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Mauro Mondello
Guida ufficiosa ai Mondiali di rugby
17 set 2015
17 set 2015
La presentazione, squadra per squadra, della Coppa del Mondo in programma nel Regno Unito.
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Mauro Mondello
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La squadra allenata da Michael Cheika arriva a questa Coppa del Mondo dopo dodici mesi turbolenti. Le dimissioni, a ottobre, di Ewen McKenzie dalla guida dei Wallabies hanno obbligato il XV australiano a ripartire da zero sulla strada verso Londra. Nonostante tutto, l’Australia continua a poter contare su una delle linee di tre-quarti più talentuose e affascinanti della competizione e per questo potrebbe comunque chiudere la rassegna fra le prime quattro del lotto. Il nome da segnarsi è quello di Israel Folau: un estremo completo, versatile, fisico, in grado di giocare al piede e soprattutto dotato di una straordinaria facilità atletica nell'attaccare la difesa avversaria.

 

https://www.youtube.com/watch?v=h65StAOLiTI

 

Kurtley Beale, Quade Cooper, Matt Giteau, Bernard Foley e Tevita Kuridrani completano un reparto che dal punto di vista tecnico è fra i tre migliori del torneo. Il tallone d’Achille australiano è nei primi cinque uomini del pack degli avanti. Nonostante il rientro nel ruolo di tallonatore e capitano del totem Stephen Moore, i Wallabies continuano a soffrire tremendamente le fasi statiche di touche e mischia chiusa e con squadre pesanti e organizzate come Inghilterra e Galles sarà davvero un bel problema. Se Will Skelton riuscirà finalmente a disciplinare dal punto di vista tattico e atletico le sue spaventose doti fisiche (2 metri per 140 chili) e la terza linea potrà contare al 100% su David Pocock e Michael Hooper l’Australia potrebbe comunque tirare fuori un bel torneo.

 



Obiettivo minimo: vincere il Mondiale. Da padrone di casa, il pubblico inglese considererà qualsiasi altro risultato come un fallimento assoluto. Dopo il disastroso torneo del 2011, con la sconfitta ai quarti subita da favoriti contro la Francia, l’Inghilterra è stata affidata a coach Stuart Lancaster, che ha lavorato principalmente sul senso di attaccamento alla maglia e ai valori della tradizione nazionale britannica. L’organizzazione del pack degli avanti, e soprattutto la fisicità dei primi cinque uomini in mischia chiusa, fanno paura a chiunque in questo Mondiale.

 

I due piloni Joe Marler e Dan Cole, 113 e 115 chili per 1 metro e 90 a testa, sono due presse pronte a sbriciolare le prime linee avversarie e a dare un apporto decisivo nelle fasi di rolling maul da touche e azioni bloccate, situazioni con cui l’Inghilterra ha dimostrato di poter colpire qualsiasi avversario (addirittura due mete rifilate al Sudafrica lo scorso anno con partenze organizzate da fermi). Se a tutto questo si aggiungono la potenza in terza centro di Billy Vunipola, capace nell’ultimo Sei Nazioni di 64 attacchi come ball carrier (nessun altro uomo di mischia come lui nel torneo) e una linea di tre-quarti che può vantare il talento di elementi come George Ford (finalmente un grande numero 9 per gli inglesi dopo anni di mediocrità), Owen Farrell, Anthony Watson, e Jonathan Joseph, solo per citarne alcuni, non si può non considerare l’Inghilterra fra le favorite di questa Coppa del Mondo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=XVT9bKwzXGM

 



Non sarà probabilmente il Galles capace di raggiungere le semifinali ammirato nel 2011 quello che si presenta a questa Coppa del Mondo, ma potrebbe comunque recitare un ruolo diverso da quello di vittima predestinata del girone, che in troppi si sono affrettati ad affibbiargli. Gatland, il tecnico più longevo fra le squadre presenti a questo Mondiale, punterà tutto sullo spirito di un XV che, non è difficile crederlo, lascerà il sangue sul campo di Twickenham, il 26 settembre, pur di sbattere fuori l’Inghilterra dal Mondiale di casa. Un peccato l'infortunio di Leigh Halfpenny, uno dei piazzatori più precisi al mondo. La sua qualità al piede sarebbe tornata molto utile in un girone che potrebbe terminare anche con una situazione di parità e differenza punti per la qualificazione.

