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Alfredo Giacobbe
Guida al Mondiale: Belgio
28 mag 2014
28 mag 2014
Dopo essersi qualificata con prestazioni straordinarie, la Nazionale di Marc Wilmots e dei suoi giovani talenti sogna di rovinare la festa ai padroni di casa e prendersi la giusta rivincita.
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Alfredo Giacobbe
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L’exploit del Belgio nelle qualificazioni per la Coppa del Mondo 2014 non poteva passare inosservato. Su trenta punti disponibili la Nazionale dei Diavoli Rossi ne ha conquistati ventisei, grazie a otto vittorie (cinque su cinque fuori casa) e due pareggi. Eppure il Belgio aveva fallito la qualificazione a cinque competizioni di fila, tra Europei e Mondiali. L’ultima presenza risale alla Coppa del Mondo 2002, quando il Belgio uscì agli ottavi battuto dal Brasile. Eppure in quella partita erano passati loro per primi in vantaggio, con un gol regolare e—come lo stesso arbitro ammise più tardi—ingiustamente annullato. Il gol lo aveva messo a segno l’allora capitano Marc Wilmots. CINGHIALI DA COMBATTIMENTO Marc Wilmots oggi sogna di prendersi la rivincita e rovinare la festa al Brasile. Il belga è diventato CT nel Maggio 2012, dopo aver fatto il secondo prima di Dick Advocaat, poi di Georges Leekens. Il battesimo della panchina lo aveva però avuto con un club, ma la sua avventura al Sint-Truiden durò poco: esonerato dopo sei mesi. Appesi gli scarpini al chiodo, mostrò interesse per la politica prima ancora che per il mestiere dell’allenatore: nel 2003 fu eletto senatore per il Partito Liberale francofono; finì poi per lasciare il seggio parlamentare dopo due dei cinque anni previsti dal suo mandato, durante i quali non si distinse per le sue capacità diplomatiche. Il Wilmots calciatore era un centrocampista offensivo che riuscì a collezionare 70 presenze in Nazionale e che aveva aiutato lo Schalke 04 ad alzare la Coppa UEFA 1996-1997 (fu suo il gol dei tedeschi nella finale d’andata contro l’Inter, sua la trasformazione del rigore decisivo in quella di ritorno). I tifosi di Gelsenkirchen lo omaggiarono col soprannome di "Willi das Kampfschwein"—Willi il cinghiale da combattimento—a sottolineare l’indomita voglia di vincere del loro beniamino. Le caratteristiche del Wilmots calciatore si ritrovano nel calcio offensivo giocato dalla sua squadra. Ha saputo riunire le due anime della squadra, quella fiamminga e quella francofona: i due gruppi, prima del suo arrivo, vivevano da separati in casa nel ritiro e nello spogliatoio. Ha dato una chance a tutti i calciatori che militavano in un campionato più competitivo di quello belga. Gode della fiducia della stampa, grazie alla sua oratoria in quattro lingue (alla fine l’esperienza in politica è venuta buona). Soprattutto è il leader indiscusso di un gruppo di giovanissimi talenti, caduti contemporaneamente nella stessa nazione non per volontà di una benevola cicogna, bensì per una lungimirante programmazione. Dopo gli insuccessi dell'Europeo degli anni zero (che nel 2007 hanno fatto toccare al Belgio il proprio minimo storico nel ranking FIFA) la Federcalcio ha proposto ad Anderlecht, Genk e Standard Liegi, i tre club maggiori, di collaborare a un progetto comune che avrebbe rivoluzionato i loro vivai. La Federcalcio contribuì economicamente a migliorare le conoscenze dei coach e a rinnovare le strutture di allenamento, ritenute ormai antiquate. Le storiche rivali del campionato belga uniformarono i loro metodi di allenamento e imposero l’utilizzo del 4-3-3 in tutte le loro squadre giovanili. I frutti di questa politica sono stati raccolti in quest’ultimo biennio: nella partita per la qualificazione al Mondiale contro la Serbia l’età media dei ventiquattro uomini convocati superava appena i 24 anni. Una Nazionale che non aveva giocatori di qualità sugli esterni, ora abbonda di talento sulle ali: Hazard, De Bruyne, Mirallas, Mertens—ai quali vanno aggiunti gli ultimi arrivati Divok Origi del Lille (19 anni) e il suo coetaneo, la stellina del Manchester United, Adnan Januzaj.

