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Guida a Olanda - Argentina
09 lug 2014
09 lug 2014
Un panel di esperti—Conte, Gabrielli, il cugino quattordicenne di Manusia, Battazzi, Paglialunga e Morrone—pronostica, a modo suo, la seconda Semifinale del Mondiale.
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Quanto mi sarebbe piaciuto vedere la Costa Rica qui. Non per l'Olanda, che tra le due è quella che forse in finale toglierebbe qualcosa alla banalità dei risultati (ma tanto, a furia di tifare per chi mi ispira romanticismo spesso in base alla povertà o alle frustrazioni ho capito che non vincerò mai, almeno in questo Mondiale). Proprio per la Costa Rica, che magari adesso sarebbe stata sommersa di gol ma avrebbe mantenuto viva un'operazione simpatia strana, soprattutto dopo un Quarto di finale in cui spesso ha letteralmente giocato un altro sport, mandando al diavolo i moduli e installando un muretto a secco dinanzi al portiere nel frattempo in grado di parare tutto. Lo so, mi sono dilungato ma era necessario per spiegare perché mi è rimasta l'Olanda, il suo calcio che non è più totale ma è quasi totalmente a uomo, quel principio di regressione che mi fa sedurre dal contropiede e dai colpi estemporanei come il

di Van Persie alla Spagna e anche dal fatto che abbiano reso impossibile il Mondiale proprio agli spagnoli. I giorni passati possono peraltro essere serviti a Cillessen per smaltire lo spaesamento di una sostituzione inattesa (cosa non secondaria: il portiere dell’Ajax è elemento fondamentale nello scacchiere), a van Gaal per far valere il suo peso dentro la squadra perché ormai è l’allenatore che tutto può. Però credo che l’Argentina sia più forte, perché resto sempre della convinzione che in queste partite non serva essere squadra, ma avere il giocatore in grado di risolvere tutto in un’azione, di tirar fuori un gol dalla spazzatura. E in questo senso chi ha Messi, e se non ha Messi ha Higuaín (soprattutto nell’ultima versione) e via dicendo (al netto dell’assenza di Di María) mi pare non poco avvantaggiato. Di certo chi esce da questa Semifinale (che nel 1978 è stata Finale) sarà tra le finaliste quella con più fame: l’Argentina non vince dall’86, l’Olanda ha giocato tre volte per il titolo e ha sempre perso, l’ultima volta proprio un Mondiale fa. Sull’Argentina pende uno strano gioco del calendario: ha giocato quattro volte consecutive all’ora di pranzo, ora giocherà di sera e non è chiaro adesso se questo possa essere un vantaggio (finalmente più freschi) o una penalizzazione strana (dov’è tutto quel caldo a cui c’eravamo abituati?). Ma passano loro, esce l’Olanda: lo dico perché magari il vittimismo funziona e una gioia, seppure parziale, tocca pure a me.

 


C’è una strana arroganza nel

dei tifosi argentini presenti in Brasile: la sicurezza della vittoria finale, legata a doppio filo alla sconfitta dei padroni di casa, non corrisponde affatto all’evoluzione dell’Argentina in questi Mondiali. Una squadra interamente dipendente dall’estro dei suoi singoli immensi talenti offensivi, priva di idee a centrocampo, basata su una forte organizzazione difensiva per mascherare le pecche dei singoli calciatori (ma ad ogni partita Garay e Fernández commettono almeno un grave errore di posizionamento; i miracoli nel calcio sono difficili), che ha incontrato difficoltà enormi nel battere ogni avversario, persino l’Iran.
In quel coro, cantato addirittura dai giocatori argentini nello

dopo la vittoria contro il Belgio, c’è anche un’arrendevolezza evidente: se anche i compagni gridano convinti che Messi “ci porterà la Coppa”, significa che ormai tutti sono convinti che l’unico schema sia “palla a Messi”. L’ha detto Di María: “

