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Guida ufficiosa al Giro d'Italia 2024
03 mag 2024
Sette domande per arrivare preparati alla "corsa rosa".
(articolo)
17 min
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IMAGO / ZUMA Wire
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Il Giro d’Italia 2024 partirà da Venaria Reale il 4 maggio e si concluderà a Roma il 26 maggio. Tre settimane di salite, montagne, cronometro, biciclette che sferragliano su e giù per la Penisola e tutto per far sì che un uomo solo possa vestirsi di rosa, alla fine. Il grande favorito è lo sloveno Tadej Pogacar che quest’anno farà il suo esordio al Giro dopo quattro anni in cui si era concentrato sul Tour de France e le classiche, vincendo più o meno ovunque ma scontrandosi per due volte contro il muro giallo di Jonas Vingegaard.

Il 2024 sarà quindi l’anno in cui Pogacar proverà a fare la doppietta Giro-Tour che manca dal 1998, quando fu Marco Pantani a riuscire nell’impresa. Due ciclisti molto diversi, ma accumunati dalla capacità di realizzare grandi azioni, imprese solitarie; di immaginare, si potrebbe dire, un ciclismo diverso rispetto a quello in cui si trovano rispettivamente immersi.

Il primo passo è quindi il Giro d’Italia, la maglia rosa, il trofeo senza fine. La concorrenza è tanta, anche se sulla carta ovviamente Pogacar è superiore ai suoi avversari. Nello sport però non sempre vince il più forte ed è giusto così, è il senso stesso del gareggiare, correre con la speranza di una vittoria che potrebbe non arrivare mai. Non sappiamo quindi come andrà a finire la storia, ma intanto proviamo a fare il punto su quello che sarà questo Giro d’Italia.

Il percorso

Inutile girarci troppo intorno: il percorso del Giro d’Italia 2024 è stato criticato da molti per essere troppo leggero, con meno montagna e tappe mediamente più brevi. Si potrebbe dire che è un percorso che strizza l’occhio a chiunque voglia provare la doppietta con il Tour de France, in modo da non lasciare troppe scorie nelle gambe. A ben guardare, però, è un percorso disegnato complessivamente bene, prendendo spunti da alcune idee che hanno funzionato in altri contesti come la partenza “sprint” con due tappe molto movimentate (la prima a Torino molto impegnativa con Superga, Colle Maddalena e poi lo strappo di San Vito a 3 chilometri dal traguardo; il giorno dopo l’arrivo in salita al Santuario di Oropa).

La prima settimana offre poi un assaggio di sterrato alla tappa 6 (ma non immaginatevi chissà cosa) prima di chiudere con la cronometro di Perugia e l’arrivo in salita a Prati di Tivo (14.6 km al 7% di pendenza media). La seconda settimana parte insidiosa con l’arrivo in salita alla Bocca della Selva dopo il giorno di riposo (20 km con una pendenza media bugiarda di 4,6%, comunque uno sforzo complessivo di circa tre quarti d’ora), prosegue calma e chiude completamente impazzita con un’altra cronometro di 31.2 km al sabato e soprattutto la tappa di Livigno (domenica 19 maggio) che è questa cosa qua sotto.

Il Mortirolo è dal versante “facile”, ma torna comunque comodo per qualcuno che volesse provare a isolare gli avversari per metterli in difficoltà nel finale.

La terza settimana è la più impegnativa, con 3 tapponi da affrontare con qualche intermezzo prima del finale a Roma. Si parte subito con lo Stelvio a inizio tappa - scelta che sulla carta grida vendetta ma lo Stelvio è sempre da tenere d’occhio - prima del lungo fondovalle e l’arrivo in salita al Monte Pana. Tappa che ha poco da dire da un punto di vista tattico, salvo sorprese date dall’affrontare lo Stelvio così a freddo. La giornata più complessa è però quella successiva, alla tappa 17, quando nello spazio di 159 km si affronteranno Passo Sella, Passo Rolle e poi due versanti diversi del Passo Brocon.

Questa è l’altra tappa - dopo quella del Mortirolo - in cui si può provare a isolare gli avversari. O parlando più chiaramente: dove gli avversari di Pogacar potranno provare a far saltare i suoi compagni per poi attaccarlo in superiorità numerica sulle ultime due asperità. Anche perché poi da lì a Roma manca solo la doppia ascesa al Monte Grappa alla tappa 20, altra situazione potenzialmente esplosiva ma che forse è più lineare da gestire per chi avrà la maglia rosa addosso.

