avere sette vite. Le defezioni che hanno subito avrebbero messo in ginocchio, e in naftalina, la stagione di parecchie squadre ma con quella difesa, e una conference apertissima, si può comunque sognare la post season.

 

I Bengals devono ancora rimettere assieme i cocci di un 2016 che si sapeva sarebbe stato di transizione, specie dopo le perdite in free agency. Purtroppo anche questa offseason ha portato tanti cambi che saranno difficili da assorbire. Per quanto sarà eccitante poter vedere John Ross e Joe Mixon all’opera mi aspetto un roller coaster di prestazioni.

 

Come dici bene i Browns, dopo anni, sono un cantiere interessante. Sarà lunga trovare la quadratura del cerchio ma Hue Jackson è un coach a suo modo geniale, e potrà plasmare Kazier a sua immagine e somiglianza e piantare i semi del futuro. In difesa ci sono ancora tante cose da sistemare ma sarà veramente interessante vedere l’impatto di Jamie Collins e Myles Garrett contemporaneamente in campo.
Accostare, nero su bianco, due volte la parola interessante ai Browns in poche righe fa capire come forse abbiano finalmente imboccato la strada giusta. Poco male che la luce in fondo al tunnel sia ancora solo un labile bagliore.

 


L’alba di una nuova era per i Browns?


 



 



Comincerei dai Texans, non fosse altro perché sono i bi-campioni in carica. La scelta di puntare su Deshaun Watson con la scelta numero 12 del draft mi piace. Houston nelle ultime due stagioni è stata una buona squadra con un quarterback mediocre e una stagione anche solo nella media di Watson potrebbe fargli fare un passo in avanti. Peccato che coach O’Brien abbia deciso di assegnare a Tom Savage i galloni da titolare: vediamo se - e quanto - durerà su queste posizioni. La difesa resta il punto di forza della squadra che ritrova JJ Watt ma deve fare a meno in secondaria di AJ Bouye, rimasto in division ma volato ai Jaguars.

 

I Titans sono un po’ la Cenerentola della stagione, agli occhi di tutti, dopo la sorprendente annata 2016. Ci aspettiamo che Mariota stia finalmente lontano dagli infortuni per 16 partite e entri di diritto nella top 10 dei quarterback NFL. Per aiutarlo è stato migliorato un reparto ricevitori senza grossi elementi in grado di cambiare una partita. Ecco perché con la numero 5 dell’ultimo draft è stato scelto Corey Davis, in grado di dare una dimensione verticale completamente nuova all’attacco dei Titans. La difesa ha invece subito un restyling necessario, soprattutto nella secondaria, reparto in cui Tennessee ha mostrato molte falle. Ecco perché da New England è arrivato Logan Ryan, dopo due ottime annate a Boston. Alla fine, però, le speranze di qualificazione ai playoff passeranno dai miglioramenti di Mariota.

 

I Colts, dopo il disastroso interregno di Ryan Grigson come GM, si sono affidati a Chris Ballard, che ha dovuto sistemare il caos lasciato dal predecessore, fatto di scelte sbagliate sia in sede di draft che di free agency. C’è preoccupazione per le condizioni di salute di Andrew Luck, l’uomo che con la sua sola presenza rende i Colts di fatto competitivi.
La difesa almeno è stata migliorata, con l’innesto dal draft di Malik Hooker, safety, piovuta fino alla scelta 19 e Quincy Wilson, CB. Mi piacciono le firme di Jonathan Hankins, DT dai Giants, autore di una buonissima stagione 2016.

 

Su Jacksonville non mi esprimo, se non altro perché ormai siamo abituati a guardarla in un certo modo in off-season, e a cambiare completamente idea quando le cose fanno sul serio. Il vero grosso problema di questa squadra è il quarterback Bortles, che non ha mai dato seguito alla buona stagione 2015 da 33 touchdown. La scelta di Leonard Fournett, runningback da LSU, con la quarta chiamata assoluta vuole essere un ultimo tentativo della dirigenza di togliere pressione al suo quarterback e dare un’immagine diversa alla squadra, più improntata alle corse.
A guardarla, la difesa è davvero piena di talento ma alla squadra manca tremendamente talento nel ruolo principale e dubito potrà raggiungere più di sei vittorie.