 



I figiani sono uno dei XV più creativi di questo Mondiale, con una linea di tre-quarti capace di inventare da ogni parte del campo. Attacchi dalla propria area di meta, off-load come se piovesse, velocità e fondamentali tecnici spaventosi per un gruppo di giocatori abituato a correre palla in mano e a interpretare il rugby con uno spirito d’altri tempi. È la totale assenza di logica tattica nei momenti cruciali della partita, figlia proprio dell’approccio fantasioso al gioco, a costituire il limite più grande di una squadra che potrà comunque contare su Vereniki Goneva, Nikola Matawalu e, soprattutto, Nemani Nadolo, 1 metro e 90 per 130 chili, un armadio a quattro ante capace di scomodare paragoni con il grande Jonah Lomu e di mettere a referto, nelle sue due prime stagioni ai Crusaders, in Nuova Zelanda, 21 mete in 25 apparizioni.

 

https://www.youtube.com/watch?v=cDkBd-oR6qQ

 



I sudamericani arrivano al terzo Mondiale della loro storia dopo aver battuto la Russia nello spareggio finale per l’ultimo posto nella competizione e si trovano inseriti dritti dritti in un girone con tre delle prime sei squadre del ranking internazionale. Il XV di Montevideo sarà composto quasi totalmente da giocatori non professionisti, ragazzi che per andare a Londra hanno dovuto chiedere le ferie e che da più di un mese lavorano agli ordini del preparatore atletico Craig White, ex Irlanda, per provare a colmare il gap atletico con le potenze del girone. Se giocassero bene le loro carte, potrebbero provare a sorprendere Fiji grazie al talento della coppia di mediani Ormaechea-Berchesi, fra i pochi professionisti della rosa a disposizione di coach Pablo Lemoine. Molto dipenderà anche dalle condizioni fisiche della squadra dopo i primi due incontri con Galles e Australia.

 



 



Non arrivano nelle migliori condizioni possibili a questo Mondiale, ma chi conosce gli Springboks sa bene quanto possa essere pericoloso sottovalutarne l’impatto nella competizione. Gli infortuni di Jean de Villiers, Willem Alberts, Frans Steyn e Fourie du Preez privano la squadra allenata da Heyneke Meyer di alcuni punti di riferimento decisivi in ruoli molto delicati, come quello di secondo centro e, soprattutto, al numero 8. Il pacchetto di mischia sudafricano rimane comunque fra i più rodati al mondo, con i fratelli Jannie e Bismarck du Plessis e Tendai Mtawarira in prima linea e l’esperienza del capitano Victor Matfield e di Eben Etzebeth appena dietro a costituire una delle coppie di seconde linee e saltatori più forti del torneo.

 

Molte delle fortune sudafricane dipenderanno dalla vena del reparto di tre-quarti e dal Mondiale di Handré Pollard: se il mediano di apertura, appena ventunenne, votato World Junior Player of The Year nel 2014 e capace di alcune prestazioni straordinarie in maglia Springbok durante l’ultimo anno (su tutti, i 19 punti con cui nell’ottobre 2014 ha contribuito alla vittoria sudafricana contro la Nuova Zelanda, dopo tre anni consecutivi di bastonate targate All Blacks) manterrà le promesse anche in Inghilterra, allora ci sarà da divertirsi. Inseriti in un girone tutto sommato abbordabile, gli Springboks possono provare a puntare le semifinali.

