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Alfredo Giacobbe
Guida al Napoli 2023/24
14 ago 2023
14 ago 2023
Dopo lo Scudetto, Rudi Garcia è atteso da un lavoro complicato.
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Alfredo Giacobbe
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IMAGO / Fotoagenzia
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Piazzamento lo scorso campionato:Chi in più: Natan Bernardo de Souza, Jens Cajuste. Chi in meno: Kim Min-Jae, Tanguy Ndombele. Una statistica interessante dalla scorsa stagione: Il Napoli di Spalletti è stata la squadra che ha giocato più passaggi nell’area di rigore avversaria (3,7 passaggi ogni 90 minuti) e quella che ha difeso restando più alta sul campo (l’altezza media degli interventi difensivi è stata di 48,3 metri). Formazione tipo: 4-2-3-1: Meret; Di Lorenzo, Rrahmani, Natan, Rui; Anguissa, Lobotka; Politano, Raspadori, Kvara; OsimhenSe c’era una caratteristica preponderante nel gioco del Napoli dello scorso anno era sicuramente l’imprevedibilità offensiva. Una qualità messa già in mostra nelle prime amichevoli precampionato e ulteriormente potenziata quando l’intesa tra Kvara e Osimhen è via via cresciuta partita dopo partita. Il georgiano, rispetto a Insigne di cui ha preso il posto, ha aumentato le dimensioni e le possibilità dell’attacco del Napoli. Insigne aveva bisogno dei compagni per produrre gioco, di girarsi sul destro, di entrare nel campo per cercare connessioni. Kvara all’aspetto associativo del gioco ha aggiunto anche la possibilità di stare lungo la linea, di cercare l’isolamento per sfidare il terzino nell’uno contro uno, di andare sul sinistro per trovare il fondo e il cross. Fondamentalmente di essere un giocatore autosufficiente.Sul binario di sinistra, il Napoli ha continuato a produrre gioco, come già con Sarri aveva fatto in passato, ma con una variazione in più. Le rotazioni ad arte per isolare Kvara portavano Mario Rui a mettere in mostra le sue doti di regia nella posizione d’interno, e Zielinski ad annusare lo spazio alle spalle dei difensori. Il Napoli era una minaccia in ampiezza e in profondità, con l’influenza di Di Lorenzo e di Politano che è aumentata a destra, anche grazie alla libertà concessa loro da Spalletti. La ricerca degli spazi è entrata nel mantra dell’allenatore toscano, spazi che non sono più tra le linee, semplicemente perché le linee sono sparite, sempre più spezzate dall’orientamento all’uomo, e non alla zona, che hanno le difese di oggi. Allora gli spazi devono essere immaginati, per poter essere creati e poi ricercati, con movimenti continui di alcuni calciatori a svuotare una zona e rotazioni complementari da parte di altri per riempirla di nuovo. Il Napoli ha vinto perché è stata più squadra delle altre squadre, più capace di distruggere la forma degli avversari, in modi a volte diversissimi tra loro; lo è stata perché ha portato più uomini intorno alla palla, sia per moltiplicare le linee di passaggio durante il possesso, sia per aumentare le chances di interrompere il palleggio avversario. I meriti di Spalletti arrivano dal campo, ha seminato sui terreni arati da Sarri – secondo Spalletti, a Castelvolturno si vedono ancora i segni di quelle linee di passaggio, e la palla di là va più veloce che in altre zone – e ha prodotto un gioco bello da vedersi e tremendamente efficace. Bisogna rendere merito a Spalletti anche di essere riuscito ad allenare dentro e fuori dal campo, a portare la stampa e la piazza dalla sua parte, lui che, con le spigolosità del suo carattere, non era mai sembrato alla portata. Un tentativo, il suo, che non era riuscito prima a Benitez, e per il quale Sarri non si era nemmeno messo alla prova, preferendo rivendicare per diritto di nascita un posto tra i tifosi, che ne faceva un primus