Complessivamente quindi un percorso che offre alcuni ottimi spunti, fa pochi errori, ha una giusta dose di cronometro, ma che forse osa poco e lascia per questo quel sapore di amaro in bocca che speriamo di toglierci presto nel corso delle tre settimane.

Troppa cronometro?

Vedendo solo il chilometraggio delle due tappe a cronometro si potrebbe pensare a uno squilibrio netto nella solita diatriba tra crono e montagna. In realtà anche se i 71,8 chilometri contro il tempo non sono sulla carta ben bilanciati da un equivalente corrispettivo di montagne, la distribuzione delle tappe rende queste due crono perfettamente inserite nel contesto di questo Giro.

La crono di Perugia in particolare con i suoi 40.6 km segnerà uno spartiacque fondamentale per la classifica generale: i primi 34 chilometri sono piatti, poi uno strappo tagliagambe di 1500 metri prima di imboccare la strada verso Perugia, sempre in leggera pendenza. Sarà interessante vedere come gestiranno lo sforzo sia i grandi cronoman che i pretendenti alla classifica generale. La seconda cronometro arriva una settimana dopo, a Desenzano del Garda. In quel caso i chilometri saranno 31.2 ma completamente pianeggianti quindi uno sforzo complessivamente più breve anche se favorirà chi sa spingere rapporti più duri.

In entrambi i casi, però, il terreno per recuperare c’è ed è tanto. La crono di Perugia è alla tappa 7, quella di Desenzano del Garda alla tappa 14. In entrambi i casi mancano ancora tutte le tappe in linea più impegnative del Giro che sono concentrate dalla 15 alla 20. Certo, in 71 chilometri a cronometro i distacchi accumulati possono essere molto pesanti e sicuramente avranno un impatto decisivo sulla classifica. Ma nonostante questo c’è tanto spazio dopo per ribaltare tutto.

Filippo Ganna ha dichiarato in conferenza stampa di aver potuto provare in allenamento solo la cronometro con arrivo a Desenzano del Garda e che gli piace molto perché «è una cronometro dove se arrivi con gamba e buona condizione, riesci a esprimere tutto te stesso». Oltre a lui ci saranno al via alcuni dei migliori specialisti di questa disciplina che potrebbero impensierirlo. I due rivali più importanti saranno forse nella stessa squadra: Tobias Foss e Magnus Sheffield con il quale in conferenza stampa ha scherzato su questo argomento. Essere nella stessa squadra è un vantaggio finché collabori davvero, cosa che non è scontata: questo era il succo del discorso. Oltre a loro, anche Luke Plapp, Mikkel Bjerg, Benjamin Thomas, Edoardo Affini e Lorenzo Milesi potrebbero far bene nelle tappe a cronometro.

La vittoria di Tadej Pogačar è davvero così scontata?

Bisognerebbe rispondere a questa domanda con un'altra domanda: Tadej Pogačar si limiterà a vincere o stravincerà? Sembra paradossale parlarne in questi termini, prima ancora di affrontare gli oltre 3400 chilometri di questo Giro. Eppure il sentimento comune è che non ci sia nessuno in grado di poter affrontare il campione sloveno. Il direttore generale della sua squadra Joxean Fernández Matxin ha smorzato gli animi in una intervista con GCN, dicendo che non c’è nessuna ossessione di prendere la Maglia Rosa alla prima tappa e difenderla fino all’ultimo. Anche perché l’ultima settimana è molto complicata e non c’è l’intenzione di complicare ulteriormente le cose con gli oneri che il segno distintivo del Giro comporta (conferenze stampa, interviste, TV, meno tempo per riposare).

D’altro canto, è probabile che lo stesso Pogacar si aspetti un Giro simile, in cui tutti avranno gli occhi su di lui e in cui la UAE dovrà prendere in mano la corsa. «Per questo motivo abbiamo selezionato questa squadra. Tutti gli uomini sanno il loro ruolo e sanno che dovranno prendersi la responsabilità di controllare la corsa. È probabile che alcuni giorni i team dei velocisti ci diano una mano».

Tadej Pogačar in conferenza stampa ha detto che si fida della sua squadra, che è completa per posizionarlo in pianura e per guidarlo in salita. Tra le tante, mi hanno incuriosito molto due sue dichiarazioni. Le riassumerei così:

- Nell’ultimo anno si sente meglio in bici e si diverte di più;

- Quest’anno si è allenato molto a cronometro, ma non tanto quanto avrebbe voluto perché non c’è mai troppo tempo per allenare tutto.

