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Guida ufficiosa alla Coppa d'Africa 2015
16 gen 2015
16 gen 2015
Fabrizio Gabrielli, Christian Giordano e Carlo Pizzigoni discutono delle partecipanti, tra storie di petrolio, lutti e piccoli miracoli.
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La Coppa d’Africa 2015 si disputerà in Guinea Equatoriale. La Coppa d’Africa 2015 doveva giocarsi in Marocco, poi a novembre i nordafricani hanno chiesto un rinvio per via dell’epidemia di Ebola: la CAF, il massimo organismo calcistico continentale, ha rigettato la richiesta, li ha squalificati e ha lanciato una mini-competizione per capire chi si sarebbe potuto guadagnare l’assegnazione: alla fine (neppure troppo a sorpresa) ha vinto la Guinea Equatoriale.

 

Fabrizio Gabrielli, Carlo Pizzigoni e Christian Giordano hanno analizzato le partecipanti a questa edizione, la trentesima nella storia del continente africano, che comincerà sabato 17 gennaio. Il pezzo è diviso in tre parti: le squadre che quasi sicuramente usciranno anche se a malincuore (per gli autori sopracitati), le possibili outsider, le candidate alla vittoria finale.

 



 



 



 

Magari è un luogo comune ma l’equazione calcio + Africa genera delle distorsioni davvero notevoli. La

, per esempio, si presenta con un allenatore in carica da meno di una settimana, l’argentino Esteban Becker, già tecnico della selezione “Nzalang” (significa raggi) femminile, subentrato a Goikoetxea, quel

(che effettivamente non aveva poi tutti questi meriti). Molti convocati sono esordienti assoluti (i più giovani sono quasi tutti del Leones Vegetarianos CF; c’è anche un Gravesen). Alcuni degli uomini più iconici (mi vengono in mente soprattutto il doriano Obiang e il giovane-seguito-da-tutti Machín del Malaga, scuola Barcellona) hanno respinto la convocazione, convinti di potersi giocare le carte con la Nazionale spagnola, e insomma l’impressione è che ai padroni di casa non basteranno i più esperti (comunque di poco) Emilio Nsue, con un passato nella

, e Javier Balboa, canterano del Real, per evitare l’eliminazione al primo turno.
Con buona pace di Sua Eminenza il Presidente della Repubblica Obiang (sì, è lo zio del doriano, ma «

»). Piuttosto: credo dobbiate sapere che il figlio possiede un

di Michael Jackson.
Un’altra squadra che a malincuore rientra nella categoria FDCP (Fanalini Di Coda Presunti™) secondo me è

. È vero che nel 2013, alla sua prima partecipazione in assoluto, con un (anche fortunato) incrocio di risultati è riuscita a spuntarla sul Marocco e passare al secondo turno, ma insomma. Quest’anno gli “Squali Blu” sono pure stati i primi a qualificarsi, sotto la guida dell’ex attaccante del Benfica Rui Aguas, e hanno qualche prospetto interessante. Come il veterano Héldon, le punte Djaniny Semedo (che è cresciuto nelle Azzorre prima di trasferirsi in Messico) e Garry Rodrigues, o il centrocampista dal nome pretenzioso Platini, al secolo Luís Carlos Almada Soares, l’autore della

di sempre di Capo Verde in CAN, peraltro con un pregevolissimo scavino.
Ciò nonostante, la regola del gruppo B mi sembra la seguente: l’appeal è inversamente proporzionale alle possibilità di passaggio del turno. Ciò significherebbe che

e

probabilmente accederanno agli ottavi (la RDC poi ha un

, che mi pare un buon motivo in più per avanzare), mentre Capo Verde, invece, no. Che ingiustizia.

