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Guida all'Inghilterra
11 giu 2024
Mai come stavolta l'Inghilterra arriva da favorita a un grande torneo per Nazionali.
(articolo)
8 min
(copertina)
IMAGO / Pro Sports Images
(copertina) IMAGO / Pro Sports Images
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Nel film Men (2022) una ragazza viene molestata da un intero paesino della campagna inglese. Alex Garland, il regista, ha fatto interpretare tutti i ruoli maschili allo stesso attore: dai vari camuffamenti emergevano sempre gli stessi tratti, così tipicamente britannici, del volto di Rory Kinnear, che alla fine il film più che denunciare il problema di genere, sembrava volerci mettere in guardia dal fatto che gli inglesi, sotto sotto, sono tutti uguali - e che il pericolo fossero loro, non la mascolinità tossica.

L’idea di un’Inghilterra sempre uguale si ripropone nel calcio nell’alternarsi del motto “Football is coming home”, con cui ritualmente i tifosi inglesi invocano il ritorno dopo lunga attesa di un trofeo internazionale là dove il calcio moderno è nato, e la successiva delusione quando, per una ragione o per un’altra, la Nazionale viene sconfitta. Soprattutto da quando in panchina c’è Gareth Southgate, il tratto distintivo della nazionale inglese è stato proprio questa capacità di farsi sconfiggere senza neanche rendersene conto. È successo allo scorso Europeo (come mostrato nel documentario The Final, uscito su Netflix poco tempo fa) ed è successo anche nell’ultimo Mondiale, quando nei quarti di finale con la Francia, a sette minuti dal novantesimo, Harry Kane ha calciato alto il rigore del possibile 2-2.

Il movimento inglese è sano e continua a produrre talenti eccezionali, la Premier League continua ad essere il campionato più ricco e competitivo al mondo, la nazionale sembra serena, sicura dei propri mezzi, e mai come adesso rappresenta i suoi tifosi in tutta la loro diversità. L’Europeo tedesco sarà il torneo giusto per spezzare questa specie di maledizione? L’Inghilterra è finalmente matura?

Per fortuna, Vinicius, Rodrigo e Paquetà non ci saranno in Germania.

Facce nuove e forze fresche

Al contrario del film di Garland, la forza di questa Inghilterra sta proprio nel fatto che ha saputo cambiare, che è già molto diversa da quella eliminata dalla Francia un anno e mezzo fa. Per questo Europeo Gareth Southgate ha preso qualche “decisione difficile”, facendo fuori, non senza polemica, Rashford, Grealish, Maddison, Maguire (qui più che polemica i tifosi hanno ringraziato l’infortunio al polpaccio che ha interrotto la sua stagione), Henderson e Philipps.

Al loro posto ha chiamato gente come il ventenne Adam Wharton, centrocampista mancino del Crystal Palace (la squadra più rappresentata in nazionale, con quattro giocatori) con una sola presenza in Nazionale risalente a dieci giorni fa; i suoi compagni di club Guéhi (che dovrebbe partire titolare al fianco di John Stones in difesa) ed Eze (trequartista destro che gioca a sinistra, devastante in spazi lunghi, ubriacante in quelli stretti e per di più dotato di un ottimo tiro); o ancora il centrale difensivo dell’Aston Villa, all’occorrenza terzino destro, Ezri Konsa, dotato di straordinarie doti atletiche anche quando si tratta di recuperare correndo all’indietro (una qualità che pochi centrali inglesi hanno).

Remember the name.

E non va dimenticato che anche giocatori come Cole Palmer e Kobbie Mainoo, con cui abbiamo ormai familiarizzato, sono nomi relativamente nuovi. Il primo neanche un anno fa vinceva l’Europeo Under 21 segnando in finale contro la Spagna, e viene da una stagione semplicemente pazzesca con il Chelsea con 27 gol e 13 assist. Il secondo è esploso nel centrocampo del Manchester United mostrando una maturità tale da togliere ogni dubbio sulle sue reali potenzialità: ha saltato a piedi pari la selezione Under 21 ed è stato premiato come migliore in campo dopo il suo esordio in Nazionale maggiore, nell’amichevole di pochi mesi fa con il Belgio.

Nessuno dei nomi fatti fin qui (escluso Guéhi) dovrebbe partire titolare nel 4-2-3-1 di Southgate, ma sono tutti giocatori pronti, reattivi, che entrano in campo con una brillantezza atletica, tecnica e mentale che sarà decisiva affinché l’Inghilterra non si sieda troppo comoda nel torneo, perché mantenga viva la propria fame e le proprie motivazioni. Oltre ad essere giocatori che, con grande probabilità, giocherebbero titolari in tre quarti delle altre nazionali in gara.

La rosa migliore dell’Europeo? Mi sa di sì.

In porta dovrebbe giocare sempre Pickford, con Stones sul centro-destra e Guéhi sul centro-sinistra in difesa. I terzini dovrebbero essere Trippier (in attesa che Luke Shaw, fermo da febbraio ma convocato lo stesso, torni disponibile) e Kyle Walker. A centrocampo Declan Rice (forse il miglior centrocampista della passata Premier League) e Conor Gallagher dovrebbero giocare su una linea più bassa, almeno in partenza, rispetto a Jude Bellingham.

Dopo aver vinto praticamente tutto alla sua prima stagione con il Real Madrid, Bellingham ormai anche con l’Inghilterra gioca come trequartista libero di svariare, con un’influenza pressoché totale sul gioco offensivo inglese, sia che riceva abbassandosi a centrocampo, sia che controlli e rifinisca il gioco al limite dell’area, sia che arrivi alla conclusione. In appena un anno e mezzo, rispetto cioè al Mondiale, le sue responsabilità sono cresciute moltissimo, sempre a conferma del fatto che l’Inghilterra e i suoi giocatori vivono in continua evoluzione.