, e il nostro compito consiste nel farlo sentire a suo agio”.
Eppure prima dell’inizio di questo Mondiale ad andatura lenta non sembrava dovesse essere così: i tenori dell’Argentina erano 3 (Messi, Agüero ed Higuaín), e ad aiutarli ci sarebbe stato il miglior “todocampista” del mondo, Ángel Di María. Mano a mano, il CT Sabella ha perso i pezzi per strada: quasi subito Agüero, e nei Quarti Di María, che effettivamente sembra il giocatore più insostituibile dell’Albiceleste (dopo di LUI, ovviamente). Contro l’Olanda, una squadra che non lascia niente al caso (e Tim Krul dimostra che non è una frase fatta), diventa difficile capire su quale idea di gioco punterà la Nazionale argentina e come potrà contrastare le veloci transizioni offensive di Robben.
Chissà a cosa pensava Houdini prima di adagiarsi in una cassa di legno, legato mani e piedi con delle catene, ed essere lanciato sul fondo di un fiume. Sentiva davvero il cuore battergli in gola, o era ormai sicuro delle proprie capacità? Immaginava mai un suo fallimento? Avvertiva davvero la pressione del pubblico?
Le risposte a queste domande potrebbe darcele proprio Messi. Il suo Mondiale adesso è cambiato completamente: non si tratta più di mostrare grandi giochi di prestigio a un pubblico adorante (i numeri sinora sono riusciti, nonostante

stia

), bensì di riuscire a scappare da una cassa di legno in fondo al fiume. Le assenze di Agüero e Di María sono le catene che gli stringono sempre più mani e piedi, con una squadra che si aggrappa a lui rischiando di farlo annegare.
Non gli resta che adagiarsi con calma su quel fondo di legno, cancellare ogni pensiero, ed emergere dall’acqua alzando prima la coppa e poi la testa, mentre tutti sopra aspettiamo con il fiato sospeso.



 


Dovrei scrivere seimila battute—all’incirca—sulle due semifinali del Mondiale, ma nell’economia dei miei pensamenti c’è uno sbilanciamento vistoso che mi porterà a liquidarne una con una manciata di pigiate in più del migliaio, vale a dire Argentina-Olanda. In quella metà del cartellone, a voler dar retta a certi ragionamenti di pancia, la grande assente è l’Italia. Secondo il mio cuore, invece, ci manca Costa Rica. In ogni caso ci sono arrivate (rubando un termine allo spagnolo d’Argentina, piuttosto

) due delle formazioni più brutte ma al contempo mostruosamente concrete che mi sia capitato di veder giocare in Brasile. L’Albiceleste, e con lei Messi, si è scrollata di dosso l’etichetta di perenne inespressa e ha subìto quel tipo di trasformazione che hanno certe ragazze diciassettenni, disarmanti da mozzarti il fiato, nel momento in cui perdono qualcosa della loro giovanile tracotanza spettacolosa e si fanno donne e badano a puntare al sodo, cioè ad annichilirti col minimo sforzo e senza troppi fronzoli. Anche se poi negli occhi continuano a nasconderlo come un segreto, come si fa a essere un uragano di delizia.
L’Olanda, dalla sua, dopo la manita roboante alla Spagna s’è applicata

per mettere in pratica i dettami di van Gaal che possono riassumersi in una massima: "non bisogna dare spettacolo, bisogna vincere". Anche a costo di difendere in otto, come gli ho visto fare contro il Messico (chi ne capisce di tattica m’ha spiegato che ogni uomo, anche quelli d’attacco, ha direttiva di marcarne uno avversario, con esiti da barriera oranje).
Non sarà una bella partita, e abbastanza in linea col resto della fase

ci sarà da prolungarsi ben oltre la mezzanotte; non mi sento di escludere

.