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INTRIGO INTERNAZIONALE Januzaj è nato il 5 febbraio—come Cristiano Ronaldo, Tévez e Neymar—del 1995 a Bruxelles da genitori kossovari di etnia albanese. Il padre Abedin e la madre Ganimete, di lontane origini turche, arrivarono in Belgio nel 1992 per sfuggire ai rastrellamenti durante il conflitto nei Balcani. Adnan iniziò a giocare nelle giovanili dell’Anderlecht e all’età di sedici anni si trasferì in Inghilterra, preferendo il Manchester United al Barcellona. Dopo un anno di assestamento, Januzaj iniziò a far parlare di sé a suon di prestazioni nel campionato riserve inglese, un diciasettenne tra i ventunenni. Sir Alex Ferguson lo ha voluto in panchina nell’ultima partita del suo regno allo United. Januzaj renderà sopportabile il ricordo di David Moyes e della sua unica, fallimentare stagione: lo scozzese lo fa esordire in prima squadra e gli fa firmare il suo primo contratto da professionista, evitando un nuovo caso Pogba. Januzaj ha iniziato così a essere conteso tra le Nazionali di diversi Paesi: l’Albania ha preso a convocarlo per l’Under 19, mentre il Kosovo lo ha prenotato qualora la FIFA avesse riconosciuto la loro federazione. Hanno fatto un timido tentativo la Turchia e persino la Serbia (!). Il Belgio ha mostrato tranquillità (il signor Abedin ha più volte dichiarato che il figlio si sente a casa solo a Bruxelles) fino al sondaggio dell’allenatore dell’Inghilterra, Roy Hodgson. Il vecchio Roy conosce la legge inglese e sa che un minorenne avrebbe potuto maturare i diritti di cittadinanza se avesse mantenuto la residenza nel Regno Unito per cinque anni. Adnan avrebbe dovuto perdere il Mondiale brasiliano ma avrebbe potuto partecipare all’Europeo francese del 2016 con la Nazionale dei Tre Leoni. Una situazione così complessa da non poter essere risolta con la diplomazia. La sbroglia Wilmots, che regala al ragazzo un posto nei ventitré del Belgio per Brasile 2014, senza neanche essere stato convocato prima. Così, Wilmots, riceve il ringraziamento della nazione e mette un bel carico di pressione sulle spalle dei pupilli, fin troppo coccolati, Kevin Mirallas e Eden Hazard. http://www.youtube.com/watch?v=H5ELXboAwho

L’esordio di Januzaj nell’amichevole tra Belgio e Lussemburgo di lunedì scorso.

LE CONVOCAZIONI Mirallas si è lasciato andare a dichiarazioni piuttosto esplicite, dopo le prime indiscrezioni riguardo una possibile convocazione di Januzaj: «Adnan non dovrebbe essere convocato. Non fa parte del gruppo che si è sudato la qualificazione ed è ancora troppo giovane». Difficile credere che non ci siano preoccupazioni di carattere personale per un giocatore che ha avuto una stagione altalenante all’Everton di Martínez. Ad ogni modo Wilmots ha dipanato ogni dubbio a modo suo: «Mirallas stia zitto!». Quanto ad Hazard, superstar designata e vero e proprio crack della stagione 2012-2013 nel Chelsea, l’approdo al Mondiale non è dei più semplici. Prima Mourinho lo ha severamente rimproverato di anteporre sé stesso al bene della squadra e di non avere la giusta attitudine mentale nei match che contano. Poi Wilmots lo ha pungolato a mezzo stampa: «Se si mostrerà pigro, farò a meno di lui. Cinque gol, compresi due rigori, in cinquanta presenze? Io ne ho segnati ventinove e non avevo il suo talento. Da Eden pretendo di più». A proposito di Mourinho, un giocatore da tenere d’occhio in Brasile sarà sicuramente Kevin De Bruyne. Classe 1991, è approdato lo scorso gennaio al Wolfsburg, bocciato dal portoghese che gli ha concesso solo sei mesi e nove presenze per mettere in mostra le proprie qualità al Chelsea. De Bruyne però è stato il miglior marcatore dei suoi nelle qualificazioni, con quattro gol tutti decisivi. Invece il polverone mediatico sollevato dal caso Januzaj ha messo in secondo piano un’altra esclusione eccellente, quella di Radja Nainggolan. Al suo posto Wilmots ha scelto un quintetto di giocatori tecnici, polivalenti e fisicamente ben strutturati, che si contenderanno i tre posti di centrocampo: il titolare indiscusso Alex Witsel (allo Zenit dalla scorsa estate), il già citato De Bruyne; Dembélé e Chadli, entrambi dal Tottenham; più Marouane Fellaini, Mister "ventisette milioni di sterline", finito in tutte le classifiche negative della stagione appena conclusa. Il centrocampista del Manchester United è però tutt’altro giocatore in Nazionale, dove gode della fiducia totale del suo allenatore che sa come impiegarlo al meglio—cosa che Moyes, nonostante cinque stagioni insieme all’Everton, sembrava aver dimenticato: Marouane sa lanciarsi negli spazi creati dal centravanti; è un fortissimo colpitore di testa; sa all’occorrenza abbassare il proprio raggio di azione nel corso della partita e agire da secondo pivot a protezione della difesa. Sicuri del posto però possono dirsi solo due calciatori: Axel Witsel, sempre presente nelle scelte di Wilmots ed è l’uomo che dà equilibrio nelle due fasi, e l'unica punta in rosa Romelu Lukaku. Lukaku si ritrova titolare dopo il gravissimo infortunio di Benteke (tendine d'Achille), ma i numeri sono comunque dalla sua parte: alla sua età neanche Messi aveva segnato i gol che ha fatto lui tra Anderlecht, West Bromwich Albion ed Everton (65 reti contro le 57 dell’argentino). È un attaccante potente, che porta a spasso i suoi 191 centimetri e i suoi 100 chili con agilità, quando va in progressione è praticamente un treno lanciato in corsa (i croati sarebbero d’accordo con la mia similitudine).