 

https://www.youtube.com/watch?v=WMbFB2-Rg6U

 



Nel bel mezzo del rinnovamento tecnico e tattico imposto dal nuovo allenatore Vern Cotter, la Scozia si ritrova in uno dei gironi più semplici della competizione, con la concreta possibilità di raggiungere per la settima volta in otto partecipazioni almeno i quarti di finale. Dopo anni passati a offrire uno dei rugby esteticamente più orribili del panorama internazionale, tutto calci piazzati e difesa, oggi la Scozia è capace di attaccare la linea da qualsiasi parte del campo e ha sviluppato una fantastica attitudine a esprimere fasi di attacco coraggiose. A spingere il cambiamento scozzese è stata la crescita del giovane mediano di apertura Finn Russell e, soprattutto, l’esplosione del ventitreenne Stuart Hogg, un estremo dinamico, forte al piede, con un tempo di placcaggio difensivo impressionante e capace di coprire tutti i ruoli della tre-quarti: le sue eccezionali prestazioni durante l’ultimo Sei Nazioni e il contributo determinante per la vittoria del Glasgow, il suo club, nell’ultimo campionato Pro12, hanno convinto anche i più scettici rispetto alla solidità di questo giocatore. Se riuscirà a scrollarsi di dosso l’etichetta di perdente e a tirarsi fuori dai limiti mentali che sino a oggi ne hanno condizionato i risultati, la Scozia potrebbe rivelarsi una delle sorprese di questo Mondiale.

 

https://www.youtube.com/watch?v=rQvGnOcoGbQ

 



Il XV samoano punta notoriamente sulla stazza fisica e sviluppa il gioco appoggiandosi sul terrificante impatto prodotto dalla mole dei suoi tre-quarti. Un esempio su tutti è rappresentato da Alesana Tuilagi, ala di 1 metro e 85 per 117 chili che i tifosi inglesi hanno imparato a conoscere durante la sua lunga permanenza nei Leicester Tigers (162 caps e 315 punti). Purtroppo allo strapotere fisico si contrappone un’anarchia tattica assoluta e l’incapacità intrinseca di proporre un gioco al piede che sia quantomeno accettabile. In ogni caso, restano una delle meteore del gruppo e, se fossero in giornata, potrebbero anche giocarsi la qualificazione contro la Scozia. Da tenere d’occhio il flanker Jack Lam, giocatore di Bristol, arrivato tardi nel rugby che conta, ma che è oggi probabilmente l’elemento tecnicamente più completo di Samoa.

 



La rosa a disposizione del coach Mike Tolkin è ormai composta per oltre due-terzi da professionisti che militano in campionati europei, con elementi di esperienza come l’ala-estremo Chris Wyles, ai Saracens di Londra dal 2008, Blaine Scully, appena ingaggiato dai Cardiff Blues dopo due stagioni molto positive a Leicester e l’utility back Takudzwa Ngwenya, ai francesi del Biarritz dal 2007. Ben costruita nel reparto di tre-quarti, il limite più grande della formazione americana è costituito dalla mancanza di organizzazione nelle fasi di touche e mischia chiusa: al pacchetto degli avanti mancano ancora elementi davvero affidabili, soprattutto in prima linea. Samu Manoa, numero 8 e anima degli Stati Uniti, è da considerare uno dei giocatori più interessanti di questo Mondiale, una terza centro capace di attaccare palla alla mano, con grandi skills difensive e un formidabile impatto fisico sulla partita.

 



Non manca sicuramente il cuore alla squadra giapponese, che con la qualificazione alla Coppa del Mondo di Rugby 2015 centra la sua ottava partecipazione consecutiva ai gironi eliminatori. L’unica vittoria del Giappone in una fase finale risale però al 1991 (un 52 a 8 contro lo Zimbabwe), per il resto, tutte sconfitte e due pareggi, entrambi arrivati contro il Canada nelle edizioni 2007 e 2011. Eddie Jones, il tecnico australiano che portò i Wallabies alla finale del 2003, poi persa contro l’Inghilterra del mito Jonny Wilkinson, ha cercato di concentrarsi sulla crescita fisica di una squadra che subisce in maniera tremenda gli impatti in difesa e le fasi di gioco chiuso su touche, rolling maul e mischia. Fumiaki Tanaka, Michael Leitch e Shota Horie sono elementi di grande esperienza e con una lunga carriera nel Super14, ma la stella della squadra è Yoshikazu Fujita, l’ala ventiduenne già capace di mettere a referto 11 mete nelle prime 27 partite giocate e più giovane giocatore di sempre a esordire con la maglia della Nazionale giapponese.

