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Guida ufficiosa alla nuova Serie A
13 set 2013
13 set 2013
Francesco Pacifico, Simone Conte, Tim Small, Daniele Manusia, Francesco Costa, Valentino Tola, Camilla Spinelli e Cesare Alemanni ci dicono la loro sulla nuova stagione della Serie A 2013-2014.
(articolo)
43 min
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Finito il mercato, fatte le aste del fantacalcio e passata la "pausa nazionale", il campionato italiano comincia a fare sul serio. Ci aspetta un anno intenso e il discorso calcistico proseguirà ininterrotto per i prossimi nove mesi fino a scivolare nell'orgia del prossimo Mondiale. L'Ultimo Uomo ha chiesto a otto collaboratori di dare il loro personalissimo punto di vista sulla stagione che sta per cominciare, con la speranza che i loro pensieri segreti possano servire da strumento, con la consapevolezza che qualsiasi previsione si autodistruggerà tra cinque, quattro, tre, due, uno... Ma la domanda di fondo che sembra agitare le coscienze di tutti è importante ed è la seguente: la Serie A Tim 2013-2014 segnerà il Rinascimento Del Calcio Italiano o marcherà un ulteriore arretramento rispetto ai suoi competitor europei; il campionato tornerà a essere interessante, combattuto, giocato bene, più povero di prima ma magari più bello, finalmente fuori dall'ombra degli splendidi anni '90?

Chi vincerà lo Scudetto ovvero un modo subdolo per dire che la sola squadra che lo merita davvero quest'anno è la Roma.

di Daniele Manusia (@DManusia)

LE FAVORITE

Perché la Juventus vincerà il terzo scudetto di fila con una decina di giornate di anticipo.

Non c’è bisogno che lo spieghi io. Mezza Italia si sveglia ogni mattina con la paura che tra pochi mesi la Juve possa vincere sul serio la terza stella.

L’altra metà d'Italia prenderà la Juve a Fifa 14 solo per tirare da lontanissimo con Pogba.

Perché la Juve NON vincerà il terzo scudetto di fila e almeno per un altro anno non avrà la terza stella sulla maglia (poi, nei loro uffici, sulle loro auto, possono mettersene anche quattro o cinque).

Dopo due giornate della stagione passata c’erano solo 3 squadre a punteggio pieno, adesso 5 e in generale sembrerebbe che la competitività del campionato sia più alta rispetto allo scorso anno in cui è arrivato terzo il Milan vincendo solo tre delle prime dieci partite (perdendone la metà). Se poi aggiungete che la Champions toglierà energie, che la retorica di Conte come vincente antipatico funziona solo se resta anche vincente oltre che antipatico, che Pirlo prima o poi inizierà a calare, che sugli esterni non hanno aggiunto qualità, che Pogba magari a gennaio va al PSG, che Vučinić alla quinta sostituzione getta la maglia a terra e se ne va a casa senza farsi la doccia, che Tévez ha segnato 15 gol nelle ultime due stagioni e che Llorente non si capisce cosa succede (con quello di due anni fa si sarebbe potuto parlare davvero di Champions), di cose che possono andare male alla Juve se ne trovano. A volerle cercare.

Ci si dimentica spesso quanto la Juve sia piena di gente permalosa.

Perché il Napoli vincerà finalmente lo scudetto.

Anzitutto Hamšík sembra aver ulteriormente alzato il suo livello di gioco ed essere entrato nella fase in cui cammina sull'acqua, ferma le pallottole con i denti e segna due doppiette di seguito nelle prime due giornate di campionato (non succedeva dal 2002: Del Piero – fonte Opta). Il Napoli di Benítez sembra più armonico, corale, rispetto al meccanismo vagamente asfissiante e cavanicentrico di Mazzarri. È presto ma per ora il Napoli sembra effettuare più passaggi (421 a partita nella stagione passata, 622 con Benítez) ed essere più preciso (83,4% prima, 88,6% ora – fonte whoscored.com). E Mazzarri ha sempre indicato come limite la dispendiosità di una squadra che aveva difficoltà a controllare le partite gestendo il pallone, limite che Benítez sembra voler superare. Nel gruppo sembrerebbero esserci le giuste motivazioni e una sana competizione (Insigne e Pandev un assist ciascuno, Callejón già due gol, e c’è anche Mertens); e poi ripeto, se continua così, Hamšík il campionato lo vince da solo.

Perché il Napoli non vincerà lo scudetto e alla fine dell'anno venderà Hamšík alla squadra dei diavoli della pubblicità della Nike con Cantona.

Perché Benítez ha vinto molto ma in campionato ha fatto bene solo col Valencia. Si potrebbe dire che Benítez non vince mai quello che ci si aspetta, a volte va inaspettatamente sopra le aspettative come nel caso della Champions con il Liverpool, altre no, e questo spiega perché riesce a deludere pur vincendo. È un po’ presuntuoso, forse incapace di gestire lo spogliatoio, poco rispettato dai giocatori carismatici. La Coppa Italia, o una cosa tipo uscire dal girone di Champions e vincere l'Europa League, sembra più alla sua portata.

L'urlo di Hamsik.

LE INSEGUITRICI

Perché il Milan potrebbe vincere lo scudetto alla faccia di chi dice che Mexes è un ciccione.

Mettiamola così: Balotelli è una certezza. Poi è sufficiente che siano in forma contemporaneamente due tra El Shaarawy, Niang, Robinho, Matri e Pazzini, perché il Milan abbia un attacco competitivo. Allegri avrà cambiato cento volte formazione da quando allena il Milan e questa è un'altra certezza: potete dargli l'accozzaglia di giocatori che volete, lui metterà in campo una squadra decente. In alcuni casi (tipo contro il Barcellona) anche più che decente. Kaká ha detto che gli sembra di non essersene mai andato, sarebbe bello se si iniziasse a parlare di Kaká come del nuovo Kaká. Ah, poi magari a gennaio tornano Nesta, Maldini e Costacurta e la difesa va a posto.

Perché il Milan non vincerà lo scudetto e Kaká nel 2014 tornerà al San Paolo dicendo: «Mi sembra di non essermene mai andato».

Allegri già parla di nazionale, secondo me non vede l'ora di andarsene. Certo a giugno poteva venire alla Roma. Tanto peggio per lui.

Ricordo ancora quando Allegri aveva i capelli lunghi e Tim Small scriveva su GQ che aveva «una faccia da film noir». Poverino, che gli sarà successo?

Perché l'Inter zitta zitta potrebbe vincere lo scudetto.

Il gioco di Mazzarri sembra aver attecchito bene, tanto da aver trasformato uno zimbello della tifoseria come Jonathan in una specie di Maicon e l'insulso Ricky Álvarez dello scorso anno in un altro nuovo Kakà (gran gol contro il Catania e 5 dribbling riusciti su 9 tentati, meglio di lui solo "Alino" Diamanti con 7 su 12). No, sul serio, sembra che Mazzarri alleni l'Inter da una vita e se l'Inter dimenticasse il suo passato da più bella della classe per fare una dieta seria e un taglio di capelli più aggressivo secondo me potrebbe tornare affascinante. In assenza di Zanetti propongo che la fascia da capitano venga data a Campagnaro, per via del suo ruolo fondamentale all’interno della difesa a 3 di Mazzarri (come colui che sale costantemente a centrocampo a dare superiorità) e del carattere.

