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Nicola Palmiotto
Guida ufficiosa alla MLB 2018
05 apr 2018
05 apr 2018
La presentazione della nuova stagione sul diamante, cominciata prima del solito e con parecchio hype.
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Nicola Palmiotto
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Giovedì 29 marzo è ripartita la stagione della Major League Baseball e per la prima volta dopo 50 anni il programma dell’opening day prevedeva che tutte le 30 squadre sarebbero scese in campo contemporaneamente (in realtà due partite sono state annullate per maltempo). L’annata 2018 prima ancora di cominciare è già entrata nella storia del gioco: mai prima di quest’anno l’MLB aveva dato il via alla stagione così presto. Per gli appassionati si è trattato di una specie di “Pasqua bassa”, dovuta in parte all’

, ovvero l’accordo tra l’associazione dei giocatori e l’MLB, che ha introdotto giorni di riposo extra per le squadre e quindi un calendario che fisiologicamente si è allungato. Pazienza che da molte parti faccia ancora freddino e che qualche partita, come l’esordio in casa degli Yankees, sia stata annullata per neve. La primavera arriverà presto. E con essa le palline torneranno a volare fuori dagli stadi. Prepariamoci a vederne molte.

 



Allo Yankee Stadium c’è ancora un po’ di neve.

 

Palline e angolo di lancio, continua il mistero degli home run
Nel 2017 l’MLB ha superato per la prima volta la soglia psicologica di 6mila home run, alla fine della stagione regolare è stata toccata quota 6.105 (il numero più alto mai registrato nell’intera storia del gioco). Un processo di crescita che continua ormai da diverse stagioni e che è proseguito anche nelle ultime World Series. Il fenomeno è stato passato al setaccio da tutti gli esperti, ma continua a rimanere avvolto dal mistero. Fivethrtyeight ha provato letteralmente a guardarci dentro, analizzando ai raggi x le palline, che restano tra le maggiori indiziate dell’aumento esponenziale dei fuori campo.

 

Le analisi condotte in laboratorio hanno riscontrato delle differenze nella composizione chimica della parte interna delle palline usate prima e dopo l'All Star game 2015, considerato il punto in cui le palline hanno cominciato a “volare” più intensamente di prima. Secondo questo studio c’è stato un cambiamento nel peso del nucleo della sfera di circa mezzo grammo che potrebbe avere effettivamente reso le palline meno soggette alla resistenza dell’aria e quindi in grado di percorrere più strada. Ma quella della variazione delle palline non è l’unica spiegazione. Un’altra teoria punta invece sull’incremento dell'angolo di lancio combinato con la exit velocity. Un angolo di lancio a 22° con una exit velocity della pallina che lascia la mazza con almeno 90 miglia orarie ha prodotto nella scorsa stagione 469 home run, il maggior numero ottenuto considerando tutti gli angoli di lancio possibili.

 






 

L’avvento di Statcast, l’applicazione di MLB che analizza nei minimi dettagli tutto quello che avviene in battuta fornendo una enorme quantità di dati, avrebbe in sostanza,

, dato il la ad un fenomeno simile a quello che avviene nel golf: una stretta correlazione tra lo swing e la tecnologia, resa possibile grazie alla capacità di alcuni allenatori, spesso illustri sconosciuti, di saper interpretare i dati. Sarebbe questa la spiegazione che sta alla base dell’improvvisa esplosione di giocatori come Justin Turner o J.D. Martinez. Ma buttare la palla in aria per cercare il fuori campo, piuttosto che metterla in gioco per raggiungere la base, è stata anche la risposta all’uso smodato dei defensive shift. E forse, al di là di ogni speculazione, la bellezza del baseball è proprio questa: un ecosistema capace di trasformarsi e di adattarsi alle richieste dell’ambiente.

 


La risposta delle squadre all’incremento di fuori campo è stata quella di armarsi di power-hitter. L’arrivo di J.D. Martinez a Boston o di Giancarlo Stanton a New York sponda Yankees vanno lette proprio in questo senso. Stanton, MVP in carica della National League, autore lo scorso anno di 59 home run, nel debutto contro Toronto si è presentato ai suoi tifosi firmando i fuori campo alpha e omega della partita, legittimando così nel giro di una sola serata l’hype che si è generata nei tifosi dal momento che l’ex Marlins ha scelto di giocare con i Bronx Bombers. Un entusiasmo che si spiega anche con il fatto che nel lineup prima di Stanton c’è Aaron Judge, uno che di fuori campo l’anno scorso ne ha messi a segno 52.

 



Come Stanton si è presentato ai nuovi tifosi.

 

Un altro giocatore che non ha di certo deluso le aspettative dei tifosi è Shoei Ohtani, il cui trasferimento agli Angels dalla Nippon Professional Baseball è stato circondato da un grosso clamore mediatico. Il talento 23enne giapponese arriva in America con la promessa di diventare il primo two-way player di livello dai tempi di Babe Ruth, ovvero un giocatore capace di battere e lanciare.