 



 



Una squadra senza pietà, capace di contrattaccare da ogni parte del campo, di punire il minimo errore della squadra avversaria e di utilizzare il piede con tutti i giocatori della linea arretrata in maniera chirurgica. La Nuova Zelanda arriva a questo Mondiale ancora una volta con l’etichetta di favorita assoluta per la vittoria finale. Come già accaduto nel 2007, quando perse ai quarti contro una Francia non memorabile (ma capace di una prestazione di grande orgoglio), gli All Blacks dovranno cercare di non rimanere stritolati dalla pressione. Se dovessero farcela, allora riuscire ad aggiudicarsi il primo Mondiale della storia lontano da casa non dovrebbe essere un’impresa impossibile.

 

Aaron Smith ha dimostrato grande solidità nel ruolo di mediano di mischia e insieme a Julian Savea, 1 metro e 93 per 108 chili, soprannominato “l’autobus” dai suoi compagni di squadra, forma una linea di tre-quarti spaventosa, con le sicurezze dei veterani Dan Carter e Ma’a Nonu e la versatilità di Ben Smith, pronto ad agire da utility back. Nel pacchetto di mischia i neozelandesi potranno contare, oltre che sul carisma di Richie McCaw e sulla fisicità di Kieran Read, anche sul talento di Brodie Retallick. La seconda linea degli Waikato Chiefs, nominato World Rugby Player of the Year nel 2014, è un giocatore fantastico in rimessa laterale, forte in campo aperto, con eccezionali skills difensive, sia in fase di gioco a terra che al placcaggio, e forma una coppia di saltatori formidabile insieme al compagno Sam Whitelock.

 

https://www.youtube.com/watch?v=bqfw__B0giA

 

A voler trovare un punto debole tecnico nella formazione All Blacks, ci si potrebbe forse soffermare sulle difficoltà patite dagli 8 di mischia nel difendere le fasi di maul organizzate contro pacchetti molto pesanti (vedi le due mete messe a segno dal pack dell’Argentina nell’ultimo Rugby Championship), ma da questo punto di vista le due partite del girone contro Pumas (esordio da non sottovalutare) e Georgia saranno un banco di prova sufficiente a sgombrare il campo anche da questo dubbio.

 



Se per qualcuno non fosse ancora chiaro, l’Argentina non si arrende mai. È questo il segreto di una squadra che nel corso degli ultimi dieci anni è riuscita a spiccare il salto definitivo verso il gotha del rugby mondiale, convincendo le federazioni di Nuova Zelanda, Sudafrica e Australia ad accettarla come avversaria nel vecchio torneo Tri Nations, oggi rinominato Rugby Championship. Secondo molti la squadra allenata da Daniel Hourcade può contare sul pacchetto mischia più forte al mondo. Senza dubbio, sono poche le squadre in grado di gestire le fasi di gioco statiche e le situazioni di rolling maul in maniera tanto devastante quanto i Pumas. Oltre agli 8 di mischia, gli argentini potranno contare anche su una serie di individualità straordinarie nel reparto dei tre-quarti, con Nicolás Sánchez, uno dei calciatori più letali in circolazione e grande interprete tattico, a gestire da mediano di apertura le sorti di una formazione che dovrebbe facilmente raggiungere i quarti di finale e che nessuno sfiderà con piacere. Tomás Cubelli, con le sue accelerazioni da mediano di mischia, e il fenomenale Juan Martín Hernández, probabilmente impiegato nel ruolo di estremo, sono altri due giocatori importanti e in grado di fare la differenza in qualsiasi momento.

 

https://www.youtube.com/watch?v=-RLVk-54AC0

 



Quarta partecipazione consecutiva per la Nazionale georgiana, che prosegue un percorso di crescita eccezionale grazie al lavoro del coach neozelandese Milton Haig. Le vittorie contro Samoa e Giappone degli ultimi 12 mesi sono una delle tante testimonianze di una federazione che ha deciso di fare le cose sul serio: quest’anno l’Under-18 ha battuto i pari età di Italia e Irlanda mentre l’Under-20 si è aggiudicata il Mondiale di categoria. La potenza in mischia chiusa è il punto di forza georgiano. Il pack può infatti contare su due fuoriclasse assoluti come Davit Zirakashvili, uno dei migliori specialisti in Europa nel ruolo di pilone, e Mamuka Gorgodze (Gulliver per gli amici…) colosso di 1 metro e 96 per 119 chili noto per la sua estrema fisicità: sarà interessante assistere alla battaglia campale contro la mischia argentina. La mancanza di disciplina e i tanti falli commessi, soprattutto nelle fasi a terra, potrebbero costare carissime, specialmente contro la Nuova Zelanda.

