Chi è uscito peggio tra Barcellona e PSG?
Fabio Barcellona
Il Barcellona. Il PSG, al netto di una partita di ritorno giocata piuttosto male, è stato anche sfortunato: l’infortunio di Neymar e avere pescato, tra le seconde, il Real Madrid, non hanno certo agevolato i parigini.
È vero che il PSG è stato deludente rispetto alle aspettative, ma mi pare certo più grave essere eliminati dalla Roma che dal Real Madrid, specie dopo il 4-1 dell’andata. Anche perché l’eliminazione ai quarti di finale, la seconda di fila, certifica i grossi problemi del Barcellona nell’immaginare un futuro senza Messi. Se la pragmatica gestione Valverde ha consentito di vincere la Liga agevolmente, grazie anche alla complicità di un distratto Real Madrid, ad alti livelli il Barca sembra, sempre più, legato mani e piedi al suo fuoriclasse e incapace di tollerare i suoi infortuni e i suoi cali di forma.
Il progetto tecnico, che dalla prossima stagione farà i conti anche con la partenza di Iniesta, sembra di corto respiro e il Barça sta già pagando il conto. Il progressivo percorso di Luis Enrique verso una squadra meno corale e più centrata sullo sfruttamento ossessivo dei propri campioni in attacco, la partenza di Neymar, l’invecchiamento di alcuni giocatori cardine hanno impoverito la squadra e si fatica a scorgere la direzione che i dirigenti blaugrana hanno in mente per il necessario rinnovamento tecnico e tattico della loro squadra.
Fabrizio Gabrielli
Credo vada fatta una distinzione tra chi è uscito peggio e chi ne è uscito peggio. Nel primo caso, d’accordo con Fabio che il Barcellona ha davvero gettato alle ortiche, come si dice, la qualificazione contro un avversario tecnicamente inferiore, soprattutto dopo il vantaggio della gara d’andata. Il Barça è in una fase storica che preannuncia cambiamenti: in una stagione ha perso Mascherano e Iniesta, due capisaldi che ne hanno agevolato i successi negli ultimi anni, si avverte la fine di un ciclo (dove magari saranno centrali Coutinho e Dembélé) e magari sarebbe tempo di inaugurarne uno nuovo che torni a puntare sulla Masia (che la sua Champions l’ha vinta).
Per il PSG, invece, il ciclo dovrebbe già essere iniziato. Ma non inizia mai. Dopo l’eliminazione con il Real, Mbappé ha sottolineato come sia risultata evidente la «differenza tra i grandi giocatori e i campioni». Nell’intervista a Le Figaro è molto ottimista per il futuro, ma una società che affronta con tutta quella tracotanza il Fair Play finanziario credo abbia una concezione diversa di futuro, che dovrebbe essere adesso. Per questo il crollo che in potenza potrebbe fare più fragore è quello dei francesi. E i mal di pancia di Neymar sembrano i primi rombi del Perito Moreno che inizia a sfracellarsi, nella sua maestosità.
Qual è stata la sorpresa più grande finora?
Fabio
Non ci sono dubbi che sia stata la Roma. Già nella fase a gironi era difficile immaginare che i giallorossi potessero arrivare davanti a una tra Atletico Madrid e Chelsea e qualificarsi per gli ottavi. La vittoria del girone era già un ottimo risultato per Di Francesco e il passaggio ai quarti aveva confermato la bontà della stagione europea che sembrava però doversi arrestare davanti al Barcellona. E invece la Roma ha giocato una magnifica partita di ritorno, favorita anche da un Barcellona sconcertante, e ha meritato ampiamente la semifinale. Una magnifica sorpresa per tutta la Serie A.
#ASRoma will wear their white away kit with the new @QatarAirways logo on the front for the first time in the @ChampionsLeague semi-final against #LFC on Tuesday night at Anfield pic.twitter.com/hdW9oMLjLl
— AS Roma English (@ASRomaEN) 23 aprile 2018
Per la Roma, nel frattempo, è arrivato anche il tanto agognato main sponsor.