Terry chi?

Perché l'Inter non vincerà lo scudetto per i prossimi cento anni.

Marco Branca. Anzi, Moratti. Ma anche Thohir, francamente. E il fratello Garibaldi Thohir. Come si fa a prenderli sul serio? A cui aggiungo: Belfodil e Palacio come centravanti di ruolo (quando torna Milito?) e Nagatomo, Álvaro Pereira e Jonathan sulle fasce, tutto questo per un allenatore abituato a giocare con Cavani e che fa delle ali un suo punto di forza. Magari mi sbaglio (bisogna anche considerare Wallace – in prestito senza diritto di riscatto, che senso ha? – e Rolando – che però a Napoli l’anno scorso è passato inosservato) ma ho l'impressione che Mazzarri possa ritrovarsi a corto di uomini di qualità per le partite che contano. Poi a Napoli aveva Hamšík a fare il collegamento tra centrocampo e attacco, ovvero il giocatore più costante con più energia con più qualità che abbia mai visto che Ricky Alvarez se lo mangia a colazione nei cereali slovacchi. Guarín non sa difendere (forse non ne ha voglia) e Kovačić è molto giovane e si dice che Mazzarri “i giovani non li vede”.

Quando giocavo a calcio e prendevamo il pullman per le trasferte cantavamo: «Se facciamo l'incidente muore solo il Presidente!» Il Presidente rispondeva facendo le corna dalla prima fila di posti.

Perché la Lazio potrebbe vincere lo Scudetto senza aver fatto nulla per vincerlo.

Continuo a stimare Petković e il gioco della Lazio. Nonostante l'1-8 subìto dalla Juve nelle due ultime sfide, secondo me non è così difficile che riesca a ritrovare la solidità dello scorso anno. E poi nelle squadre di prima-seconda fascia nessun allenatore è trattato peggio di lui, in ambito di mercato, dal proprio presidente. Lotito e Tare hanno rinforzato quello che era il reparto migliore, il centrocampo, senza risolvere i problemi in difesa e attacco: non solo non hanno preso Yilmaz, ma hanno venduto Kozák e il diciannovenne Antonio Rozzi (in prestito con diritto di riscatto al Real Madrid) che avrebbe potuto trovare spazio. Quanto meno Hernanes, Klose e Candreva sono ancora lì, Felipe Anderson è un grande acquisto e magari qualcuno tra Biglia, Pereirinha e Novaretti si rivelerà essere più forte di quel che si credeva. Tipo quando "Eddy" Onazi a gennaio 2013, dopo aver giocato contro la rappresentativa della Catalogna, vede avvicinarsi Xavi che gli chiede: «Ma tu dove giochi?» E Onazi: «Nella Lazio». E Xavi: «Wow». Lotito si deve essere riempito di orgoglio.

Il momento con Xavi non c'è, ma al minuto 2.30 del video Onazi ruba palla e scucchiaia a un compagno; al minuto 16.30 porta avanti il contropiede del pareggio e serve l'assist.

Perché la Lazio non vincerà lo scudetto e non lo dite neanche per scherzo.

Contro la Juve in campionato Petković ha commesso l'errore capitale di non seguire, per scelta, le incursioni dei centrocampisti, provando a disinnescarle con il fuorigioco al limite dell'area (che però non è riuscito). Non poteva non sapere che il capocannoniere dello scorso anno della Juve era proprio Vidal (10 gol come Vučinić) e al tempo stesso se avesse voluto qualcuno che potesse seguire gli inserimenti non avrebbe messo Candreva dietro Klose e Hernanes in mediana (e Onazi in panchina). Io l'ho interpretata come mancanza di realismo, non per niente c'è chi ha paragonato la debacle di Petko a quella di Zeman lo scorso anno sempre allo Juventus Stadium. Un paragone che fossi in lui farei di tutto per scacciare il più lontano possibile, visto come è finito ZZ.

«Evoluzione in attacco» dice il cartellone pubblicitario, e involuzione in difesa: Hernanes non si accorge neanche che Vidal sta scattando, in basso a destra.

Perché la Fiorentina vincerà lo scudetto con un gioco spumeggiante.

Quella di Montella lo scorso anno è stata una proposta interessante. In una stagione in cui ci si aspettavano lezioni di gioco offensivo da Zeman è stata la Fiorentina a far vedere le cose migliori con un centrocampo di sola qualità senza un vero incontrista e un attacco senza centravanti. Specialmente in alcune partite però (specialmente contro la Roma in casa nel girone di ritorno) la Fiorentina sembrava avere difficoltà a buttarla dentro e alla fine del campionato quel gioco "così bello" secondo alcuni non è bastato neanche per un piazzamento in Champions (lo so, lo so, “rigore per il Milan” eccetera). Si spiega così l’innesto di una una coppia d'attacco micidiale come Pepito Rossi, che potrebbe diventare uno dei migliori giocatori del campionato, e Mario Gómez, 113 gol in 174 partite negli ultimi quattro anni con il Bayern di Monaco tutte le competizioni confuse, e un’accoglienza a Firenze degna di Maradona. Se funzionasse la Fiorentina potrebbe davvero aver fatto il salto di qualità.

Perché la Fiorentina non vincerà lo scudetto con un gioco spumeggiante a tratti.

Adesso, ho fatto uno sforzo per parlare dei lati positivi della squadra di Montella. In realtà i suoi difetti mi sembrano di gran lunga più decisivi. Tanto per cominciare il centrocampo sembra la versione da mercatino della Juventus con Pizzarro al posto di Pirlo, Borja Valero e Aquilani al posto di Vidal e Pogba o Marchisio. Secondo poi non sono stati risolti i problemi di una squadra che per caratteristica degli interpreti fatica molto una volta persa palla sulla trequarti. Riguardo alla famigerata qualità del gioco farò un esempio: contro il Genoa, la Fiorentina ha eseguito 440 passaggi, quasi la metà rispetto al Napoli, per dire, 707, e nella trequarti di campo avversaria gliene sono riusciti 88, la metà della Roma (162). Aver sostituito due trequartisti di movimento (Jovetić e Ljajić) con una punta di peso e una seconda punta che comunque preferisce accentrarsi, rischia di rendere ripetitivo il gioco della Fiorentina dalla metà campo in su, insistendo a sinistra sull'asse Pizzarro-B. Valero-Pasqual senza poi nessuno in grado di tagliare verso il centro. In questo caso le sole possibilità di sviluppo sarebbero: 1) arrivare al cross dal fondo, o alla peggio dalla trequarti, 2) le incursioni di Cuadrado sul lato destro scoperto. E le incursioni flemmatiche di Aquilani o Pizzarro viste nelle prime due giornate rischiano di evidenziare il problema in fase di pressing alto (e qui si torna ai limiti oggettivi dei giocatori a disposizione). Chissà se Montella troverà una soluzione nuova, magari anche con l’aiuto di Joaquín o Iličič, ma di certo non saranno i 3,3 dribbling a partita di Cuadrado a far vincere il campionato alla Fiorentina e per quello che ho visto finora il gioco è meno interessante di quello dello scorso anno.

Wow, un cross dalla trequarti di Aquilani. Che gioco spumeggiante.

Perché la Roma vincerà lo scudetto alla faccia dei romanisti che non ci credono.

