
1. Vi aspettate una Juventus che controllerà le partite come la scorsa stagione, anche lasciando palla agli avversari in alcuni casi, o pensate che vedremo una squadra più di possesso?
Emiliano Battazzi
Mi aspetto una Juve diversa ma non necessariamente di possesso: per vincere in Europa, che è il vero obiettivo della Juve All-Star secondo me, bisogna proseguire su un terreno meno “italiano” dal punto di vista tattico. Meno speculativo, ecco, e più propositivo: per me la Juve potrebbe diventare, ad esempio, molto più aggressiva e dinamica, meno preoccupata di concedere la profondità, senza quel placido dominio della scorsa stagione. Credo che la Juve userà il campionato per rodare il suo livello europeo e scegliere il miglior assetto: furiosa stile Mad Max o dispotica con dominio del pallone, dei ritmi, della profondità. In questo caso sarebbe una prosecuzione della Juve dell’anno scorso, solo in modalità andiamo a comandare.
Fabio Barcellona
Nei due anni di Allegri la Juve è molto mutata: l’arrivo di Dani Alves, Alex Sandro, Pjanic, Dybala, Khedira, Pjaca, dello stesso Higuain, ha disegnato una rosa molto tecnica e in grado di gestire il possesso del pallone, sacrificando un po’ della fisicità di giocatori come Vidal o lo stesso Pogba. È abbastanza prevedibile che Allegri assecondi le caratteristiche dei propri giocatori, ma è altrettanto prevedibile che, da tecnico anti-dogmatico quale è, non presenterà mai una Juve dai concetti tattici estremi. Secondo me vedremo una Juve che proverà a difendersi maggiormente “riposando” con il pallone tra i piedi e meno arroccata al limite della propria area in fase di non possesso. Il baricentro sarà mediamente più alto, sia per minori capacità di ripartenze lunghe (in questo incideranno le partenze di Morata, Cuadrado e Pogba) sia per la minore fisicità, che consiglia una difesa più avanzata della linea Maginot vista la scorsa stagione. Una Juve con più possesso, manovre più brillanti e manovrate e difesa più aggressiva in zone avanzate del campo.
Francesco Lisanti
In ogni caso, non credo che la Juve presserà gli avversari sulla linea di porta, quindi sì, da questo punto di vista “lascerà la palla”, fidandosi come al solito ciecamente della propria difesa. Resta da vedere quello che faranno gli avversari, se e come riusciranno a risalire il campo, quanto coraggio avranno nel prendersi responsabilità creative. Allegri è bravissimo a studiare soluzioni differenti partita dopo partita, ma il crescente numero di squadre mediamente buone intenzionate a controllare il gioco (con Montella al Milan, De Boer all’Inter, Sousa alla Fiorentina…) rappresenterà una sfida interessante.
Alfredo Giacobbe
La Juve descritta da Fabio è la Juve che vorrebbero molti tifosi. Credo, invece, che la terza Juventus di Allegri sarà molto più simile alla terza e ultima incarnazione della squadra di Conte: talmente consapevole della propria forza da pretendere di controllare le partite soprattutto senza palla. Una strategia in stile “colpisci e resisti” potrebbe essere confacente ad una squadra che vuole una stagione lunga il più possibile e sa che per averla deve centellinare le forze.
Daniele Manusia
Inserirei una possibile evoluzione della Juventus nel contesto di una più generale evoluzione del campionato. Qualcosa mi dice che il trend stagionale in Serie A potrebbe essere un pressing organizzato da parte di più squadre, una maggiore aggressività, cioè, anche se magari con squadre più lunghe. Ormai è chiaro che se si lascia il controllo alla Juventus, anche se senza palla, si finisce col perdere; e lo stesso vale per le altre squadre come Roma e Napoli che dopo anni passati a scontrarsi con le difese schierate hanno cominciato a farci l’abitudine. Se penso a squadre come il Torino di Mihajlovic, l’Atalanta di Gasperini, la Samp di Giampolo, ma anche al Sassuolo di Di Francesco, sono squadre che possono giocare novanta minuti aggressivi anche contro la Juventus, rischiando magari qualcosa in più ma mettendo in discussione il controllo passivo dello scorso anno. In questo contesto, secondo me, Allegri punterà sul controllo tecnico a cui abbiamo già accennato, mandando a vuoto il pressing e cercando di creare più occasioni. Insomma, anche se i due aspetti non sono direttamente legati tra loro, credo che a una Juve più ricca di talento corrisponderà una Juve più spettacolare.
2. Come pensate che Allegri integrerà i nuovi giocatori la Juventus, tornerà a sperimentare con i moduli?
Emiliano
Allegri si divertirà a cambiare ancora, ne sono certo, già dalle amichevoli si è intuito qualcosa. Di sicuro alternerà continuamente difesa a tre e quattro, con Benatia perfetto pendolo interpretativo di una nuova Juve più dinamica e aggressiva. E poi c’è la posizione di Pjanic, che sembra un trequartista da tesi di Allegri (anche se meno dinamico del suo prototipo ideale, e infatti è stato usato anche da regista): e quindi 4-3-1-2 con Higuain e Dybala davanti, che diventa un 2-1 con la Joya che si abbassa o anche con Pjaca e Dybala a piedi invertiti più larghi per lasciare aria al centravanti argentino. A quel punto anche Dani Alves potrebbe sfruttare un meccanismo imparato a memoria, quello di attaccare lo spazio creato dall’accentramento di una finta ala mancina. Insomma, ci sono tanti esperimenti possibili e credo che Allegri sarà contento di provare, cambiare, adattare.
Fabio
Allegri ha giocato le prime amichevoli della stagione con la difesa a 4, ma il metodo di costruzione della squadra del tecnico livornese, più propenso alla sperimentazione empirica che alla progettazione teorica e successiva implementazione sul campo, rende i primi esperimenti di 4-3-1-2 più una necessità dovuta alle lunghe vacanze post-europee della BBC che una precisa dichiarazione di intenti. Se davvero Pjanic sarà in grado di fare il trequartista (e non è così ovvio) e non ci sarà bisogno di lui più indietro nel campo a causa di infortuni o carenze qualitative a centrocampo o Pjaca, che Allegri vede come giocatore di raccordo tra zona mediana e attacco, fosse già pronto a un impiego se non stabile, almeno continuativo, non sarebbe comunque certo improbabile vedere la Juve con la difesa a 4 e il centrocampo a 3, alternando davanti un fronte 1-2 o 2-1 con Pjaca e Dybala più bassi di Higuain. Sarebbe importante in Europa avere la capacità di mutare modulo di gioco, come fatto nella fortunata Champions League di 2 stagioni fa, quando la Juventus transitava durante la partita dal 4-3-1-2 al 3-5-2 per rispondere alle varie esigenze tattiche proposte dal match. È nelle corde di Allegri, nella possibilità della rosa e costituirebbe un’arma tattica in più nelle sfide di alto livello europeo.