Emanuele Atturo
L’eliminazione del Manchester City è stata uno choc. Il City è stata forse la migliore squadra di questa stagione in Europa per rendimento, e il fatto che abbia vinto il campionato così presto sembrava poterla mettere nelle migliori condizioni per concentrarsi sulla Champions. Stiamo parlando di una squadra che ha perso 5 volte quest’anno. Il Liverpool in più sembrava una vittima designata perché non poneva al City particolari problemi tattici – sulla carta – o tecnici.
La sconfitta in più ha confermato le difficoltà europee di Guardiola: un tema che è stato usato spesso in maniera strumentale dagli haters del tecnico, ma che ora ha basi più solide.
Dario Saltari
A livello assoluto non c’è una sorpresa più grande della Roma, che nelle previsioni di praticamente tutti avrebbe dovuto fermarsi già ai gironi. Ma non bisogna dimenticare nemmeno il Liverpool, che ha avuto un percorso molto più semplice di quello della Roma di Di Francesco (almeno fino ai quarti di finale), ma che nessuno si aspettava potesse eliminare il Manchester City e che non arrivava in semifinale da dieci anni. Anche il Bayern Monaco, in un certo senso, è una sorpresa, alla luce della sua difficile prima parte di stagione e dell’esonero di Ancelotti. Sono delle semifinali inedite da tanti punti di vista, a parte quello del Real Madrid che sembra entrare in una dimensione diversa ogni volta che affronta una partita di Champions League.
Doveva essere la Champions League delle squadre inglesi, che bilancio possiamo fare finora?
Fabio
Il Chelsea è arrivato sin dove il suo attuale valore gli ha consentito di arrivare. Non è tra le prime 8 squadre d’Europa e la vittoria al Wanda Metropolitano contro l’Atletico Madrid ha nobilitato il suo percorso nel girone. Contro il Barcellona ha anche giocato bene, mettendo in difficoltà tattica la squadra di Valverde e non è stato nemmeno troppo fortunato. Il Tottenham ha vinto il girone davanti al Real Madrid, che ha battuto a Wembley e ha fermato al Bernabeu. Negli ottavi ha messo sotto per lunghi tratti la Juventus ed è servito tutto il cinismo dei bianconeri per eliminare la squadra di Pochettino. Come in patria, la proposta di gioco degli Spurs è stata ottima, ma manca sempre qualcosa per fare l’ultimo passo: esperienza o qualche sterlina in più da spendere sul mercato? In ogni caso il Tottenham non può certo essere considerato una delusione, anzi.
Del Liverpool è quasi inutile parlarne: è in semifinale con concrete possibilità di arrivare in finale, ha fatto fuori nettamente il Manchester City nel derby dei quarti e ha il migliore attacco, per gol realizzati, della Champions. Comunque vada Klopp ha già vinto, ma la finale è a un passo e non raggiungerla sarebbe una grossa delusione. Le due squadre da cui era lecito aspettarsi di più erano le due di Manchester. Il City per larghi tratti della stagione è sembrato ingiocabile per tutti, ma la doppia sconfitta contro il Liverpool ridimensiona, ai miei occhi, la stagione di Guardiola. Il tecnico catalano conosce molto bene Klopp e, oltretutto, già in campionato il City aveva perso ed era andato in difficoltà contro il Liverpool. Non avere trovato le giuste contromosse al combinato di pressing e ripartenze dei Reds e, anzi, avere operato alcune mosse (come lo schieramento con il doppio pivot e Walker esterno alto, al posto di Sterling o Bernardo Silva) che hanno favorito gli avversari non possono non pesare nel giudizio sulla stagione del tecnico e della squadra.
This Firmino – Salah combination #UCL @LFC pic.twitter.com/mUp8tLsRyY
— UEFA Champions League (@ChampionsLeague) 10 aprile 2018
Salah e Firmino che fanno impazzire il Manchester City.
La scelta di Mourinho, infine, di rinunciare a giocare al calcio e di puntare tutto sui chili e i centimetri dei suoi giocatori è stata punita. Non mi aspettavo molto di più dallo United visto in stagione, ma non avere approfittato di un sorteggio tutto sommato comodo non può che ricadere sulle spalle dell’allenatore portoghese.
