INTRODUZIONE
Circa un mese prima dell'inizio del torneo, la birra Cristal (sponsor ufficiale della Nazionale cilena) ha diffuso una pubblicità in vista dei Mondiali. La campagna si chiama “Il Cile fa paura” (#ChileMeteMiedo), e consiste in alcune scene di film horror interpretate dei giocatori della Nazionale. C'è Arturo Vidal che esce dal televisore in stile The Ring, c'è il portiere e capitano Claudio Bravo, la cui immagine è raddoppiata al centro del corridoio di un albergo come le gemelle di Shining. Nell'ultima scena dello spot si vede Santiago del Cile in estate, con 50 gradi all'ombra e l'asfalto che si squaglia. È in quel momento che si scopre che l'unica cosa da bere è proprio la Cristal. Nonostante tutto lo spot rende bene l'idea di che tipo di squadra sia il Cile. Corrono e tengono il ritmo della partita alto togliendo agli avversari ogni possibilità di riposarsi. Non c'è zona del campo in cui nascondersi, per rifiatare anche solo per qualche momento. I cileni vanno alla caccia degli avversari e della palla per 90 minuti (120 minuti nella director's cut) senza mai rallentare. Sì, il Cile può fare paura.
I DUE ALEXIS SÁNCHEZ
Ci sono due Alexis Sánchez. Uno gioca nel Barcellona, l'altro gioca nella Nazionale del Cile. L'Alexis Sánchez blaugrana mica è poca cosa. Dopo un periodo di ambientamento questa stagione ha fatto un grande salto di qualità. Ora gioca di più, segna di più, e manda più compagni in gol con i suoi assist: ha giocato 27 partite da titolare (subentrato 7 volte), segnando ben 19 volte. Gli assist sono 10. Numeri impressionanti, difficili da raggiungere spostato sulla fascia, ma Alexis Sánchez nel Barcellona serve a una cosa: lasciare totale libertà a Leo Messi. Scusate la digressione sul Barcellona ma confrontarlo con il Cile, e vedere i due Alexis Sánchez, può essere illuminante: nel Barcellona Alexis Sánchez è una chiave inglese; con la maglia rossa del Cile è il motore. Non che tocchi a lui a controllare le partite del Cile (ci pensano altri), ma nel senso che gioca da attaccante puro e che molti degli attacchi cileni finiscono tra i piedi del Niño maravilla. Arrivare al Barcellona può essere difficile per chi non è cresciuto nella Masía, per chi non è cresciuto all'ombra del Camp Nou. Può essere difficile imparare i movimenti, le sovrapposizioni, il ritmo. Il Barcellona è costruito per tenere la palla, per vincere con la palla, per vivere con la palla. Il Cile, pur essendo una squadra offensiva come il Barcellona, è un'altra cosa. Se il Barcellona può giocare a 40 km/h per dieci minuti per poi accelerare fino ai 130 km/h in un istante decisivo, il Cile cerca di giocare a 110 km/h per 90 minuti. È una squadra senza paura di sbagliare, sempre in cerca di nuove opportunità. Sanno che se giocassero più lentamente, con più prudenza, non avrebbero altrettante opportunità. Da questo possiamo arrivare tranquillamente alla conclusione che il Cile di Sampaoli assomiglia molto al Cile che fu di Marcelo Bielsa. Quel Cile che giocava un calcio offensivo, energico, per cui tanti hanno tifato nel 2010. Quindi si potrebbe pensare che il passaggio di mano sia stato armonico. Nossignori, siamo in America del Sud: i passaggi di mano tranquilli non esistono.
CAMBIARE FORMA
A questo punto è necessario un piccolo passo indietro, cioè un breve riepilogo della cronologia dal 2010 al 2014, altrimenti è difficile capire perché Sampaoli e il suo Cile sono così eccitanti. Dopo i Mondiali del 2010 assunse il commando Claudio Borghi, che fu un disastro. Poco più, poco meno. L'estate dopo i Mondiali c'era la Copa America dove il Cile fu eliminato nei quarti, ciao e grazie. Vinse due partite, una col Messico (che finì il torneo con zero punti e un singolo gol fatto, proprio al Cile) ed uno col Perù (grazie ad un autogol peruviano al 92°). Neanche la qualificazione per i Mondiali in Brasile andava bene, e delle 9 partite in cui c'era Borghi sulla panchina il Cile ne ha vinte quattro e perse cinque. Il quarto posto e la qualificazione automatica a quel punto sembravano molto lontani. Borghi è stato cacciato nel novembre del 2012, sostituito con Jorge Sampaoli che aveva fatto delle grandi cose con La Universidad de Chile. Un sacco di campionati cileni e una Copa Sudamericana vinta in grande stile con un gioco molto simile a quello che associamo con il bielsismo.
