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Fabio Barcellona
Guida al Mondiale: Svizzera
23 mag 2014
23 mag 2014
Più che una Nazionale la squadra di Hitzfeld sembra avere le caratteristiche di un club: il gioco brillante, la coesione tattica e i ricambi non all'altezza degli undici titolari.
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Fabio Barcellona
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Quando arrivano i Mondiali la mente di noi calciofili inevitabilmente si volge all’indietro a ricordare le partite delle edizioni passate, specie quelle più lontane nel tempo, quelle che erano l’occasione di vedere giocare calciatori per noi esotici che conoscevamo solo per le foto e le descrizioni sul Guerin Sportivo. Però, voltando la testa all’indietro non è che la Svizzera sia così facile da scorgere. In realtà il primo ricordo legato al Mondiale, non è una partita della Coppa del Mondo. Dopo la sbornia di Espana ’82, a dieci anni, ero impaziente di rivedere all’opera i miei eroi del Sarriá e del Bernabeu. Il 27 ottobre, a Roma, la Nazionale festeggia il titolo di campione del mondo con un’amichevole con la Svizzera. Vincono i rosso-crociati per 1-0 con gol di Elsener al 53’. Gli svizzeri avevano posto fine alla magia dell’estate ’82 e nelle qualificazioni agli Europei del 1984 vincemmo solo in casa contro Cipro. http://www.youtube.com/watch?v=QX4C82psAVA

Italia-Svizzera 1982. Non esattamente il modo migliore per festeggiare una Coppa del Mondo appena vinta.

Il calcio dei primi anni ’80 fissò in me l’archetipo della Svizzera: una squadra con giocatori dai cognomi tedeschi e francesi, con qualche italiano, di livello superiore a Lussemburgo e Malta, ma al di sotto delle più forti squadre europee, che non si qualificava mai ai Mondiali o agli Europei e con cui l’Italia giocava tantissime amichevoli. Oggi la Nazionale svizzera è all’ottavo posto del Ranking mondiale FIFA appena dietro l’Argentina e davanti l’Italia. Il settimo posto occupato a ottobre 2013 gli ha assegnato la posizione di testa di serie ai Mondiali. L’attuale decimo posto della Grecia (davanti a Inghilterra, Belgio, Cile, Olanda, Francia) lascia in ogni caso dei dubbi sul sistema di compilazione del ranking. LE ORIGINI La Svizzera appare all’improvviso sotto i riflettori ai Mondiali nel 1994, con la Nazionale guidata da Roy Hodgson, il 4-4-2 e Ciriaco Sforza, Alain Sutter e Chapuisat. Dal 2006 la Svizzera è costantemente presente ai Mondiali, nel 2010 ha battuto nella prima partita i futuri campioni del mondo della Spagna e oggi si presenta come testa di serie. Proprio dopo l’esperienza mondiale del 1994 la Federazione decise di impegnare sforzi e risorse per la cura dei settori giovanili imponendo ai club l’adozione di precise linee guida e formando i propri tecnici all’estero. Negli anni 2000 nacquero i centri di Formazione Federali (uno per ogni anima della Svizzera: a Tenero (Ticino), Payerne (Romandia) e Emmen (Svizzera tedesca) sul modello di quelli della Federazione francese, dove i migliori giovani tra i 14 e i 16 si allenano dal lunedì al giovedì per tornare il venerdì nei loro club di appartenenza. Nel 2009 la Svizzera ha vinto il campionato del mondo under 17 arrivando davanti la Spagna di Koke, Isco, Morata e Muniain, la Germania di ter Stegen e Mario Götze, il Brasile di Neymar, Coutinho e Casemiro. Granit Xhaka, Ricardo Rodríguez e Haris Seferovic, tutti nati nel 1992 e tra i 23 convocati (e più che probabili titolari) della Svizzera, facevano parte di quella squadra campione del mondo. Granit Xhaka è nato a Gnjilane in Kosovo e suo fratello Taulant gioca nella Nazionale albanese; Rodríguez ha padre spagnolo e madre cilena; Seferovic, oltre a quello svizzero ha un passaporto bosniaco perché i genitori provengono da Sanski Most in Bosnia. Ben 6 dei 23 convocati sono nati al di fuori dei confini della Confederazione Elvetica e più della metà ha origini straniere: Behrami e Shaqiri kossovare, Dzemaili albanesi di Macedonia, Drmic croate e Inler turche. Dietro l’evoluzione da squadra sparring partner dell’Italia a numero otto del ranking FIFA c’è quindi il lavoro della Federazione elvetica sulla formazione dei giovani e la linfa vitale degli immigrati di seconda generazione. Programmazione e melting-pot calcistico in un Paese in cui il 23% dei residenti è straniero. http://www.youtube.com/watch?v=kvMSGGymk9U

La Svizzera di Roy Hodgson e Chapuisat di Usa '94.