 




 

Un’altra squadra che verosimilmente finirà per lasciarci le penne già nella fase a gironi, ed è un fatto per il quale provo già un po’ di malinconia, è il

. La Golden Age dei “Bafana Bafana” sembra lontana ventènni (in realtà è lontana vent'anni). Nelle qualificazioni ha contribuito all’eliminazione dei campioni in carica della Nigeria, ma un po’ il processo di rinnovamento (la rosa ha un’età media che s’aggira sul quarto di secolo, ed è formata quasi esclusivamente da giocatori della Premier Soccer League; Thulani Serero, uno dei prospetti

, che gioca nell’Ajax, è stato tagliato all’ultimo momento), un po’ la tragedia d’aver perso nel pieno delle qualificazioni il portiere e capitano Senzo Meyiwa (

con un colpo di pistola), in aggiunta a un sorteggio davvero sfortunato (che l’ha vista inserita nel Girone Della Morte™, quello C) fanno del Sudafrica una delle squadre a rischio Fuori Subito. E non la potranno salvare i sentimenti, ahimé.

 



 

La

c’entra, mi pare, poco con questa Coppa d'Africa. E ancora meno con una federazione e un Paese che aspira a crescere. I piani di lettura sono diversi. Tecnicamente, siamo alla barzelletta. Esattamente come tre anni fa, quando insieme al Gabon organizzarono la CAN, hanno licenziato l'allenatore poco prima della competizione: allora cacciarono Henri Michel, dopo una penosa serie di comunicati continuamente smentiti, che uscivano a giorni alterni da un diverso familiare del satrapo Teodoro Obiang (se vi interessa il caso umano, date un occhio a “Pagliacci e mostri : storia tragicomica di otto dittatori africani”, volume scritto da

). Oggi tocca a Andoni Goikoetxea, rimpiazzato dal selezionatore della nazionale femminile. Ma questo, se ci credete, è il meno. La Guinea Equatoriale, l'unico Paese africano che parla spagnolo, lo Stato scelto dalla CAF per organizzare la Coppa d'Africa 2015 dopo l'auto-esclusione del Marocco, è lo stesso che è stato squalificato dalla CAF nelle qualificazioni alla Coppa d'Africa 2015. Tutto vero. Causa? Un indegno spettacolo fatto di intimidazione e prevaricazione orchestrato prima e durante la partita contro la Mauritania.

 




 

Durante il match è proseguita l'indegna farsa, ma nessun giornalista, fotografo o cameraman, salvo qualche indigeno, è stato autorizzato a entrare per testimoniare: allo stadio di Malabo la definizione di “arbitraggio casalingo” va oltre il concetto di eufemismo. L'espulsione dell'allenatore dei portieri della Mauritania è stata eseguita dalle forze armate presenti nell'impianto: giudicate eccessive le sue proteste. I coraggiosi delegati CAF, dopo essersi allontanati dallo spazio aereo ecuatoguineano, hanno riempito chilometri di referti, e l'unica conclusione è stata la squalifica. Siamo a luglio 2014. A gennaio è tutto dimenticato. Dimenticata è pure la lista definitiva della squadra della federazione ecuatoguineana, impegnata in creative naturalizzazioni. Oggi, con gli occhi del mondo addosso, non penso si arriverà a pressioni per portarli al secondo turno, ma pure che da un insignificante tenente germogliasse uno dei milionari indicati da Forbes, pareva dura. E invece Teodoro è riuscito nell'impresa: l'oro nero fa miracoli. Oddio, qualcuno dice che i proventi del petrolio potrebbero essere distribuiti in maniera più equa. Chissà, un giorno...
A proposito di prezzo del petrolio: dato che è in caduta negli ultimi tempi, ecco la sintesi del comunicato della federazione della Guinea licenziato poche ore fa: avevamo promesso di pagare le spese delle trasferte dei 15 paesi ospiti, la crisi congiunturale ci impedisce di compiere tale dovere. Con tante scuse, e migliaia di polemiche. Tranquilli, però i prati per i campi

.
Si capisce che non faremo il tifo per loro?
Mi dispiacerebbe, invece, uscisse subito il