La “U” ha giocato 12 partite segnando 21 gol e subendone solamente 2. Sampaoli, come il suo mito Bielsa, è argentino. Si assomigliano tanto, anche se va detto subito che non si tratta di una copia banale. Sampaoli si inspira molto al suo maestro, e lo si vede in campo, ma il suo successo lo deve solo a se stesso. Sotto molti aspetti ha persino sviluppato quel che aveva fatto Bielsa in precedenza. La sua carriera da allenatore è iniziata a Rosario, dove il presidente del Newell's Old Boys l'aveva notato quando, per aggirare una squalifica, allenava la sua squadra amatoriale seduto sul ramo di un albero a bordo campo, gridando istruzioni ai giocatori da lì in alto. Il Newell's, un club familiare proprio a Marcello Bielsa, lo ha preso per allenare la propria squadra satellite, poi Sampaoli ha lasciato l'Argentina per trovare opportunità più grandi ed emigrò al Perù, e da lì ha raggiunto il Cile. Appena subentrato Sampaoli, il Cile si è qualificato abbastanza facilmente. Dopo aver perso l'esordio, Sampaoli ha vinto cinque partite su sette (in vantaggio 3-0, dopo un crollo incredibile, l'incontro con la Colombia è finito 3-3). Con il suo pupillo in campo, il regista Marcelo Díaz, il Cile conosce solo la vittoria.
È difficile indicare un modulo di base per Sampaoli. Preferisce il 3-4-3 (oppure il 3-3-1-3), ma cambia spesso. Inoltre sono tutti moduli malleabili, e si sovrappongono. Se il 3-3-1-3 del Cile assomiglia molto a un 4-3-3 è anche perché si passa dall'uno all'altro a seconda dei momenti. È probabile che siano stati adottati anche altri moduli, che in alcune fasi di alcune partite abbiano usato il 4-2-3-1 e/o il 4-3-1-2 e/o il 4-4-2. Il punto è questo: è inutile parlarne, perché il Cile cambia forma spesso e velocemente. La filosofia di fondo, però, il modo in cui vogliono giocare, resta lo stesso. È quel che conta, non i numeri che diventano obsoleti già al 10° del primo tempo. Così il Cile di Sampaoli può essere considerato la prima squadra post-strutturalista del calcio, almeno la prima dopo l'Olanda degli anni '70.
Quindi, il modulo è una distrazione e qualcosa che può solo procuraci un mal di testa. Ci sono comunque delle caratteriste tattiche importanti per il gioco della roja: i terzini così alti che diventano ali, gli attaccanti che tagliano dalle fasce verso l'interno, sempre alla caccia di un passaggio filtrante; più un trequartista che si muove tra le linee e un regista che fa circolare la palla, sempre pronto a lanciare attacchi verticali. Una difesa fluida, che si adatta di partita in partita passando da una linea di quattro a una di tre. E pressing. Pressing preciso, pressing faticoso, pressing pazzesco.
In attacco gioca quasi sempre il tridente composto da Alexis Sánchez e Eduardo Vargas, forniti di palloni giocabili da Jorge Valdivia che sotto Sampaoli sta esprimendo il meglio di se stesso. A occhio nudo Valdivia pare il classico numero dieci, ma fa molto di più. Parte da trequartista, giocando tra le linee, ma sale spesso in attacco nei buchi che lasciano Sánchez e Vargas con i loro movimenti costanti. Scende anche a centrocampo per liberarsi della marcatura o per creare superiorità. Vidal parte dalla posizione opposta, ma fa gli stessi cambi di direzione e insieme sono difficilissimi da tenere sotto controllo. Detto così Valdivia sembra un Simone Perrotta, ma ecco la chicca: ha tutta la fantasia e tecnica di un trequartista classico, fa dribbling, fa passeggi filtranti, fa bellezza. Ma lo fa con un'applicazione che neanche i tedeschi.
Quello cileno è un tridente abbastanza atipico. Manca, per esempio, un vero numero 9. Sampaoli ha nominato nella rosa preliminare due attaccanti di peso, Mauricio Pinilla e Gustavo Canales, ma presumibilmente solo uno di loro andrà in Brasile. Ma è anche probabile che se dovesse fare un cambio in corsa Sampaoli sceglierà di fare a meno di una prima punta classica per far entrare Fabián Orellana. Può giocare su entrambe le fasce, e sarebbe un'alternativa coerente ai titolari Alexis Sánchez e Eduardo Vargas.