Alfredo
La scommessa più bella da vincere per Max Allegri sarà la trasformazione di Marco Pjaca in una mezzala sinistra di primo livello. Sulla miglior collocazione del ragazzo si sono fatte tante speculazione e la mia è solo l’ennesima. Ma sarei pronto a scommettere che, con la sua ottima conduzione di palla, il gran fisico, la buona tecnica di base e la mobilità intorno al campo, Pjaca rappresenterà in futuro il perfetto Pogba-replacement.
Flavio Fusi
Allegri ha in mano una squadra altamente flessibile e se volesse potrebbe cambiare sistema di gioco e/o strategia di settimana in settimana. Pjanić sarà probabilmente usato come regista almeno fino al rientro di Marchisio e ciò lascia scoperto il ruolo di trequartista in un eventuale 4-3-1-2, ma ciò non toglie che le opzioni a disposizione sono molteplici. Per fare un esempio concreto, nel secondo tempo contro l’Espanyol, Allegri ha testato una Juve a trazione anteriore, schierando Dybala dietro le punte: con Mandzukić ed Higuaín ad impegnare i difensori avversari e partendo qualche metro più indietro rispetto al solito, la Joya ha fatto realmente quello che voleva, tanto che i difensori spagnoli riuscivano a fermarlo solo commettendo fallo. Poco dopo Pjaca ha sostituito il connazionale è si è visto un 4-3-2-1, con il croato centro-sinistra e Dybala centro-destra.
Non dimentichiamoci poi che già la scorsa stagione, partendo dal 3-5-2 , i bianconeri potevano riorganizzarsi in varie formazioni, come ad esempio il 4-3-3, con Cuadrado che avanzava sulla linea degli attaccanti e Barzagli che scivolava terzino, o il 4-4-2 difensivo per avere maggior controllo spaziale del campo in fase difensiva. Pjaca probabilmente non ha ancora la maturità tattica per svolgere un ruolo simile ed è forse questo il motivo per cui Marotta sta cercando di riprendere il colombiano dal Chelsea, ma non è nemmeno detto che uno escluda l’altro. Anche il recupero di Asamoah aumentare ulteriormente la versatilità della rosa. Insomma Allegri ha di che sbizzarrirsi.
3. Senza un magnete come Higuain, Sarri continuerà con il 4-3-3 o proverà nuove soluzioni?
Emiliano
Sarri è un metodico e in questo caso poi il metodo è giusto: non credo si muoverà dal 4-3-3, a meno che non arrivi Saponara o un giocatore tatticamente così evoluto da rendere credibile una modifica duratura. La qualità del lavoro di Sarri è sotto gli occhi di tutti ma la fermezza dei suoi meccanismi tattici ha anche un possibile difetto: l’incapacità di reagire e adattarsi agli accorgimenti degli avversari, o alle caratteristiche dei nuovi giocatori come Milik. Il Napoli, come tutte le squadre, si deve evolvere, e non contare solo sugli strumenti utilizzati nell’anno passato: un certo ristagnamento tattico si era visto anche nel girone di ritorno dello scorso campionato. Con la rosa più ampia (innesti di qualità come Zielinski, Rog e Giaccherini servono eccome), magari Sarri dimostrerà anche più variabilità tattica.
Fabio
La presenza di giocatori quali Insigne, Callejon, Mertens, incatena in qualche modo Sarri al 4-3-3 per l’incapacità dei giocatori citati di giocare nel ruolo di punta in un attacco a due o come trequartisti di un rombo senza abbassare il proprio livello di gioco. L’acquisto di Milik, complica ulteriormente le cose: come Gabbiadini, usa praticamente solamente il piede sinistro e si muove cercando sempre la soluzione più agevole per il proprio piede forte. A naso una possibile coabitazione tra i due in una coppia di attaccanti sembra problematica, insomma. Ad oggi il 4-3-3 è l’abito più adatto e probabilmente l’unico veramente possibile per la rosa di Sarri, almeno in attesa della fine del calcio mercato. Gli acquisti di Zielinski e Giaccherini daranno respiro a un centrocampo che alla fine dello scorso campionato boccheggiava, ma non credo vedremo grossi cambiamenti tattici nel Napoli.
Francesco
È interessante che, in tema di possibili soluzioni tattiche per il Napoli di Sarri, l’unico vero interrogativo riguardi la disposizione del tridente offensivo. Però anch’io non credo che Sarri possa intervenire radicalmente su difesa e centrocampo, non perché non ne avrebbe le capacità, ma perché svaluterebbe il materiale a disposizione: Hamsik e Jorginho possono coesistere solamente in un centrocampo a tre, di conseguenza va da sé che la linea di difesa debba essere a quattro, e che le alternative valide rimangano il 4-3-1-2 o il 4-3-3, con quest’ultimo modulo preferibile per le ragioni spiegate benissimo sopra. Piuttosto, adesso che il Napoli ha davvero tante alternative valide a centrocampo, Sarri potrà sperimentare diversi approcci adattandosi alle caratteristiche dei giocatori schierati (oltre ad Hamsik e Allan, Zielinski, Giaccherini, Rog…).
Flavio
Penso che una cosa non escluda l’altra: Sarri può tranquillamente mantenere il 4-3-3 e provare altre soluzioni con i nuovi giocatori acquistati sul mercato. Non solo ora ci sono giocatori in grado di essere all’altezza dei “titolarissimi” (e perché no, una volta inseriti, anche di spodestarli), ma anche di offrire variazioni sul tema del 4-3-3 azzurro che, pur essendo tra i sistemi di gioco più interessanti d’Europa, aveva dimostrato alcuni punti deboli. Penso alle difficoltà palesate contro le marcature a uomo, specie a centrocampo: due giocatori come Zielinski e Rog, capaci di vincere i propri duelli individuali, potrebbero rivelarsi preziosissimi per creare scompiglio negli schieramenti avversari.
Daniele
Non sarei così sicuro che Sarri insista sul tridente puro. Come dice Flavio, giocatori nuovi significano anche soluzioni alternative che rendano il 4-3-3 più fluido. In particolare secondo me deve trovare il modo di recuperare le giocate delle due punte che allenava benissimo all’Empoli, magari accentrando uno degli esterni (alternati, uno alla volta vicino alla punta, o in maniera asimmetrica con uno dei due costantemente più vicino alla punta). Soprattutto perché secondo me Milik guadagna a giocare con un compagno vicino, ad alternarsi nel lavoro con il resto della squadra. Anche l’eventuale ritorno al trequartista non è da escludere. È vero che Sarri alla fine della scorsa stagione si è irrigidito diventando prevedibile (e personalmente credo che avrebbe potuto gestire molto meglio la parte finale della corsa) ma è vero anche che all’inizio dell’anno ha avuto la flessibilità di riunciare al 4-3-1-2.