 



Nonostante resti una delle division con meno appeal, quest’anno il livello medio sembra essersi alzato. Watson forse è il quarterback scelto al primo giro con meno upside ma è un ragazzo che piace molto anche a me e che sembra avere la testa ben piantate sulle spalle. Potrebbe fare bene sin da subito in una squadra con qualche ottimo playmaker e una difesa di primo livello. Speriamo che Savage non comprometta nulla prima di allora.

 

I Titans sono une delle 2-3 squadre sulla rampa dell’esplosione che, nonostante la copertura mediatica nulla, quest’anno andrebbero seguite da vicino. Si sono mossi molto bene in offseason per colmare qualche buco (Logan e David appunto) e rendere ancora più solida la squadra. A roster non tutto torna ma i Texans non sono più così lontani. Specie se come suggerisci Mariota esploderà definitivamente.

 

I Colts devono smaltire le scorie di un disastro nucleare. La direzione intrapresa dal nuovo front office pare quella giusta ma il decadimento di certe scelte prese nel recente passato non sono dissimili a quelle dell’uranio. Ci vuole pazienza.

 

Dici bene sui Jaguars: sembra sempre l’anno di una rivincita che alla fine viene puntualmente disattesa. Accumulare, e pagare profumatamente, talento senza una chiara direzione tecnica evidentemente non paga dividenti. È per questo che l’ex Giants Tom Coughlin è stato chiamato assieme a Doug Marrone a prendere le redini di un cavallo (o meglio di un giaguaro) impazzito. Inspiegabile però non aver fatto fare le valigie a Bortles prolungando, almeno, di un altro anno l’agonia nella mediocrità. Molti pezzi ci sono, vediamo se riusciranno a trovare il bandolo della matassa.

 


Tu chiamalo, se vuoi, starting quarterback.


 



 



Oakland è stata la vera sorpresa della scorsa stagione, terminata col record di 11-5 ma finita prima di quello che era lecito attendersi per via dell’infortunio patito da Derek Carr. Nella sua grande stagione ha pesato certamente molto l’eccellente linea offensiva costruita dal GM Reggie McKenzie e che ha concesso solo 18 sack (primi in NFL). Oakland per provare l’assalto al Super Bowl ha accolto tra le sue braccia il figliol prodigo Marshawn Lynch, tornato dal ritiro di una stagione: vedremo in che condizioni sarà dopo l’anno sabbatico e l’infortunio che lo aveva fermato nel 2015 a Seattle.

 

Kansas City ha vissuto una offseason particolare. La scelta al draft del quarterback Patrick Mahomes al primo giro deve aver messo la pulce nell’orecchio ad Alex Smith, un giocatore che non ti fa andare sotto la soglia della rispettabilità, ma nemmeno troppo sopra. L’uscita ai playoff contro gli Steelers ne è un esempio, con soli 16 punti segnati contro una difesa normalissima. Mi ha sorpreso il taglio di Maclin, benché i Chiefs abbiano trovato in Tyreek Hill un giocatore dominante, sia come ricevitore che sui ritorni e il fatto che l’offense rimanga comunque un attacco incentrato sui RB. La difesa rimane, in ogni caso, il motore della squadra.

 

La più classica delle sbornie da Super Bowl non ha risparmiato neanche gli ex campioni dei Denver Broncos, che hanno mancato la qualificazione ai playoff nel 2016. Ha pesato molto l’incertezza nella posizione di quarterback, per la quale hanno combattuto il rookie Paxton Lynch e Trevor Siemian, ex scelta al settimo giro. Ha vinto quest’ultimo, guadagnandosi anche una gita ad Orlando per il Pro Bowl (sfruttando le defezioni altrui), ma la sensazione è che si tratti di una soluzione a medio-breve termine, in attesa di Lynch - forse - o di chissà chi altro. Se non altro, è stata sistemata la linea d’attacco, che lo scorso anno è stata un problema. Dal draft è arrivato Garrett Bolles, LT, mentre dalla free agency la guardia Ronald Leary, uno dei pezzi della migliore o-line della lega, quella di Dallas, e Menelik Watson, arrivato da un altro reparto d’élite come quello di Oakland. CJ Anderson, autore di una stagione mediocre anche per colpa di infortuni, verrà messo alle strette da Devontae Booker e Jamaal Charles, che si tenta di recuperare nonostante l’enorme sequela di infortuni che lo hanno tormentato. La squadra è di ottimo livello, ma finché la situazione nel ruolo di QB rimane questa, la zavorra che si porta dietro non è indifferente (oltre ad una division estremamente competitiva).