 

Ohtani in Giappone ha messo in mostra prestazioni di livello sia sul monte che al piatto, tanto che sulle sue tracce si erano messi Mariners, Rangers, Dodgers, Padres, Cubs e Giants. Gli Angels hanno avuto la meglio anche probabilmente grazie ad una telefonata via Face-Time di Mike Trout. Il processo di ambientamento di Othani però potrebbe richiedere tempo. Prova ne è lo spring training, in cui Othani ha totalizzato due partenze mettendo insieme meno di 3 inning e in cui ha collezionato una Era di 27,00 (9 valide e 8 punti subìti). Ma il campionato è un’altra cosa e Othani ha mostrato subito il suo talento, lanciando alla prima uscita ufficiale 39 fastball alla velocità media di 97,8 miglia orarie, toccando 100 mph per tre volte, portandosi a casa anche la prima vittoria in carriera in MLB (6 inning, 3 valide concesse, 3 punti subìti e 6 strikeout). Due giorni dopo il giapponese ha battuto il suo primo fuori campo nella parte bassa del primo inning della partita contro gli Indians.

 







 



 





 

A proposito di giapponesi nuovi e vecchi, non può passare inosservato il ritorno di Ìchiro lì dove tutto era cominciato, ovvero a Seattle. Ai primi di marzo Suzuki è diventato di nuovo un Mariners, per quella che, potrebbe essere l’ultima stagione di un giocatore che sta al Giappone come Jackie Robinson alla comunità afro-americana, rappresentante cioè di qualcosa che va al di là del gioco. «Dovrò imparare alcuni nomi e le facce»

al momento del ritorno a Seattle «e sono un po’ preoccupato dal fatto che alcuni di loro hanno l’età dei miei figli». Il vecchio e i giovani: chissà che il 44enne non riesca a ripetere l’impresa di quel favoloso 2001, l’anno del suo esordio in Mlb (diventò anche MVP), ovvero portare i Mariners alla post-season. Sarà un caso, ma Seattle non ci va proprio dal 2001.

 






 



Nella stagione 2018 c’è anche una pattuglia di italiani al via tra i professionisti, che proveranno a ritagliarsi il loro spazio. Dopo un paio di anni, sopratutto il primo molto bello (.218 Avg/.349 Obp/.538 Slg con 23 home run), trascorsi in Messico, Alex Liddi ha firmato un contratto di minor league con i Kansas City Royals. Il ritorno nei pro americani del primo giocatore, nato, cresciuto e formato in Italia, che ha messo piede in MLB (anche se la sua ultima apparizione risale al 2013) è una buona notizia. Liddi, che ha ricevuto un invito per lo spring-training dei Royals, ha anche firmato un bel fuoricampo negli ultimi giorni del precampionato.

 

In questa settimana (la Milb comincerà giovedì 5 aprile) saranno definiti i vari roster e sapremo con certezza dove il sanremese, ma anche tutti gli altri azzurri, saranno collocati. Per Liddi potrebbe profilarsi un impiego in doppio-A, molto probabilmente ai Northwest Arkansas Naturals, come riporta MLB Italia. Fa parte dell’organizzazione di Kansas City anche Marten Gasparini, che nelle ultime due stagioni ha giocato interbase e esterno nei Lexington Legends in singolo-A. Sulla scheda del 20enne friulano compare l’assegnazione agli Omaha Store Chasers, formazione di triplo-A. Ma in realtà la sua destinazione non è stata ancora decisa. Alberto Mineo, selezionato quest’anno dai Blue Jays, invece inizierà la stagione con i Dunedin Blue Jays in singolo-A avanzato. Il suo nome compare tra i catcher della squadra della Florida. Per il 23enne goriziano si tratta di una promozione: l'anno scorso militava in singolo-A con i South Bend, una squadra affiliata ai Cubs.

 

Saranno invece sicuramente destinati alla Rookie League, il primo gradino della trafila tra i pro, il 18enne Leonardo Seminati e il 19enne Cesare Astorri. Seminati, che in Italia si è già fatto conoscere dal pubblico televisivo, ha firmato a luglio un contratto con i Cincinnati Reds e si è già messo in bella mostra nello scorso autunno nel corso della Istructional League a cui ha preso parte. Astorri invece ha intrapreso la sua carriera a gennaio quando si è accordato con gli Okland A’s e giocherà negli Azl Athletics.

 



Un home run di Seminati con la maglia della Nazionale.



 


Come hanno dimostrato i Cubs nel 2016 e gli Astros nel 2017 la strada più breve per raggiungere il successo è quella della ricostruzione dalle fondamenta. Perciò anche quest’anno la griglia delle 30 squadre di Mlb si può grosso modo dividere tra squadre ricostruite, che lotteranno per i playoff, e squadre in ricostruzione, che invece languiranno nelle ultime posizioni.