Sull’esterno a destra ci dovrebbe essere Saka, con Phil Foden (27 gol e 11 assist in stagione) a sinistra e Harry Kane davanti: 44 gol e 12 assist con il Bayern Monaco, uno dei centravanti più forti al mondo fronte alla porta e, al tempo stesso, uno dei più associativi. Nessuno più di Kane incarna la maledizione inglese del non riuscire a vincere pur essendo tra i migliori in assoluto, nessuno più di lui, probabilmente, vuole vincere questo Europeo.

Grealish è forse l’unico giocatore tagliato dalla rosa dopo aver fatto un assist all’ultima amichevole giocata pochi giorni prima.

Tra la panchina e il campo, oltre ai già nominati Palmer, Mainoo, Wharton, Eze e Konsa, ci sono anche Trent Alexander-Arnold, da Southgate considerato principalmente come centrocampista; l’esterno d’attacco destro Jarrod Bowen (20 gol e 10 assist con l’Aston Villa); e soprattutto quello sinistro Anthony Gordon (11 gol e 10 assist con il Newcastle in questa stagione), un giocatore molto diretto e verticale. L’opposto, cioè, di quello che sembra essere diventato Jack Grealish.

A calcio non si gioca solo in undici e se sommiamo i nomi fatti fin qui c’è più di qualche buona ragione per sostenere che l’Inghilterra abbia la rosa migliore del torneo. Quante squadre possono cambiare interamente il proprio pacchetto offensivo facendo entrare dalla panchina Eze, Palmer e Gordon? Quanti hanno, oltre a un fenomeno generazionale come Harry Kane, un centravanti tecnico e dinamico come Ollie Watkins (anche lui 22 gol e 13 assist) e un classico numero 9 forte fisicamente come Ivan Toney (tornato a gennaio da una squalifica per scommesse)?

Dominanti ma fragili

Paradossalmente, considerata la tradizione calcistica inglese, sembra una rosa corta in difesa. Dietro i due centrali titolari ci sono solo il tuttofare Joe Gomez e il megalitico Dunk. Già in amichevole Konsa e Gomez si sono ritrovati a tappare i buchi sulle fasce mentre Dunk è stato esposto da Lukaku in tutti i suoi limiti fisici e tecnici. Anche Ramsdale, primo cambio di Pickford, viene da una stagione in cui ha perso il posto da titolare nell’Arsenal e non offre reali garanzie.

L’affiatamento difensivo è fondamentale per una squadra come l’Inghilterra, che dietro un sostanziale dominio con la palla, soffre quando deve difendere in transizione. Sia quando viene saltata la sua pressione alta – come contro l’Islanda, nella bella azione dell’1-0 che poi con un po’ di sfortuna ed errori sotto porta l’Inghilterra non è riuscita a recuperare – sia quando vengono direttamente attaccati i centrali difensivi – come visto contro il Brasile.

Contro il Brasile la squadra di Southgate ha sofferto tremendamente la qualità tecnica avversaria. Certo i tifosi inglesi si possono consolare pensando che anche in quella partita, contro una delle squadre più forti al mondo, se la sono giocata andando vicini al pareggio, e che comunque sarà difficile affrontare, durante l’Europeo, una squadra allo stesso livello di quella sudamericana. Però, come si è visto contro l’Islanda, o contro il Belgio, basta giocare rapidamente in verticale per far perdere la compostezza alla difesa inglese.

Dopo la sconfitta con l’Islanda qualcuno se l’è presa con Kobbie Mainoo, che effettivamente non ha letto bene l’azione e in particolare il movimento del numero 10 avversario. L’ex pilota di Formula 1 Lewis Hamilton ha sottolineato come i media inglesi siano sempre pronti a mettere alla berlina, consciamente o inconsciamente, direttamente o indirettamente (ad esempio scegliendo la foto con cui presentare il commento di una sconfitta ai lettori) i giocatori di origine non europea, ma più in generale in Inghilterra l’entusiasmo fa presto a trasformarsi in rabbia e fatalismo.

Il gioco di Southgate, con la pressione alta e un possesso che spesso porta i difensori centrali a pochi metri dal limite dell’area avversaria, è ambizioso e richiede coraggio e capacità di assumersi rischi. Ma è anche uno stile che si abbina bene alle qualità dei propri giocatori migliori, che prova ad esaltarli mettendoli vicini, facendogli toccare molti palloni e creando molte occasioni.

L’impresa quasi impossibile di mantenere l’equilibrio ricade sulle spalle (o sarebbe meglio dire: sulle gambe) dei centrocampisti centrali, e quindi di Gallagher e Rice (Trent Alexander-Arnold ha forse più qualità di tutti, ma proprio per ragioni di dinamismo e forza fisica è meno utile di Gallagher, mentre Wharton oltre alla tecnica nei passaggi è anche ottimo in recupero senza palla, ma è difficile immaginarlo in campo per più di una manciata di minuti qua e là) oltre che sulla copertura della profondità garantita dalla velocità di Walker e Trippier, così come sarà necessario che Foden e Saka (o chiunque giochi sull'esterno) si sacrifichino in ripiegamento. Ci vuole fiducia, solidarietà e una grande forza mentale: tutte cose che, se i risultati non dovessero girare bene, potrebbero anche venir meno.

L’Inghilterra è una delle poche squadre che, oltre ad avere giocatori forti, prova anche a giocare bene. Che non vuole solo vincere ma anche meritarlo. Di psicodrammi inglesi ne abbiamo visti a sufficienza, sarebbe ora che gli dei del calcio decidessero di ricompensare i loro sforzi e fargli andare le cose per il verso giusto fino alla fine.

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