 

Si è parlato molto dei Chargers negli ultimi mesi come di una possibile sorpresa, di playoff e addirittura vittoria della division. La squadra guidata dal nuovo HC Anthony Lynn ha cambiato pelle, o almeno prova a farlo, cercando di diventare molto più aggressiva, tanto in attacco quanto in difesa. Per questo è stato chiamato l’uomo che ha reso Buffalo il miglior attacco su corsa della scorsa stagione: l’idea è quella anche di togliere pressione a Rivers, che negli ultimi anni ha perso qualche colpo, cercando anche di esporlo meno alle pass rush avversarie che lo hanno martoriato nelle ultime stagioni. Ecco perché dal draft sono arrivati due dei migliori o-linemen interni disponibili, Forrest Lamp e Dan Feeney. Lo scorso anno la difesa è stata una piacevole sorpresa, soprattutto grazie a Joey Bosa, Defensive Rookie of the Year che, dopo aver perso le prime quattro gare, ha completamente trasformato il reparto, offrendo un grande contributo sia in pass rush sia contro le corse.

 



Probabilmente resta la division più equilibrata e più spettacolare. La squadra più compatta mi sembra Oakland, la grande incompleta dello scorso anno. La voglia di riscatto, visto l’infortunio di Carr e la brutta uscita di scena contro dei modesti Texans del 2016, è tanta e il core sta entrando nella completa maturazione. Resta da capire in che condizioni trovano il redivivo Lynch e il gioco di corsa dopo la perdita di Murray, e trovare un modo per fermare i Patriots ai playoff. Auguri.

 

Con la scelta di Mahomes gli Chiefs hanno guardato al futuro, ma quanto prossimo? L’ex Texas Tech in preseason ha già mostrato grandi flash ma anche di essere un diamante grezzo. Ovvero l’esatto opposto di Alex Smith. Reid avrà il coraggio di giocarsi il tutto per tutto dando le chiavi dell’attacco al rookie o resterà nel comodo limbo del primo turno dei playoff dove la difesa lo porterà di peso ancora una volta? Nel frattempo Alex Smith ha cominciato a rivivere con preoccupazione l’ultima stagione ai 49ers.

 

I Broncos sono incastrati nella difficile situazione di ritrovare la quadratura del cerchio in un attacco improvvisamente privo di playmaker abbastanza velocemente da non sprecare gli anni buoni del core difensivo. I record frantumati da Peyton Manning & co. sono un lontano ricordo e anche la difesa del titolo ha subito fisiologiche defezioni, seppur ancora di primo livello. Il nuovo coaching staff sembra aver già bocciato Lynch e affidato per il momento nuovamente l’attacco ad un mestierante come Sieman. Sembra stucchevole ma anche le ambizioni di Denver passano su una ritrovata efficienza offensiva (CJ Anderson parlo anche con te…). E dire che ci avevano provato per Tony Romo, che sarebbe stato un eccellente game manager per questa squadra.

 

I Chargers prima di partecipare alla prossima stagione devono ricordarsi di programmare il training camp a Lourdes. Hanno cambiato giocatori, coaching staff e persino città ma c’è una cosa che non è cambiata: la marea di infortuni. Questa squadra al completo sarebbe una presenza fissa in post-season. Ad avercela.

 


Sarà l’effetto Mahomes, ma Alex Smith è sembrato in discreta forma nell’opener contro i Patriots.