, che è la storia di queste qualificazioni. Da lustri ormai un deserto di calcio, da sette edizioni lontani dalla CAN, ecco l'arrivo del pifferaio magico, il vecchio Claude LeRoy, che non era finito come molti raccontavano. Idee chiare, grande applicazione, i Diavoli Rossi sono diventati competitivi. E hanno tenuto mentalmente, anche dopo la grande delusione della penultima gara di qualificazione, quando Pointe Noire si era fermata per vedere i ragazzi di LeRoy: bastava un pari contro la Nigeria, un punticino. Troppo superiori, invece, le Super Aquile, che hanno dominato anche oltre il 2-0 finale. Nell'ultima gara però, suicidio nigeriano contro il Sudafrica (fenomenale Tokelo Rantie) e vittoria in Sudan dei Diavoli Rossi. Sono rimasti concentrati, i ragazzi, e hanno vinto la partita chiave, dopo la delusione del match precedente.
Dura tuttavia pensare facciano un ulteriore passo avanti. L'unica è sperare che ogni mattina di gennaio Thievy, l'attaccante dell'Almeria, si alzi col piede giusto: sarebbe già metà, forse oltre, dell'opera.
Dispiacerebbe anche vedere uscire la

, negli ultimi anni davvero uno dei Paesi più martoriati, e non ne farei solo una questione di Africa: mancava giusto la questione Ebola dopo le crisi politiche che hanno diviso lo Stato dove ci sono le più belle ragazze dell'Africa. Girone complicato, con colossi come Costa d'Avorio e Camerun. Il talento giovanissimo non manca: sarà un piacere vederlo all'opera, anche se solo per tre gare.

 



 

Troppo facile flirtare con il puntino

, qualificatasi in extremis, o la RDC, poverissima di tutto ma non di attaccanti (8 fra i 29 preconvocati), che una favola, come il Burkina Faso finalista, l’ha vissuta nell’edizione precedente. E allora, nel gruppo B, scelgo lo

del Ct Honour Janza: il destino nel nome. La sorpresona è stata l’esclusione di Christopher Katongo, la star che nel 2012 aveva guidato i Chipolopolo (i Proiettili, ma nel senso – sic – di “pallottole”) al loro drammatico, unico successo, dopo 120’ e 18 rigori, sulla strafavorita Costa d’Avorio; per di più a Libreville, Gabon, 19 anni dopo la loro Superga e davanti al presidente federale Kalusha Bwalya, scampato per puro caso alla sciagura. Il Ct Hervé Renard dedicò a lui l’impresa degli underdogs assurti a “eroi”.
Anche stavolta al torneo arriva un’accozzaglia di signor nessuno. A guidarla c’è però l’ex direttore tecnico, subentrato a inizio agosto a

con la benedizione di Bwalya. Per il numero uno del calcio zambiano, la nomina di Janza «è una sfida enorme, ma anche l’opportunità per un allenatore locale di mostrare ciò che ha imparato in cinque anni con Renard e il suo staff».

 




 

Nel gruppo C ci sono quattro pesi massimi sullo stesso quadrato. Due grandi torneranno subito a casa. Il cuore, qui, può rubartelo solo chi, parafrasando Galeano, saprà donare belle giocate ai mendicanti di buon calcio. Oppure il gigante coi piedi d’argilla, che magari affonda nello stagno dove, novello Narciso, si specchia. Il

, le “Black Stars” di Avram Grant, l’israeliano ex traghettatore del Chelsea post-Mou finalista di Champions battuto ai rigori a Mosca 2008 dallo United, illuminano non sempre a giorno i più importanti campionati d’Europa: i fratelli d’arte Ayew, André (centrocampista esterno mancino dell’OM che piace al ds Riccardo Bigon per il Napoli) e Jordan (attaccante del Lorient), pargoli dell’Abedi Pelé visto al Toro ’94-96; i “nostri” Kwadwo Asamoah (Juve), Sulley Muntari (Milan), Emmanuel Agyemang-Badu (Udinese), Afriyie Acquah (Parma) e la new generation di Christian Atsu (ala in prestito dal Chelsea all’Everton) ma non di Majeed Waris (attaccante del Trabzonspor), che infatti non ci sarà perché