4. Il calciomercato della Roma non sta chiarendo il progetto tattico di Spalletti, che idea vi siete fatti?
Emiliano
In questo momento la Roma è una strana via di mezzo, e forse il progetto tattico è bloccato perché tutto è bloccato in attesa dei preliminari di Champions League, un passaggio talmente importante che in passato molte squadre del nostro campionato sono crollate dopo essere state bocciate. Ancora non si è capito se, dopo la partenza di Pjanic, Spalletti voglia abbracciare l’idea del gegenpressing come miglior playmaker (non sembra), oppure voglia provare a sostituirlo con un miglioramento di alcuni strumenti del gioco di posizione (e quindi la voglia matta di cercare centrali forti nell’inizio azione). Forse sta semplicemente mescolando diversi ingredienti per ottenere una squadra più forte fisicamente, più aggressiva e capace di dominare l’avversario: ma dopo l’addio di Pjanic rimane un problema di riduzione della qualità tecnica complessiva della rosa, che in caso di cessione di Paredes sarebbe ancor più evidente, tanto da far pensare appunto a una strategia spallettiana. L'acquisto di Bruno Peres serve per diversificare ancora le opzioni di gioco della Roma, lavorare a un futuro passaggio al 3-4-2-1, usare l'intensità di Florenzi in zone più alte del campo, e quindi l'idea potrebbe essere davvero quella di una squadra in grado di adottare registri di gioco anche molto diversi.
Fabio
Credo che, oltre che bloccato dall’esito dei preliminari di Champions League, il mercato della Roma sia fortemente condizionato dalle limitate risorse economiche a disposizione che hanno dirottato tutti gli sforzi verso la difesa, il reparto che più aveva bisogno di essere integrato e rinforzato. Gli infortuni di Rüdiger e specialmente quello a mercato in corso di Mario Rui, hanno ulteriormente complicato le cose. Strootman sostituisce numericamente Pjanic in mezzo al campo e di certo è un giocatore più spallettiano del bosniaco per la sua verticalità e la sua occupazione del campo. Davanti la scommessa è il recupero di Dzeko, ma non mi sorprenderei di vedere ancora Perotti partire al centro dell’attacco. È necessario attendere la sfida con il Porto e vedere come la dirigenza reagirà al risultato del doppio confronto per avere chiare le ambizioni e la direzione tattica che prenderà la Roma.
Flavio
Nelle ultime stagioni, il mantra “prima entriamo in Champions, poi investiamo” ha accompagnato i preliminari europei delle squadre italiane, quindi è molto probabile che capiremo qualcosa di più sul progetto Roma una volta saputo l’esito del play-off con il Porto, che potrebbe alzare il livello tecnico della rosa o costringere la dirigenza a fare qualche sacrificio. Questo non vuol dire che Sabatini non abbia fatto mercato, anzi, pur con risorse limitate, c’è da dire che buona parte delle falle della rosa sono state coperte. Il problema è che i nuovi arrivati hanno ruoli più o meno speculari a quello dei giocatori da sostituire, ma hanno caratteristiche diverse, tali da non garantire un’esatta continuità tattica rispetto alla stagione precedente. Ecco perché ci vorrà ancora un po’ di tempo per capire a fondo il progetto Roma.
Daniele
Ho l’impressione che il mercato della Roma sia un compromesso tra quello che Sabatini voleva fare e quello che andava fatto anche per risanare un po’ i conti. Magari verrò smentito, ma credo che siano stati presi un po’ di giocatori non adatti a una lotta di primissimo livello, in Italia e tanto meno in Europa, tipo Fazio e Juan Jesus. Ma anche le incognite Vermaelen e Alisson, come l’all-in su un giocatore come Gerson che prima dell’estate sembrava non potesse proprio far parte della squadra, secondo me non sono in linea con un progetto tattico o tecnico di medio-lungo periodo, quanto piuttosto delle mosse magari anche intelligenti ma comunque basate su esigenze molto temporanee. E non parlo neanche delle condizioni contrattuali, tutti quei prestiti con diritto di riscatto che sanno tanto di occasione colta all’ultimo secondo, di smoking in affitto per la festa dei diciotto anni di un compagno di classe. Poi c’è la scommessa su Dzeko, che a mio avviso non ha semplicemente senso. Anche recuperandolo psicologicamente credo che difficilmente può diventare qualcosa di più di un riferimento che tenga bassa la difesa avversaria…
All’interno di questo discorso c’è l’acquisto di Bruno Peres, che potrebbe cambiare molto tatticamente, aggiungendo di fatto un playmaker esterno (se Peres utilizzerà la sua tecnica non solo per partire sgommando sulla fascia) che tolga un po’ di responsabilità a De Rossi, che credo possa garantire di più come schermo, anche nel recupero alto, che in impostazione. E il ritorno di Strootman, che come secondo pivote vicino a De Rossi funziona meglio che da mezzala (per via del dinamismo ridotto rispetto allo Strootman pre-infortuni). A fare da tramite tra i due blocchi, difensivo e offensivo, ci dovrebbe essere Nainggolan, che come dinamismo e tecnica di base sono anche d’accordo, ma dalla trequarti in su molto meno (anche se qualche gol lo farà). Non so se è questa la Roma che Spalletti aveva in mente, ma credo che sarà questa la Roma migliore possibile che vedremo.
5. Cosa aggiunge De Boer al discorso tattico della Serie A?
Emiliano
La Serie A guadagna un nuovo sistema di gioco, un nuovo metodo, un calcio proattivo e non reattivo. L’Inter si assicura un progetto di lunga durata, con la necessità di crederci in modo incondizionato: il primo anno in Italia può essere difficilissimo per un allenatore senza esperienza nei 5 grandi campionati europei. Si spera di osservare anche una diversa cultura del lavoro, con l’integrazione continua di giovani del vivaio, una mentalità più aperta verso l’errore: ma i nostri giovani escono male dalla Primavera e De Boer non potrà fare miracoli.
Daniele
Concordo con Emiliano: spero soprattutto di vedere un allenatore che non avrà paura a lanciare giovani anche in ruoli fondamentali e in momenti delicati della stagione. Tatticamente si inscrive bene in un contesto non troppo intenso, ma dovrà stare attento a non diventare prevedibile. In questo la Serie A è molto crudele, se un allenatore non aggiusta il proprio gioco, gli avversari gli prendono le misure e gli fanno un bel cappottino per l’inverno...