COME UN CLUB. GLI UNDICI TITOLARI L’allenatore della Svizzera è Ottmar Hitzfeld dal luglio 2008. Lo storico tecnico di Borussia Dotmund e Bayern Monaco ha portato gli elvetici alla fase finale dei Mondiali 2010 dove la squadra, dopo l’esordio col botto contro gli spagnoli, fu eliminata di fatto al primo turno pareggiando 0-0 contro l’Honduras nell’ultima partita del girone (e occhio che anche questa volta il match di chiusura del girone sarà proprio contro gli stessi centramericani). Nel biennio 2010-2012 la Svizzera fallisce la qualificazione agli Europei. Sono tuttavia due anni importanti: è in questo biennio che esordiscono Xhaka, Rodríguez, Shaqiri. Il ringiovanimento della squadra continua nel biennio successivo con l’esordio di Josip Drmic e soprattutto di Haris Seferovic. L’attuale ottavo posto nel ranking FIFA è figlio di un girone di qualificazione dominato e chiuso senza sconfitte (7 vittorie e 3 pareggi) e di vittorie prestigiose in amichevoli internazionali come quella del 26/05/2012 vinta per 5-3 contro la Germania e quella del 14/08/2013 vinta per 1-0 contro il Brasile. Per la Svizzera si può parlare di una formazione tipo. Nelle dieci partite di qualificazione, fatta eccezione per i ruoli di esterno sinistro e di centravanti, Hitzfeld ha schierato nell’undici iniziale quasi sempre gli stessi giocatori. Il calciatore che è stato schierato meno volte è stato il difensore centrale Johan Djourou, partito dall’inizio 7 volte su 10. Riguardo i ruoli contesi, lo spot di esterno sinistro è stato equamente diviso tra Valentin Stocker del Basilea e il più esperto Tranquillo Barnetta, che sono stati schierati 5 volte a testa, mentre il ruolo di centravanti sembra essere stato conquistato da Seferovic che ha giocato 5 delle 10 partite di qualificazione, tra cui le ultime quattro. Non figura nemmeno nella lista dei convocati Eren Derdiyok ex-grande promessa e titolare del ruolo nelle prime tre partite.

Il 4-2-3-1 della Svizzera. I due terzini spingono con continuità, Behrami copre tutti i buchi, Shaqiri va a giocare tra le linee, Xhaka si muove per dare sempre una soluzione corta di passaggio.