Il momento di hype della Roma è sotto gli occhi di tutti, nessuno parla male di Garcia (neanche i più nostalgici zemaniani), nessuno mette in dubbio acquisti come Strootman, Maicon o Benatia, nessuno dice più che De Rossi non è più il De Rossi di una volta, o che De Rossi gioca meglio in nazionale. DDR è passato dai 53,5 passaggi di media a partita (84% dei quali riusciti) dello scorso anno, ai 68 di Livorno (93% di precisione) e ai 112 del Verona (ancora con un eccezionale 93% di riuscita). Ma è la Roma che sembra essere diventata più squadra. Nella seconda giornata di campionato è la squadra che ha realizzato più passaggi nella trequarti avversaria (162/191), facendo meglio del Napoli che ha tenuto la palla per il 10% del tempo (68,4% vs 58,2%), ha creato più occasioni di tutti (23 in totale) e tirato in porta più di tutti (11). E nonostante un gioco improntato all'attacco, è la sola squadra insieme all’Inter a non aver ancora subito gol. Chiudo con una difesa di Gervinho che il romano laureato che legge Kansas City senza averne l'ironia ha subito chiamato “mezza sega” per le due occasioni fallite davanti alla porta: Gervinho non ha sbagliato un solo passaggio nell'intera partita (23 su 23) e ne ha eseguiti 13 nella trequarti avversaria, dove gli spazi sono più stretti, mandando al tiro 3 volte i compagni. Gervinho non segna? Non serve a questo. (E, per dire, Cuadrado ha segnato IN TUTTA LA SUA CARRIERA 10 gol, ha solo un anno in meno di Gervinho che in un modo o nell’altro ne ha fatti 75).

Perché la Roma non vincerà lo scudetto alla faccia mia.

E questa è la versione del romano scettico: gli americani non vogliono veramente far diventare grande la Roma ma guadagnarci, hanno addirittura chiuso il bilancio tra cessioni e acquisti in attivo quest’anno!, la perdita di Lamela è grave, gravissima, e a gennaio venderemo Pjanić, o De Rossi, o tutti e due. Poi non abbiamo una punta, chi li prende i palloni in area? Ancora con Borriello stiamo. Per ora lo spogliatoio è unito, ma quanto a lungo lo resterà? Garcia non conosce l'ambiente, non conosce Roma. Non è di Roma, è addirittura francese. E poi abbiamo giocato con due neopromosse, voglio vedere nel derby come giochiamo tra due giornate. C'è una sola certezza, Totti, ma neanche gli hanno ancora rinnovato il contratto. Sabatini è della Lazio.

Si dice sia stata questa la reazione di Sabatini al momento del gol di De Rossi nella prima giornata contro il Livorno.

L’INSEGUITRICE DELLE INSEGUITRICI

Perché l'Udinese vincerà lo scudetto e l'Italia sparirà dalle mappe.

Dopo aver vinto la Serie A Tim 2013-2014 Pozzo vende tutti e nell'edizione 2014-2015 della Champions League l'Udinese viene eliminata con 6 sconfitte, 0 pareggi, 0 vittorie, 3 gol fatti, 27 subiti, in un girone con solo squadre dell'Est Europa. L’Italia continua a perdere punti nel ranking e Platini allora decide una volta e per tutte che nessuna squadra italiana potrà in nessun caso partecipare più a nessuna coppa europea, per colpa dell'Udinese. I giocatori italiani finiranno in campionati esteri a 12 anni e verranno naturalizzati a 14, la Nazionale non si qualificherà MAI PIÙ per un Europeo o un Mondiale. Per colpa dell’Udinese. Ma quest'anno Di Natale vincerà la classifica capocannonieri e l'Udinese scavalcherà la Juve in rimonta all'ultima giornata a causa di un acquazzone abbattutosi su Torino il 18 maggio in occasione di Juventus - Cagliari.

Perché l'Udinese non vincerà mai uno scudetto.

Quello del totale stipendi è uno dei parametri che indicano/determinano il valore effettivo di una squadra di calcio, tanto che gli autori del libro Calcionomica arrivano al paradosso secondo cui anziché comprare un giocatore nuovo sul mercato convenga alzare gli stipendi a quelli che già si hanno. Adesso, l’Udinese ha il quarto monte ingaggi più basso della Serie A. Considerato ciò, è già un miracolo che l’Udinese stazioni nella parte alta della classifica da anni e che partecipi, anche se poco, alle coppe. Il modello di una squadra senza debiti nasconde però quello di una squadra che non vuole vincere, che ha smesso di sognare. E poi Guidolin non ha diritto alla felicità. Deve aver fatto qualcosa a qualcuno molto molto tempo fa (diciamo dopo la Coppa Italia vinta col Vicenza nel 1997) per cui adesso è impossibile che vinca le partite importanti. E lui lo sa. Figuriamoci un campionato.

Guidolin lo sa, che anche contro lo Slovan, non gli è permesso vincere.

LA SORPRESONA

Perché, se proprio volessi buttare i soldi, scommetterei sul Chievo che vince lo scudetto.

Il Chievo non è così male. Théréau e Hetemaj sono due giocatori estremamente sottovalutati. Sì, Théréau mi piace molto e secondo me non faceva male a sperare di giocare in una grande, peccato. Il Chievo non è così male. Anche Dramé mi piace, viene dalle banlieues parigine (per questo indossa la maglia 93) contro il Napoli ha provato 6 dribbling (3 riusciti) e ha intercettato 4 volte la traiettoria di passaggio del Napoli. Il Chievo non è così male. Ha acquistato dal Siena per 0,8 milioni di euro Alessio Sestu, romano, quest'anno alla sua quinta stagione in A dopo Reggina, Bari e Siena, che l'anno scorso ha fatto uno dei più bei gol del campionato (questo). Potrei aggiungere due parole su Pellissier, uno dei miei giocatori preferiti di sempre, anche se ormai sono passati i suoi anni migliori. No, il Chievo non è male. E può contare sui 4-6 punti stagionali che gli regala la Roma ogni anno. E poi ci potrà sempre essere uno scandalo estivo che squalifichi le prime sedici classificate.

Dramé in conferenza stampa quando è stato presentato guardava in camera e ha dimostrato di sapere il fatto suo.

Perché il Chievo non vincerà lo scudetto anzi per piacere vendete Thereau al Real Madrid e tornate in serie B.

Il Chievo è in serie A più o meno da dieci anni. Che sono tanti. Il primo anno (2001-2002) ha chiuso il campionato quinto in classifica ed era bello parlare del "miracolo Chievo"ed è stato divertente vedere Chievo Verona - Stella Rossa di Belgrado in Coppa Uefa. Adesso basta però. Quanti giocatori del Chievo ricordate che abbiano arricchito la storia del campionato oltre a Pellissier? Luciano detto Eriberto? Legrottaglie? Brighi? Stesso discorso dell’Udinese, il Chievo ha perso il suo sogno per strada, si è trasformato da Cenerentola del campionato in sorellastra, per giunta povera, accattona; è ora che Campedelli decida di partecipare all'evoluzione estetica del calcio italiano o tornare in B. Tanto il pandoro è più buono delle Tre Marie. Tra l'altro il Verona, l'Hellas, quest'anno ha messo in piedi una squadra solida, con un 4-3-3 di contrattacco molto energico. C’è davvero bisogno di due squadre di Verona?

La mitica sfida Chievo - Stella Rossa, terminata 0-2 per i serbi.