 



La squadra africana ha il peggior ranking internazionale fra le partecipanti al torneo (ventesima) e arriva a questa Coppa del Mondo a pochi mesi dallo scandalo che ha portato, lo scorso luglio, a un traumatico cambio di allenatore, con l’arrivo in panchina del gallese Phil Davies. Di certo non ottime premesse per affrontare un girone nel quale l’unico obiettivo sarà quello di non farsi asfaltare da Argentina e Nuova Zelanda e di limitare i danni contro Georgia e Tonga, due sfide non tecniche, ma che proporranno impatti spaventosi.

 



La squadra tongana è la ciliegina sulla torta di un gruppo nel quale alla fine dovranno contarsi i feriti. Tonga è, insieme a Samoa, il team più duro e aggressivo di questa Coppa del Mondo, con la differenza, rispetto ai samoani, di un approccio molto più feroce e anarchico alla partita. Sarà interessante la sfida contro la Georgia, nella quale il XV capitanato dalla leggenda Nili Latu si giocherà, oltre che il terzo posto nel girone, anche la qualificazione diretta ai Mondiali 2019. Proprio Latu, al rientro in Nazionale dopo la decisione di non partecipare al torneo del 2011, costituirà uno dei fattori della squadra guidata da Mana Otai. Il flanker in forza al Newcastle, nonostante non sia più giovanissimo, è un giocatore completo, con ottime capacità di ball carrier e una straordinaria attitudine difensiva: ai Mondiali del 2007 venne votato seconda miglior terza linea del torneo, appena dietro un mostro sacro come il capitano neozelandese Richie McCaw.

 



 



Riuscirà finalmente l’Irlanda a tirare fuori il suo enorme potenziale e a superare per la prima volta nella sua storia la barriera dei quarti di finale? È questa la domanda a cui rispondere riflettendo su una delle squadre più talentuose di questo Mondiale, vincitrice dell’ultimo Sei Nazioni e capace, se in giornata, di mettere in difficoltà chiunque, grazie alla versatilità dei suoi interpreti individuali e a un impianto tattico messo in piedi da Joe Schmidt, uno dei migliori tecnici in circolazione. Se ci aggiungiamo che Conor Murray e Johnny Sexton compongono una delle mediane più esplosive e imprevedibili al mondo, si comprendono allora al meglio le ambizioni irlandesi di giocare un Mondiale da protagonisti.

 

Sexton, 30 anni, è senza dubbio l’uomo chiave della squadra, il giocatore che con i suoi punti al piede e la sua straordinaria capacità di timing nella gestione del pallone potrà decidere buona parte delle sorti dell’Irlanda nel torneo. La forza della linea mediana è però anche uno dei punti deboli della squadra: la panchina non permette soluzioni di categoria e in caso qualcosa andasse storto Eoin Reddan e Ian Madigan, i sostituti naturali di Murray e Sexton, non sembrano poter garantire lo stesso livello di prestazioni. Il pacchetto di mischia guidato in seconda linea da capitan Paul O’Connell, al quarto Mondiale, è uno dei più organizzati sulle rimesse laterali e in gioco aperto potrà contare sulla solidità del pilone Cian Healy e del flanker Sean O’Brien, due giocatori moderni, capaci di attaccare palla alla mano e con grandi skills difensive.

 



Ancora una volta la Francia mantiene intatta la sua tradizione e si presenta a questo Mondiale con l’etichetta di squadra più imprevedibile del torneo. I pronostici, come sempre, non la danno oltre i quarti di finale e qualcuno pensa addirittura potrebbe giocarsi la qualificazione con l’Italia al girone eliminatorio. I giornali di casa criticano da mesi le scelte del tecnico Philippe Saint-André, che ha già annunciato lascerà il suo incarico alla fine della Coppa del Mondo per far posto a Guy Novès (mitico tecnico del Tolosa dal 1993 al 2015, un record assoluto). Insomma, tutto come da copione per una squadra che in 7 partecipazioni mondiali ha mancato le semifinali soltanto una volta, nel 1991, nonostante non partisse mai da favorita, e che ha rischiato nel 2011 di rovinare la festa neozelandese in una partita persa per un solo punto di distanza (8 a 7 in favore dei terrorizzati All Blacks il risultato della finale).

