L’Inghilterra di Gareth Southgate arriva all’Europeo dopo il quarto posto al Mondiale russo (eliminata in semifinale dalla Croazia e sconfitta nella “finalina” dal Belgio). Ha vinto sette partite su otto del proprio girone di qualificazione, segnando 37 gol e subendone appena 6. Nonostante abbia anche una delle rose con più talento dell’Europeo, qualche segnale d’allarme è arrivato dalla sconfitta con la Repubblica Ceca, nell’ottobre del 2019, la prima negli ultimi 10 anni in una partita di qualificazione per l’Inghilterra: sarebbe potuta essere una partita decisiva per qualificarsi, ma la squadra di Southgate ha mancato l’appuntamento, mostrando problemi di solidità tattica e mentale. Poi è arrivata la Nations League 2020, un torneo di cui molti giocatori inglesi, impegnati anche nelle coppe europee in un anno dal calendario serratissimo, forse avrebbero preferito evitare: ciò non toglie che il terzo posto in classifica, e appena 7 gol segnati in 6 partite (di cui 4 nella vittoria finale con l’Islanda), siano stati un risultato comunque deludente.
Non preoccupano solo alcuni risultati (da dopo il Mondiale ha perso una volta su due con Spagna, Belgio e Repubblica Ceca, non ha vinto in due partite con la Danimarca e ha pareggiato con la Svizzera) quanto la generale mancanza di costanza per una squadra che ambisce ad entrare nel giro delle favorite: in alcune partite ha dominato il possesso ma è sempre mancato qualcosa negli ultimi metri di campo, in altre ha pagato errori difensivi dei singoli, esposti però da problemi strutturali. E a monte c’è il mistero riguardo le scelte di Southgate, che fino all’ultimo, fino all’amichevole di pochi giorni fa con la Romania, ha continuato a mischiare le carte.
L’allenatore ed ex difensore della Nazionale ha in mano un potenziale offensivo notevole ed estremamente versatile. E un po’ per la scelta forse troppo ampia, un po’ per gli infortuni, è difficile capire chi giocherà in quasi tutti i ruoli. Intanto, già dalle convocazioni sono iniziate le polemiche: in particolare, la scelta di Southgate di portare quattro terzini destri – Trippier, Walker, Reece James e Trent Alexander Arnold – ha lasciato sorpresa la stampa inglese. Southgate si era giustificato dicendo che quei quattro, semplicemente, erano tra i migliori 26 giocatori inglesi (come se la Nazionale fosse una collezione di figure basata sul valore assoluto) e che se ce ne fossero stati sei, di terzini destri da convocare, lo avrebbe fatto.
Poi Trent-Alexander Arnold si è infortunato e Southgate, forse per trollare, nella penultima amichevole contro l’Austria ha fatto giocare Trippier a sinistra, e nell’ultima contro la Romania ha fatto partire a destra Ben Godfrey, centrale difensivo dell’Everton. Allo stesso modo, la decisione di concedere una settimana di pausa ai sette giocatori di Chelsea e City, una settimana prima dell’inizio del torneo, o quella di far giocare almeno uno spezzone delle ultime amichevoli a giocatori che già sapeva non avebbero fatto parte dei ventisei partecipanti dell’Europeo (White, Godfrey, Watkins, Ward-Prose, Lingard) sono tutte cose che hanno alimentato le perplessità. «Penso che la nostra situazione sia più complicata di quella di qualsiasi altra Nazionale», ha detto lui.
A Southgate si può dire tutto, tranne che non sia coraggioso.
Come gioca?
Euro 2020 sarà, almeno in parte, un torneo casalingo per l’Inghilterra, con tutte le partite del girone giocate a Wembley più l’eventuale ottavo di finale (se dovesse arrivare prima del girone D), la semifinale e la finale. Inevitabilmente le aspettative sono massime, ma per il momento Southgate è lontano dall’aver trovato la formula magica che assicuri stabilità ed equilibrio.
Dallo scorso marzo, salvo i minuti finali della partita con la Polonia (sul 2-1), l’allenatore sembra preferire il 4-2-3-1 e il 4-3-3 ai moduli con la difesa a 3 (dopo che nel Mondiale aveva proposto il 5-3-2 e poi, in Nations League, il 5-2-3/3-4-3) ma troppi dubbi sono legati allo stato di forma dei giocatori importanti, da cui dipenderà anche la scelta del modulo.
L’assenza probabile di Maguire, almeno per le prime partite (il giocatore continua a dire che sta migliorando, ma si è infortunato ai legamenti della caviglia lo scorso 9 maggio); così come quella di Jordan Henderson (prima di entrare nel secondo tempo contro la Romania, e sbagliare un rigore, non giocava dallo scorso febbraio) e la forma di Jack Grealish, lasciano aperte tutte le possibilità.
Riguardo ai giocatori il cui stato di salute è ancora in dubbio, ma che ha scelto comunque di portare in ritiro, Southgate ha detto che difficilmente potranno giocare sette partite intere, il che significa che tutto starà nel metterli in campo nei minuti giusti, nelle partite più importanti.