. Difficile non vederli ai quarti, ma nel caso siete avvertiti: le sorprese non mancano mai.
Nel gruppo D sembrano avere il destino segnato Guinea e Mali. Già il girone è tosto: se poi al

si spezza la punta di diamante (luogo comune d’obbligo per questo Eldorado che i francesi proprio non vogliono saperne di lasciare), allora i tuoi 2015 e CAN nascono male, Malissimo, ancor prima di cominciare. Intervento al ginocchio «essenziale per il proseguimento della sua carriera», recita il

del Bordeaux, per il 26enne centravanti Cheick Tidiane Diabate. Cruciale nel terzo posto del Mali nelle ultime due edizioni e top scorer stagionale dei Girondins (8 gol e 2 assist in 15 presenze di Ligue1, dove nonostante i dolori al ginocchio da operare ha giocato 1075’), ne avrà per 4 mesi. Bon courage Cheick.
Chi ci scalda il cuore, allora? I due “italiani” in rosa: la stella Seydou Kéïta (Roma), storico primo cambio di Guardiola al Barça, e Molla Wagué (Udinese), difensore nato in Francia e svezzato in Spagna nel prestito al Granada, satellite nell’orbita della famiglia Pozzo.
La corsa, scontata, sulla Guinea andrà quindi fatalmente integrata con almeno un giant-killer a Malobo: Leoni Indomabili (il 20 gennaio) o Elefanti (il 24): Camerun e Costa d’Avorio erano nello stesso gruppo di qualificazione e sono le favorite per andare ai quarti, ma le Aquile maliane (seconde a 9 punti nel girone vinto dall’Algeria) hanno forza e talento per giocarsela con tutte, specie in gara secca.
Il cuore però lo scalda e ruba davvero la “Syli Nationale”, quella degli Elefanti meno nobili e celebrati. Anche la Guinea ha chiuso seconda, ma a quota 10 dietro il Ghana. A una discreta base di talento giovane porta esperienza il jolly Kevin Constant, ex Chievo, Genoa e Milan, da agosto 2014 in Turchia al Trabzonspor. A Milano, più che l’out sinistro di San Siro, ha frequentato l'Antica Osteria Cavallini di via Mauro Macchi, zona stazione Centrale: un must gli uno-due con cotoletta e ossobuco per lui e per il maliano Bakaye “il Talismano” Traoré, altra meteora rossonera finita in Turchia ma fuori dai 23 di Michel Dussuyer, il Ct ex Benin richiamato dopo l’esonero. C’è invece Ibrahima Traoré, ala sinistra del ’Gladbach che in Bundesliga ha un po’ l’idiosincrasia del gol ma in campo aperto regala spettacolo e assist. Vi divertiranno.

 



 



 

Per troppo tempo lontano dall'élite del calcio africano, il

pare finalmente tornato: è dal 2004, con i reduci della grande spedizione ai Mondiali nippocoreani in campo, che non c'era così tanta aspettativa a Dakar. Non tutto, è però andato nel verso giusto. La polemica

ha levato una freccia importante alla faretra senegalese, impoverita anche dall'infortunio di Diafra Sakho. Non sta benissimo nemmeno Sadio Manè, un pezzo chiave del grande inizio di stagione del Southampton, ma ci sarà: l'idea è di farne una pietra angolare di questa squadra, che ha un potenziale offensivo inimitabile. Papiss Cissè del Newcastle, Biram Diouf dello Stoke, Moussa Sow del Fenerbahce e un ragazzo, o ex tale, che avrebbe i cromosomi del fuoriclasse, ma si è sempre dimenticato di mostrarli tutti insieme: Henri Saivet.

 

https://www.youtube.com/watch?v=cXIkdhfh4JM



 

Bella scommessa quella di Avram Grant sulla panchina del

. Studioso di football, arriva in una squadra che ormai ha allontanato l'antica ossatura (nessun giocatore sopra i trent'anni) per scommettere sui giovani cresciuti in questi anni proprio alle spalle degli Essien e dei Muntari. “Dedè” Ayew è un vincente nato, l'udinese Badu un piccolo generale di rendimento a metà campo, poi tanti nomi interessanti: Atsu, Wakaso, Baba, e un ragazzo che merita un rilancio, Jonathan Mensah, lui pure controllato in passato dalla famiglia Pozzo. Rimanere competivi e, magari, vincere chiuderebbe anche il ciclo iniziato col Mondiale under 20 conquistato nel 2011, battendo in finale il Brasile: diversi dei ragazzi che hanno sollevato quella coppa, in Egitto, sono oggi “Black Stars”. Con lo stesso intento: vincere.
Occhio al nuovo