 


L'Olanda non l'ho vista ma ho sentito la notizia, quella dei rigori con van Gaal che ha cambiato all'ultimo con Krul. Non so come hanno fatto. Non mi aspettavo la Costa Rica così forte, oh. Però vedo l'Olanda favorita sull'Argentina. Mi sembra che hanno più giocatori in forma, all'Argentina si è rotto pure Di María. Poi li vedo con più convinzione, secondo me vogliono rivendicare la Finale del 2010. Vogliono vincerla. Il Belgio mi è dispiaciuto ma è stato giusto, hanno giocato veramente male. Messi si sta riprendendo credo. Però secondo me non basta per vincere, pure se l'Argentina arriva in Finale non la vedo bene, come gioco, come cose, infatti contro il Belgio ha segnato e poi basta. Pure contro la Svizzera ha rischiato. Però nel calcio non si sa mai, guarda la Costa Rica che stava per andare tra le prime quattro. Ha fatto davvero un gran Mondiale. Io speravo per la finale Brasile - Olanda. Germania - Argentina proprio non mi va. Non mi va che l'Argentina vince in casa del Brasile. Preferivo il Brasile. O l'Olanda. Se la finale è Germania - Argentina in caso vince la Germania secondo me. Non lo so, io poi sono condizionabile dalla partita che vedo, quando vedo chi gioca meglio decido.

 


Mi capita spesso di chiedermi come sia in realtà il rapporto tra il portiere titolare e il suo vice. Al netto delle dichiarazioni che dipingono un quadro di armonia e stima reciproca, come se la vive la riserva? Ne parlano di questa cosa? E quanto? E soprattutto, come? Io sarei in un imbarazzo tremendo. 1 sa che 12 non sarà davvero dispiaciuto se lui si farà male, 12 sa che 1 lo sa perché anche lui è stato 12 nella sua carriera e anche lui ci ha sperato. Ma se 1 e 12 sono amici, come si gestisce questa cosa? Nella vita di tutti i giorni, in ritiro, arriva mai il momento in cui questa cosa viene a galla con sincerità? Quando la sera stai per addormentarti, non c’è un gigantesco elefante nella stanza? Non succede solo ai portieri, chiaro. Anche negli altri ruoli ci sono titolari e seconde linee, ma un giocatore di movimento ha due margini di speranza negati ai portieri. Il primo è quello di poter subentrare al posto di un altro rispetto a chi ti chiude, magari leggermente fuori ruolo. Il secondo, più importante, è che puoi entrare anche solo per dieci minuti. Per i portieri il cambio tecnico non esiste. Non esisteva.
Poi van Gaal si è inventato questa cosa di cui stiamo parlando tutti da 3 giorni. Intorno al 115’ la regia internazionale stacca e ci mostra Krul che si riscalda. Non è una cosa random. Fa dei passettini sul posto, in attesa di un segnale: quando il preparatore dei portieri alza un braccio lui deve fare uno scatto. Non sta scaldando solo i muscoli. Sta lucidando i riflessi. L’Olanda batte almeno due calci d’angolo vicino alla zona in cui Krul si sta scaldando. Cillessen non può non vedere cosa sta succedendo. Passano i minuti. Van Gaal ha deciso. Cillessen ha visto e capito. Krul è pronto. Ma la palla non esce, e dalla panchina non arriva l’ordine di buttare la palla in tribuna, perché come fai a decidere di sprecare l’ultima azione che i rigori può risparmiarteli? Krul e Cillessen rimangono lì, nel limbo. Tutta questa favola che ci stiamo raccontando è a un passo dal non succedere mai. È vero, il regolamento dice che “è concessa la sostituzione del portiere in caso di infortunio durante i tiri di rigore”, ma te lo immagini van Gaal che davanti agli occhi del mondo si assume la paternità di una scenetta squallida come potrebbe essere quella di Cillessen che finge di farsi male mentre torna a metà campo? No.
Ma al 120’ la palla esce, Cillessen va verso la panchina umiliato e amareggiato, Krul entra, arriva in porta e l’arbitro fischia la fine. Succede quello che sappiamo, nel modo che sappiamo. Il modo è che Krul fa lo stronzo in tutti i modi concessi a un portiere davanti a chi deve superarlo dagli undici metri. Ma anche che li intuisce tutti e ne para due. L’Olanda passa, tutti lo abbracciano, le telecamere sono tutte per lui, stessa cosa per i titoli e le foto il giorno dopo. Noi, per lo stesso motivo per il quale abbiamo tifato tutte le squadre che poi agli Ottavi sono uscite, prendiamo subito le parti del povero Cillessen. Ma poi, a pensarci meglio, no. Intanto perché questo precedente crea una letteratura motivazionale da spogliatoio che durerà per anni. Pensate a quanti allenatori di ogni categoria otterranno il massimo in allenamento dal primo e dal secondo, rispettivamente tenendo sulla corda il primo e dando speranza al secondo, ricordandogli questo episodio. Ma soprattutto, secondo voi, Cillessen, in tutta la sua vita, si è mai allenato con la voglia, l’intensità, la determinazione e la costanza di questi 5 giorni? Contro quelli lì potrebbe non bastare, ma van Gaal, nella sfida con l’Argentina, avrà un portiere molto, molto, molto motivato. Almeno fino al 115’.