Ma al di là dell’eventuale confusione del tecnico – che magari ha le idee chiare ma le tiene nascoste – il fatto è che ogni giocatore sembra avere caratteristiche diverse dagli altri. Non avere una base solida, in un torneo così breve, potrebbe rivelarsi problematico.
In ogni caso, indipendentemente dagli undici giocatori che sceglierà di volta in volta Southgate, e la forma con cui verrano schierati, l’Inghilterra ambisce ad essere una squadra in controllo del possesso, paziente in costruzione, se possibile dominante e con un baricentro medio-alto. Nella realtà, la qualità a disposizione è sufficiente a controllare il pallone e gestirlo con pulizia contro la maggior parte delle squadre che affronta, ma l’Inghilterra finisce spesso per commettere errori banali e disunirsi, allungandosi sul campo e lasciando molti spazi in cui far giocare gli avversari.
L’identità tattica è chiara nei tratti più generali ma vaga nei dettagli, difficile dire quali siano i compiti tattici dei singoli giocatori, e come cambino a seconda di chi è in campo. Al di là della costruzione le scelte sembrano dipendere dal talento individuale. Un sistema che, oltretutto, potrebbe non esaltare alcuni dei giocatori migliori a disposizione, maggiormente adatti a un contesto verticale e meno associativo (Kane, Mount, Sancho e persino Grealish, che mostra al meglio la sua capacità di gestire i ritmi quando si tratta di rallentare prima di giocare l’ultimo passaggio) e che hanno avuto poco tempo per conoscersi.
Chi va tenuto d’occhio?
Nonostante la qualità individuale in attacco lasci comunque pensare a una squadra in grado di costruire più di un’occasione a partita senza troppo sforzo, l’Inghilterra ha mostrato problemi a fare gol negli ultimi mesi. Di fatto è una squadra che dipende soprattutto da Harry Kane, il capitano, giocatore più carismatico e influente nella metà campo offensiva, e che ha segnato 12 gol nelle qualificazioni, più di qualsiasi altro giocatore.
Ora come ora le ambizioni inglesi sembrano legate a doppio filo alla capacità di Kane di decidere le partite importanti. In alcune momenti Harry Kane trascina letteralmente l’Inghilterra nell’ultimo terzo di campo, abbassandosi a prendere palla sul centro sinistra e cambiando campo con un lancio in diagonale sul lato debole, come fa nel Tottenham, o comunque cercando di innescare una fase più diretta dell’attacco. Ma potrebbe diventare un pattern prevedibile contro squadre magari meno talentuose che per compensare organizzeranno al meglio la fase difensiva. Mettiamola così: se Kane sarà il miglior giocatore del torneo, l’Inghilterra avrà grandi possibilità di vincerlo.
Certo, ci sono molti altri giocatori che potrebbero decidere una o più partite, dando magari un’identità più definita alla squadra o risolvendo situazioni difficili con un guizzo. Come detto, ad esempio, molto dipenderà dalla forma di Grealish, che ha esordito solo lo scorso settembre in Nazionale ma che ha qualità uniche per visione di gioco e gestione del ritmo nella fascia centrale di campo così come a sinistra. Nelle poche partite giocate Grealish ha mostrato grande influenza sul gioco dei compagni e contro la Romania è stata una sua giocata a procurare il rigore decisivo, trasformato da Rashford.
Lo stesso vale per Jadon Sancho, che contro la Romania ha colpito una traversa, o giocatori come Sterling, Rashford e Foden. Non c’è una gerarchia chiara per il momento e persino Mason Mount, che potrebbe partire dall’esterno o spingere Southgate verso un centrocampo a tre, potrebbe rivelarsi decisivo per aggiungere qualità in fase di rifinitura. Persino Saka ha il potenziale per spezzare l’equilibrio di un torneo per Nazionali e con la sua energia potrebbe guadagnarsi più minuti del previsto.
Southgate non ha solo mischiato le carte ma probabilmente cercherà, anche una volta iniziato il torneo, di mettere in campo la formazione adatta a quel determinato contesto. Non esiste una combinazione offensiva che, sulla carta, potrebbe non essere devastante: Sterlinkg-Kane-Foden; Mount-Kane-Sancho; Sterling-Grealish-Kane-Rashford. E così via.
Ha dei punti deboli?
Se davanti la scelta è persino troppa, è soprattutto dietro che sarà difficile garantire continuità ed equilibrio. È paradossale per l’Inghilterra avere come punto debole la difesa dell’area di rigore, ma né Mings né Stones (che ha regalato un gol alla Polonia giusto lo scorso marzo e in finale di Champions è stato spesso impreciso e fuori ritmo) danno tranquillità. Così come Pickford in porta. Conor Coady invece nel Wolverhampton gioca da centrale di una difesa a 3, e comunque ha pochissima esperienza internazionale, avendo esordito anche lui lo scorso settembre. Così come Benjamin White, con solo due presenze in Nazionale, chiamato al posto di Trent-Alexander Arnold.