Fabio
Il basso livello attuale del campionato olandese, fa sì che la Eredivisie non sia un test probante per un allenatore. De Boer ha vinto tanto in patria (ma lo scudetto perso all’ultima giornata la passata stagione grida vendetta…), ma in Europa ha fatto male. È difficile immaginare il contributo che potrà fornire all’Inter e alla serie A in generale partendo da queste basi.
Francesco
Le difficoltà di ambientamento in un campionato nuovo riguardano tanti fattori, dalla preparazione atletica alla gestione della comunicazione, fino allo studio degli avversari, ma se un allenatore è bravo le idee possono emergere fin dalla prima giornata, così come è stato per Paulo Sousa l’anno scorso. Il punto è proprio questo: De Boer è bravo? Il campionato olandese l’ha un po’ nascosto, l’augurio è che almeno sia intelligente nel pianificare il lavoro, che è molto, mentre il tempo è poco.
Flavio
Io credo che, nonostante il movimento olandese non stia vivendo il miglior momento della sua storia, De Boer possa portare concetti di un calcio diverso, favorendo un’integrazione di diverse culture calcistiche che è fondamentale per mantenere la competitività a livello internazionale. Pensiamo alla Premier che, rimasta per troppo tempo legata a principi obsoleti, ha subito un’involuzione tattica tale da dovervi porre rimedio con l’arrivo in massa dei migliori allenatori stranieri.
6. L’Inter parte davvero davanti a Roma e Napoli come qualcuno dice?
Emiliano
C’è qualcuno che lo dice? Per me ancora non è così, anche se Banega è nella top 3 degli acquisti della Serie A, Joao Mario sarebbe un grandissimo acquisto e Candreva è un buon colpo. Da lontano, però, la situazione è questa: l’Inter ha un nuovo allenatore dal 9 agosto, con idee decisamente diverse da quelle del precedente e con il precampionato ormai andato; la squadra non viene da anni di un sistema rodato ma dal magma indistinto (e un po’ casuale) di soluzioni tattiche manciniane; la rosa ha ancora diverse lacune e non sappiamo se ci saranno delle cessioni eccellenti. De Boer è bravo ma parte indietro rispetto alle prime tre dell’anno passato (almeno da quello che si vede ora): c’è tanto lavoro per l’allenatore olandese e questa prima stagione dovrebbe essere di semina. Spero non gli chiedano subito il raccolto.
Daniele
Io penso che potrei anche dirlo… nel senso che ho visto un po’ le amichevoli estive e mi sembra una squadra che inizia a conoscersi molto bene, in cui giocatori come Kondogbia e Perisic sono sempre più a proprio agio, e che con un allenatore nuovo che porti un po’ di calma razionalità in campo e nello spogliatoio può fare molto meglio di quanto abbiamo visto fin qui. A mio avviso è fondamentale che non perda Brozovic e che trovi la giusta collocazione per Banega (mezzala più alta rispetto a Kondogbia, con Medel a fare da ago della bilancia?) e che ritrovi una solidità difensiva nuova, che non si basi solo sulle capacità di Miranda-Murillo. Se l’Inter giocasse finalmente da squadra, come Roma e Napoli, perché no, secondo me sarebbe alla loro altezza. Il mercato può ancora cambiare molto (Joao Mario si inserirebbe alla grande secondo me, perché anche lui è un giocatore fisicamente dominante, oltre che tecnicamente; perdere qualche pezzo importante invece sarebbe un peccato) ma credo che negli 11-13 giocatori titolari a disposizione sia in effetti competitiva (nota bene: lo scorso anno, anche quando a inizio stagione raccoglieva punti, ero rimasto scettico, lo specifico per dire che non faccio il solito discorso sull’Inter che ad agosto è sempre da primi posti: quest’anno mi sembra davvero migliore).
Fabio
De Boer sembra volere puntare sul 4-2-3-1 e un fronte d’attacco composto da Candreva, Banega, Perisic alle spalle di Icardi è certamente di ottimo livello. Non dimenticando, se dovesse rimanere, Brozovic che può giocare in tutti i ruoli del centrocampo. La rosa andrebbe integrata da un centrocampista d’ordine, a meno che De Boer non pensi di usare nel ruolo Banega e probabilmente da un altro difensore di livello. Forse il valore dei calciatori (in attesa della fine del calcio mercato) è al livello di Roma e Napoli, ma l’Inter, come dice Emiliano, viene da anni disastrosi tatticamente, in cui Mancini non ha costruito proprio nulla, accumulando giocatori su giocatori e arriverà al campionato dopo solo 12 giorni di lavoro con De Boer, allenatore tutto da scoprire nel’impatto con il campionato italiano e le sue pressioni e tensioni. Quindi no, il livello di partenza dell’Inter è più basso di quello di Roma e Napoli e servirà tanto lavoro per far emergere il potenziale della rosa nerazzura.
Francesco
Se davvero si concretizzerà l’infinita trattativa per Joao Mario, il valore della rosa sarà necessariamente più basso di quello attuale, perché una campagna acquisti di queste dimensioni non sarebbe sostenibile in nessun modo. Proprio Brozovic, che sarebbe bello vedere agli ordini di De Boer, mi pare il maggior indiziato a partire entro la fine di agosto. E probabilmente sarà comunque necessaria un’ulteriore cessione. Insomma, è vero che l’undici titolare può competere sulla carta con quello di Napoli e Roma, ma poi manca tutto il resto, dalla panchina profonda fino alle certezze tattiche.
7. Vi aspettate una Fiorentina bella come quella dell’inizio dello scorso anno o in difficoltà come a fine stagione?
Emiliano
La Fiorentina è il vero grande enigma della nuova stagione per una serie di motivi. Paulo Sousa non era apparso particolarmente contento del mercato invernale, e anche in questa sessione non ci sono grandi colpi all’orizzonte (ma Carlos Sanchez è un bel volante central). A fine stagione sembrava che il portoghese potesse andare allo Zenit, poi non se n’è fatto niente, ma c’è da capire se quella della Fiorentina è una ripartenza convinta o una stanca convenienza. Sousa non sembra sprizzare entusiasmo, e la squadra viene da una seconda parte di stagione davvero stagnante, a livello fisico e tattico (una copia incredibile della stagione di Sousa allo Swansea). Insomma: come e perché dovrebbe migliorare la Fiorentina? Per la solidità dei suoi principi tattici, per la bellezza e funzionalità del suo sistema, certo: la continuità è sempre un valore aggiunto. La Serie A, però, è il campionato più esigente ed estenuante tatticamente: basta un attimo per ritrovarsi incapaci persino di servire il proprio centravanti, e di tenere il pallone senza disordinare l’avversario.
