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Valentino Tola
Guida al Mondiale: Spagna
04 giu 2014
04 giu 2014
La Nazionale di Vicente del Bosque è pronta a difendere il titolo di Campione del Mondo, ma la mancanza di motivazioni di chi ha vinto tutto è un ostacolo difficile da superare.
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Valentino Tola
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Per noi infallibili tecnici da tastiera, Don Vicente del Bosque è sempre stato un soggetto spinoso: sì, va bene, hai vinto il primo Mondiale in assoluto per la Spagna, ma perché quel doppio mediano? D’accordo, hai vinto pure l’Europeo e sei entrato nella storia e forse anche nella leggenda, ma perché giochi senza attaccanti? E non credere che ci siamo dimenticati di quel Marchena dentro per Xabi Alonso nel recupero della semifinale del 2010 con la Germania, che se i tedeschi pareggiavano poi i supplementari non si potevano giocare con quella formazione! Adesso che la critica si è piegata alla logica del doppio mediano, quando manca uno fra Xabi Alonso e Busquets qualcuno rimprovera a del Bosque di optare per un solo mediano e un centrocampo troppo leggero. Insomma, qualunque cosa faccia il CT spagnolo, con tanto talento a disposizione inevitabilmente la scelta che non ha fatto è sempre la migliore. Sottotraccia c’è quel pregiudizio (chi scrive ne è periodicamente portatore) che vuole del Bosque gestore più che stratega, persona di buonsenso valida ma che…insomma-anche-io-sono-bravo-con-quelli-là. Il bello è che Don Vicente continua ad avere ragione senza dare nessuna soddisfazione ai suoi critici (comunque sempre contenuti nei toni visti i risultati), senza numeri come quelli di Aragonés che non si sottraeva a risse radiofoniche a proposito della mancata convocazione di Raúl. Con eleganza, non rivendica alcunché, al massimo in piena polemica sul doppio mediano nel 2010 si limita a dire che se rinascesse vorrebbe essere Busquets. Ma forse il momento in cui il consenso è massimo attorno alla Nazionale e al suo allenatore è anche quello più pericoloso, il momento in cui dopo aver vinto tutto è bene cominciare a introdurre qualche cambio. Ciò che rende pericoloso questo momento però è che i giocatori migliori continuano a essere quelli già un po’ logori. L’insidia dietro l’angolo sta nel fatto che, avendo seguito l’onda del grande Barça (anzi, in realtà il successo all’Euro 2008 l’ha leggermente preceduta: prima di quell’Europeo Xavi era un giocatore discusso e possibile partente, è diventato dopo un uomo-squadra), questa Nazionale possa seguirne anche il declino.

Uno schema della Spagna dell’ultimo Europeo.