inter pares.Come giocherà quest’anno considerato il mercato e l’allenatore: Come fare ora che tutto questo non c’è più? È presto per fare bilanci, per tirare una riga tra il prima e il dopo. Il Napoli non ha giocato che poche amichevoli, spesso rimaneggiata nei ranghi o mescolando le carte, preferendo le seconde linee alle prime. Si può già dire che Rudi Garcia è un allenatore diverso da Spalletti, semplicemente perché è diverso l’uomo. Nella piazza di Roma, per alcuni aspetti simile a quella di Napoli, Garcia ha mostrato un atteggiamento più vicino a Sarri che a Spalletti, e finché è riuscito a rinfocolare l’entusiasmo della gente è rimasto sulla cresta; ne è disceso rovinosamente quando le braci si sono spente. Garcia che in amichevole chiede a Elmas: «La palla falla vivere» dà l’idea, più di mille altre cose, dell’approccio animistico al calcio che ha il francese. È diverso l’approccio emotivo di Garcia, ed è differente anche quello tattico. I livelli di forma di questo periodo possono ingannare, ma sembra sparito il pressing aggressivo, offensivo e volto alla riconquista del pallone. Ora il Napoli siede compatto ad altezze medie e aspetta l’iniziativa agli avversari, concede fette del tempo di possesso che fino a qualche mese fa reclamava per sé. Il Napoli tenta ancora di costruire dal basso, ma il palleggio non è più il mezzo attraverso cui muovere le pedine, riordinare le idee e predisporre l’attacco, pensare con la palla tra i piedi agli spazi da aggredire e conquistare, aumentando la velocità del giro palla man mano che si risale il campo, com’era con Spalletti. Ora la costruzione dal basso serve a scoprire il campo alle spalle degli avversari, ad andare in verticale il più velocemente possibile, a saltare una se non due linee, mettere fuori equilibrio i difensori, costretti a correre verso la propria porta.

Un gioco sicuramente nelle corde di Osimhen, forse anche in quelle del “Cholito” Simeone, probabilmente fuori dalla portata di Raspadori. Le doti associative del piccolo attaccante italiano hanno portato Garcia a provarlo nella posizione di trequartista dietro alla punta. Prima del francese, già Spalletti e Dionisi lo avevano apprezzato in quella posizione, nella quale può dialogare con i centrocampisti, lavorare per far perdere le proprie tracce, trovare l’inserimento in area dalla seconda linea, ingannare i marcatori e ricomparire dove conta, nei pressi della porta, far valere le capacità da finalizzatore di razza. Non importa in che modo in Napoli risale il campo, quando riesce a mettere le tende nella metà campo avversaria, la fantasia e l’efficacia offensiva del Napoli è ancora lì. Così come la varietà di soluzioni con la quale attacca la porta. Il modo sistematico con cui cerca il sovraccarico di una zona per andare attaccare con tanti uomini il lato cieco alle spalle dei difensori rivolti verso la palla. L’inserimento della mezzala in area che compensa il taglio del centravanti davanti al difensore verso il primo palo.In un sistema che è diventato più libero, più dipendente dalle iniziative dei singoli giocatori, il destino del Napoli dipende molto dal mercato. Garcia per ora ha impostato il suo primo Napoli intorno al 4-2-3-1, un sistema che vede in Osimhen il proprio faro. Secondo le ultime indiscrezioni, il fenomeno nigeriano firmerà il rinnovo e resterà a Napoli, resistendo così alle sirene della Premier League e della Saudi Pro League. Se Osimhen fosse andato via, Simeone sarebbe stata la prima alternativa. L’argentino si è destreggiato bene come super-sub, probabilmente il suo gol contro la Roma ha chiuso i discorsi per lo scudetto, ma come se la sarebbe cavata se fosse stato investito della responsabilità di una maglia da titolare? Per ora dal mercato sono arrivati Natan e Cajuste, i sostituti in rosa di Kim e