, una squadra finalmente ricostruita, partendo dalle basi del campionato locale. Contro la Nigeria grande gara di Tokelo Rantier, uno dei pochi che gioca all'estero, nella Championship inglese. Peccato manchi però Thulani Serero dell'Ajax, forse il miglior giocatore sudafricano.

all'anno zero. Dopo l'autodistruzione del Mondiale brasiliano, il più umiliante della notevole storia dei Leoni Indomabili, la deflagrazione ha portato via i gruppi legati a Eto'o e Alex Song, compresi i capibastone. Il Camerun ha un gruppo di giovani molto interessante, che nelle qualificazioni ha mostrato il miglior football del continente. Sono completi in ogni reparto: dietro, N'Koulou è diventato il leader difensivo nell'OM del Loco Bielsa, e con Mbia rimane una garanzia, davanti Aboubakar desta notevole interesse e Choupo-Moting è un giocatore che a questo livello certamente sposta.

 



 

Qui bisogna intenderci: per “outsider” la buttiamo più sul senso sportivo stretto (la non favorita che se anche non vince è protagonista) o la estendiamo, in simil-politichese, a chi si farà onore spingendosi così oltre i propri limiti da osare là dove era impensabile potesse?
Nell’accezione più ampia, dovremmo tirar dentro almeno quattro quinti della CAN 2015.
Ad esempio (nel gruppo A) la

, padrona di casa inspiegabile se non con oliate di oro nero e disinvolte naturalizzazioni, e il

miracoloso vicecampione uscente (con Jonathan Pitroipa MVP della CAN 2013 e poi top scorer delle eliminatorie) guidato dal pirata Paul Put.

 




 

Oppure (nel gruppo B) i “Diables Rouges” del

che tornano dopo 14 anni di assenza, con in panca l’eterno Claude Le Roy, che nel continente ci lavora da trenta; la

di George Leekens, due volte Ct del suo Belgio e una dei “cugini” algerini, imbattuta nelle eliminatorie e piena di giovani dall’enorme potenziale come Yassine Chikhaoui (Zurigo) e Wahbi Khazri (Bordeaux). O si potrebbe puntare sul bis consecutivo della minuscola

(la nazione più piccola ammessa alla fase finale, che torna con mezza squadra del 2013) o sulla

, qualificata come (miglior) terza dietro nientemeno che Camerun e Costa d’Avorio e con l’allenatore

nominato a sole tre settimane dalle qualificazioni?
Nel Gruppo C invece il

, che il 64enne Ephraim “Shakes” Mashaba ha voluto di tutti under 27, ha come priorità il pass mondiale per Russia 2018 e piange l’assassinio del 27enne portiere e capitano Senzo Meyiwa, a cui hanno sparato in un fallito tentativo di rapina. E il

che in nome dei cinque papi re (Pape Camara, Pape Souaré, Papy Djilobodji, Pape Diop e Papiss Cissé) ha le potenzialità per vincere, anche se Sadio Mané (esterno alto di sinistra al Southampton di Graziano Pellé) ha qualche problema di forma (comunque ci sarà); il caso che ha fatto discutere è stata la rinuncia a Demba Ba, autore del tweet a cui accennava Carlo, rivolto al Ct francese

: «Non vedo l’ora di sentirne le scuse e di smontarle una per una».
O infine, nel Gruppo D, la

, presente contro tutto e tutti, più forte del virus Ebola e le conseguenti precauzioni sfociate, secondo il 55enne Ct, francese pure lui, Michel Dussuyer «in discriminazioni». Con il divieto di ospitare le avversarie, la “Syli Nationale” ha giocato le gare “interne” a Casablanca, in Marocco, come fossero a porte chiuse. E le autorità sanitarie hanno disposto ai giocatori la misurazione coatta della temperatura corporea due volte al giorno.
Dovendo scegliere, la puntata andrebbe sulla rinnovata voglia di grandeur di una superpotenza dell’Africa centrale ricca di petrolio: il