Fabio
La passata stagione, a un girone di andata entusiasmante per risultati e livello di calcio espresso, ha fatto seguito un finale di stagione in cui se i risultati non sono del tutto precipitati, la qualità del gioco della squadra di Paulo Sousa è scesa in maniera evidente. Un punto di svolta, almeno temporale, può essere identificato con la fase del mercato di gennaio, in cui il tecnico viola si era lamentato in maniera non troppo nascosta dei mancati rinforzi. Da lì in poi, la delusione di Sousa e i continui dubbi su una sua permanenza a Firenze sembrarono aver tolto il propellente necessario alla squadra per continuare ad esprimere il calcio brillante, rischioso ed originale espresso fino a quel momento.
In questo inizio di stagione Paulo Sousa non pare particolarmente eccitato dal suo secondo anno in viola e i risultati delle amichevoli precampionato, così diversi da quelli clamorosi dell’anno passato, sembrano confermare l’idea di una Fiorentina ancora in difficoltà. La rosa d’altronde è corta e dipendente dai suoi giocatori migliori. Ad esempio, l’anno scorso l’infortunio di Badelj o il calo di rendimento di Kalinic hanno fortemente influenzato in negativo le prestazioni della squadra. Il roster non sembra essere migliorato né quantitativamente, né qualitativamente, e bisogna attendere la fine del calcio mercato per vedere se oltretutto ci sarà una cessione eccellente. Sono d’accordo con Emiliano: perché la Fiorentina dovrebbe essere migliorata?
Daniele
È vero che il malumore di Sousa, così come il mercato conservativo di quest’estate, non sono segni positivi, ma è vero anche che alla fine Sousa è rimasto e la Fiorentina è quella dello scorso anno con qualche innesto interessante. Carlos Sanchez ma anche Giuseppe Rossi che con la sua tendenza ad abbassarsi tra le linee può sfruttare alla perfezione i movimenti in profondità di Kalinic e fare da centrocampista aggiunto per il possesso viola. Ho visto la partita con il Valencia e a fronte degli stessi problemi dello scorso anno in transizione negativa, non appena viene saltato il primo pressing, e di una difesa posizionale fragile come un picnic in spiaggia in un giorno di vento, credo che vedremo una proposta di gioco simile ma con meccanismi più oliati per far risalire il pallone. E quindi una squadra potenzialmente migliore e ancora più divertente da vedere. Non chiedo molto di più a Paulo Sousa, e non so se sarebbe giusto farlo, francamente.
8. Montella ha una rosa adatta teoricamente alle sue idee di calcio?
Emiliano
No, questo Milan è ancora sotto il livello tecnico richiesto dal sistema di gioco di Montella: serve un difensore centrale abile nell’impostazione, un regista in grado di gestire i ritmi della squadra e di vedere tutte le linee di passaggio, e qualcosa anche tra le linee, per rendere il giropalla efficace e aumentare la pericolosità offensiva. Senza questi tre giocatori può essere in ogni caso una buona squadra, ma difficilmente in grado di superare i limiti della scorsa stagione.
Fabio
Il problema è ancora a monte: l’attuale rosa del Milan è inadatta a competere con serie possibilità di successo per un posto in Europa League e per sostenere quel minimo di ambizione che la storia di un club come il Milan comunque impone. Poi, sono totalmente d’accordo con Emiliano anche nelle motivazioni, nello specifico non è una rosa con cui Montella potrebbe implementare facilmente il suo tipo di calcio.
Alfredo
Montella non aveva una rosa adatta alle sue idee neanche alla Samp. Eppure ha accettato l’incarico. Eppure non ha gettato la spugna nonostante l’altalena dei risultati e la burrasca del mercato invernale. Eppure, nonostante tutto, ha tenuto la Samp fuori dalle secche della retrocessione. Montella non è certo un allenatore di campo, è un allenatore di principi calcistici, che sa però all’occorrenza mediare, adattare alle circostanze. Confido che riesca a trovare la quadra anche in questo Milan.
Flavio
Parlando delle ultime stagioni del Milan, si è spesso identificato la causa delle difficoltà dei rossoneri nell’inesperienza degli allenatori che si sono susseguiti sulla panchina del Diavolo. Come dimostra il caso Mihajlović, arrivato al Milan con un buon bagaglio di esperienza nel nostro campionato, e come hanno scritto Emiliano e Francesco, il problema del Milan è ed è stato la rosa, inadeguata agli obiettivi preposti nelle passate stagioni. Il continuo cambio di guida tecnica ha gravato sulle finanze del club, sia per il fatto di dover pagare (profumatamente) allenatori esonerati, che per lo spreco di denari in giocatori comprati per un tecnico che poi non facevano al caso del successore. Penso che il Milan debba assecondare le richieste del proprio allenatore, oppure armarsi di pazienza e vivere un altra stagione di transizione, che non dovrà in alcun modo finire con un altro esonero. Purtroppo l’attuale situazione di instabilità all’interno del club complica ulteriormente l’instaurazione di un progetto tecnico-tattico ambizioso come quello che avrebbe dovuto seguire l’ingaggio di Montella.
9. Come vedete il passaggio del Genoa da Gasperini a Juric?
Fabio
Molto bene. Juric è un allievo di Gasperini, conosce benissimo l'ambiente e ha dimostrato a Crotone di essere un ottimo allenatore. Va quindi in un posto di cui conosce pregi e difetti, ad allenare una rosa che padroneggia i principi tattici di base del calcio che il nuovo tecnico vorrà giocare, portando in più l'entusiasmo di un debuttante e rinnovando la gestione di Gasperini che pareva un po' stanca. Il 3-4-3 aggressivo di Juric potrebbe essere una delle cose più interessanti della stagione.
Francesco
Tutto quello che circonda il Genoa, dirigenza a parte, mi sembra molto esaltante. Juric si è confermato un allenatore molto intelligente, cucendo le caratteristiche del tridente offensivo Ocampos-Pavoletti-Pandev sulle caratteristiche dei suoi interpreti, delegando al macedone un ruolo quasi da trequartista e all’argentino il compito di spezzare le partite. E in attacco si aggiungeranno Giovanni Simeone e tutti i “sophomore” in cerca di conferma (Lazovic, Ntcham, Gakpé). La transizione dai principi di Gasperini a quelli di Juric sarà morbida, e questo non potrà che accelerare il percorso di crescita.
Daniele
Juric fan di havy metal con Pavoletti centravanti? Seriamente, credo che un passaggio di consegne altrettanto naturale di questo sia difficile da immaginare (oddio, forse Conte-Ventura in Nazionale). Perfetto anche per lanciare, o rilanciare, i giovani interessanti come Ntcham e Ocampos… secondo me il Genoa sarà senza dubbio una delle squadre più interessanti da seguire. PS: Io lo scorso anno avrei scommesso tutto su una buona stagione di Pandev, magari sarà questa.