La serenità con cui Pogacar si sta avvicinando a questo suo primo Giro d’Italia lascia poco spazio alle speranze dei suoi avversari, che comunque sono tanti e pericolosi. Sulla carta ovviamente Pogacar è nettamente superiore a tutti, negli ultimi quattro anni è stato battuto in un grande giro solo da Jonas Vingegaard al Tour de France e sembra difficile pensare a qualcun altro in maglia rosa a Roma. Però poi ci sono tre settimane da affrontare e tutto può succedere, anche se una sua sconfitta “sul campo” - non dettata quindi da imprevisti come cadute o infortuni - appare francamente improbabile.

Chi potrebbe rovinare la festa dello sloveno?

Geraint Thomas nella conferenza stampa di presentazione prima del Giro ha detto di sentirsi più forte dell’anno scorso e che la presenza di Pogačar toglie un po’ di pressione a se stesso e a tutti gli altri avversari perché tutti si aspettano che lo sloveno vinca e, di conseguenza, nessuno si aspetta niente dagli avversari. E ha aggiunto: «Ovviamente è una impresa difficile, perché è un ciclista fenomenale, come ho detto recentemente forse uno dei migliori di sempre. Ha una squadra forte, ma anche noi. E ovviamente è il Giro: la fortuna può essere dalla tua parte o contro di te, come tutti sappiamo».

L'anno scorso non bastò nemmeno la fortuna.

È quindi la fortuna l’unica alleata di Geraint Thomas? Non credo. La INEOS Grenadiers è la squadra più attrezzata per poter mettere Pogačar in difficoltà. Può contare su diverse armi come Thymen Arensman e Tobias Foss e sfruttare i diversi scenari che un grande giro può offrire nell’arco delle tre settimane. Di certo, qualora adottassero una tattica attendista le cose per loro potrebbero complicarsi parecchio.

Ben O’Connor sta attraversando il periodo migliore della sua carriera. È in forma, in fiducia e fa parte di un team che ha visto nell’ultimo anno un miglioramento di rendimento esponenziale. Dopo il quarto posto al Tour de France del 2021, ha concentrato negli ultimi anni tutte le sue attenzioni su quella gara con risultati al di sotto delle aspettative. Il Giro di quest’anno è lo spartiacque della sua carriera e potrebbe mettergli qualche pressione in più del dovuto.

L’altro avversario che potrebbe dar fastidio a Pogacar è il francese Romain Bardet (menzionato infatti dallo sloveno in conferenza stampa come uno dei suoi più grandi rivali a questo Giro d’Italia). Bardet ha ormai raggiunto i 33 anni e dopo la pandemia ha sempre avuto qualche problema che l’ha tenuto lontano dalle posizioni di vertice nelle grandi corse a tappe. Negli ultimi tempi però il ciclista francese pare abbia trovato una nuova serenità - o una nuova maturità - che in questo avvio di stagione lo sta spingendo a grandi risultati e ottime prestazioni.

Gli altri nomi sono un po’ più lontani da quei livelli anche se potrebbero inserirsi benissimo nella lotta per il podio. Su tutti spicca Daniel Martinez, che torna al Giro con un ruolo da capitano nella Bora dopo qualche stagione non esaltante. Poi c’è l’uomo di classifica della Visma, Cian Uijtdebroeks: il belga potrebbe stare tranquillamente nella risposta dedicata ai giovani che troverete più avanti, ma per aspettative e risultati ottenuti finora in carriera merita una menzione fra i papabili per almeno un posto sul podio. Viene da un ottimo 2023 in cui si è ben distinto in tutte le corse a tappe a cui ha partecipato ma che si è chiuso con una burrascosa separazione dalla Bora-Hansgrohe. Con la sua nuova squadra ci si aspettava un immediato salto di qualità che, per il momento, non è ancora arrivato.

In casa Bahrein da tenere d’occhio la coppia italiana formata da Antonio Tiberi e Damiano Caruso. Da un lato la voglia di affermarsi del giovane Tiberi, classe 2001; dall’altro la voglia di togliersi un’ultima grande soddisfazione per il 36enne siciliano che sta vivendo una seconda giovinezza anche se la sua carriera sembra ormai agli sgoccioli. Tiberi ha annunciato di puntare al podio, mostrando una buona dose di fiducia nei propri mezzi. Certo, la sua stagione finora è stata molto positiva (8° alla Volta a Catalunya, 3° al Tour of the Alps) e le sue potenzialità sono note fin dai tempi degli Juniores. Quel che possiamo dire ad oggi è che questa strana coppia è l’unica concreta speranza per i corridori di casa di combinare qualcosa di importante in classifica generale.