. A Libreville, come in tutto lo stato, nessuno ha dimenticato il 5 febbraio 2012. Uno di quei pomeriggi di un giorno da cani in cui capisci quanto il calcio sappia essere crudele: le “Panthères” avevano in mano la loro prima, storica semifinale nel torneo, co-organizzato con la Guinea Equatoriale. Contro il Mali del loro ex Ct Giresse ai ragazzi di Gernot Rohr bastava difendere l’1-0 di Éric Mouloungui. Invece, sfumato il raddoppio 3’ dopo con il palo di Daniel Cousin, a 7’ dalla fine beccarono il pari di Cheick Diabaté, appena entrato. Ai supplementari, altro palo con Bruno Mbanangoyé. Ai rigori, l’inutile cucchiaio del centralone Bruno Ecuele Manga (ex Lorient, da settembre al Cardiff City), l’errore decisivo di Pierre-Emerick Aubameyang e lacrime per tutti. Di delusione per l’ex flop milanista, ai tempi al Saint-Étienne e oggi devastante in campo aperto nel Dortmund. Liberatorie per l’allora blaugrana Kéita, che dopo gli oltre venti morti in 48 ore di scontri tra governo e separatisti, lanciò al paese un appello di pace: «Tutto ciò non è normale, fermatevi, siamo tutti maliani. Noi giocatori celebriamo la vittoria, ma siamo affranti. Il Presidente della Repubblica faccia di tutto perché questa guerra finisca».
Il “periodo no” è continuato con il successore di Rohr, Paulo Duarte, durato diciotto mesi. All’arrivo di Jorge Costa, altro ex difensore centrale portoghese, nell’agosto 2014, il Gabon era 102º nel ranking FIFA, peggior piazzamento dal 2007. In quattro mesi, l’ex capitano del Porto vincitutto mourinhiano ha restituito alla squadra anima, identità di gioco e un posto tra le prime 65 al mondo. Comunque vada, lui il cuore ce lo avrà già scaldato.

 



 

La nazionale del

porta un soprannome impegnativo e, nell’ottica del discorso che voglio fare, foriero di presagi dal manto lucido: gli “Stalloni”. Ciò significa che il ruolo di dark horse, in un modo o nell’altro, finirà per donargli meravigliosamente, e i burkinabé non vorranno rinunciare di certo a cavalcare questa suggestione. Dopo una manciata di partecipazioni mediocri alla Coppa d’Africa, e un picco raggiunto nel ’98 (quarti classificati, ma giocavano in casa e quando si è padroni dei campi lo si è anche un po‘ di più del proprio destino) è successo che nel 2013 ridendo e scherzando gli “Etalons” sono arrivati in finale, messi in ginocchio soltanto dalla Nigeria. Dez Altino ha anche ideato un inno alternativo, una specie di hit calcistica à la Shakira, peraltro

: io un po’ di tifo per i burkinabé lo farò, anche perché mi è dispiaciuto un sacco quando non sono riusciti a qualificarsi ai Mondiali brasiliani (dopo aver battuto l’Algeria per 3-2 a Ouagadougou hanno perso la gara di ritorno per 1-0: peccato, mancava tanto così amici burkinabé).
La formazione, per buoni sette-otto undicesimi, è la stessa del 2013: il belga Put potrà ancora una volta contare su Aristide Bancé, soprannominato Guinness per via dell’acconciatura color crema sull’incarnato

, (per gli amanti del gossip, Banché è il cognato di Aruna Dindane); sul filiforme centrale difensivo Bakary Koné del Lione (che

intorno a 0.50 anticipa con un colpo di kung-fu un Ibrahimovic che la prende discretamente bene); sul giovanissimo e talentuoso

, che il Chelsea ha parcheggiato in Olanda, al Vitesse, per fargli fare le ossa, come si dice; ma soprattutto su Jonathan Pitroipa, una leggenda locale - non ha ancora neppure trent’anni e già due canzoni rap dedicate,

e

, è nel giro della nazionale da quasi dieci anni ed è stato nominato MVP dell’ultima edizione della CAN.