Ancora non si sa chi sostituirà Arturo Vidal, che probabilmente salterà l'esordio con l'Australia per un ginocchio dolorante, ma a parte questo l'unico punto interrogativo è chi farà parte della difesa.
In porta ci sarà l'indiscusso Claudio Bravo, mentre in difesa ci saranno, in un modo o in un altro, Eugenio Mena e Gary Medel. Mena gioca terzino sinistro per il Santos, e lo fa anche per la Nazionale ma Sampaoli a volte l'ha schierato alla sinistra di una difesa a tre. Medel, che di lavoro fa il mediano in Premier League, qui è soprattutto da considerare un difensore. È uno dei due centrali quando è una difesa a quattro, e si sposta sul centrodestra quando sono tre difensori. Non c'è un altro centrale da considerare titolare fisso, ma Marcos González ha le probabilità migliori di giocare. È il difensore più classico nella rosa, e la sua altezza può diventare importante sui calci piazzati. Vedremo anche Jean Beausejour, l'alternativo a Mena come terzino sinistro. Va anche detto che al di là della fama di Alexis Sánchez e Arturo Vidal, il cileno più importante gioca per il Basilea e si chiama Marcelo Diaz. È la chiave del gioco cileno, il regista che lancia quasi tutti gli attacchi. Giocava per Sampaoli nella “U” e conosce i metodi e la filosofia del C.T. come le proprie tasche. Tenete d'occhio Diaz, ne vale la pena.
Per ora Sampaoli ha diffuso una prima lista di 30 giocatori convocati. Entro il 2 giugno andrà tagliata, arrivando a 23 nomi. È un po' ironico, considerando i due giocatori più conosciuti (Sánchez e Vidal) che in rosa ci siano così pochi giocatori di club europei. Ben 10 su 30 giocano nel campionato cileno, 14 in totale per club sudamericani. Anche questo è un tratto molto sampaoliano: oltre alle 7 partite nella qualificazione, Sampaoli si è sforzato affinché il Cile giocasse spesso contro squadre di un certo livello e qualità, senza temerle. Puoi sfidare i campioni del mondo, anche se quotidianamente giochi nel campionato cileno, svedese o svizzero. Wembley è solamente un edificio, i giocatori inglesi non sono per forza migliori solo perché sono famosi. Eccetera eccetera. Nel 2013 il Cile ha giocato molte amichevoli prestigiose. Ha battuto l'Inghilterra 2-0 in una partita in cui i cileni avrebbero potuto segnare il doppio dei gol, forse anche il triplo. Contro la Spagna sono andati in vantaggio due volte, hanno dominato i pluricampioni prima di subire il pareggio al 92°. Contro la Germania il Cile è stata la squadra nettamente più attiva ed impressionante, anche se alla fine hanno perso 0-1: i tedeschi sono stati fischiati dal loro stesso pubblico. Queste partite sono interessanti per due ragioni. Per prima cosa danno fiducia. Secondo poi mettono in mostra il Cile con i suoi pregi e i suoi difetti: il Cile crea tantissimo ma spreca altrettanto, e ci sono partite in cui sbaglia delle opportunità limpidissime. Durante un Mondiale questo potrebbe rivelarsi un difetto mortale.
È interessante dare un'occhiata al pareggio con la Spagna dello scorso novembre, visto che fanno parte dello stesso girone ai Mondiali. Quella partita è finita 2-2, ma anche se il Cile non ha vinto ha mostrato come vanno affrontati i campionissimi iberici. Il Cile faceva un pressing costante.