 



 



Dallas, un po’ come Oakland in AFC, è stata una delle grandi sorprese stagionali, capace di sfruttare un evento potenzialmente devastante come l’infortunio al proprio quarterback titolare, per buttare in mare un rookie: e Dak Prescott ha dimostrato di saper nuotare, e anche bene. Certo, il contesto ha giocato un ruolo fondamentale. La linea d’attacco era nettamente la migliore in NFL, e dovrebbe esserlo anche quest’anno. In dubbio è però la presenza a pieno regime di Ezekiel Elliott, costretto forse a una squalifica di sei gare per problemi fuori dal campo. L’esplosione di Elliott ha pagato dividendi all’attacco in generale, e in particolare grazie alla play-action, azione che Dallas ha giocato nel 24% degli snap offensivi (terza nella Lega per frequenza). In difesa manca dal 2013 un giocatore in grado di finire in doppia cifra di sack (fu Jason Hatcher con 13): per questo è stato scelto al primo giro il defensive end Taco Charlton, sperando che anche DeMarcus Lawrence torni al rendimento del 2015 (8 sack). Sul banco di prova sarà una secondaria ampiamente rimaneggiata, che ha perso tutti i titolari del 2016.

 

L’anno scorso i Giants sono riusciti a mettere in piedi una grande stagione dopo una free agency di spese consistenti. È raro che ciò accada (chiedere agli Eagles del “Dream Team” per conferma, per esempio), ma gli innesti di Olivier Vernon e Janoris Jenkins su tutti hanno catapultato il reparto dal 31esimo posto del 2015 al secondo del 2016. Il reparto dei linebacker è il peggiore, per qualità e profondità: mancano tackler affidabili e giocatori, ormai fondamentali, in grado di accoppiarsi contro running back e tight end senza creare matchup sfavorevoli.
Un attacco di per sé ottimo ha acquisito anche il veterano Brandon Marshall dai Jets ed Evan Engram, che potrebbe creare grattacapi difensivi col suo atletismo e la sua velocità. Il running game pare aver trovato un padrone, Paul Perkins, elusivo e rapido tra i tackle.

 

Philadelphia mi piace molto. In particolare mi piace come il front office abbia voluto velocizzare la transizione di Carson Wentz, consegnandogli nuove e migliorate armi con cui lavorare. LeGarrette Blount non sta impressionando in preseason, anzi: ha flirtato a lungo col taglio, ma a mio parere gli Eagles hanno fatto bene a insistere, trattandosi dell’unico vero running back a roster in grado di guadagnare yard sporche (nonché l’unico goal line back, il corridore deputato ad avere la maggior parte delle portate a ridosso della endzone). Il sempiterno Sproles, Smallwood e Donnel Pumphrey, tutti belli da vedere e buoni ricevitori, ma leggerini, completano il reparto. Torrey Smith è uno dei ricevitori più affidabili e costanti della NFL, quello che non è Alshon Jeffrey, che comunque ha grande talento, se riuscirà a rimanere sano.

 

Anche la difesa ha aggiunto nuovi elementi. Jernigan da Baltimore è un’aggiunta notevole, specie a quel prezzo (annuale a poco più di un milione), e il cornerback Ronald Darby per me è pure meglio di Gilmore, suo ex compagno ora a New England. Il front seven, poi, è a mio parere top-3 in NFL (nonostante la coperta resti un po’ corta tra i linebacker) e ha pure aggiunto Derek Barnett via draft. Se dovessi indicare una sorpresa di questa stagione, andrei proprio con gli Eagles.

 

I Redskins hanno perso alcuni pezzi importanti durante la free agency, principalmente in attacco. Via DeSean Jackson e Pierre Garçon, e soprattutto via l’offensive coordinator Sean McVay, il vero artefice di un attacco estremamente efficace e completo, in termini di skill-set dei giocatori. Al loro posto ci sono Terrelle Pryor e Josh Doctson, che debutta dopo un’annata passata quasi interamente sulla sideline. Il fattore X sarà ancora una volta il tight end Jordan Reed, che McVay utilizzava benissimo, frequentemente vicino alla linea di scrimmage per creare matchup favorevoli contro i difensori. Rob Kelley, potrebbe essere il workhorse che vanno cercando dalla partenza di Alfred Morris, dietro una solidissima o-line.