Cosa guarderò quest'anno.

di Tim Small (@yestimsmall)

Perché seguirò la Serie A quest'anno

1. Per vedere Mario Balotelli crescere da "giocatore più elettrizzante e polarizzante del mondo" a "giocatore più forte del mondo", e per vedere giornalisti e commentatori italiani rovinargli la vita moralizzando ogni sua decisione all'interno del discorso. Per difenderlo a spada tratta: come quando dicono che è arrogante quando sta evidentemente scherzando.

2. Perché, forse, ma solo forse, quest'anno rischia di non vincerlo la Juve: il Napoli è fortissimo, l'Inter non va sottovalutata, la nuova Roma è eccitante, Rossi-Gomez rischia di essere la coppia migliore del campionato e il Milan è la squadra che è arrivata terza l'anno scorso con l'aggiunta di Matri, Kaká, De Jong, Poli e Silvestre e la perdita di Boateng, Flamini e Yepes.

3. Perché è l'anno dei mondiali e, come si sa, nell'anno dei mondiali i giocatori si impegnano il doppio. Vero, Ricky Alvarez?

Perché preferirei seguire altri sport quest'anno

1. Perché nel baseball c'è Yasiel Puig, che gioca nei miei Dodgers, che è come Balotelli, nel senso che è arrivato dal nulla e ha spaccato tutto subito, è giovane, iper-atletico, "arrogante", nero e ha già giornalisti bianchi che gli dicono di "comportarsi meglio".

In realtà, Puig è Balotelli in versione 2.0: nel senso che è uno che ci prova con una giornalista tramite il suo traduttore (è cubano, parla poco inglese), è uno che entra in sala stampa e urla «Fuck the media!»

Se fosse in Italia i giornalisti italiani li farebbe diventare PAZZI.

Io lo adoro.

2. Perché il football americano è megadivertente e quest'anno tifo Seahawks che, lo so, è facile, è forse la squadra con più hype negli ultimi anni, ma Russell Wilson è tanto carino quanto forte, Richard Sherman è matto come un cavallo, Marshawn Lynch è un mostroe secondo me vinciamo il Superbowl.

3. Perché l'NBA sta per proporre una stagione incredibile: il ritorno di Derrick Rose, il possibile three-peat di Miami, Howard a Houston, i nuovi Nets, i nuovi Pelicans, i Clippers di Doc Rivers, Belinelli agli Spurs, il ritorno di Westbrook, i nuovissimi Pistons. Un milione di cose da guardare.

Perché seguirò tutti e quattro questi sport quest'anno

1. Perché c'è internet.

Stagione 2013-2014: Mercato, milioni, numeri.

di Francesco Costa (@francescocosta)

Non si direbbe, ma la squadra che ha chiuso il mercato estivo col saldo peggiore è l'Inter (-41,4 milioni): l'unica "grande" insieme alla Lazio a non aver concluso acquisti da prima pagina. Non ha comprato perché non ha venduto, ma fa impressione che abbia cercato di piazzare (Pereira, Kuzmanović) o abbia piazzato (Cassano, Schelotto) calciatori acquistati un anno fa o meno. Puntare sui giovani è un concetto  discutibile, ma questo è un altro discorso  che non va d'accordo col cedere mezzo Livaja per prendere Schelotto, che Mazzarri ha fatto fuori alla velocità della luce, o con lo svendere Donati e Caldirola.

(Donati è stato venduto per 3 milioni, meno di quanto speso per comprare Schelotto; Caldirola è stato venduto per 2,5 milioni, poco più di quanto speso per comprare Kuzmanović.)

L'Inter peraltro non ha rinforzato la seconda peggior difesa dell'ultimo campionato (57 gol, gli stessi del Siena retrocesso, 3 in più del Palermo retrocesso) ma ha speso 6 milioni per riscattare Silvestre, girato al Milan. Mazzarri è uno che ha salvato una squadretta che aveva 11 punti di penalizzazione, quindi per quel che mi riguarda l'Inter quest'anno può anche vincere lo Scudetto con tre giornate di anticipo e la Champions League a cui non partecipa. Ma parliamo di un avvenimento di quel tipo lì: la Reggina che si salva, la Madonna che appare su una montagna, un pane e un pesce che sfamano centinaia di persone.

(L'Inter ha comprato la metà di Belfodil per 10 milioni di euro più Cassano; un anno prima Cassano era stato acquistato scambiandolo con Pazzini più 7 milioni; un anno prima ancora Pazzini era stato comprato per 12 milioni più Biabiany – a proposito di puntare sui giovani – per una valutazione complessiva di 19 milioni.)

Quello che l'Inter poteva o doveva fare è quello che hanno fatto Napoli, Fiorentina e Roma, ognuna a suo modo: monetizzare vendendo chi ha più mercato – nel caso dell'Inter poteva essere Handanovič – e investire altrove. La strada è battutissima. Due delle squadre italiane più forti degli ultimi vent'anni sono state costruite in questo modo: la Juventus vende Zidane e Inzaghi e compra Buffon, Thuram, Nedvěd, Salas; l'Inter vende Ibrahimović e compra Lucio, Thiago Motta, Sneijder, Milito, Eto'o. La Fiorentina ha ceduto due dei suoi giocatori migliori – il migliore in assoluto è rimasto: Cuadrado – eppure pare essersi rinforzata e ha chiuso il mercato in attivo di 4,6 milioni di euro. La Roma ha ceduto Stekelenburg, Marquinhos, Lamela e Osvaldo eppure pare essersi rinforzata e ha chiuso il mercato in attivo di addirittura 32,4 milioni di euro (se a gennaio la squadra sarà messa bene in classifica, potrà comprare ancora e bene). Il Napoli ha ceduto Cavani e con quei soldi ha comprato Higuaín, diversi altri buoni innesti e soprattutto un allenatore che da solo ha vinto più di tutti gli altri allenatori della Serie A messi insieme. Alla fine ha chiuso sotto di 14 milioni di euro e ha pure rinnovato il contratto di Hamšík, sicuramente il più insostituibile e speciale dei “tre tenori”, a conferma che considera questa stagione una specie di all in: o cresce ancora e fa strada in Europa, riuscendo così a tenere economicamente una squadra molto più costosa di quella dell'anno scorso, oppure sbaracca in fretta.

(Higuain è 10 mesi più giovane di Cavani.)

Juventus e Milan hanno scelto altre strade.

Nel 2011 la prima Juventus di Conte fece 6 acquisti teoricamente importanti (Lichtsteiner, Elia, Giaccherini, Pirlo, Vidal, Vučinić), nel 2012 ne fece 4 (Lucio, Asamoah, Isla, Giovinco), nel 2013 ne ha fatti 3 (Ogbonna, Llorente e Tévez). Conte si augura probabilmente di farne uno solo, e grosso, l'anno prossimo, ma serve che i conti tengano: ha chiuso questo mercato con quasi 16 milioni di passivo, che non sarebbe grave se non fosse l'ennesimo mercato chiuso in passivo. Per questo è possibile che a un certo punto la Juventus possa considerare prioritaria la Champions League rispetto al campionato, e dato che in campionato le avversarie della Juventus sembrano essere più attrezzate dello scorso anno, il terzo Scudetto consecutivo andrebbe considerato probabile ma tutt'altro che inesorabile, come invece si legge molto in giro. Ecco.