La Svizzera gioca un 4-2-3-1 molto ben definito. Il portiere è Diego Benaglio del Wolfsburg, titolare del ruolo dal 2008. Il terzino destro è Stephan Lichtsteiner mentre a sinistra gioca il ventunenne Ricardo Rodríguez del Wolfsburg. Si dice che Rodríguez interessi il Real Madrid e che venga valutato 15 milioni di euro. È un mancino puro, dotato di un piede sensibile sul breve e sul lungo, buona corsa e ottimo cross. Pecca ancora di qualche amnesia in fase difensiva, specie quando deve difendere sul lato debole. Interessante è notare come i due terzini della Svizzera abbiano fatturato insieme per 7 gol e ben 17 assist nei loro campionati (2 gol e 8 assist in 24 partite per Lichtsteiner, 5 gol e 9 assist in 34 partite per il terzino del Wolfsburg). Consideratelo come volete, ma nella classifica di rating dei calciatori di whoscored (calcolata quindi con un loro algoritmo che comunque, per quanto opinabile, si basa su dati oggettivi) dei primi cinque campionati europei, alla posizione numero 5 c’è proprio Ricardo Rodríguez dietro rispettivamente a Suárez, Messi, Cristiano Ronaldo e Ribéry. Al centro della linea difensiva Hitzfeld nelle qualificazioni si è affidato all’esperienza: i titolari sono Steve Von Bergen, visto in Italia a Cesena e a Palermo, e adesso tornato in patria allo Young Boys e Johann Djorou. In prestito (l’ennesimo) all’Amburgo dall’Arsenal, la sua partecipazione ai Mondiali è in dubbio per un brutto trauma alle vertebre cervicali rimediato in occasione dello spareggio salvezza contro il Greuther Fürth. Potrebbe essere una buona occasione per la gioventù di Fabian Schär, ventiduenne del Basilea, difensore di personalità, abile nel gioco aereo e con un piede destro educato in fase di impostazione. In mezzo la Svizzera schiera il centrocampo del Napoli: i titolari sono Valon Behrami e Gökhan Inler e il primo e unico cambio, visto che nelle qualificazioni non ha giocato nessun altro, è Blerim Dzemaili. Il talento della squadra è concentrato nella zona alle spalle del centravanti. Nominalmente a destra gioca il talentuosissimo ventiduenne Xherdan Shaqiri del Bayern Monaco: mancino puro, piccolo, potente, rapido, dotato di dribbling stretto e grande conclusione della distanza. Sull’altra fascia si alternano come già detto Stocker e Barnetta. Il primo è un mancino naturale capace di dare profondità alla squadra così come di giocare tra le linee. Barnetta invece, destro di piede fornisce un maggiore contributo interno tagliando verso il centro con il proprio piede forte. Dietro al centravanti gioca il tutto sommato ancora poco conosciuto Granit Xhaka, in forza al Borussia Mönchengladbach. Xhaka è un mio pallino. Esordisce in Nazionale a 18 anni a Wembley contro l’Inghilterra. Non so perché, ma io sono davanti a una TV a guardare quella partita. E vedo a centrocampo un giocatore di eleganza rara, senso e tempo del gioco, un piede mancino usato con incredibile naturalezza e grandi capacità di giocare sul corto e sul lungo con uguale efficacia e con scelte sempre efficaci. Mi innamoro. Nel suo club gioca da interno di centrocampo (come nella partita con l’Inghilterra), in Nazionale gioca 20 metri più avanti. Le sue cifre nel Borussia recitano di un solo gol e un solo assist in due stagioni, un bottino davvero misero per un calciatore delle sue qualità. Nelle nove partite giocate nelle qualificazioni invece ha messo a referto due gol e quattro assist, mettendo in mostra il suo notevole sinistro dalla distanza. È un giocatore chiaramente ricco di talento, ma altrettanto chiaramente non ancora definitivamente esploso a livelli altissimi (se mai lo farà). Probabilmente ha la necessità di crescere ancora un po’ fisicamente per sopperire a una velocità di base non eccessiva. Proprio per le sue caratteristiche atletiche il suo ruolo ideale e quello dove potrebbe raggiungere i livelli di gioco più elevati sembra essere quello di interno di centrocampo, anche se i dati di gol e assist sembrano suggerire il contrario. Il ruolo di centravanti sembrava essere stato conquistato durante le qualificazioni da Seferovic, centravanti ex Fiorentina della Real Sociedad, capocannoniere di quei famosi Mondiali under 17. È una prima punta mancina, forte fisicamente, con un calcio potente, capace sia di giocare spalle alla porta che di allungare la squadra attaccando la profondità. A insidiargli il posto il ventunenne Josip Drmic autore di una doppietta nell’ultima amichevole contro la “sua” Croazia e capace di una stagione da 17 gol e 3 assist su 30 partite nel Norimberga. Drmic, appena passato per 6 milioni di euro al Bayer Leverkusen, è un centravanti più veloce, ma meno potente rispetto a Seferovic. https://www.youtube.com/watch?v=sm95hEMOc4c

D'accordo, era un'amichevole, ma la Svizzera ha battuto il Brasile .