2014: FUGA DAL MODELLO BARÇA? In realtà del Bosque dispone di argomenti per sfuggire a questa trappola. Il primo è che il calcio della sua Nazionale, dietro il linguaggio comune del possesso-palla, è assai diverso da quello storico del Barça. La lingua spagnola rende meglio la sottile eppure significativa differenza tra il “juego de posición” blaugrana e il puro “juego de posesión” di questa Nazionale. Ora, se il gioco del Barça è difficile da replicare perché il talento resta una risorsa scarsa, ma ha comunque una sua grammatica (cambiano i giocatori ma le posizioni restano sempre quelle a seconda delle varie fasi del gioco, e poi gli appoggi lontani, l’uomo libero nella linea successiva etc.), quello dell’ultima Spagna vincente nel 2012 è un paradigma sconsigliato perché difficile addirittura da analizzare come sistema, quasi diseducativo per chi lo guarda. Talvolta senza meccanismi riconoscibili, altre volte con una distribuzione sul campo persino illogica, i giocatori dove capitano si limitano a non perdere mai la palla e aspettare che arrivi l’occasione. All’ultimo Europeo è capitato di vedere uno-massimo due giocatori scattare oltre la linea della palla e che, con Cesc falso centravanti, il più avanzato di tutta la squadra risultasse il terzino Jordi Alba in sovrapposizione! E qui veniamo alla seconda caratteristica distinta del tiqui-taca di del Bosque: è difensivo. Tremendamente difensivo. Al riparo della coppia Xabi Alonso-Busquets, Don Vicente compete su basi completamente diverse dal Barça. Laddove il modello catalano si affidava a Xavi e a Messi per congelare la partita nella metà campo offensiva e far collassare le linee avversarie senza possibilità di ripartire, del Bosque si tutela con due mediani dietro la linea della palla. Scelta che sollevò un putiferio agli inizi, perché il “doble pivote” appesantiva in eccesso l’inizio dell’azione, quasi un tappo all’uscita della palla dalla difesa, e perché la presenza di Busquets spesso costringeva Xabi Alonso a illogici movimenti oltre la linea della palla, non sempre basso a ricevere dai difensori. Ora però l’intesa si è affinata, i cambi di posizione più fluidi lasciano a Xabi Alonso la leadership in regia, e tutti e due si giovano della reciproca collaborazione (Xabi è un eccellente cervello anche difensivo, ma non mobilissimo come unico mediano). Occorre ricordare che Xabi Alonso non c’era nella Confederations Cup, dove a essere travolto dal ritmo superiore dei padroni di casa (la furia brasiliana contro il palleggio spagnolo: scherzi della storia) fu il blocco del Barça, con Xavi e Iniesta mezz'ala in assenza di Xabi Alonso. Con il basco disponibile, del Bosque può giovarsi delle migliori qualità dei due blaugrana senza dipendere interamente da loro, senza esporsi agli stessi contraccolpi che subisce il Barcellona. Una volta che porti la palla sulla trequarti avversaria, Xavi resta il migliore nel consolidare il possesso, e anche Iniesta sembra beneficiare della posizione diversa nella Nazionale, da quarto/quinto a sinistra nel 4-2-3-1 o 4-4-2 invece che da mezz'ala pura nel 4-3-3. Un giocatore con momenti alla Zidane nell’ordinare il gioco, ma che non è Zidane al completo perché vive anche di fasi in cui si allontana per poi riapparire tra le linee. E ricevere palla largo per poi svariare, come fa in Nazionale, dà una grande sicurezza a lui e a tutta la squadra.

Un altro schema della Spagna dell’ultimo Europeo.

Oltre che per completare la rete di sicurezza per i cervelli blaugrana, Xabi Alonso è fondamentale in sé, in quanto principale acceleratore della manovra. Il suo passaggio verticale, così tagliente, così veloce eppure sempre perfettamente su misura per il controllo del compagno non ce l’ha nessuno, neppure il miglior Xavi (che però ha più capacità di proteggere palla sul pressing). Quello che per il 90% dei centrocampisti sarebbe un passaggio rischioso (frontale) per il madridista è il colpo di rasoio che apre qualsiasi sistema difensivo, e costringe l’avversario a correre verso la propria porta, sia smarcando il compagno tra le linee o cambiando completamente fronte con un lancio di 40 metri verso l’altra fascia. I LIMITI DEL “TIQUI-NACCIO” E LE POSSIBILI SOLUZIONI Insomma, se la Spagna coi suoi migliori 11 non sembra incline a perdere per mancanza di coesione fra i reparti come l’ultimo Barça, potrebbe perdere invece per la scarsa presenza offensiva. Giochicchiare con gli avversari come se fossero cavie sfruttando le occasioni contate (vedi quarto di finale con la Francia 2012) non si può ripetere in eterno. Serve più profondità. L’estremizzazione del possesso-palla in chiave ultra-difensiva del 2012 coincise anche con l’indisponibilità di Villa e la già palese inaffidabilità di Torres, portando a Cesc unica punta. Ora però la rosa potrebbe offrire la possibilità di un ritorno al 2008, quando la Spagna di Aragonés per gran parte del torneo agitava le difese avversarie coi tagli di due punte, Torres e Villa, in un gioco più offensivo ma anche con fasi di contropiede (una volta passati in vantaggio) assenti nell’attuale Eterno Possesso. Carenza di profondità che è un altro grande limite dell’ultimo Barça da cui del Bosque può fuggire con un nuovo grande acquisto: Diego Costa. Un giocatore che ti spinge avanti di qualche metro senza dover per forza aspettare il passaggio fatto col righello che smarchi X o Y tra le linee. Il dubbio, oltre che le condizioni in cui arriverà al Mondiale, riguarda il ritmo di gioco, tanto diverso nel passaggio da Atlético Madrid a Nazionale: contro l’Italia, nell’unica partita in Nazionale di Diego Costa finora, quindi non proprio il massimo dell’attendibilità, il brasiliano ha avuto difficoltà a inserirsi in un gioco senza gli strappi e i ribaltamenti dell’Atlético, un’intensità che travolge anche le sue possibili sbavature tecniche, mentre ristagnando da unica punta in un sistema tanto basato sulla pazienza resta da vedere come possa entrare in gioco l’irruenza della stella colchonera. E Diego Costa non è neanche così inquadrabile in un gioco che lo destini a un ruolo di riferimento offensivo unico, a presidio dell’area avversaria invece che a svariare con i tagli dentro-fuori dell’Atlético. Diego Costa non è questo, non è lavoro da boa spalle alla porta e non è attesa del cross, motivo per cui sarebbe tutt’altro che disprezzabile un tentativo con il brasiliano più un altro attaccante, in una riedizione delle due punte o del 2008, o magari sempre in un 4-2-3-1/4-5-1 con Diego Costa che carica verso l’area da una fascia (in quel caso andrebbe riposizionato Iniesta, mezz'ala oppure alto a destra). L’altro attaccante potrebbe essere uno fra Torres e Villa. Fa un po’ storcere il naso l’idea di lasciare a casa Negredo, qualitativamente inferiore rispetto ai convocati finali e anche rispetto all’altro escluso Llorente, ma con il vantaggio di una maggiore versatilità: al tempo stesso può attaccare l’area sui cross (cosa che manca a Villa e Torres), può cavarsela sul breve e può attaccare con una certa velocità gli spazi sia in verticale, contro difese alte, che tagliando verso le fasce (aspetti in cui Llorente avrebbe fatto più fatica).