 

American League. La AL East sarà affare di Yankees e Red Sox. Dei primi abbiamo già detto: l’arrivo di Stanton e Walker rafforza una squadra che l’anno scorso ha portato gli Astros a gara-7 delle Championship Series. Il reparto lanciatori è ben assortito sia come partenti (Severino, Tanaka, Grey) che come rilievi (Betances, Chapman). Aaron Boone, alla prima esperienza come manager, ha una grossa occasione ma anche una grande responsabilità: portare gli Yankees fino alle World Series. Boston invece ha aggiunto i 45 home run di J.D. Martinez ad un team che l’anno scorso ha comunque vinto 93 partite e che può sempre contare sui vari Bogaerts, Betts Sale e Kimbrel.

 

Anche i Red Sox hanno un nuovo allenatore: Alex Cora, l’anno scorso bench coach agli Astros. Alle spalle delle due superpotenze ci sono Toronto, Tampa Bay e Baltimore. Per questi ultimi se le cose si mettessero male a metà stagione si potrebbe profilare l’addio anticipato di Manny Machado (gli Yankees ci hanno già messo gli occhi sopra). Nella AL Central partono in pole-position gli Indians: il reparto lanciatori è uno dei migliori che c’è in giro: Kluber (AL Cy Young 2017), Carrasco e Bauer; Lindor è una certezza, se Brantley e Chisenhall saranno finalmente disponibili per tutta la stagione, questa squadra non può che migliorare. Promettono bene anche i Minnesota Twins, di Paul Molitor, AL manager of the year 2017. Buxton (defensive player of the year) e compagni dovranno confermare quanto di buono fatto vedere l’anno scorso. L’innesto sul monte di Odorizzi dovrebbe contribuire a risolvere uno dei problemi dello scorso anno: aumentare gli strikeout. Per White Sox, Tigers e Royals (Kansas City ha ceduto Hosmer e Cain) sarà invece una stagione di ricostruzione.

 

Sull’AL West verosimilmente continuerà il regno degli Astros campioni in carica, che rispetto alla scorsa stagione hanno aggiunto il lanciatore ex Pittsburgh Gerrit Cole e potranno contare su Verlander per tutto l’anno. Sui vari Springer, Altuve e Correa c’è poco da dire: sono forti e nel pieno della carriera. Le speranze di post-season di Angels e Mariners passano invece dalle prestazioni dei rispettivi partenti. Entrambe le squadre hanno talento dietro al piatto e in difesa. Sul monte le speranze sono legate a Ohtani (Angels) e Paxton (Mariners). Texas e Athletics invece proveranno, ma sarà difficile, a raggiungere quota .500.

 

National League. La NL East è probabilmente una delle division più complicate. Il pronostico è ancora una volta favorevole ai Washington Nationals, da molti indicati come i possibili campioni del 2018. La squadra vive la piena maturità ed è difficile trovare un punto debole. Hanno i muscoli dietro al piatto (Harper) e un reparto lanciatori da sogno (Scherzer, Strasburg). Quest’anno in panchina c’è un nuovo manager: Dave Martinez, al primo incarico da capo allenatore dopo 10 anni come benché coach, gli ultimi ai Cubs. Sui partenti, in particolare la coppia deGrom-Syndergaard (quest’ultimo al rientro dopo aver saltato praticamente tutta la scorsa stagione) puntano forte anche i Mets. Intrigante è invece il progetto dei Phillies, che potrebbero risorgere dopo svariate stagioni da dimenticare. C’è talento sul diamante (Franco e Hoskins) e sul monte (Nola). L’arrivo di Arrieta potrebbe dare ancora più consistenza ai partenti. I Braves e soprattutto i Marlins (che hanno ceduto in blocco Stanton, Ozuna, Yelich e Gordon) invece sembrano destinati ad una stagione perdente.

 

NL Central. I Cubs, che hanno disputato tre Championship series di fila, restano favoriti: l’asse portante della loro squadra (Bryant, Baez, Schwarber) resta ancora nel fiore degli anni. Sul monte invece è arrivato Yu Darwish, che rinforza un reparto di tutto rispetto (Lester e Hendrikcs). I Brewers invece puntano a ripetersi dopo l’exploit dello scorso anno. Gli arrivi di Yelich e di Cain portano ulteriore talento. L’unico punto interrogativo è la rotazione dei partenti. Un gradino più indietro ci sono i Cardinals che si sono rinforzati con l’arrivo di Ozuna e che restano, anche in tempo di magra, una delle squadre più blasonate dell’MLB. L’ultimo posto invece dovrebbero giocarselo Pirates, nonostante l’avvio 4-0, e Reds.

 

NL West. I Dodgers sono la squadra da battere ma fare meglio dello scorso anno (104 vittorie e sconfitta alle Wordl Series) è molto difficile. Attenzione quindi ai D’Backs, che nel 2017 sono arrivati a 93 vittorie e che, nonostante l’addio di J.D. Martinez, possono contare ancora su A.J. Pollock e sul silver slugger e golden glove Paul Goldschmidt. Se il trio di partenti Greinke, Ray e Walker faranno il loro, la caccia a Los Angeles è aperta. Alle loro spalle i Rockies puntano ad una stagione oltre quota .500, un risultato che invece per Giants e Padres nonostante gli acquisti (McCutchen e Longoria in riva alla Baia e Hosmer a San Diego) sarà difficile riuscire a raggiungere.

 

 

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