Per le volate, invece, come siamo messi?

Sulla carta gli arrivi che possono essere più o meno adatti alle ruote veloci sono sette, otto (ovvero le tappe: 3-4-5-9-11-13-18-21). Gli atleti che potrebbero a vario titolo contendersi una vittoria se queste tappe arrivassero davvero allo sprint sono circa 25. E forse ne sottovalutiamo altri. Quasi tutte le squadre, infatti, hanno portato almeno un velocista, alcune addirittura dei treni di assoluto valore. Questo dato, oltre a darci l’idea di una competizione molto serrata, potrebbe indicarci anche che sarà più difficile del solito vedere una fuga andare a buon fine in queste tappe.

Tre nomi spiccano sugli altri: Tim Merlier, Jonathan Milan e Olav Kooij, attualmente tre dei quattro migliori sprinter al mondo. Sono al via con compagni di squadra che possono supportarli al meglio, con dei “treni” in grado di fare la differenza sulla concorrenza: Merlier avrà a disposizione Lamperti e van Lerberghe; Milan potrà contare su Stuyven e Consonni; Kooij sarà supportato da van Dijke e Laporte.

Merlier ha dimostrato di saper tenere anche su strappi più duri e potrebbe avvantaggiarsi in quelle tappe più mosse dove la fatica accumulata prima dello sprint sarà maggiore (3-4-5). Oltre a loro tre sarà sicuramente della partita Kaden Groves. L’australiano in questo inizio di stagione ha faticato ma ha nel Giro il suo obiettivo principale e nelle volate complicate sa essere letale. Caleb Ewan, Fabio Jakobsen e Fernando Gaviria hanno dalla loro parte l’esperienza e squadre solide ma il periodo migliore della loro carriera sembra alle spalle. Saranno della partita ma dovranno sfruttare al massimo gli errori altrui.

Tra i giovani veloci che hanno più frecce nel loro arco, anche su sprint meno tradizionali, cito Pithie e Askey della Groupama FDJ, così come l’eritreo Biniam Girmay, che da inizio anno sembra aver ritrovato la strada giusta per performare al meglio. Alberto Dainese ha un feeling speciale con le tappe completamente pianeggianti o quasi. La tappa 11 (Riccione - Cento) e la tappa 18 (Fiera di Primiero - Padova) potrebbero fare al caso suo.

Curioso il caso della Bora. Danny van Poppel è forse il miglior ultimo uomo in gruppo attualmente. È in grado di pilotare il suo sprinter alla perfezione. Sarà nuovamente al Giro quest’anno senza nessuno sprinter da lanciare. Chissà che non riesca a togliersi qualche piccola soddisfazione personale vincendo lui stesso una volata. Per tutti, sarà interessante vedere come riusciranno a gestire le tappe di montagna e se le tossine accumulate in salita risulteranno decisive per le tappe a loro più congeniali.

Sarà il Giro anche di Nairo Quintana e Julian Alaphilippe.

Gli ultimi due anni di Nairo Quintana sono stati burrascosi. Prima la squalifica per la positività al Tramadol durante il Tour de France 2022, poi il 2023 passato ad allenarsi e a cercare qualcuno che gli desse una seconda chance, infine quando il ritiro dalle competizioni sembrava inevitabile, la possibilità di redenzione offertagli a inizio 2024 dalla squadra del suo passato, la Movistar dove aveva raggiunto i suoi risultati migliori.

Rivederlo al Giro con la grande M sul petto ha il gusto dei piatti che ti piacevano da bambino ri-assaggiati dopo tanti anni. Solitamente ti riportano malinconicamente ai tempi passati, ma può succedere che ti deludano del tutto. Alle volte il piatto cambia o alle volte cambi tu. Nel caso di Nairo Quintana, rispetto ai suoi più grandi successi, sicuramente è cambiato il ciclismo. Nonostante questo, le ambizioni di Quintana restano intatte. Certo, oggi non si punta più alla classifica generale ma a vincere qualche tappa sì, perché no?

Nel 2014 andò a finire così.

La voglia di rivincita di Quintana penso possa portarlo più avanti di dove non faranno le sue gambe. Il covid a febbraio e una brutta caduta al Tour of Catalunya gli hanno rallentato la preparazione, ma il colombiano dice che soffrirà come un pazzo per poter lasciare il suo segno, di nuovo, sulle montagne del Giro.