(Dalla fine della Seconda guerra mondiale la Juventus non ha mai vinto 3 Scudetti consecutivi. Ne ha vinti 5 consecutivi dal 1930 al 1935.)

Il Milan praticamente ha speso solo per comprare Matri e riscattare Zapata dal Villarreal, peraltro dopo aver ceduto Boateng, e nonostante questo chiude in passivo di 13 milioni. Grattando grattando ha preso Poli e Saponara in comproprietà, Silvestre in prestito, Birsa in uno scambio, Kaká in regalo. Per ricostruire la squadra – la difesa soprattutto – l'unica possibilità passava per la cessione di El Shaarawy e si è deciso legittimamente di lasciar perdere, almeno per il momento.

Altre storie interessanti. Le italiane hanno imparato a non comprare dal Catania: dopo le strapagate cessioni di Vargas (12 milioni), Silvestre (7,3 milioni) e Martínez (12 milioni), andate tutte come sappiamo, per piazzare Gómez è dovuta arrivare un'offerta dall'Ucraina. Maxi López ha fatto un po' di giri ma nessuno se l'è mai tenuto. Barrientos stava per andare via, ma in Qatar; Spolli pure, ma in Inghilterra. Alla fine sono rimasti, non si sa con che umore.

(Per la prima volta da quando è tornato in Serie A il Catania inizia una nuova stagione con lo stesso allenatore con cui ha disputato l'intera stagione precedente in Serie A.)

L'Udinese ha chiuso il mercato in grande attivo (+29,3 milioni) eppure non ha fatto grandi cessioni, a parte i 13 incassati dalla Roma per Benatia: ma ha preso la seconda rata dalla Juventus per Asamoah, dall'Inter per Handanovič, per Candreva dalla Lazio e per Cuadrado dalla Fiorentina. Totale: quasi 24 milioni di euro. Il saldo con cui chiude il Cagliari è 0, come il numero dei titolari acquistati, come il numero dei titolari ceduti.

Mercato spagnolo usato sicuro.

di Valentino Tola (@ValentinoTola1)

Fra i nuovi acquisti provenienti dal campionato spagnolo sembra aver prevalso il bisogno di giocatori dal rendimento e dal gioco generalmente privo di fronzoli. Su tutti, i pesanti investimenti del Napoli: il portiere di fiducia del tecnico Benítez, ovvero PepeReina, garanzia di esperienza internazionale e presenza autorevole nella propria area e nello spogliatoio; il centrale Raúl Albiol, giocatore di non straordinaria intelligenza calcistica (e non solo calcistica: in un’intervista prima dell’Euro 2008, interpellato sui motivi per cui avrebbe potuto visitare l’Austria al di fuori del calcio, rispose: «Per vedere i canguri») e non particolare talento nell’interpretare situazioni complesse (come attaccanti che tolgono i punti di riferimento), ma puntuale e lineare.

L'intervista in cui Albiol non dà il meglio di sé.

Linearità che è anche la caratteristica principale di José Callejón, curioso esterno offensivo con una sola prerogativa: l’abilità nel taglio senza palla. Non dribbla e non va sul fondo, e sebbene tenda a spostarsi verso l’interno non offre nemmeno un contributo significativo alla costruzione della manovra; dove è molto produttivo è nello spazio alle spalle del centrale e del terzino avversario, per concludere in prima persona (con buon fiuto, va detto) o per portare via avversari. Il dinamismo, la disciplina tattica, la capacità di sacrificio e l’umiltà ne fanno un giocatore apprezzato dagli allenatori.

Chi, pur vivendo una dimensione di “stella”, ha ugualmente abbracciato la religione dell’efficienza è GonzaloHiguaín, caso non isolato (altri esempi sono Anderson e Gago) di giocatore che arriva dal Sudamerica sin troppo giovane, e senza aver consolidato del tutto il proprio gioco finisce per snaturarsi al contatto col calcio europeo. Nel caso di Higuaín l’accezione non è negativa: il giovane appena arrivato a Madrid era una seconda punta raffinata, in costante movimento e associazione coi compagni, di quelle che fanno giocare bene i compagni ma troppo spesso si perdono sotto porta; poi la metamorfosi quasi scioccante, e il "Pipita" è diventato un centravanti che va dritto a testa bassa verso il gol e basa gran parte del suo calcio sul cambio di passo, la forza e l’opportunismo più che sulla tecnica. Un’unità a sé che ha anche limitato un po’ la fluidità di movimenti dei compagni d’attacco (sicuramente il miglior Benzema si sposa meglio col gioco di Cristiano Ronaldo), ma fra ciò che toglie alla manovra e i gol all’attivo il saldo è stato comunque positivo, e dovrebbe continuare a esserlo anche a Napoli.

Se il Napoli si è affidato al pragmatismo, Firenze città d’arte punta sul più artista di tutti: andaluso da manuale, Joaquín rappresenta perfettamente il modo di vivere il calcio della sua regione. La passione, il gusto per la bella giocata, il lasciarsi trascinare dal divertimento che talvolta trascende la pura esigenza competitiva. La carriera di Joaquín è stata buona ma poteva esserlo molto di più, incastrato in quella generazione di giocatori squisiti ma molto poco vincenti (Joaquín, Reyes, Valerón, Tristán, Vicente…) che ha preceduto la recente pioggia di trofei. La risata perenne, il non prendersi mai troppo sul serio (nei Marcatoons veniva rappresentato come un cabarettista alla Seinfeld) è ciò che lo ha fatto entrare giovanissimo nella Spagna al Mondiale 2002 dribblando avversari con la massima spensieratezza, ma magari lo ha privato dell’impulso a puntare a traguardi più importanti. Il giovane prodigio del Betis, “la Finta y el Sprint”, come lo annunciava lo speaker del Benito Villamarín, nel mentre è cambiato molto come giocatore: da ala che abbinava potenza e inventiva palla al piede (la Joaquininha, un dribbling con elastico+rabona, il suo numero brevettato) è ora un giocatore con meno spunto ma più cerebrale e maturo, seconda punta con tendenza a svariare sulle fasce più che occuparle in partenza.

Il tutorial di Joaquín.

Dietro la stazza da armadio di Fernando Llorente, si cela forse il più “delicato” dei nuovi arrivi spagnoli. Nonostante il pronto annuncio del suo talento, il navarro ci ha messo un po’ a esplodere e consolidarsi, rischiando di perdersi, per i limiti di una personalità non fortissima e allenatori che forse non lo sapevano prendere per il lato giusto (disastroso il rapporto con Javier Clemente, che cercava di pungolarlo facendo l’antipatico, cosa che gli riesce benissimo), almeno fino all’incontro con Joaquín Caparrós, che trasformò quel centravanti di più di un metro e novanta che in area tirava indietro la zampetta in un uomo-squadra, capace di condizionare come pochi il gioco dei compagni e della difesa avversaria, sbalorditivo spalle alla porta e con una tecnica di prim’ordine. Può parlare lo stesso idioma dei migliori palleggiatori iberici, ma con una mancanza di velocità contro difese alte e sul filo del fuorigioco che ha portato forse a limitarne l’impiego in nazionale (confrontata con la maggiore adattabilità dei Soldado e Negredo). Il punto fondamentale è vedere se il Llorente che si sbloccò con l’Athletic si è sbloccato una volta per tutte o solo in quel contesto particolare, e se la sua lenta carburazione, oltre che il carattere sensibile, non possa penalizzarlo in una realtà diversa e più impaziente come la Juventus.