10. Simone Inzaghi riuscirà a sorprendere positivamente i tanti scettici?
Daniele
Se gli scettici pensano che Inzaghi manderà in campo undici giocatori a caso, sì, la sorpresa sarà grande. Certo il contesto di lavoro è difficile, soprattutto dal punto di vista psicologico, è difficile lavorare con giocatori demotivati o in aperto conflitto con la società. Ed è un peccato perché la Lazio secondo me ha un’ottima squadra e quasi tutti i ruoli coperti da 2 giocatori di livello. Il ritorno di De Vrij, l’arrivo di Leitner e Immobile secondo me rafforzano non poco il roster, con alcune alternative valide come Lukaku e Wallace che possono garantire un ricambio migliore rispetto a quello degli scorsi anni. Anche gli altri nomi che si fanno sulla Lazio sono interessanti, ma molto dipenderà dai giocatori che devono prendersi responsabilità individuali, tipo Felipe Anderson, Milinkovic-Savic, Parolo, Biglia, Keita (ammesso che resti) e Kishna. Simone Inzaghi, per strano che possa sembrare dopo la storia di Bielsa, è una delle poche certezze su cui possono contare i tifosi della Lazio.
Fabio
Nelle 7 partite in cui ha allenato la scorsa stagione Simone Inzaghi ha fatto abbastanza bene, mostrando sin dall’inizio la voglia, parzialmente soddisfatta, di incidere anche in maniera profonda sull’identità tattica della propria squadra. È sembrato un allenatore dalle idee chiare e deciso a seguirle. Ma sette partite di fine stagione non stabiliscono il peso effettivo di un allenatore; Inzaghi si gioca quasi tutto quest’anno e date le promettenti premesse della passata stagione c’è curiosità per vedere all’opera il suo 4-3-3.
Francesco
Anche quest’anno il calciomercato della Lazio non è che abbia proprio scaldato gli animi dei tifosi, ma neanche dei semplici appassionati. Sarebbe disonesto chiedere a Simone Inzaghi un piazzamento europeo e giudicarlo su questa base, la mia speranza è che la sua proposta di gioco si dimostri il più possibile coerente con le caratteristiche dei titolari, una qualità che ha effettivamente mostrato in quelle sette partite, e che gli è valsa la riconferma (mettendo un attimo da parte il caos-Bielsa). Bisogna tirar fuori il meglio dal potenziale di Milinkovic-Savic e Kishna, bisogna rilanciare le carriere naufragate di Ravel Morrison e Leitner, e soprattutto ridare credibilità ad una linea difensiva che negli ultimi anni è stata fonte di grande imbarazzo. Che lo si valuti sulla base di questi obiettivi.
11. Quale neopromossa vi piace di più?
Emiliano
Per mercato direi il Cagliari: giocatori di grande esperienza come Bruno Alves, Padoin e Borriello, un Isla da rilanciare (e niente di meglio di provarci in un’isola, appunto, nomen omen), e un giovane da provare come Vasco Oliveira. Come proposta di gioco non mi entusiasma, preferisco di gran lunga il Pescara di Oddo, a cui manca ancora qualcosa, ma non tantissimo (intanto ha preso uno dei migliori portieri del campionato, Bizzarri).
Fabio
Sono curioso di vedere il Pescara di Oddo in Serie A. Al piano di sotto ha mostrato spesso un calcio brillante e propositivo, non strettamente legato a un modulo e sempre alla ricerca del risultato attraverso l’imposizione del proprio gioco. Di contro però il cammino degli abruzzesi non è stato immune da pause e cali di tensione ed in Serie A difficilmente il Pescara avrebbe modo di recuperare il tempo perduto. Penso che Oddo non abbandonerà i propri principi e anche nel massimo campionato vedremo sprazzi di calcio brillante: più ampi e continui saranno questi sprazzi, maggiori saranno le la possibilità di salvezza del Pescara.
Il Crotone è un’incognita e mi pare poco attrezzato per il campionato, mentre l’investimento del Cagliari per giocatori dal passato glorioso e dal presente incerto, mi pare un azzardo che il presidente Giulini potrebbe pagare a caro prezzo.
Alfredo
Il Cagliari dei vecchi mestieranti per il momento vince la salvezza d’agosto e, oltre a quelli citati, credo che Joao Pedro abbia talento a sufficienza per fare la differenza nelle zone basse della classifica. Il Crotone ha dalla sua una dirigenza illuminata che ha pescato bene dalle squadre primavera della Serie A per anni. La speranza è che, come loro, anche Nicola si riveli all’altezza della categoria, memore della sua unica precedente esperienza, quella disastrosa a Livorno nel campionato 2013/14.
Flavio
Direi il Pescara, soprattutto se avrà la forza di non snaturarsi e cercare di imporre il proprio calcio anche in Serie A. Insieme al Crotone, che però ha cambiato guida tecnica, gli abruzzesi sono stati la squadra più interessante della scorsa edizione della Serie B, un po’ come fu l’Empoli di Sarri, la cui prima stagione in A dovrebbe essere d’esempio alla squadra di Oddo.
12. Il Sassuolo secondo voi ha le potenzialità per inserirsi di nuovo nella lotta all’Europa?
Emiliano
Il Sassuolo ha tutte le potenzialità per farcela, ma ci sono anche alcuni fattori negativi da tenere in considerazione. La squadra ha bisogno di rinforzarsi dopo la cessione di due cardini come Vrsaljko e Sansone; in caso di qualificazione ai gironi di Europa League, servirà anche aumentare l’ampiezza della rosa, e vedere poi come Di Francesco riuscirà a gestire un impegno che assorbe moltissime energie. Il Sassuolo è giustamente salito di un livello nella scala del calcio, ma oltre agli onori aumentano anche le difficoltà: deve sperare di nuovo in una serie di debacle delle squadre più attrezzate e stavolta stare attento anche a mantenere la rotta del proprio campionato.
Fabio
Il Sassuolo dovrà fare i conti con una serie di ostacoli che incontrerà nella riconferma delle posizioni dell’anno passato. Innanzitutto la stagione è cominciata prestissimo a causa della partecipazione alle qualificazioni alla fase a gironi di Europa League e in genere un inizio così prematuro presenta in qualche maniera il conto indipendentemente dal successo del proprio cammino estivo. Alla squadra di Di Francesco servivano un centravanti e un’integrazione della rosa in ogni reparto, ma ad oggi la campagna acquisti non appare entusiasmante e Matri non è proprio il profilo di attaccante ideale per il Sassuolo. In aggiunta la stessa società ha ammesso che la cessione di Sansone al Villareal non era nei suoi piani e così gli attaccanti da cercare sono due e la ricerca del sostituto dell’esterno sinistro comincia solo adesso. Ancora, l’Europa League, in caso di qualificazione, tende a logorare le squadre meno attrezzate in termine di abitudine alla partecipazione contemporanea a più competizioni. Insomma bisogna osservare con attenzione la fine della campagna acquisti, ma, in ogni caso, dovrà essere molto bravo Eusebio Di Francesco a gestire un anno molto più complesso di quello passato.