Ndombele. Il Napoli quindi persegue la propria politica, nell’autorizzare un arrivo solo dopo un’uscita, nel pescare tra nomi poco in vista, di prospettiva.Natan, comunque, ha sicuramente il compito più difficile. Arriva in Serie A per sostituire il miglior difensore della passata stagione, senza aver maturato un’esperienza pregressa in un altro campionato europeo. È giovane e ha avuto la sfortuna di aggregarsi in ritardo, non ha potuto effettuare il ritiro dall’inizio. Servirà tempo a lui per capire le differenze tra il nostro campionato e quello brasiliano, così come servirà tempo a Garcia per comprendere come utilizzarlo al meglio. Natan ha forza fisica, una buona tecnica di base, la voglia di giocare la palla, di pestare la riga di metà campo lasciando tanto spazio alle sue spalle. Deve migliorare nei fondamentali di marcatura, gli attaccanti della Serie A non perdonano distrazioni. Cajuste invece è più fortunato. Avrà più tempo dalla sua, il suo ruolo è ben coperto da Anguissa e all’ombra del camerunense potrà ancora crescere. Nelle sue esperienze al Midtjylland e al Reims, Cajuste ha messo in mostra le sue capacità di controllo dello spazio davanti alla difesa e la progressione dirompente palla al piede. Se andrà via anche Zielinski come sembra si farà spazio per Gabri Veiga, uno dei migliori talenti messi in mostra dallo scorso campionato spagnolo. Ma è un giocatore tutto da scoprire, per l’impatto che la nostra Serie A avrà sul suo gioco e per la continuità che sarà in grado di esprimere. Una stagione buona non fa primavera.Miglior scenario possibileL’ibridazione tra le idee di Spalletti e quelle di Garcia riesce. Il Napoli si diverte e fa divertire il pubblico del Maradona, ma diventa anche straordinariamente cinico. Il nuovo Napoli alterna fasi di gioco offensivo a fiammate reattive che incendiano le notti di Champions. A inizio dicembre il Napoli prende sei punti a Inter e Juventus e mette tra sé e le inseguitrici lo scarto necessario per laurearsi campione d’inverno. A marzo, distratta dagli impegni europei, ha una flessione ma fa in tempo a riprendersi sul finale di campionato, con Juventus, Milan e Inter che si tolgono punti a vicenda. Arriva la prima semifinale di Champions League della storia del club. Il 12 maggio il Bologna assiste inerme alla carica del Napoli che vuole vincere il quarto scudetto della propria storia davanti al pubblico del Maradona.Peggior scenario possibileIl Napoli si impantana nelle pastoie del gioco di rimessa voluto da Rudi Garcia. Senza Osimhen, che è volato in Arabia Saudita nell’ultimo giorno del mercato estivo dopo aver rifiutato la proposta di rinnovo, la squadra fatica a risalire il campo e a rendersi pericolosa. Garcia vende l’anima al diavolo e prima di gennaio si converte al 3-5-2 per accrescere l’intesa tra Simeone e Raspadori. Il presidente va su tutte le furie, nel girone di ritorno non si fa vedere allo stadio, ma manda i suoi strali dalla sua casa di Los Angeles. Il Napoli deve accontentarsi di aver fatto un buon cammino in Europa League dopo l’eliminazione dai gironi di Champions e di aver tenuto con le unghie il quarto posto in campionato.Giocatore chiaveKvaratskhelia sarà sempre più decisivo per le sorti del Napoli. Con o senza Osimhen, è attraverso l’estro creativo del georgiano che il Napoli dovrà trovare le polveri adatte a incendiare il proprio gioco. Quest’anno più che mai Kvara dovrà dimostrarsi capace di mettersi la squadra sulle spalle.Giocatore simboloGiovanni Di Lorenzo si è promesso al Napoli, ha firmato un contratto fino al 2028, alla sua crescita tecnica ed emotiva è corrisposta quella di tutta la squadra. Entrambe le sue figlie sono nate a Napoli, ha chiamato la primogenita Azzurra. Di Lorenzo è più di un capitano.

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