L'oroscopo.

di Simone Conte (@SimonteCone)

Ariete

Giove in transito parla chiaro, recriminerete per una decisione arbitrale ma inviterete i compagni a non ritenerlo un alibi e a cogliere la prossima occasione per essere sugli scudi, magari già a partire dall’imminente lotteria dei calci di rigore.

Toro

Se aspetterete il corretto transito lunare vi renderete autori di ampie sciabolate, punizioni maledette, parabole arcuate. Le vostre gesta passeranno comunque in secondo piano rispetto ai nomi ridicoli che le contraddistingueranno.

Gemelli

Sotto i cattivi influssi di Marte, fallirete nella trappola del fuorigioco e sarete esposti a una serie di contropiede letale. Non è una stagione positiva, rinforzate la mediana, dei dignitosi pareggi saranno risultati comunque soddisfacenti.

Cancro

Svilupperete il gioco sulle fasce, fluidificherete come non mai, darete spettacolo con i vostri terzini alti, altissimi. Tuttavia, la scelta di schierare solo due giocatori passerà alla storia come un suicidio tattico.

Leone

Mercurio nel segno vi invita all’ottimismo sul lavoro e in amore, coniugate le due indicazioni che vi danno le stelle ispirandovi al nume tutelare di chi cerca l’amore sui campi da gioco: Rachid Neqrouz.

Vergine

Secondo le stelle vi attende un campionato privo di articoli indeterminativi. Di voi si diranno cose come “sono squadra tenace” o “è avversario ostico”. Lasciate che questo faccia il vostro gioco, rimanete sottotraccia, vivete nell’ombra, l’effetto sorpresa sarà devastante.

Bilancia

Saturno vi aiuterà nella gestione del possesso palla, stupirete tutti con il vostro fraseggio continuo, il vostro tiki-taka farà impallidire quello del Barcellona. A margine di questo tenete conto delle indicazioni di Nettuno: se non tirate mai in porta la gente si rompe le palle.

Scorpione

Segnerete quello che sarà unanimemente riconosciuto come il gol dell’anno, ma la Gazzetta dello Sport vi dedicherà un gioco di parole talmente brutto per celebrare l’evento in un titolo, che vi pentirete per tutta la vita di averlo fatto.

Sagittario

Ignorerete la posizione di Venere e vi costerà caro. Eccedenti nello zelo, applicherete alla lettera le indicazioni del mister “palla lunga e pedalare”, irrompendo in campo con una mountain bike. Sarete squalificati a vita. Vi verrà dedicata una puntata di Sfide.

Capricorno

Sarete i protagonisti assoluti del prossimo calciomercato. Al vostro nome saranno associati i termini “idea”, “suggestione”, “tentazione” e “blitz”. Pronti a un nuovo, inatteso step professionale ed umano, vivrete la più cocente delle delusioni quando capirete che si trattava di un caso di omonimia.

Acquario

Le costellazioni vi riservano il più amaro dei destini: diventerete il pupillo di Fabio Caressa. Per tutto l’anno si sbizzarrirà coniando neologismi ad hoc per le vostre giocate. Emigrate nella finestra di mercato invernale.

Pesci

La grinta di Mercurio si riverbererà in ogni vostra singola giocata. Dopo i primi cartellini rossi vi inimicherete la classe arbitrale e gli opinionisti vi metteranno all’indice, dopo i seri infortuni degli avversari si chiederanno squalifiche pesanti per voi, dopo quel fallo che sarà caricato su YouTube con il nome di “unbelievable brutality” sarete arrestati in campo e processati per direttissima. Abbandonerete il calcio giocato a 22 anni per scontare la pena, le vostre uniche parole saranno: «Volevo solo ricordare Paolo Montero».

Quei giocatori che non prenderei al Fantacalcio.

di Camilla Spinelli (@CamillaSpinelli)

R. Kaká

Il ritorno di Kaká piace ai tifosi, è una bella storia e ci mette magari di buon umore, ma i ritorni nel calcio non funzionano quasi mai (soprattutto al Milan). Shevchenko, dopo aver fatto la storia dal 1999 al 2005, tornò al Milan nella stagione 2008-2009 e non lasciò traccia: 18 presenze, un solo assist e neanche un gol. Stessa storia, ma dobbiamo tornare agli anni Novanta, per Ruud Gullit che nel 1994-1995 tornò a Milano ma disputò solo 8 gare e venne poi spedito alla Sampdoria.

A questo dobbiamo aggiungere che negli ultimi quattro anni Kaká ha avuto alcuni infortuni – più o meno gravi – che hanno spinto il Real a cercare un suo sostituto (Özil). Per questo motivo, all’avvicinarsi del mercato Kaká veniva ogni anno accostato, a turno, al Chelsea, al Tottenham o al PSG, intrappolato da un contratto galattico, ridotto a fare la suppellettile di lusso, intristendosi (lo ha ammesso lui, nessuna interpretazione fantasiosa).

Il Milan di oggi poi non sembra la squadra giusta per il rilancio di Kaká. Credo che Allegri avesse ormai scelto il 4-3-3 come sistema di riferimento perché questo avrebbe permesso a Balotelli e a El Shaarawy di giocare insieme. Con l’arrivo di Kaká, Allegri sarà invece costretto a modificare l’attacco rendendolo meno dinamico, con una prima punta – presumibilmente Matri fino a quando non tornerà Pazzini – e Balotelli. Non penso che questo spostamento degli equilibri gioverà alla squadra e, di conseguenza, potrebbe caricare Kaká di troppa responsabilità, di troppe aspettative. Oltre a questo, dubito che vedremo Kaká rincorrere l’avversario, caratteristica che rende El Shaarawy invece un giocatore importante per l’equilibrio della squadra. Anzi, vi dirò di più, credo che a un certo punto – qui mi gioco un nichelino al massimo – Allegri tornerà sui suoi passi (e litigherà con Berlusconi). A queste considerazioni aggiungerei la più importante: la caratteristica che rendeva Kaká fortissimo era il suo cambio di passo, il suo guizzo improvviso che lo ha portato addirittura al Pallone d’oro. Voglio dire che non ha mai avuto un dribbling pazzesco – che è un’abilità che può funzionare anche se sei fuori forma – mentre non credo che le caratteristiche che hanno fatto grande Kaká si siano preservate dopo l’impiego a singhiozzo a Madrid.

M. Perin

Ai giornalisti sportivi piace spesso etichettare un portiere come “il nuovo Buffon”, “il nuovo Peruzzi”, e così via. Mi ricordo bene che accadde con Pelizzoli, strapagato dalla Roma e rivelatosi poi un portiere dal rendimento piuttosto mediocre. La stessa cosa sembra stia accadendo oggi con Mattia Perin, che scarsissimo non è, ci mancherebbe, ma non credo possa diventare il campione che molti pensano – secondo me poi sono più gli analisti a sponsorizzarlo piuttosto che direttori sportivi e addetti ai lavori. Lo scorso anno il Pescara è stato un disastro: è passato da Stroppa zemaniano a Bergodi sonettiano per finire con Bucchi che ha cercato di tappare la falla come possibile. In tutti e tre i casi ha preso comunque un sacco di gol e ha subìto un numero incredibile di azioni pericolose. Penso che il buono che abbiamo visto di Perin sia più dovuto alla legge dei grandi numeri che alle sue qualità e in questo senso mi fanno davvero pensare le mancate convocazioni o il poco utilizzo in Under 21. Devis Mangia infatti, gli ha sempre preferito Bardi e anche Gigi Di Biagio ha fatto la stessa scelta. Non credo sia da sottovalutare il giudizio di chi segue i giovani con attenzione e non si sofferma sulla singola buona parata.