 



I Giants per me sono stati una delle rivelazioni dello scorso anno. Non perché mancasse talento necessario, ma perché quasi mai queste acquisizioni di massa si rivelano vincenti. Invece i nuovi arrivati si sono incastrati benissimo nel nuovo “vecchio” corso di McAdoo, e qualcuno ha ulteriormente alzato l’asticella delle proprie prestazioni (penso a Janoris Jenkins ad esempio). Ai playoff però i pezzi da 90 sono stati inspiegabilmente spenti un po’ troppo facilmente (i drop di Beckham Jr. contro i Packers sono solo la punta dell’iceberg). Questa è una squadra a cui oggettivamente non manca nulla, non solo per competere nella equilibrata NFC East, ma anche ai playoff. Peccato per loro che Eli Manning non possa ripetere il disastroso 2016, specie oggi con tante armi a sua disposizione. È incredibile come, alla fin fine, Eli Manning sia da sempre croce e delizia delle loro possibilità di titolo.

 

Le possibilità concrete di fare strada nella stagione per i Cowboys passeranno ancora una volta da una difesa che, seppur orchestrata da Marinelli, uno dei più brillanti coordinatori della NFL, si ritrova ancora priva di talento. La secondaria, oltretutto in emergenza infortuni, ha visto partire l’intero reparto titolare in offseason. Un reparto pieno di mestieranti che però aveva trovato la sua intesa, la sua efficacia e aveva massimizzato il suo talento. Le prese al draft tra i defensive back sono ottime, come ottimi sono i superstiti Byron Jones e Anthony Brown, ma è un reparto che storicamente in NFL fa dell’esperienza la sua forza. L’attacco gira però come un orologio svizzero e potrebbe trascinare questa squadra più lontano di quanto pensiamo.

 

Io sono meno ottimista su questi Eagles. È innegabile che il front office abbia fatto il possibile per migliorare una squadra con pochi margini di movimento per colpa di un salary cap ingolfato. Per rimettere in careggiata ricevitori e secondaria sono andati a prendere Alshon Jeffrey e Ronald Darby che sono due upgrade immediati ma con una buona dose di rischio. L’ex Chicago ha spesso lottato con acciacchi fisici e l’ex Bills ha mostrato grandi lampi di talento ma anche molte ombre nel primo biennio tra i pro. Come l’anno scorso la prestazione del front seven sarà fondamentale per le ambizioni delle aquile. Mi preoccupa la questione running back. Blount oggi può essere solo un running back situazionale e a roster manca un vero workhorse che possa togliere pressione da un Wentz, ancora privo di frecce di primo livello al suo arco. Purtroppo per loro la division è una tra le più difficili del panorama.

 

Hai già elencato le assenze a cui dovranno far fronte i Redskins e ho paura che la partenza di McVay si farà sentire. L’impianto offensivo che aveva costruito aveva esaltato le doti di Cousins e trasformando Reed in un’arma letale. Adesso c’è da ricostruire tutto da capo, con un running game ancora poco convincente. E il rinnovo del buon Kirk è ancora appeso a un filo. Per loro fortuna il resto del roster non ha grosse falle e sono pronto a scommettere in una super stagione per Terrelle Pryor, dopo le 1000 yard nel deserto dei Browns.

 


L’ultima cosa da fare con una forza della natura come Zeke è dargli ulteriori motivazioni. Vero Roger?


 



 



A novembre dello scorso anno, un po’ tutti pensavamo che l’era McCarthy a Green Bay fosse finita, mentre Aaron Rodgers giocava nettamente al di sotto delle sue possibilità. I Packers hanno finito però per vincere 6 delle ultime 7, per poi finire con almeno 10 vittorie per la nona volta in dieci stagioni: in questa striscia di partite, A-Rod ha completato il 69% di passaggi con 18 TD e nessun intercetto. La free agency gli ha tolto la guardia T.J. Lang e il Jared Cook, entrambi sostituiti più che degnamente da Jahri Evans e Martellus Bennett, un upgrade rispetto all’incostante Cook. Ma i punti di domanda non mancano: Ty Montgomery è diventato il titolare del backfield nonostante sia entrato in NFL come ricevitore. La difesa manca clamorosamente di un pass rusher, a meno che Clay Mathews non torni indietro di qualche anno, e anche la secondaria, che ha comunque aggiunto due rookie di prospettiva come Kevin King e Josh Jones, pare ancora un cantiere a cielo aperto.