 


Sabella non è uno stratega; non può vantare la capacità di impostare la partita e di lettura in corso d’opera del suo rivale van Gaal. L’unica volta che ha tentato di sorprendere l’avversario (prima gara del Mondiale contro la Bosnia) il piano è naufragato ed è dovuto tornare indietro per vincere la partita. Nell’impostare la sua squadra ad inizio torneo ha scelto una colonna portante formata da Romero-Garay-Mascherano-Messi e gli ha costruito intorno, imparando dai propri errori, una squadra con l’ossessione di mettere Messi nella massima condizione per poter incidere. Incurante dell’estetica e della critica sa bene che tutti saliranno sul suo carro in caso di vittoria finale. I compiti tattici dati ai giocatori sono scarni, i ruoli sono precisi e non viene richiesto tanto lavoro mentale nell’eseguirli. Nella ricerca dell’equilibrio per questa squadra sembrava un punto fermo il centrocampista ex Roma Fernando Gago. La sua entrata a partita in corso contro la Bosnia è stata fondamentale per il cambio di modulo e da allora sono arrivate le maglie da titolare per tutto il resto del Girone e per gli Ottavi. Gago è una strano giocatore. Guardando una sua partita si notano più i difetti che i pregi. Si impegna tantissimo, ma dimostra una tecnica inadeguata (la sa passare solo in un modo?) per il ruolo che è convinto di poter svolgere per la propria squadra e una pessima lettura della posizione. Il tutto unito ad una lentezza nei movimenti che aiuta più gli avversari che i compagni quando lui è in possesso del pallone. Leggendo le statistiche a fine partita Gago passa la palla in modo accurato (90% di passaggi riusciti) lungo tutto il campo ed è forse questo che ha convinto il giocatore stesso di essere in grado di dettare i tempi dell’Argentina di Messi. Grave errore. Il pallone transita per i suoi piedi in modo preciso, ma la manovra risulta lentissima per cui la palla arriva al 10, ma con la squadra avversaria già posizionata. Questa cosa si è notata ancora di più contro la Svizzera in cui i raddoppi continui su Messi erano aiutati dalla lentezza con cui gli arrivava la palla. Va detto che Gago non è certo un giocatore che si risparmia in campo, si offre sempre al compagno cercando quella che secondo lui è la linea di passaggio migliore in cui ricevere e torna spesso a prendere la palla (5 tackle riusciti contro la Svizzera). Semplicemente il prodotto di tanta volontà non è abbastanza per il volume di gioco che poi vuole amministrare.



Contro il Belgio con una decisione un po’ a sorpresa Gago non parte titolare. Sabella stabilisce che la volontà di pressione e la volontà di controllo di Gago possono essere sostituiti dalla pressione “effettiva” e dalla nettamente minor volontà di controllo del laziale Biglia. Biglia si muove molto di più in campo e vuole molti meno palloni da giocare. A prima vista il gioco di Biglia è marginale, un “senza ruolo” che gioca sempre solo il passaggio più semplice. La coppia con Mascherano però funziona benissimo. Insieme si muovono insieme in modo impeccabile con Mascherano che guida e Biglia lesto a seguirne i movimenti. Il volume di gioco viene ripartito tra i due. Questa volta quindi il “non stratega” Sabella ci ha visto giusto: il prescindere dal volume di gioco di Gago sembrava un azzardo, la scommessa però ha pagato e bene. La squadra rimane brutta, ma la ricerca dell’equilibrio perfetto ha fatto un passo avanti.

 

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