TRA LE LINEE E SUGLI ESTERNI La Svizzera ha un’idea di gioco ben precisa e la esegue molto bene. Il fatto di avere un undici base molto definito di certo supporta la sensazione di vedere all’opera una squadra di club per chiarezza e costanza delle direttrici del gioco della squadra. La Svizzera dei Mondiali di Sudafrica era una squadra speculativa, schierata un rigido 4-4-2 capace di esaltarsi in partite puramente difensive come quella contro la Spagna e impotente offensivamente contro l’Honduras quando il copione del match la costringeva a fare la partita. Questa Svizzera è molto diversa. E la differenza la fanno il talento di Shaqiri, Xhaka e Stocker dalla tre quarti campo in su e la crescita di giocatori ormai pienamente maturi quali Lichtsteiner e Inler. Il calcio degli elvetici è un calcio propositivo, attivo più che reattivo, molto dinamico. L’idea di base in fase di possesso palla è quella di giocare palla a terra e di giungere la tre quarti avversaria senza manovre troppo lunghe o complesse. Preferenzialmente l’azione parte dai difensori centrali con i due interni che cercano di ricevere il pallone aprendosi ai fianchi del duo difensivo. Il movimento ad abbassarsi dell’interno innesca una serie di meccanismi nel resto della squadra: il terzino si alza, l’esterno taglia dentro, la punta si allunga e si apre dal lato del pallone, la mezzapunta Xhaka viene incontro a dare una soluzione corta. Il meccanismo è piuttosto oliato sul lato destro del campo dove Shaqiri non dà mai profondità e taglia costantemente verso il centro del campo, Lichtsteiner che fornisce ampiezza al gioco e il centravanti profondità. Xhaka, da mezzapunta, non attacca mai la profondità o lo spazio sopra il centravanti, ma gioca sempre in appoggio ai centrocampisti in un ruolo di facilitatore del gioco. L’idea è sempre quella di far ricevere il pallone ai tre giocatori che giocano alle spalle del centravanti nella zona tra le linee del centrocampo e la difesa avversaria o, nel caso di presenza di un mediano basso, ai fianchi dello stesso.

Behrami si abbassa a ricevere il pallone. Shaqiri taglia dentro, Seferovic si apre a destra, Lichtsteiner fornisce ampiezza, Xhaka supporta.

Da tali ricezioni nasce il gioco offensivo della Svizzera. Possono nascere combinazioni strette tra le tre mezzepunte e il centravanti, conclusioni a rete dalla distanza (ci sono in squadra tanti ottimi tiratori dalla distanza: Shaqiri, Xhaka, Stocker, Inler, Dzemaili) o si può sviluppare il gioco sugli esterni con Lichtsteiner e Rodríguez che attaccano costantemente lo spazio lasciato libero dai tagli interni di Shaqiri e Stocker/Barnetta. In fasi di possesso palla consolidato non è raro vedere entrambi i terzini alti in fase offensiva con le tre mezzepunte strette alle spalle del centravanti. Le armi principali della squadra di Hitzfeld sono il gioco tra le linee e l’incessante spinta dei terzini. Poi, dei due interni Behrami rimane sempre in appoggio, mentre Inler è più libero di inserirsi in profondità anche per sfruttare le proprie capacità di tiro. http://youtu.be/B5d6KEJ015Q?t=1m5s

Il gol di Xhaka è un buon esempio del gioco della Svizzera: ricezione tra le linee e tiro da fuori. A Xhaka piace segnare alla Slovenia.