Probabilmente non gli dice neanche bene: il Genoa non mi sembra la squadra giusta per un portiere che, comprensibilmente vista l’età, vuole mettersi in mostra magari strafacendo, invogliato dalla sua caratteristica migliore, la reattività. Il 4-3-3 di Liverani fa per ora acqua da tutte le parti e Portanova e Manfredini, i suoi compagni di reparto, non credo possano garantire quella sicurezza di cui avrebbe bisogno per non trovarsi sollecitato in continuazione ogni domenica.

The new Buffon.

F. Llorente

Lo spagnolo pare già un po’ triste (è anche molto bello, se vogliamo dirla tutta) e il campionato è solo all’inizio. La Juventus corre, suda e distrugge gli avversari giocando, se possibile, addirittura meglio dello scorso anno. Lui invece rimane a guardare seduto in un angolo della panchina, gli leggo in faccia “non sarò mai all’altezza della situazione” (e qui faccio tutto io, interpreto e gioco, va da sé).

Durante l’estate abbiamo sentito Conte dire che non era ancora fisicamente pronto perché aveva passato gli ultimi mesi a Bilbao senza giocare mai. A me questa è sembrata più una scusa che la realtà. Conte chiede alle punte movimento e disponibilità a ripiegare quando sono gli avversari a fare gioco. Llorente non ha queste caratteristiche, è più una punta pesante – chiaro, non è Toni, siamo d’accordo – e i movimenti della Juve sono perfetti così, senza centravanti d’area ma con attaccanti veloci e fantasiosi, con gli inserimenti continui dei centrocampisti e di Lichtsteiner. Conte poi è uno di quegli allenatori che non aspetta nessuno. Lo scorso anno è toccato a Isla – ma vi ricordate quando senza Isla sembrava che una squadra non potesse giocare a pallone? Lo volevano tutti! - a cui è sempre stato preferito Lichtsteiner mentre quest’anno mi sento di dire che potrebbe toccare a Llorente. Sì, certo, la Juve vuole fare bene in Europa e per farlo serve una rosa ampia, ma mi sembra che da quelle parti ci sia un’idea piuttosto ferma dell’undici di partenza e del calcio che si vuole proporre.

Ma poi siamo così sicuri che tra lo spagnolo e Matri, Conte avrebbe davvero preferito lasciar partire il secondo?

Il nichelino qui me lo giocherei addirittura sul possibile addio già a Gennaio.

F. Marchetti

Credo che Marchetti sia il miglior portiere della Serie A dopo Buffon e penso che lo scorso anno sia stato davvero fondamentale per la buona annata della Lazio, forse il singolo giocatore che più ha influito sul campionato della squadra. Quest’anno però la situazione è profondamente diversa perché Petković, dopo il grigio e ondivago mercato di Lotito e Tare, si ritrova con una squadra piena di centrali di difesa (neanche eccezionali), scarsa sulle fasce (Radu, tra l’altro, recupererà dal suo infortunio al ginocchio tra due mesi), riducendosi a puntare sulla coppia centrale Cana-Novaretti (che viene dal campionato messicano, non proprio la Premier League).

I nuovi però non mi sembrano dare alcuna garanzia al reparto – andatevi un po’ a riguardare cosa combina Novaretti sul gol di Vučinić in Juve-Lazio della seconda giornata di campionato e come i due prendono posizione quando la squadra cerca di far scattare il fuorigioco. Le alternative, titolari dello scorso anno, sono quel che sono: Dias non è stato nemmeno inserito nella lista dei convocabili per l’Europa League e Biava è in piena fase calante della sua carriera. È normale che un portiere, per giocare con sicurezza, abbia bisogno di essere un punto di riferimento per la difesa ma è vero anche il contrario: un portiere per rendere ha bisogno di fidarsi dei compagni che ha davanti. Credo che a Marchetti quest’anno mancherà proprio questo aspetto. Ovviamente penso, tra le altre cose, anche al Mondiale del 2010. Divenuto titolare dell’ultimo minuto, è risultato esitante e impacciato. Il punto secondo me è che nel 2010 Marchetti non era un portiere meno completo di oggi, ma probabilmente solo meno sicuro di sé e meno inserito in una difesa non granché affiatata. La stessa situazione si potrebbe ripetere quest’anno con la Lazio, Marchetti potrebbe essere trascinato nella mediocrità dalla sua stessa squadra.

Tre ragioni per cui può ancora valere la pena seguire l'ex-campionato più bello del mondo.

di Cesare Alemanni (@CesareAlemanni)

Gli sconosciuti

I tagli economici degli ultimi anni hanno imposto a tutte le squadre italiane, anche alle grandi, di assemblare i loro undici pescando talenti veri o presunti in campionati e/o club di seconda fascia, dai costi ancora abbordabili. Questo fa sì che ogni stagione la Serie A "produca" almeno un paio o più di nuove stelline, di cui tutti noi ignoravamo l'esistenza fino all'attimo prima della loro esplosione. Da approdo finale di grandissimi nomi già completamente avvezzi allo stardom europeo siamo diventati un'incubatrice di futuri campioni per Premier, Bundesliga, Liga... e PSG. Il che, preso con la giusta filosofia, non è poi così male. Per dire, quando seguivo davvero tanto la NBA, i miei giocatori preferiti non erano quasi mai i superbig che giocavano nelle franchigie con record vincenti ma i giovani prospetti da 17.3 punti a partita che se la sfangavano in quelle da 35V e 47P in attesa della loro grande occasione. La Serie A adesso è un po' come una di quelle squadre.

L'equilibrio

Ricorderete quando, a inizio 2000, si parlava – anche grazie ai soldi del Monopoli di Tanzi, Cragnotti e Cecchi Gori – delle cosiddette "Sette Sorelle" (Juventus, Milan, Inter, Fiorentina, Lazio, Roma e Parma), ovvero quelle sette squadre che, sulla carta e come organico, a inizio campionato partivano più o meno con le stesse possibilità di vittoria finale. Ora che la situazione economica si è rovesciata, il campionato, dopo oltre un decennio di lunghi domini, ha paradossalmente ritrovato un po' di equilibrio. Perché se è vero che Juventus e Napoli hanno qualcosa in più, alle loro spalle Milan, Fiorentina, Inter, Roma e Lazio possono comunque dire la loro o quantomeno dare vita a una bella lotta per entrare in Europa.