 

Il tremendo infortunio patito lo scorso anno da Teddy Bridgwater, a poche settimane dal debutto, aveva fatto deragliare i piani di una franchigia in rampa di lancio come i Vikings. Un anno dopo, con un quarterback competente come Sam Bradford, la situazione non è cambiata molto. Si è chiusa l’era Adrian Peterson ed è arrivato un nuovo titolare, il rookie Dalvin Cook, a dar man forte all’ex Rams. Anche il reparto ricevitori è nettamente il migliore con cui Bradford si sia mai trovato a lavorare. Stefon Diggs e la sorpresa Adam Thielen sono due ottimi route runner in grado - soprattutto il primo - di punire le difese a fondo campo. C’è curiosità per vedere all’opera Laquon Treadwell che ha passato la sua annata da rookie con taccuino in mano (coach Zimmer non lo riteneva pronto). La difesa è piena di giocatori in grado di avere impatto su una partita. Everson Griffen si è stabilito come un eccellente pass rusher, e il prossimo a fare un salto in avanti potrebbe essere Danielle Hunter. Se la linea d’attacco regge, li vedo giocare anche a gennaio inoltrato.

 

Altra squadra che mi intriga vedere sono i Lions. Hanno uno dei coordinatori offensivi emergenti e più preparati in Jim Bob Cooter - che ha anche un nome figo - e svariate armi a disposizione di Matthew Stafford. Per prima cosa, dovrebbero recuperare Ameer Abdullah al 100%, per avere un vero running back numero 1. Tra i ricevitori occhio a Kenny Golladay, rookie ricevitore che ha mostrato ottimi lampi in preseason, e che ha caratteristiche uniche nell’attacco dei Lions: l’altezza, la capacità di vincere a fondo campo e di contendere i palloni 50/50 ai cornerback.
Purtroppo, se i Lions hanno le carte in regola per essere una squadra emozionante in attacco, non si può dire lo stesso della difesa. Perso Kerry Hyder, rivelazione della scorsa stagione, hanno bisogno che Ziggy Ansah recuperi quanto prima dall’infortunio, per dotarli di almeno un pass rusher degno di questo nome. In secondaria, Darius Slay a parte, latitano playmaker, e il reparto ha concesso agli attacchi avversari il 72% di completi, nel 2016. Non credo nei playoff, ma credo ci faranno divertire.

 

I Chicago Bears hanno stupito un po’ tutti quando, con la seconda chiamata assoluta nell’ultimo draft, hanno chiamato il quarterback Mitch Trubisky, avendo già allungato un contratto di 3 anni a 45 milioni a Mike Glennon. In attesa di capire chi sarà il titolare, e per quanto tempo eventualmente, i Bears si presentano ai blocchi di partenza con un attacco privo di grosse soluzioni per facilitare il lavoro all’ex North Carolina, al di fuori del running back Jordan Howard, pescato al quinto giro dello scorso draft e finito per diventare il leader di tutti i tempi di Chicago in yard corse da rookie (oltre 1300). Tra i ricevitori manca semplicemente qualità, a meno che Kevin White finalmente non esploda, lasciandosi tutti i problemi fisici che lo hanno tormentato nei suoi primi due anni di NFL e mostri di essere un giocatore da primo giro.
C’è assoluto bisogno che la difesa, non essendo élite, produca almeno turnover: lo scorso anno sono stati solo 11.



La North Division sarà ancora in grado di assicurare spettacolo e grande tradizione. Favoriti i Packers, che hanno avuto un offseason parecchio sotto il par. Aaron Rodgers non è eterno e un giocatore di questa classe merita un cast di primo livello per tentare un altro viaggio al Super Bowl. Purtroppo per lui al front office storicamente non piace premere il grilletto in free agency, nonostante le tonnellate di milioni a disposizione nel salary cap. E peccato anche che la filosofia di crescita via draft nell’ultimo triennio non abbia pagato dividendi, esponendo la squadra a limiti strutturali insormontabili in post season. La mancanza cronica di pa

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