Emiliano Battazzi
Le inglesi hanno superato tutte la fase a gironi ma solo una è in semifinale. Può sembrare deludente ma credo ci siano discorsi differenti per ogni squadra. Sono d’accordo con Fabio sul Chelsea, è stata una stagione molto particolare per la squadra di Conte e onestamente ha dato il massimo. L’eliminazione del City è la vera sorpresa ma considerando le qualità del Liverpool e come queste si intrecciano con alcuni punti critici dei Citizens non è neppure così sorprendente. Il Tottenham ha giocato ottimi 180 minuti contro la Juve ma gli è mancata la gestione dei momenti, che è come entrare in un cinema senza i popcorn – prima o poi te ne penti. La vera grande delusione è il Manchester United, che per proposta di gioco e risultati è forse la più deludente, soprattutto in Europa. Ma l’anno prossimo mi aspetto miglioramenti da tutte, credo siano su strade calcistiche corrette, che alla lunga daranno i loro frutti. L’importante sarà soprattutto avere guide stabili.
Il Real Madrid rischia seriamente di vincere la terza champions league di seguito. Quali sono stati i meriti di Zidane quest’anno?
Daniele V. Morrone
Zidane e il Real Madrid in generale hanno scommesso tutto sulla vittoria di questa Champions League, e quindi un risultato diverso dalla vittoria finale renderebbe la stagione un fallimento. È una situazione inedita, inconcepibile per qualsiasi altra squadra, che però mostra l’incredibile fiducia nei propri mezzi di questo gruppo. I meriti di Zidane non sono tattici, perché da quel punto di vista si porta dietro un lavoro già fatto la scorsa stagione, ma soprattutto di gestione del gruppo. L’allenatore francese è stato bravo a risparmiare le forze fisiche e mentali negli ultimi mesi per arrivare nel momento clou della stagione con la maggior parte degli elementi in condizione psicofisica ottimale.
La capacità insomma di farli entrare in quella dimensione metafisica in cui il Madrid gioca le partite ad eliminazione della Champions League, e di farlo tra l’altro in condizioni fisiche ottime: tutti gli elementi fondamentali di questa squadra – Cristiano, Isco, Kroos, Modric, Carvajal, Marcelo, Sergio Ramos – sembrano in gran forma. Giocatori a cui ha saputo gestire i minuti in campo anche a scapito di giocatori importanti come Benzema o in rampa di lancio come Asensio, coinvolti più degli altri nel turn over, ma che sta mettendo il Real Madrid nella condizione in cui sarebbe voluto essere tre mesi fa.
Ronaldo continua a fare questo tipo di gol in allenamento.
Emiliano
Il discorso sul Real Madrid continua a farsi sempre più complicato. Onestamente, neppure questa stagione sarà ricordata per la qualità del gioco e per la costanza. Il grande merito di Zidane è di trovare sempre un abito tattico diverso per i suoi campioni, cioè aver reso i Blancos una squadra liquida, in cui i giocatori sono messi nelle migliori condizioni per rendere al massimo dal punto di vista individuale. Il grande paradosso del Real Madrid è che sono i singoli ad aiutare la squadra e non viceversa, quasi ribaltando la frase di Di Stefano («Ningún jugador es tan bueno como todos juntos», cioè “Nessun giocatore è più forte di una squadra”). Il Real Madrid continua a non convincere neppure nella singola partita (avrebbe meritato di perdere in casa contro il Psg, e non parliamo del ritorno contro la Juve) ma ha ottime chances di vincere la terza Champions consecutiva. La vera domanda per me riguarda la legacy di questa squadra: come sarà ricordato il Real Madrid di Zidane? Forse come una grande jazz band in cui nessuno seguiva lo spartito eppure tutti suonavano la stessa musica.
Sicuramente ci sarà un outsider in finale di Champions League, in futuro dovremo aspettarci più sorprese di questo tipo oppure sarà una piccola oligarchia?