L'Inter

Mi sa che 1) l'inclusione dell'Inter – ovvero della società peggio amministrata del mondo, l'unica a memoria d'uomo a essere riuscita a passare da una Champions League a Gasperini in 15 mesi, nonché una squadra che ha chiuso l'ultimo campionato al nono posto con la seconda peggior difesa – all'interno del novero delle squadre che "possono dire la loro" avrà fatto storcere più di un naso. Per non parlare del fatto che 2) le stia intitolando un capitoletto tra le "ragioni per cui vale la pena seguire la Serie A". La spiegazione di 1) è che credo davvero sia così. Mentre quel che posso dire a mia discolpa per 2) è che il direttore de l'Ultimo Uomo mi ha gentilmente chiesto di parlarne in quanto tifoso – io – della suddetta (inoltre ho il forte sospetto che nessun altro se la sentisse), quindi fate come se questo fosse un paragrafo a parte rispetto alle "ragioni per cui può valere la pena etc..". Comunque eccoci qui. Dopo aver visto i movimenti senza palla di Palacio, la potenza di Guarín, la forma ritrovata di Ranocchia e la parvenza di discreto gioco che Stramaccioni sembrava aver conferito all'Inter durante il precampionato, l'anno scorso di questi tempi mi ero lanciato in un pronostico di vittoria finale (ribadito con fermezza dopo l'1-3 a Torino) che, col senno di poi, appare oggi davvero tragicamente imbarazzante (e per il quale, se non sbaglio, devo ancora una cena al direttore). Dato che se in questa sede mettessi nero su bianco una cosa del genere, le cene in ballo diventerebbero molte ma molte di più, quest'anno ci andrò più cauto e mi limiterò a dire che a mio parere l'Inter parte con alcuni giocatori di buon potenziale che hanno bisogno di essere messi a registro tatticamente (Guarín e Álvarez su tutti), alcune incognite promettenti (Kovačić, Icardi, Taïder), un discreto mix tra giovani e veterani e un allenatore che, pur essendomi piuttosto antipatico, ha proprio le caratteristiche per riuscire a correggere alcuni dei principali difetti della gestione Stramaccioni, tra cui il caos endemico all'ambiente Inter, l'incapacità di lettura delle partite in corso, le voragini difensive e la mancanza di mentalità. È sufficiente per vincere qualcosa? Non credo. Basta per arrivare nei primi tre? Con un po' di fortuna e problemi altrui, potrebbe. Andrà meglio dell'anno scorso? Peggio non può andare. Spero.

Pronostici secchi

Scudetto: Juve.

Secondo posto: Napoli o Milan.

Terzo Posto: Milan, Fiorentina o Inter.

La Superlega.

di Francesco Pacifico (@FzzzPacifico)

Questo sarà un campionato di transizione: la maglia della Roma è senza marchio, prodotta pare dalla Asics in attesa che comincino i dieci anni di sponsorizzazione della Nike. Lo scudetto potrebbe vincerlo il Napoli perché la Juve deve fare meglio in Europa, ma è inutile che io aggiunga il mio parere scopiazzato da gazzetta.it ai pareri degli scrittori più competenti. La mia specialità è la dietrologia, e il mio grande contributo all'analisi del campionato di serie A 2012-2013 ha a che vedere con il grande progetto Fly Emirates. Per parlare del grande progetto Fly Emirates, devo prima parlare di ESPN. Il canale sportivo satellitare americano punta da anni sul suo sito, che è così ben fatto da aver dato vita, negli ultimi anni, a uno dei migliori blog/siti di cultura pop del mondo: grantland.com, dove si scrive bene di sport, di serie tv, di wrestling, di musica, di videogiochi. La nuova impresa di ESPN è un nuovo sottosito: espnfc.com. "FC" sta per football club e il sito parla di calcio. È fatto così bene che tra le mille cose c'è una sfilza di blog sulle singole squadre, perfino la Roma ha il suo blogger lingua madre inglese che riflette sul pallonetto di Pjanić il lunedì, come fosse uno studente erasmus al bar con i vecchietti. (La dietrologia sta per arrivare, seguitemi.) Perché ESPN ha deciso di dedicarsi così tanto al calcio? La dedizione di ESPN a questa nuova impresa la si può scovare in un dettaglio fondamentale: chiamando il sito "espnfc", con la coda "football club", ESPN ha deciso che in un sito americano si comincerà a chiamare "football" il "soccer". Questo perché in Europa il termine soccer è visto malissimo, e il sito evidentemente si rivolge a un pubblico globale, sdoganando il calcio, liberandolo dalla nicchia in cui l'ha relegato, in America, quel nome impossibile.

Se ESPN ha fatto un tale investimento simbolico e di risorse nel football ci dev'essere un motivo. L'intuizione su quale sia questo motivo l'ho avuta all'improvviso qualche giorno fa mentre impazzava il calcio mercato. Secondo la tradizione on-line americana, la prima pagina di espnfc.com aveva un'alternanza di foto dei temi fondamentali, con sotto i link per andare ai pezzi. Si alternavano foto di giocatori di: Milan, Real Madrid, Arsenal, PSG. Guardavo le foto alternarsi e notavo una cosa: le maglie dei giocatori in prima pagina avevano tutti la scritta Fly Emirates, ossia erano sponsorizzati dalla compagnia aerea Emirates. In quel momento ho capito cosa sta per accadere (ecco che arriva la dietrologia): la Emirates sta per fondare una lega europea di squadre interessanti e con molto mercato. Le sta riunendo a forza di sponsorizzazioni. Le sponsorizzazioni aumenteranno di numero. A un certo punto, quando avrà una ventina di squadre, e saranno le migliori d'Europa, Emirates le comprerà e farà una lega privata che funziona in franchising, cioè con le franchigie, come nello sport professionistico americano, dove le squadre sono soltanto filiali locali della lega d'appartenenza. Nascerà una lega europea di calcio senza retrocessioni, con la semplice possibilità di creare "expansion teams" per allargare la lega in città commercialmente interessanti ma prive di squadra (l'Olbia come i Miami Heat...), e ovviamente con il draft dei nuovi giocatori ogni anno. Tutti gli altri rimarranno fuori, e i giocatori forti finiranno tutti nella Emirates League. Fine della Champions, fine dell'interesse per i campionati nazionali, che diventeranno faccende simpatiche, ancora più minori di adesso, Premier e Liga e Bundesliga incluse, anzi serviranno solo allo sviluppo dei talenti da mandare al draft, come le università in America. Lo penso perché ESPN non apre un megablog di calcio per caso e non mette tutte squadre Fly Emirates in prima pagina per caso. Quindi, non serve chiedersi come andrà questo campionato, la domanda da porsi è: la Roma, con il contratto decennale Nike e potenzialità commerciali ovvie, avrà presto il nuovo sponsor e sarà inserita nella Lega? Secondo me sì.

I 10 giocatori che ci mancheranno nell’edizione 2014-2015 della Serie A Tim

di Redazione Ultimo Uomo

Alberto Gilardino: acquistato dal Monaco per 40M dopo aver vinto la classifica capocannonieri.

Tin Jedvaj: acquistato per 30M dal Bayern di Monaco.

Adem Ljajić: ceduto dalla Roma al Tottenham in cambio di Lamela e Assou-Ekotto più 8M.

Stephan El Shaarawy: comprato per 26M dal Manchester City a gennaio 2014 dopo aver giocato 30 minuti totali nel girone d’andata.

Ogenyi Onazi: acquistato dallo Schalke 04 per 16M.

Piotr Zieliński: ceduto dall’Udinese all’Everton per 12M.

Juan Cuadrado: ceduto dall’Udinese al Metalist per 5,5M.

Nicola Murru: ceduto a gennaio 2014 al Manchester United per 3M, dove diventa l’erede di Evra.

Francesco Totti: ceduto a parametro zero ai Los Angeles Galaxy.

Ricardo Kaká: fine carriera.

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