Con queste convocazioni il peso di occupare l’area di rigore ricade sul solo Diego Costa, col rischio di ricadere nello stesso limite del Barça declinante contro difese schierate molto basse. Ancora di più se a ciò aggiungiamo che come il Barça questa Nazionale dispone di pochissime soluzioni per arrivare alla linea di fondo. Non sarà una cosa tanto sfacciata come quando gli avversari lasciano le fasce al Barça perché tanto non crea pericoli coi cross, però questa squadra rischia di doversi sudare parecchio il gol contro difese schierate. Navas era l’alternativa-chiave per arrivare alla linea di fondo ma non è stato giudicato fisicamente idoneo al momento delle convocazioni, mentre Deulofeu, interessante mossa che nell’amichevole con la Bolivia ha coperto esattamente il buco lasciato da Navas (il giocatore dell’Everton, prossimo al rientro al Barça, è uno dei pochi dribblatori puri fra gli esterni spagnoli), rimane ancora un esperimento in chiave post-Mondiale. Anche Pedro (tendenzialmente preferito da del Bosque a un’altra delle deliziose miniature del centrocampo, David Silva), che pure sembra beneficiare di maggior libertà rispetto al Barça e non di rado apporta un incisivo cambio di ritmo (vedi supplementari col Portogallo all’ultimo Europeo), non è uno che ti regala facilmente la linea di fondo e il “pase de la muerte”. Aumenta con ciò la responsabilità offensiva dei terzini, sperando in un altro Jordi Alba come quello del 2012 e nel passato da ala di Juanfran (forse preferito proprio per questo, anche al netto dei limiti difensivi, al madridista Carvajal). Cosa che potrebbe rendere ancora più indispensabile un doble pivote Busquets-Xabi Alonso a dare copertura laterale. IL RICAMBIO PUÒ ATTENDERE Il caso di Deulofeu introduce un altro potenziale problema di questa Nazionale: il ricambio generazionale, sempre difficile da introdurre nella misura e nella tempistica giuste in una squadra pluricampione. Del Bosque riconosce che “gli occhi dei giocatori, dopo aver vinto tanto, non son più gli stessi”, ma le convocazioni non presentano tante novità stimolanti. Pur sperando negli occhi iniettati di sangue di Diego Costa, è stato forse un errore scartare anche dai pre-convocati quell’Isco che avrebbe introdotto una figura paradossalmente carente in una rosa così tecnica: il numero 10 con una fantasia e una propensione al gol superiore alla media dei centrocampisti già presenti, in grado di scombinare con una giocata i piani avversari. Questo ruolo invece toccherà al più dinamico che fantasioso Fàbregas, come alternativa verticale a Xavi sulla trequarti (più difficile invece vederlo nuovamente centravanti nel caso gli attaccanti arrivassero tutti sani): un altro che beneficia della maggior libertà di movimento rispetto al gioco di posizione del Barça, rare volte deludente con la Nazionale. Più difficile inquadrare le prospettive di Koke, autore di una grandissima stagione all’Atlético, il cui pregio, la completezza e versatilità (abbina le qualità del cursore e del palleggiatore), può diventare anche il suo limite in questa Nazionale: sa fare tutto, ma in ogni ruolo c’è sempre uno specialista di maggior qualità (sulla trequarti o partendo dalla fascia non ha il controllo e la visione di gioco di Iniesta, Xavi, Silva e anche Cazorla, come appoggio all’attacco Fàbregas ha più qualità, come mediano più bloccato—ruolo svolto da Koke assieme ad Illarramendi nell’ultima Under 21 campione d’Europa,—ci sono già Busquets e Xabi Alonso, per non parlare di Iturraspe dell’Athletic Bilbao che è rimasto fuori dai 23 finali ma sarebbe stato comunque più portato di lui per il ruolo). Il limite di Mata, ottimo giocatore ma forse il meno necessario di tutti i convocati, è quello invece di saper fare benissimo una sola cosa che i suoi concorrenti tuttavia sanno fare anche meglio di lui. Partire da una fascia, tagliare dentro, smarcarsi tra le linee, scambiare palla in spazi stretti, venire incontro al portatore di palla…come dicono in Spagna, más de lo mismo, senza le aggiunte in termini di dribbling secco, fiuto del gol o gioco all’ala di cui questa Nazionale avrebbe bisogno. Anche in difesa le scelte sollevano qualche dubbio: perché non promuovere come primo ricambio per Piqué e Ramos un altro Under 21 di indubbio talento come il mancino della Real Sociedad Iñigo Martínez invece che un mestierante dagli “occhi che non son più gli stessi” come Albiol? La mancata convocazione di Arbeloa, comunque finito riserva al Real Madrid, ha poi tolto margini di scelta perché il madridista avrebbe potuto fare tre ruoli (terzino sulle due fasce o centrale). Molto probabilmente sarà Javi Martínez (non troppo adatto come palleggiatore a centrocampo) l’altro ricambio per i difensori centrali, mentre la polivalenza di Azpilicueta (concorrente di Juanfran a destra, ma anche ricambio d’emergenza per Jordi Alba a sinistra) ha avuto la meglio sull’escluso Alberto Moreno del Sevilla, talento nettamente superiore ma esclusivamente mancino. Non rassicura del tutto nemmeno la porta, con la pesante (ma non irrimediabile come al Barça) assenza di Valdés e l’evidente calo di Casillas nell’ultimo anno (non certo colpa di Mourinho): le gerarchie lo impediscono, ma che sia già l’ora di De Gea? https://www.youtube.com/watch?v=oQo2sZDlPPE