 

I primi cinque uomini di mischia sono un punto di partenza solido, con gli esperti Nicolas Mas, Yoann Maestri e Louis Picamoles a guidare le operazioni di conquista del pallone. La linea di tre-quarti è potenzialmente una delle più interessanti di tutto il torneo, ma ha dimostrato, come spesso accade alla squadra francese, di essere in balia dell’inconstanza atavica patita dai suoi interpreti individuali. Certo non sono molti i XV che possono contare su giocatori del calibro di Wesley Fofana, fra le ali più devastanti al mondo, Scott Spedding, estremo sudafricano molto solido naturalizzato proprio in vista di questa Coppa del Mondo, Yoann Huget, utility back completo e dal grande impatto fisico, e Mathieu Bastareaud, 1 metro e 83 per 120 chili, un camion a rimorchio piazzato al centro del campo nel ruolo di secondo centro, praticamente impossibile da fermare quando prende velocità.

 

https://www.youtube.com/watch?v=320DsYPfqUw

 

La scommessa più grande potrebbe essere quella del numero 10. Se davvero Saint-André deciderà di affidare le chiavi della squadra al veterano Frédéric Michalak si aggiungerà un’ulteriore variabile all’imprevedibilità dei Bleus, il numero 10 di Tolone, le cui doti tecniche restano indiscutibili, ha già ampiamente dimostrato di poter essere contemporaneamente uno dei giocatori più sublimi e disastrosi nella storia del rugby francese.

 



Meteora del gruppo, il Canada difficilmente riuscirà ad andare oltre la quarta piazza, giocandosi l’ultima posizione con la Romania (almeno di tragedie italiane che non ci si auspica). La squadra allenata da Kieran Crowley è un insieme di giocatori professionisti provenienti da club europei, amatori delle leghe dilettanti canadesi e specialisti di rugby Seven. Proprio la decisione della federazione canadese di concentrarsi sul rugby a 7 è uno dei punti da verificare di questa campagna mondiale, con molti giocatori, su tutti Phil Mack e Nathan Hirayama, i due mediani che dopo le buone esperienze nel Seven dovranno adattarsi velocemente ai ritmi del rugby a 15.

 



Spesso indicata come una delle squadre più interessanti in prospettiva, la Romania non ha compiuto i progressi sperati e si candida a fanalino di coda del girone. Il pack, soprattutto nei primi cinque uomini, è sicuramente di primo livello, specie in considerazione della presenza in prima linea dei piloni Paulica Ion e Mihai Lazar, entrambi impegnati nel Top14 francese e clienti scomodissimi per chiunque in mischia chiusa. L’esperienza e la versatilità di Catalin Fercu verrà impiegata dal tecnico Lynn Howells per coprire la posizione di estremo e sfruttare al gestione al piede di quello che è certamente il giocatore più rappresentativo del XV romeno. Nonostante Fercu, la linea di tre-quarti non appare pronta per affrontare il salto di qualità e rimane troppo alto il gap rispetto alla media di questo Mondiale, soprattutto per quanto riguarda i momenti di gestione della partita e le ripartenze in campo aperto.

 



Sembrava che sotto la guida di coach Jacques Brunel la Nazionale italiana di rugby potesse finalmente spiccare quel salto di qualità tattico che ormai da diversi anni tutto il movimento attende. L’obiettivo della federazione al momento di ingaggiare, nel 2011, il tecnico francese, era proprio quello di sviluppare un progetto di gioco che permettesse alla squadra di raggiungere il Mondiale inglese al top della condizione. A Brunel era stato chiesto di allargare il gioco azzurro, provando finalmente a costruire qualità con la linea dei tre-quarti: un risultato in qualche modo raggiunto, anche grazie all’inserimento in rosa di alcuni elementi come Sarto, Campagnaro e Morisi, ma che, paradossalmente, ha coinciso con un ridimensionamento, in negativo, delle prestazioni in mischia, da sempre nostro punto di forza e considerata, sino al 2013, fra le più dure e tecniche da affrontare.