L’abbondanza di esterni darebbe senso a una possibile difesa a 3. A sinistra sia Chillwell che Luke Shaw vengono da due ottime stagioni, e Walker può fare tranquillamente il terzo centrale a destra con uno tra Trippier e Reece James in posizione più alta. Con un baricentro più basso che allunghi il campo potrebbe funzionare bene contro squadre di pari livello all’Inghilterra, ma significherebbe mettere un giocatore offensivo di più in panchina. E, come detto, Southgate non sembra pensarci al momento.
Anche a centrocampo la situazione è delicata. La soluzione migliore sembra quella dei due mediani, perché nessuno a parte Henderson potrebbe schermare, da solo, la zona centrale. Anche con due centrocampisti centrali nelle ultime uscite l’Inghilterra ha sofferto parecchio le transizioni difensive e lasciato spazio tra le linee in situazioni di difesa posizionale (questo anche perché i centrali difensivi a disposizione non sono tra i più elastici).
Tenendo conto che Henderson fa parte di quei giocatori che non possono fare tutti i novanta minuti di tutte le partite, spesso dovranno giocare in coppia Declan Rice (che da due anni le ha giocate quasi tutte) e uno tra Kalvin Phillips e Jude Bellingham.
Il primo (“the Yorkshire Pirlo”, anche lui infortunatosi in stagione) garantirebbe maggior controllo della palla, ma il secondo potrebbe aggiungere dinamismo con e senza palla, creatività e intensità in una zona dove la scuola inglese di solito vuole calma e prudenza, e con un carisma che nonostante i 17 anni potrebbe pesare molto in un torneo così breve. Bellingham ha anche giocato benissimo contro l’Austria, il che potrebbe spingere Southgate a puntare su di lui. Come Renato Sanches cinque anni fa, potrebbe essere lui la sorpresa del torneo.
Poi c’è sempre la possibilità del centrocampo a tre, con i giocatori nominati sopra ma anche Mason Mount: in generale c’è da aspettarsi di tutto da un allenatore che, lo scorso Mondiale, è arrivato in semifinale con Dele Alli e Lingard mezzali.
Forse però il vero punto debole sembra quello sul piano psicologico. L’Inghilterra ha sempre mantenuto il controllo contro squadre sulla carta inferiori, a volte anche con quelle al suo livello (con il Belgio, ad esempio, nella sconfitta 2-0 un po’ sfortunata di Nations League), ma sembra una squadra fragile, che alterna momenti di euforia a prestazioni passive, in cui sembra smarrire la propria identità.
Dove può arrivare
Diciamo che l’Inghilterra è arrivata in semifinale dell’ultimo Mondiale e che, da allora, è migliorata per talento e profondità della rosa. L’impressione, però, è che al momento manchi qualcosa a livello collettivo e individuale, ma si sa: le squadre migliori di Mondiali e Europei sono quelle che si costruiscono, che si trovano, a torneo in corsa. Partita dopo partita. La grande fortuna dell’Inghilterra, oltre a quella di giocare potenzialmente sei partite su sette a Wembley, è di avere un girone alla portata. La prima partita con la Croazia potrebbe mettere il torneo in discesa, ma anche steccando quella le cose non si complicherebbero più di tanto, considerando che la seconda del gruppo D incontra la seconda del gruppo E (anzi, arrivando primi nel girone incontreranno subito una squadra del gruppo F, quello con Germania, Francia e Portogallo che, invece, arrivando secondi incontrerebbero eventualmente ai quarti).
Difficile capire come si possono incastrare le cose per l’Inghilterra prima degli ottavi, ma è ancora più difficile immaginare che non si qualifichi come prima o seconda. Allo stesso modo ci sono davvero molti modi in cui l’Inghilterra può trovare un’identità di volta in volta vincente e se Southgate riuscirà a mettere in campo i giocatori più in forma, e quelli riusciranno a parlare la stessa lingua almeno in parte della gara, l’obiettivo minimo dovrebbe essere una semifinale, se non proprio la finale. Per una volta persino le solite ambizioni inglese di vittoria non sembrano scollegate con la realtà del campo.
C’è anche la versione “incubo” dell’Europeo, d’accordo, uno spettro che aleggia su una squadra con moltissima pressione addosso e che quando ha incontrato rivali di livello è andata quasi sempre in difficoltà. Realisticamente un successo inglese sembra improbabile, se non altro perché dovrebbe battere almeno un paio di squadre di alto livello e, basandosi sullo storico degli ultimi anni, non sarà un’impresa così semplice. Per vincere l’Europeo serviranno almeno due o tre partite di altissimo livello consecutive. Finora è la cosa che è mancata a questa Inghilterra, ma nel calcio contemporaneo le cose cambiano rapidamente. Chissà, magari sarà davvero l’estate dei pischelletti bianchi.