L'ultima amichevole della Spagna con la Bolivia. Forse sarebbe più interessante se vendessero i diritti tv delle amichevoli in allenamento, Spagna A- Spagna B, vista la rosa a disposizione.

CONCLUSIONI Non sono i fattori tecnico-tattici il principale ostacolo di fronte alla Spagna che si appresta a difendere il titolo di Campione del Mondo. Contando anche su Diego Costa, del Bosque dispone di qualche risorsa in più per aggirare la trappola del declino in cui è caduto il Barça, l’altro grande simbolo del calcio spagnolo di questi ultimi anni. Il pericolo maggiore semmai può venire da un certo conservatorismo nelle scelte della panchina e nell’appagamento dei giocatori, entrambi fattori fisiologici. In un certo senso, se vogliamo paradossale, il sorteggio ha però dato una mano riservando alla Spagna il gruppo forse più difficile di tutto il torneo: esordire contro l’Olanda ti impone di drizzare subito le antenne, così come affrontare un Cile che ti ha già fatto vedere i sorci verdi in amichevole. Contro van Gaal potrebbe essere una gara alla pari e relativamente aperta in cui la Spagna possa far pesare la sua capacità di controllo senza l’ansia di dover fare gol, mentre lo stesso Cile col suo impressionante pressing potrebbe comunque rimanere scottato da una rete di passaggi fra Xabi Alonso, Xavi e Busquets più difficile da tracciare rispetto a quella dell’amichevole citata (dove la Spagna giocò con Javi García davanti alla difesa) e un Diego Costa che avrebbe spazio per correre alle spalle dell’altissima difesa cilena. Una partita in cui la Spagna rischia di incassare di più ma anche di avere più occasioni rispetto al tipico incontro di qualificazione con la Bielorussia. Se poi aggiungiamo che chi arriva secondo nel girone della Spagna rischia di incontrare subito il Brasile agli ottavi, gli stimoli sarà bene farseli venire da subito.

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