 

Invece, dopo due anni promettenti, gli Azzurri arrivano a questa Coppa del Mondo con un ruolino di marcia molto deludente: un Sei Nazioni 2015 giocato ben al di sotto delle aspettative e una serie di amichevoli premondiali che lasciano davvero poche speranze (su tutte, la ripassata regalataci dalla Scozia appena qualche settimana fa, un 48 a 7 che brucia parecchio). Se a queste premesse aggiungiamo il braccio di ferro tra federazione e giocatori andato in scena durante il ritiro per l’accordo sui bonus vittoria, con gli Azzurri che hanno abbandonato albergo e allenamenti salvo poi rientrare a compromesso raggiunto, si delinea ancora più chiaramente il quadro di una situazione a dir poco difficile.

 

L’obiettivo dichiarato resta quello della qualificazione ai quarti di finale, un traguardo mai raggiunto nelle sette partecipazioni italiane al torneo, ma la realtà è che al momento appare davvero difficile immaginare di poter battere Francia e Irlanda, e anzi bisognerà probabilmente giocare al massimo anche per portare a casa il terzo posto ed evitare di farsi sorprendere da Romania e Canada. Se davvero esiste una possibilità di passaggio del turno per il XV capitanato da Sergio Parisse, ce la si giocherà tutta all’esordio contro la Francia.

 

L’Italia potrebbe sfruttare il momento ambientale difficile patito dal XV francese e sperare in un calo di tensione. L’assenza del capitano/anima/leader/padre di questa squadra, Sergio Parisse, dalla prima partita, complica purtroppo, e di molto, le cose. Il numero 8 azzurro, alle prese con un ematoma al polpaccio rimediato contro il Galles, non ce la farà per la sfida contro i francesi, mentre dovrebbe recuperare per l’impegno del 26 settembre contro il Canada. Sergio, oggi probabilmente la più forte terza centro al mondo, è un giocatore fondamentale per la squadra italiana, non soltanto dal punto di vista tecnico, ma anche e soprattutto per il carisma che riesce a infondere a un XV che in sua assenza si è spesso trovato in balia dell’avversario (vedi la ripassata scozzese di cui si è scritto poco sopra).

 

Oltre a Parisse, la sfortunata amichevole contro il Galles d’inizio settembre ci ha privato di un altro giocatore fondamentale, quel Luca Morisi che molti considerano uno dei tre-quarti centro più forti d’Europa e che aveva garantito nelle ultime uscite solidità e difesa a un reparto, quello arretrato, in cui storicamente la nostra squadra ha sempre alternato mezze figure. La mischia, nonostante le ultime uscite non particolarmente brillanti, resta il nostro punto di forza, con elementi come Martín Castrogiovanni, Leonardo Ghiraldini, Quintin Geldenhuys e Alessandro Zanni chiamati a una prova d’orgoglio, nel tentativo di tornare competitivi e dominanti nelle fasi di mischia chiusa e rolling maul, fasi che avevano contraddistinto le prime uscite azzurre targate Brunel. Rimane l’ormai surreale problema del numero 10, un ruolo nel quale, dal ritiro di Domínguez a oggi (e sono passati 11 anni), la federazione non è riuscita a trovare un’alternativa valida. Dovremmo partire con il giovane Tommaso Allan in formazione titolare, un giocatore promettente ma ancora molto acerbo, capace di grandi giocate, solido in difesa, ma spesso in affanno nella gestione del pallone nei momenti cruciali della partita e troppo incostante nel marcare punti al piede.

 

https://www.youtube.com/watch?v=iIRcJmSzH1k

 

Michele Campagnaro, 22 anni e centro, si spera, titolare della squadra, potrebbe diventare la sorpresa della nostra competizione e dimostrare, ancora una volta, le sue eccezionali qualità tecniche, con linee di corsa eccezionali e una grande potenza difensiva. Con un po’ di immaginazione, quest’Italia potrebbe anche regalarci qualche sorpresa.

 
 

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