Flavio
Il Sassuolo è una delle più belle realtà del nostro campionato, chiamata quest’anno a dimostrare di aver fatto un definitivo salto di qualità nelle gerarchie del calcio italiano. La squadra è ormai consolidata dal punto di vista tattico e senza acquisti di rilievo (a meno che non seguano all’eventuale qualificazione nel tabellone di EL) è chiaro che si cercherà di puntare sulla maturazione dei tanti giovani a disposizione di Di Francesco: penso al discontinuo Berardi, ma anche a Duncan e Politano, che senza Sansone troverà sicuramente più spazio. In questo senso, anche gli arrivi di giocatori come Sensi e Lirola ben si integrano con il progetto del presidente Squinzi. Certo, non è facile conciliare le due competizioni se non si è abituati, ma se nella prossima stagione i neroverdi fallissero la qualificazione all’Europa non sarebbe certo un bagno di sangue. Comunque vada sarà una stagione importantissima per il club, che potrà farsi conoscere in Europa e iniziare a calcare palcoscenici internazionali.
Daniele
Vorrei aggiungere una postilla sulle squadre che secondo me diventeranno concorrenti del Sassuolo per l’Europa e di cui non abbiamo ancora parlato. Va considerata la competizione di squadre come il Torino, con Mihajlovic che almeno a giudicare dalle amichevoli estive ha già dato un’identità forte di gioco e sembra avere una squadra persino migliore di quella che aveva al Milan per le sue idee. Anche la Lazio secondo me farà un’annata migliore di quella passata, e vanno considerate anche Milan, Atalanta, Sampdoria e Genoa. Poi, certo, a parlare prima si rischia sempre di sbagliare, e magari sarà una stagione in cui le squadre di media classifica gareggeranno a perdere punti senza senso, ma ad oggi credo che la competitività si sia alzata e che se il Sassuolo non farà un nuovo salto in avanti ci sarà la fila per prendere il suo posto.
13. A Gasperini servirà tempo per creare il proprio sistema all’Atalanta o vi aspettate meccanismi precisi sin da subito?
Fabio
Più che altro dovrà dimostrare di riuscire a riprodurre il suo calcio e i suoi successi fuori da Genova e dal Genoa. Fino ad adesso le esperienze con l’Inter e a Palermo sono state fallimentari ed è bello immaginare che uno dei più originali allenatori italiani possa esprimersi bene anche al di fuori del Genoa, che nonostante i continui stravolgimenti di rosa operati dalla società ad ogni sessione di mercato, è stata fino ad adesso l’unica comfort zone di Gasperini.
Francesco
La campagna acquisti dell’Atalanta ne ha sfibrato il centrocampo (via De Roon, via Cigarini), ma ha restituito altri uomini cruciali in altre zone del campo, in pieno stile Gasperini. È arrivato Zukanovic, il giocatore ideale per mantenere elasticità tra la difesa a tre e la difesa a quattro, è arrivato Paloschi, classico numero nove all’italiana che si inserirà nella scia dei Borriello e dei Pavoletti fioriti sotto il Gasp, e i giocatori più forti si concentrano sulle fasce, presidiate dal Papu Gómez e da Marco d’Alessandro, compagni in campo e nel canto. Ho fiducia soprattutto perché a Milano e a Palermo, Gasperini ha faticato molto a imporsi sulle ostilità ambientali e sulle rose non perfettamente funzionali, dimostrando evidenti limiti di personalità al netto della riconosciuta maestria tattica. A Bergamo non dovrebbe verificarsi nulla di tutto questo.
Alfredo
Poco male per le partenze in mezzo al campo, perché il Gasp ha sempre fatto della fluidità sulle catene laterali la sua forza. E sugli esterni la sua Atalanta ha il giocatore più forte in rosa (Gomez), un onesto mestierante della fascia (Dramé), ottimi innesti dal mercato (Zukanovic e Cabezas). Il centrocampista centrale ideale di Gasperini si fa notare più per le qualità senza palla: grande energia, forza nell’interdizione, capacità d’inserimento senza palla. In quest’ottica attendo la definitiva esplosione di Jasmin Kurtic… sarebbe ora!
Flavio
Negli ultimi anni il Genoa è stato smontato e rimontato davanti ai suoi occhi ad ogni sessione di mercato, ma in qualche modo Gasperini è sempre riuscito a imporre il proprio calcio. Certo a volte ci ha messo più tempo, altre meno, ma penso che Gasp sia un allenatore maturo, in grado di insegnare calcio anche lontano da Pegli. L’Atalanta ha di per sé una rosa che ben si adatta al “suo” sistema di gioco, il 3-4-3, e Gasperini mi sembra l’uomo giusto anche per valorizzare i talenti prodotti dal vivaio della Dea: penso a D’Alessandro e a Conti, ma anche al 19enne ivoriano Kessié, vera e propria rivelazione dell’estate, che probabilmente vedremo in mediana già alla prima giornata.
14. Giampaolo ad Empoli aveva ripreso con mestiere il lavoro fatto da Sarri, alla Samp farà qualcosa di nuovo o proseguirà col 4-3-1-2?
Fabio
L’anno scorso, nella fase centrale della stagione, dopo un’iniziale fase di apprendimento e prima di un certo appagamento finale imputabile probabilmente alla salvezza raggiunta con ampio anticipo, l’Empoli di Giampaolo ha mostrato un calcio spettacolare ed efficace, basato in eguale misura sulla tecnica dei propri calciatori e sui principi di gioco allenati dal tecnico. Un giusto premio per un allenatore da sempre considerato nell'ambiente uno dei più bravi e preparati, ma che sembrava nella fase ampiamente discendente della propria carriera. A Genova sta lavorando sul 4-3-1-2 con Ricky Alvarez come trequartista, ma Giampaolo, seppur fedelissimo ai propri principi, non è necessariamente legato a un modulo di gioco: se non dovesse funzionare sarebbe pronto a cambiare e a cercare nuove soluzioni per la propria squadra.
Francesco
Anche la Samp quest’anno mi sembra costruita in maniera molto intelligente, tanta tecnica individuale in ogni reparto e tanti tanti giovani di grande prospettiva che possono ripetere il salto in una grande dei vari Paredes, Mario Rui, Zielinski, Tonelli (vedi Torreira, Linetty, Bruno Fernandes, Schick, forse Praet). Giampaolo fin dalle prime amichevoli ha dato a tutti un senso tattico e grande fiducia, e in questo sicuramente è bravissimo, tant’è che ci ricordiamo del suo Empoli soprattutto per la naturalezza e la sicurezza con cui i giocatori rischiavano giocate generalmente poco prudenti.