 

https://www.youtube.com/watch?v=g-FHWB74yyU



 

Insomma, chissà che la cavalcata degli “Stalloni” non si spinga su prati oltraggiosi anche quest’anno. L’altra potenziale outsider potrebbe essere il

di Seydou Kéita, non foss’altro perché il loro passaggio del turno significherebbe, automaticamente, eliminazione di una tra Camerun e Costa d’Avorio: così su due piedi, oltre a entusiasmarmi per gli ultimi epici exploits di Seydoublen (che

sorridente riceve la bandiera per la delegazione da parte del presidente della Repubblica maliana) fuori e dentro il campo, trovo pure plausibile che il Mali possa spingersi un po’ più in là del terzo posto, appannaggio delle “Aigles” da due edizioni consecutive.
La verità è che il meccanismo di Indovina Le Outsider, alla fine, secondo me, in questa edizione della Coppa d’Africa, si inceppa troppo facilmente. Bisognerebbe ribaltare il concetto semantico di sorpresa, e capire se ci saranno più sorprese di quelle che stupiscono piacevolmente o sorprese di quelle che ti lasciano l’amaro in bocca.
Tipo l’eliminazione, da subito, di

e

, per buttarla là alla chetichella.

 



 



 

Altissimo, qui, il rischio-figuraccia. Sarebbe comodo indicare l’

, più alta africana nel ranking FIFA (#18) e fresca reduce dal suo ottimo mondiale brasiliano. E difatti nessuna sorpresa se alla fine dovesse farcela, ad alzare il trofeo che ha vinto solo nel 1990. Nonostante il cambio di allenatore post-Brasile 2014, dal bosniaco Vahid Halilhodžić al francese Christian Gourcuff, sarebbe stata la favorita se, come nei piani pre-Ebola, si fosse giocato nel confinante Marocco. La storia però racconta che nei tornei a sud del Sahara le verdi “Volpi del deserto” raramente sono state all’altezza.
Invertire il trend toccherà al 59enne papà d’arte del flop milanista Yoann, una vita in quattro atti al Lorient (uno da centrocampista, tre da allenatore). Gourcuff senior ha un contratto fino al termine del prossimo mondiale, il che gli garantirebbe l’incarico per altre due Coppe d’Africa (2015 e 2017), una delle quali l’Algeria spera concretamente di poter ospitare. Non occorre essere iscritti alla Royal African Society, per capire come funzionano le cose nel calcio, specie nel continente: il Ct si gioca molto, se non tutto, in questa.
Con chi lo farà? Su tutti il trequartista esterno Yacine Brahimi, Giocatore africano del 2014 secondo la

e rivelazione in Champions League col Porto (memorabile la tripletta all’esordio nel 6-0 sul derelitto Bate Borisov). I suoi uno-due con Sofiane Feghouli (in Liga al Valencia) saranno la chiave d’innesco in attacco per il 26enne Islam Slimani, che gioca anche lui in Portogallo, ma allo Sporting Lisbona. Là davanti farà coppia con El Arbi Hillel Soudani, dal 2013 in Croazia alla Dinamo Zagabria. Tanta panca, anche qui, per Ishak Belfodil, floppone nell’Inter mazzarriana presto rientrato al Parma. Il punto debole sembra tra i pali: il titolare Raïs M’Bolhi (Philadelphia Union, USA) è l’unico dei tre portieri convocati che gioca all’estero, alle sue spalle scalpita più Azzedine Doukha che Mohammed Zemmamouche. In difesa la leadership è passata a Rafik Halliche, con il napoletano Faouzi Goulam che spinge a sinistra; mentre al totem Majid Bougherra che sverna negli Emirati (Al Fujaïrah) resta il ruolo di leader carismatico – o di capitano non giocatore – del gruppo. Curiosità: riguardo al fantomatico 4-2-2-2 “alla Maturana”, la Colombia, e in particolare quella, è molto lontana.
I piani B e C sono

e

. I “Leoni Indomabili” (tali anche nelle rivendicazioni logistico-economiche verso dirigenti impresentabili... eufemismo) vengono da un Mondiale troppo brutto per essere (tutto) vero: dispute sui premi, scontri tra ego sconfinati, gioco violento. Un gol fatto, tre sconfitte con due cappotti (1-0 dal Messico, 4-0 in dieci dalla Croazia, 4-1 dal Brasile) e ritorno a casa immediato col rosso (anche di vergogna) al centrocampista Alex Song che ha dato l’addio alla nazionale ma solo dopo aver saputo che

di Volker Finke. Nelle eliminatorie però

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