FASE DIFENSIVA Il Belgio è una squadra che preferisce aspettare gli avversari nella propria metà campo, tenendo però una linea difensiva piuttosto alta. Nel 4-5-1 tutti gli effettivi restano compatti in trenta metri di campo, negando gli spazi alla manovra avversaria. I centrocampisti tengono la posizione e chiudono le linee di passaggio verso gli uomini che si propongono per ricevere lo scarico, piuttosto che andare a pressare alti. Al massimo si avvicinano al portatore di palla per chiudergli la luce del passaggio, evitando così situazioni di palla scoperta che metterebbero in pericolo il meccanismo del proprio fuorigioco. Gli avversari sono costretti a pareggiare, se non superare, il numero di uomini che portano l’attacco, rischiando a loro volta di prendere contropiede. L’unica situazione nella quale potremmo vedere i belgi pressare in maniera aggressiva sul portatore di palla è quando perderanno il possesso: tenteranno istantaneamente di ritardare la transizione offensiva avversaria per avere l’opportunità di risistemarsi nelle rispettive posizioni. http://www.youtube.com/watch?v=djRNpbNMY3A#t=84

Proprio sicuri che uno come Nainggolan non vi serva?

Wilmots preferisce utilizzare quattro centrali in tutti i ruoli della difesa—i terzini Alderweireld e Vertonghen sono stati impiegati al centro nelle difese di Atletico Madrid e Tottenham—la linea che ne risulta è forte fisicamente e imbattibile sui calci piazzati. Una difesa così strutturata è vulnerabile se è presa in velocità, anche per questo la squadra resta corta e alta per disinnescare le combinazioni palla a terra; inoltre giocatori dal baricentro alto hanno parecchi problemi col pallone tra i piedi, come vedremo tra poco. Finché i reparti restano vicini, il sistema difensivo belga tiene; se le distanze aumentano, l’insuperabile Courtois, portiere rivelazione dell’Atletico di Simeone, corre più di un pericolo.

FASE OFFENSIVA La migliore arma offensiva del Belgio è la ripartenza in contropiede. Attaccano sempre con molti uomini: una volta riconquistato il pallone, i due interni di centrocampo, i due esterni e il centravanti hanno gamba per attaccare lo spazio in velocità. Il 4-5-1 adottato in fase difensiva diventa un 4-3-3 quando sono in possesso del pallone. I terzini, per attitudine, restano bassi e lo sviluppo del gioco in ampiezza è affidato completamente ai due interni che si muovono verso l’esterno del campo. Le ali fanno il percorso inverso: vengono dentro al campo per cercare le sponde del centravanti e poi si lanciano nelle maglie della difesa avversaria. La versatilità dei centrocampisti è un altro punto di forza di questa squadra: Wilmots quasi sempre schiera sia De Bruyne che Chadli perché entrambi possono giocare indifferentemente interno o esterno, a destra o a sinistra (De Bruyne calcia bene con entrambi i piedi). I due scambiano continuamente la posizione, togliendo punti di riferimento agli avversari. Lo stesso vantaggio di interscambiabilità vale per Mirallas, Hazard e Januzaj, che possono attaccare una difesa su entrambi i fronti. Il Belgio manifesta qualche difficoltà nell’impostazione del gioco: Witsel a volte scappa in avanti, lasciando i compiti di impostazione a Kompany e agli altri, che non hanno piedi sopraffini e sono lenti a risalire il campo. Se pressati, i difensori belgi possono andare in difficoltà. Un altro difetto riguarda la tendenza che hanno i giocatori a stringere verso il centro del campo, rischiando di ingolfare il gioco. Una vera e propria alternativa ai terzini muscolari in rosa Wilmots sembra non averla: Lombaerts, come gli altri, è un centrale riadattato sulla corsia di sinistra; Vanden Borre ha passato metà della stagione senza contratto (e la linea ne ha risentito). http://www.youtube.com/watch?v=4cafdOBJe7c

In Serbia si è giocato ad una porta, ma il Belgio ne ha messi tre.

CONCLUSIONI Il Belgio arriva ai Mondiali col vento in poppa: un cammino di qualificazione sontuoso, un sorteggio benevolo, l’attenzione dei media. Sotto queste condizioni, la giovane età di tanti loro calciatori costituirà una leva o una zavorra? Con Russia, Algeria e Corea del Sud nel girone, gli ottavi di finale sembrano alla portata. Lì potrebbero vedersela con una squadra già in palla: una tra Germania o Portogallo, sistemate in un girone non banale che comprende anche Ghana e USA, saranno costrette a correre da subito. In un ipotetico quarto di finale, il Belgio potrebbe incontrare l’Argentina e mettere in scena la bella delle due sfide giocate a Spagna ’82 e Messico ’86. Con Messi a fare il Maradona, chi sarà il Wilmots?

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