Flavio
L’intelligenza di Giampaolo aveva fatto sì che dopo i primi traballanti esperimenti estivi, il tecnico si appoggiasse al 4-3-1-2, modulo dell’Empoli di Sarri, rinunciando al 3-5-2 impiegato anche a Cremona. La Samp sembra costruita per il rombo, ma ci sono talmente tanti giocatori a disposizione che non è detto che sperimenti soluzioni diverse. Sinceramente non vedo l’ora di vedere come Giampaolo gestirà i giocatori a sua disposizione ed in particolare, sono curioso di vedere Bruno Fernandes sotto la sua guida. In B a Novara, era una mezzala devastante, chissà che con il nuovo tecnico blucerchiato non riesca finalmente ad imporsi anche in Serie A.
Daniele
Nell’amichevole con il Barcellona si è vista una Samp con un 4-3-1-2 a difesa del campo centrale, già molto coordinato e con una buona proposta in fase di possesso. Indipendentemente da uomini e modulo spero che Giampaolo porterà a Genova la stessa ambizione tattica dell’Empoli dello scorso anno. Dopodiché ognuno scelga il suo giocatore preferito, io per il secondo anno di seguito prendo Muriel, aggiungo Bruno Fernandes e Cigarini che sarà stranissimo vedere nella stessa squadra, e punto un paio di fiches anche su Schick (ma mi dispiace molto aver salutato Fernando…).
15. Sarri, Spalletti, De Boer, Montella, Paulo Sousa: quasi tutte le migliori squadre hanno un tecnico con idee di calcio piuttosto offensive. Il mito di una Serie A “catenacciara” può essere definitivamente smentito o ci sarà comunque una maggiore attenzione alle fasi difensive?
Emiliano
Quello della Serie A catenacciara rimane un mito necessario alla facile catalogazione: la Serie A è probabilmente il campionato più “reattivo” tra i 5 grandi europei, e per questo anche il più sofisticato tatticamente, da un certo punto di vista. Finalmente aumenta la proposta di gioco offensiva, è vero, ma direi soprattutto che aumenta la proposta creativa, con squadre che vogliono imporre la loro visione del mondo e non adattarsi a quella del rivale. La riduzione del tasso di speculazione del nostro campionato, oltre all’arrivo di nuove visioni del calcio, aliene a quelle classiche italiane, è un bel segno: oltre alle grandi squadre, ci sono anche Gasperini, Donadoni, Oddo, Martusciello, Juric, Giampaolo, Di Francesco pronti a giocarsi un campionato credendo in idee e sistemi di calcio ben definiti. Un calcio in cui conta affermare il proprio stile di gioco, piuttosto che bloccare quello dell’avversario, è anche una significativa garanzia di spettacolarità: I want to believe.
Daniele V. Morrone
Mi accodo alla chiusura di Emiliano perché anche per me la cosa che aiuta di più a pensare ad una Serie A non più basata principalmente a visioni reattive del calcio non siano tanto le squadre più quotate, quanto quelle medie e piccole, che per la maggior parte quest’anno proporranno un calcio proattivo. Penso a Pescara, Genoa, Atalanta, Sampdoria, Crotone, Bologna e Empoli. Non ricordo un’annata in cui si contano sulle dita di una mano le squadre speculative rispetto ad una schiacciante maggioranza in senso opposto. La cosa migliore poi è che non esiste un modo solo di essere proattivo e questo significa che avremo squadre di possesso e squadre di transizione, squadre più rigide tatticamente e squadre più creative. Insomma diversità tattica, sempre all’interno di un discorso propositivo. Pur rimanendo fermamente convinto della necessità di tornare almeno alle 18 squadre, per la prima volta sono veramente contento di avere tante squadre in Serie A.
Fabio
Insieme alla Liga, la Serie A è il campionato di gran lunga più interessante tra i top 5 europei, in attesa della nuova Premier League e dei suoi nuovi allenatori. Presenta una gran varietà di moduli di gioco, interpretazioni e principi tattici. È vero che storicamente è stato un campionato in cui l’estrema attenzione tattica si è focalizzata principalmente sul sabotaggio delle altrui possibilità offensive e, in generale, sulla propria fase di non possesso, ma già da tempo la fase propositiva del gioco ha acquisito un’importanza paragonabile a quella puramente reattiva. Paradossalmente potrebbe essere stato il progressivo depauperamento tecnico avuto dalla Serie A dopo i fasti degli anni ‘80 e ‘90 a favorire un maggiore lavoro su sistemi di gioco globali, capaci sia di creare che di difendere. In quest’ottica il campionato italiano, ingenerosamente classificato come catenacciaro, è invece un torneo in cui la fase di non possesso è sempre estremamente curata, e nessuno può certo sostenere che ciò sia qualcosa di negativo. Accanto al tradizionale focus sulla fase difensiva e, aggiungo, a quello sullo studio delle caratteristiche degli avversari per colpirne i punti deboli in ogni fase di gioco, la volontà di imporre il proprio stile di calcio è sempre più presente nella maggior parte dei tecnici della Serie A, con idee originali e spesso molto diverse tra loro. Proprio la diversità delle proposte tattiche rende il campionato italiano uno dei più interessanti da vedere per chi ama un calcio organizzato.
Daniele
Resta il problema di un campionato troppo legato ai risultati (e, aggiungo, ai risultati più recenti). Che giudica squadre, tecnici e giocatori in base al punteggio finale, anche quando hanno giocato bene e magari hanno avuto solo qualche episodio a sfavore. Sembra che tutte le squadre debbano puntare a vincere il campionato o a fare punti sempre e comunque, e questo scoraggia gli allenatori con situazioni societarie più fragili. Negli ultimi anni qualcosa è cambiato, forse perché le società hanno capito l’importanza di avere una squadra con un’idea di gioco coerente che facilita anche il mercato (che è sempre più difficile fare considerato il parallelo indebolimento economico in Europa). Ci sono eccezioni, tipo Zamparini e Berlusconi ma sembrano ruderi del passato.
Quando alla competenza dei tecnici si assoceranno strategie societarie, di mercato ma anche di marketing, allora credo che vedremo le squadre italiane nuovamente competitive con quelle spagnole, tedesche e inglesi (tolte le più potenti, ovviamente). Quando poi anche il pubblico smetterà di esaltare/distruggere calciatori e allenatori alla prima occasione possibile, per partito preso, o per posizionarsi sui social network (è interessante come un meccanismo puramente capitalista sia diventato parte del linguaggio comune, vampirizzando quella parte di pubblico che vorrebbe fare da voce libera trasformandola in un insieme eterogeneo di brand personali), o per ragioni di fantacalcio, allora magari sarà più divertente anche parlare il lunedì mattina al bar. Che poi è la ragione per cui guardiamo calcio, no?