La fase di transizione offensiva è giocata con estrema rapidità. Anche in questo caso l’idea è quella di arrivare velocemente nella metà campo avversaria. Riconquistata palla si cerca per questo la giocata in verticale preferibilmente rasoterra verso Xhaka o Shaqiri. Il primo, che in fase di non possesso gioca sul centrocampista basso avversario, si rende disponibile muovendosi verso il pallone o ai fianchi del mediano avversario; l’esterno invece, che non è sempre puntuale nell’allineamento in fase difensiva con gli interni di centrocampo, si muove internamente per ricevere dentro il campo. Anche in fase di transizione offensiva il contributo dei terzini, specie di Lichtsteiner, è puntuale e capace di ribaltare con velocità il fronte del gioco. In fase di non possesso la Svizzera gioca con due linee di quattro schierate e Xhaka a gravitare sul centrocampista basso avversario. Come detto, Shaqiri, per scelta e per necessità, in queste fasi di gioco non sempre si allinea con gli altri tre centrocampisti, rimanendo più alto e operando in pressione avanzata. Ciò gli consente di sprecare meno energie e di essere disponibile in posizione avanzata nelle fasi di ripartenza. Proprio la presenza dal lato destro del campo dell’esterno del Bayern Monaco rende rigide le posizioni degli interni, con Behrami che gioca costantemente sul centro destra a coprire con le proprie doti di corsa e contrasto le caratteristiche offensive di Shaqiri. La squadra si compatta schierando le linee, ma l’atteggiamento assunto è parecchio attivo con i giocatori che provano a riconquistare la palla anche nella metà campo avversaria. In ogni caso la Svizzera è capace anche di giocare proficuamente fasi di difesa bassa nella propria metà campo stringendo lo spazio tra le linee di difesa e centrocampo. La scelta di un atteggiamento attivo nella riconquista della palla comporta che i componenti della linea di centrocampo, che tendono quindi ad aggredire gli avversari, solo raramente sono disponibili ad integrarsi nella linea difensiva anche in occasione di cross provenienti dalle fasce: l’abbassamento di un interno sulla linea dei centrali o di un esterno come “quinto” di difesa sul lato debole non è l’atteggiamento tattico abituale della Svizzera. I quattro dietro devono reggere la linea da soli e lo fanno stringendo molto le loro posizioni reciproche anche a costo di lasciare spazio sugli esterni. È una linea difensiva molto tattica e attiva nei movimenti ad elastico in risposta alle situazioni di palla coperta/palla scoperta. Il costante supporto dei terzini alla fase offensiva costringe i centrali a sapere gestire situazioni di contrattacco avversario in campo aperto, quasi sempre supportati da Behrami, fondamentale in questa squadra per le sue capacità di inseguire gli avversari negli spazi ampi. Il maggiore punto debole della squadra deriva in realtà direttamente dalle scelte tattiche di Hitzfeld. La gestione del lato debole della linea difensiva, anche e specie in occasione di cross dalle fasce, è talvolta problematica: l’assenza di un “quinto” di difesa o di un mediano in posizione bassa che consenta loro una posizione più aperta costringe i terzini a stare vicini ai centrali e a sguarnire la posizione esterna. E in alcune occasioni, specie quanto il lato debole è quello di Rodríguez, ciò rende particolarmente vulnerabile quella zona difensiva di campo. La gestione dello spazio difensivo in soli quattro uomini rende inoltre esposta la linea difensiva agli inserimenti da dietro in occasione di cross. http://www.youtube.com/watch?v=hx8pioeoAe4

L’uomo di Rodríguez (il numero 7 dell’Islanda) segna tre gol di cui due venendo dal lato debole marcato dal terzino sinistro svizzero. Nel primo gol di Lichtsteiner anche Rodríguez è in attacco. Dal secondo gol del terzino della Juventus si capisce benissimo il suo contributo anche in fase di ripartenza veloce.

DOVE PUO’ ARRIVARE LA SVIZZERA? La vera forza della squadra è il brillante gioco messo in campo e la coesione tattica paragonabile a quella di un club. Il talento è concentrato nei ruoli di terzino, dove Lichtsteiner e Rodríguez per capacità individuali e interpretazione del ruolo sono tra i più forti della Coppa e, in valore assoluto minore, alle spalle del centravanti. Per una competizione lunga e dispendiosa come i Mondiali la rosa sembra un po’ corta con ricambi non all’altezza dei titolari e degli altri 4/5 giocatori abitualmente impiegati. Anche l’assenza di un centravanti maggiormente affidabile è un limite alle ambizioni degli elvetici. Il girone della Svizzera è tutto sommato agevole. La prima partita è contro l’Ecuador, la seconda contro la Francia e quella conclusiva nuovamente contro l’Honduras. Questa volta la squadra ha talento sufficiente per vincere contro i centroamericani nell’ultimo match. La sensazione è che la partita con la Francia sia decisiva per il primo posto del girone che garantirebbe di affrontare l’ottavo di finale scansando probabilmente l’Argentina e prendendo la seconda del girone dell’albiceleste, una tra Bosnia, Nigeria o Iran; un ottavo che sarebbe di certo alla portata degli elvetici. Rispetto ai francesi gli svizzeri hanno meno talento, ma di certo un gioco migliore e una squadra più affidabile. Nel 1994 e nel 2006 la Svizzera si è fermata agli ottavi perdendo rispettivamente contro la Spagna per 3-0 e ai rigori contro l’Ucraina. Nel 2010 si è fermata al primo turno. L’impressione è che stavolta la squadra abbia le potenzialità tecniche e tattiche per migliorare questi risultati. Alla consueta compattezza messa in mostra anche ai precedenti Mondiali e che ha consentito di battere, seppure in amichevole, Germania e Brasile, i rosso-crociati hanno aggiunto soluzioni tattiche più brillanti, rese possibili dall’affacciarsi alla ribalta di giovani calciatori pieni di talento. Un posto tra le prime otto, a confermare la posizione nel ranking, è alla portata delle capacità della squadra di Hitzfeld.

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