Dario
Sorprese come le abbiamo avute quest’anno saranno sempre più improbabili per via dell’allargamento del gap finanziario che allontana i grandi club dai piccoli club sempre di più anche in Europa. D’altra parte, queste sorprese sono improbabili anche oggi. A meno che non si vogliano considerare l’Atletico Madrid e il Borussia Dortmund come “piccole” (stiamo parlando in realtà del 13esimo e del 12esimo club più ricco al mondo secondo l’ultimo rapporto Deloitte), bisogna tornare fino al 2004, quando in finale si ritrovarono di fronte il Porto di Mourinho e il Monaco, per trovare delle squadre comparabili alla Roma. Il Liverpool rimane un club che, per intenderci, ha un fatturato superiore a quello della Juventus, e, per quanto l’impresa sportiva contro il Manchester City sia innegabile, rimane difficile definirlo davvero un outsider. La squadra di Klopp è sicuramente una sorpresa ma non si può certo dire che non faccia già oggi parte di quella piccola oligarchia che tende a dominare le fasi finali di questa competizione.
Daniele V.
La Champions League è costruita per essere un’oligarchia. Nella fase ad eliminazione conta soprattutto gestire i momenti della gara e per saperlo fare bisogna averli già vissuti. Fosse un girone all’italiana sarebbe diverso, ma così com’è chi ha la capacità economica di mantenere un gruppo di grandi giocatori per più anni è destinato ad andare avanti con il tempo. Real Madrid e Bayern ne sono l’esempio più evidente. Le inglesi hanno la capacità economica di mantenere il gruppo nel tempo e quindi sono destinate ad entrare nella cerchia di chi può vincere ogni anno. Senza la Superlega quindi ogni anno ci sarà magari una sorpresa, ma sarà destinata a cambiare nel nome perché legata ad un singolo gruppo: come lo sono state Dortmund e Monaco in tempi recenti.
Jonathan Wilson sostiene che le squadre che dominano in campionato non sono abituate a difendersi e si trovano poi male in Champions League. Siete d’accordo?
Daniele V.
Detta così può sembrare una conclusione affrettata: ogni squadra ha una storia e un contesto diverso e non è giusto generalizzare. Già tempo fa poi questo discorso venne fatto da Michael Cox in relazione alle squadre che dominano nei campionati minori, come Celtic, Basilea o Olympiacos. Squadre abituate a vincere partendo dal dominio del pallone in patria e che si trovano poi a difendersi bassi contro i giganti della Champions League per via della differenza tecnica. I campionati nazionali minori diventano così poco allenanti per le competizioni europee, togliendo alle squadre che li dominano l’abitudine alla sofferenza e la capacità di cambiare registro tattico. In questo modo, finiscono in Champions League a difendersi senza saper poi ripartire, a provare a contendere la palla agli avversari per finire surclassati.
Non so se questo vale anche per le grandi che impostano il proprio gioco in modo sempre proattivo, però si può dire che in questa stagione questo è successo al Barcellona e in parte anche al PSG, due squadre che sono uscite mostrando totale incapacità di assumere un carattere diverso rispetto al piano A, quando questo non ha funzionato. Il Barça ha impostato una gara prettamente conservativa contro la Roma nel ritorno, in controtendenza con il DNA storico del gruppo e il risultato in campo è stato pessimo.
Emanuele
Sono d’accordo con la vecchia tesi di Michael Cox sulle grandi squadre dei piccoli campionati, ma questa di Jonathan Wilson mi sembra vaga e difficile da sostenere, anche perché non è chiaro capire cosa intenda con il concetto di difendersi: la fase di non possesso in generale o solo le situazioni in cui una squadra è costretta a difendersi bassa nella propria area? È chiaro che questo secondo piano è fallimentare in Champions League, ma lo è in generale nel calcio attuale, e raramente è una scelta – diciamo, non è mai una scelta a meno che non stiamo parlando della Juventus. Credo che il Barcellona avesse un piano di certo conservativo, ma non era nelle sue intenzioni giocare nella propria metà campo.
Il racconto per immagini dell’incredibile vittoria della Roma sul Barcellona all’Olimpico.
La tesi insomma mi pare forzata in alcuni dei suoi concetti principali. Un’idea però interessante, che viene fuori un po’ tra le righe, è che squadre che sappiano giocare una buona difesa posizionale sono rare e questo ha magari contribuito al successo della Juventus negli ultimi anni. La capacità della squadra di Allegri di alternare difese più alte ad altre più concentrate sulla propria area di rigore ha contribuito a tagliare il gap tecnico con le avversarie.