Julian Alaphilippe ha una storia completamente diversa dal colombiano, ma con Quintana condivide la stessa voglia di rivalsa: contro le sfortune e i continui infortuni degli ultimi due anni e contro il tempo che sembra passare inesorabile. In una recente puntata del podcast di ciclismo del quotidiano francese L’Équipe, i giornalisti presenti si interrogavano su quale fosse stato il suo punto di inflessione. Sorprendentemente individuavano nel 2021 un primo cambio: l’esplosività sul Muro Di Huy mostrata alla Freccia Vallone (comunque vinta) non era la stessa delle sue due precedenti vittorie. Poi è arrivato il secondo mondiale di fila e tutto sembrava procedere per il verso giusto. Il 2020 è stato complicato, la morte del padre l’ha abbattuto dal punto di vista mentale e gli anni successivi sono stati una lunga processione di cadute e infortuni. Intervallati da vittorie importanti perché il talento non se ne va. Ma in un ciclismo come quello di oggi dove i miglioramenti sono veloci e radicali, non riuscire ad allenarsi nel modo migliore, rincorrendo sempre la preparazione agli obiettivi è stato complicato.

Julian Alaphilippe oggi arriva al Giro non nella migliore condizione possibile ma con una voglia matta di fare bene e tornare alla vittoria. Negli ultimi anni questa sua attitudine che i francesi chiamano panache e che in italiano potremmo tradurre come "grinta" lo ha portato ad alcuni risultati ben oltre le aspettative. Penso che potrebbe essere anche il caso quest’anno al Giro.

Chi sono invece i giovani più interessanti?

Ewen Costiou è un ragazzo bretone di 21 anni alla prima partecipazione in un grande giro. Quest’anno ha corso bene in tutte le corse che ha fatto, brillando principalmente in Francia dove ha anche colto il suo primo successo da Pro al Tour della Loira. Tiene bene sugli strappi e ha un buono spunto veloce in caso di sprint ristretti. In conferenza stampa ha dichiarato di voler vedere giorno dopo giorno come gireranno le gambe ma secondo me qualche soddisfazione se la può togliere.

Mauri Vansevenant ha tutto per diventare un grande ciclista, le ottime prestazioni nelle Classiche delle Ardenne sono lì a ricordarci che la sua andatura in bici sarà anche ciondolante ma il motore nelle gambe è uno dei migliori. La sua capacità principale mi sembra quella di saper soffrire nei momenti di difficoltà e potrebbe tornargli molto utile durante questo Giro.

Del tedesco Florian Lipowitz si è parlato molto dopo le sue belle prestazioni al Giro di Romandia di pochi giorni fa. Si tratta di un classe 2000, atleta molto completo con dati fisici fuori dal comune. È cresciuto dividendosi fra la bicicletta e il biathlon - forse l’unico sport più folle del ciclismo - ma da un paio d’anni ha deciso di dedicarsi al ciclismo a tempo pieno con ottimi risultati. Di gente che si è tolta gli sci dai piedi e ha poi vinto il Giro non è pieno il mondo, nonostante l'esempio di Roglic. Probabilmente per Lipowitz questo sarà solo un passaggio nella sua crescita e non dobbiamo aspettarci fuoco e fiamme. Ma forse arriveranno anche quelle, prima o poi.

Tornando in Italia invece tutti gli occhi sono puntati su due talenti che portano il nome di Davide Piganzoli e Giulio Pellizzari, rispettivamente 2002 del Team Polti-Kometa e 2003 in forza alla Bardiani CSF Faizané. Piganzoli nel 2021 ha scelto di trasferirsi nella squadra U23 del team di Contador correndo quindi spesso in Spagna dove c’è grande tradizione di corse a tappe sia fra i professionisti ma anche nelle categorie giovanili. Il giovane italiano si è ben comportato negli ultimi anni con tanti bei piazzamenti e qualche vittoria di peso. Sia Piganzoli che Pellizzari sono però saliti agli onori della cronaca con la grandissima prestazione nel Tour de l’Avenir 2023 dove sono arrivati rispettivamente al terzo e secondo posto battuti soltanto da un inarrivabile Isaac Del Toro. Ma a dispetto dei risultati, la differenza fra i due azzurri e il messicano (che oggi corre con la UAE ma non sarà al Giro) non è stata così abissale. Questo Giro sarà per entrambi un bel banco di prova per capire a che punto è la loro maturazione, tenendo però presente che il percorso è ancora lungo.

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