Nonostante l'altissima qualità tecnica gli spagnoli faticavano a tenere la palla. Era il Cile a dettare le condizioni della partita, a che ritmo si doveva giocare. La Spagna non ha retto questo ritmo e la mancanza di controllo l'ha frustrata. È facile immaginare cosa potrebbe fare il Cile contro squadre con un livello tecnico più modesto. Detto in un altro modo: se puoi fare tremare la Spagna puoi fare tremare chiunque. Poi c'è anche la fase difensiva, il punto debole del Cile. Sampaoli non sposta la linea difensiva sulla linea di metà campo come fa Bielsa, è un po' meno coraggioso. Ma nonostante questo i cileni giocano così alti che il pressing deve per forza andare a buon fine, altrimenti diventa un'occasione da gol per gli avversari. Fanno un pressing universale, coinvolgendo tutti i giocatori: Sánchez e Vargas pressano la difesa e il portiere e il centrocampo sfrutta la superiorità numerica (aiutato dagli attaccanti e/o i terzini). Questo modo di giocare ha bisogno di un portiere capace con la palla tra i piedi e veloce nelle uscite quando la difesa viene scavalcata. Per fortuna c'è Claudio Bravo, che anche se non è esattamente come Manuel Neuer, è quel tipo di portiere. Il Cile è comunque vulnerabile sotto questo aspetto, anche perché non ha centrali naturali e forti. Gli uomini di Sampaoli alzano il ritmo delle loro partite perché lo sopportano meglio dei loro avversari: così creano abbastanza opportunità da gol per segnare e tolgono spazio e tempo agli avversari per creare le loro occasioni.
Se invece guardiamo alla fase offensiva si può notare un concetto molto cileno. Qui sotto due foto dell'azione di attacco che ha portato al secondo gol cileno di Vargas:
Marcelo Diaz, il regista, è l'unica presenza centrale nella linea d'attacco. Eduardo Vargas è sceso a centrocampo. Le linee sono i movimenti che stanno per compiere i due.
Diaz è sceso a centrocampo e si fa dare la palla da Mauricio Isla, mentre Vargas approfitta del buco nella difesa spagnola e si spinge in avanti. Notevole anche il movimento di Alexis Sánchez: è il cileno in basso nella prima foto, nella seconda è in posizione di ala destra.
Sánchez e Vargas partono spesso dalle fasce per poi tagliare verso la porta, togliendo così punti di riferimento della difesa avversaria. Si vede molte volte durante le partite del Cile che quando ha la palla Marcelo Diaz a centrocampo Vargas e Sánchez sono sulle fasce, pronti a correre come fossero dei greyhound. Quando loro due si inseriscono i terzini diventano ali abbastanza alte ed assumono il controllo delle fasce. Notate nella prima foto Mauricio Isla, terzino destro, in una posizione offensiva che farebbe invidia anche ad Arjen Robben.
CONCLUSIONI
Una coltre di fatalismo ha circondato la Nazionale cilena per tanti anni. Con l'inizio del bielsismo si è andato oltre e adesso i cileni osano giocare con chiunque, ovunque. Poi, per questi Mondiali hanno pescato dall'urna (ancora, come nel 2010) la Spagna, l'Olanda e l'Australia. Se qualcuno vuole essere fatalista, forse una piccola giustificazione ce l'ha: le due finaliste degli ultimi Mondiali passati ed eventualmente lo scontro con l'ultimo tabù, il Brasile, se conquistassero il secondo posto del gruppo—il destino anche potrebbe essere un po' più sottile di così. Dall'altra parte va detto che dopo quella finale a Johannesburg, l'Olanda ha fallito (eccome) negli Europei 2012. La mancanza di Kevin Strootman sarà importante, non solo per la qualità del romanista ma anche per il possibile cambio di modulo verso una specie di 5-3-2. Van Gaal sostiene che le caratteristiche del calcio olandese non cambieranno, ma è sempre un rischio cambiare modulo senza sufficiente possibilità di provarlo sul campo. Gli spagnoli, da parte loro, hanno vinto tre trofei di fila e restano una delle squadre favorite anche per questo torneo. Però quando le due squadre si sono incontrate otto mesi prima dei Mondiali la Spagna è riuscita solo a evitare una sconfitta al 92°. L'Australia non va sottovalutata, ma se diciamo che è una partita che può vincere il Cile non siamo poi così esagerati. Come un'altra squadra con gli stessi colori—rosso, bianco, blu—con un argentino in panchina, questo potrebbe essere l'anno in cui Cile sfida e sconfigge il fatalismo. Come l'Atlético Madrid di Simeone, il Cile di Sampaoli sfiderà rivali famosi e vincenti, ma lo faranno con la convinzione che possono vincere, che quest'anno tutto può succedere.
Vi consiglio caldamente di guardare le partite del Cile. Sono puro spettacolo, giocate a un ritmo così esagerato che sembra un videogioco. La Spagna, pur essendo forte come pochissime altre, sarebbe contenta con un'altra estate di possesso palla, mentre l'Olanda sta riflettendo sulla possibilità di giocare con 5 difensori. Il gioco del Cile può dare ai Mondiali quello che gli altri non possono dare. E poi hanno anche la divisa decisamente più bella dei Mondiali: guai alle squadre con divise e gioco monocolore, viva il Cile!